In una notte invernale di metà settimana, sotto una pioggia che da due giorni batte implacabile sulla Capitale, con un’Aprilia Tuono 1000 CC fra le gambe, Sax ci mette un tempo ridicolo per arrivare alla villa. L’unica preoccupazione è di non sdrucciolare sull’asfalto bagnato, ma lui è un pilota troppo esperto per correre rischi.
La telefonata di Silla lo ha messo in allarme.
«Devi venire subito.»
«Ma dove?»
«Alla villa.»
«Sono le quattro del mattino!»
«È urgente.»
«È successo qualcosa?»
«Purtroppo sì.»
«Arrivo.»
«Quando sei qui chiamami. Ti farò trovare tutto aperto. Vieni direttamente nel seminterrato.»
“Seminterrato” è l’eufemismo per dungeon, la camera delle delizie. Il tenore della conversazione è stato abbastanza chiaro. Silla c’è ricascato. E adesso chiede aiuto. Ha scelto il momento meno opportuno, però. Perché domani… A pensarci meglio, forse potrebbe rivelarsi il momento più opportuno, invece. Per un istante Sax ha pensato di chiamare Ippoliti. Ma Ippoliti tiene sotto controllo Alba, lei non dev’essere lasciata sola nemmeno un istante e, in ogni caso, anche se si dovesse optare per un cambio improvviso di programma, sarà prima opportuno verificare lo scenario. Maledetto Silla e maledetto Cono, che si è messo di traverso. A quest’ora tutto poteva essere già sistemato, e invece…
Fuori dalla villa, come da istruzioni, richiama. La voce del finanziere è un farfuglio a stento comprensibile, e la brevissima risposta è accompagnata da un paio di colpi di tosse. La faccenda dev’essere grave. Un ronzio appena percettibile segnala l’apertura del cancello. Sax si addentra nelle ampie sale. La porta che conduce al dungeon è aperta, e dal basso filtra una luce intensa. Nessun suono. Sax impugna la pistola. Meglio non correre rischi.
«Silla, sto venendo giù. Sono Sax. Aldo, vuoi rispondermi?»
Ancora silenzio. A metà della scala gli pare però di avvertire una specie di mugolio. Percorre gli ultimi gradini col cuore che pompa a mille. La porta è semiaperta. Si accosta con cautela.
Silla è sul letto. Legato mani e piedi. Non può parlare perché qualcuno gli ha ficcato in bocca una ball gag. Sax capisce che è finito in una trappola. Deve andarsene da lì, e subito. Al diavolo Silla. Qualcosa di freddo gli accarezza la tempia. È la canna di una pistola. Fredda come la voce di Alba.
«Ciao, Sax. Ti stavo aspettando.»
Lei si fa consegnare l’arma, lo perquisisce, lo spinge nella stanza, si chiude la porta alle spalle. Gli lega le mani con le fascette. Poi libera Silla dalla ball gag. Il finanziere tossisce e sputa. Sax non ha la forza di dire una parola. Alba si piazza al centro del dungeon. La sua immagine è riflessa dagli specchi alle pareti, che la proiettano in un caleidoscopio di frammenti distorti.
«Allora, Silla, ti spiego come Sax voleva fotterci. Nel corso delle sue ricerche in Rete, il commissario Alba Doria si è imbattuta nella figura del finanziere Aldo Silla, e ne ha tracciato un profilo psicologico che coincide con quello del complice del Condor, il serial killer ucciso dieci anni prima. D’intesa con Sax, sconvolto nell’apprendere che il finanziere, del quale è buon conoscente, è in realtà uno spietato assassino di donne, decide di procedere al fermo di Silla. Ma l’uomo, furbissimo, si rende conto di essere caduto in un agguato e li minaccia a mano armata, cercando di darsi alla fuga. Alba, la cui abilità nel tiro è notoria, lo fulmina, uccidendolo nell’adempimento del dovere. Un pericoloso nemico della società viene così neutralizzato, le forze dell’ordine ci fanno un’ottima figura e il generale Cono di Sangiorgio, socio di Silla e suo grande protettore, è costretto a cambiare cavallo in corsa. Ammesso che lo scandalo non lo travolga. Infatti William Negrete, con cui si è già raggiunto un accordo, continuerà a fornire sostegno alle attività occulte della Divisione nera, Sax farà carriera, e prima o poi prenderà il posto di Cono, mentre Alba, ammantata d’eroismo, tornerà alle sue investigazioni scientifiche. E tutti vivranno felici e contenti. Che ne dici, Sax, i conti tornano? La ricostruzione è fedele?»
Sax continua a tacere.
Silla ha inalberato una smorfia disgustata. «Da un mediocre come te non mi aspettavo questo guizzo di fantasia» scandisce, rivolto a Sax. «E comunque ti è andata buca, a quanto vedo.»
«Se non fossi il pazzo criminale che sei, non ci troveremmo qui» ribatte l’altro.
«Le qualità che fanno di me un pazzo criminale, come dici tu, sono le stesse che mi hanno reso un guru della finanza. Dovresti saperlo, visto che ne hai tratto beneficio più di chiunque altro.»
«In galera avrete molto tempo per risolvere la questione.»
«Quello che non mi è chiaro è perché tu non lo abbia assecondato» obietta Silla ad Alba.
«Semplice. Sax voleva eliminare anche me.»
«Certo» conviene Silla.
Sax la guarda, torvo. «Dimentichi la pistola, Alba? Quella con cui hai ucciso Jurado. Ci sono sopra le tue impronte.»
«Ho già provveduto, caro. La pistola in questo momento si trova nel mio laboratorio. Purtroppo, un errore nel dosaggio degli acidi ha deformato la canna, rendendo impossibile l’attribuzione dei colpi esplosi. Non parliamo poi delle impronte!»
Sax comprende che è davvero finita, e si gioca l’ultima carta. Con un urlo rabbioso si scaglia contro Alba, che in quel momento si sta voltando verso Silla. Lei coglie un lampo nello sguardo dello psicopatico, e scarta di qualche centimetro sulla sua destra. L’attacco va a vuoto, e Sax si ritrova col muso contro la base della gogna, un pregevole manufatto tardottocentesco di legno scuro.
Alba, fredda, prende la mira. Ha una gran voglia di piantare una pallottola nel corpo di quel rinnegato.
«Su, coraggio» la esorta Silla. «È il piccolo passo che ti manca per riconciliarti con la vera Alba!»
Lei solleva la canna e spara al soffitto. Sax si mette a frignare. Silla sospira, deluso.
Alba chiama il 113.