«Hai visto cosa ho scelto per te, Biondo? Robe-manteau di lana bouclé su toni rosso arancio con colletto e polsini di velluto cremisi. L’ho appena acquistato. Stivali Stuart Weitzman e borsa Birkin in tono. Non è stata una scelta semplice, le commesse mi guardavano con odio…
Lo so, lo so, quello che ti interessa, Biondo. Sono andata a letto con Ippoliti? Be’, aspetta, ci arriviamo. Intanto, fammi i complimenti: sono stata geniale. Ho intuito che Sax non mi avrebbe risparmiata. Ormai si era spinto troppo oltre. Mi aveva detto tutto e io, a quel punto, sapevo troppo. Non dico che non abbia provato a portarmi dalla sua parte. Dopotutto, è sempre stato un viscido mediatore. Ma quando ha capito che non gli avrei mai retto il gioco, ha deciso che si sarebbe liberato anche di me. Però ha commesso un errore: uno dei tanti, mi dirai, Biondo, ma questo è quello più importante. Altrimenti, scusa, non sarei qui a parlartene!
Come quale errore? Ma è chiaro. Mi ha affidata a Ippoliti. E lui sapeva benissimo che è da sempre innamorato di me, povero Ugo. Sì, certo, è un bel bastardo anche lui. Ma ci arriveremo. Dio, ho voglia di fumare, e qui, naturalmente, non si può. Sta diventando una piccola dipendenza. Quanto io odi dipendere da qualcuno o da qualcosa non è un segreto, per te, ma devo confessarti che questa storia del fumo mi sta prendendo. Basta, non divaghiamo.
Allora, Sax mi affida a Ippoliti. Vado a stare da lui. Tre stanze luminose alla Bufalotta. Arredamento Ikea e stampe di cani e pastori alle pareti. Un grande televisore e un letto enorme, che lui mi cede, sistemandosi su una specie di branda nell’ingresso, casomai la notte tentassi qualche scherzetto. Cosa impossibile, perché chiude anche a chiave. In pratica sono agli arresti domiciliari, ma con Ippoliti. Ignoro di quanto tempo dispongo, Sax non me lo ha detto. So solo che non manca molto, perché lui si è già messo d’accordo con Negrete, che sta preparando il terreno coi suoi partner messicani. C’è solo da aspettare il momento giusto per entrare in azione. La mia unica chance di uscirne viva è Ippoliti. Devo speculare sul sentimento che prova per me.
Dopo averlo ignorato per dieci anni, però, non posso ficcarmi nel suo letto urlando: “Scopami, scopami”. Mangerebbe subito la foglia, troppo pericoloso. Comincio un sottile gioco di seduzione. Lascio socchiusa la porta della mia stanza, così lui può sbirciare quando mi metto le calze o mi spazzolo i capelli o resto con la biancheria intima. Lo chiamo quando sono sotto la doccia e gli chiedo di passarmi l’accappatoio, e naturalmente non gli lascio intravedere nemmeno un briciolo di carne. Nel cuore della notte sospiro come una disperata, lui si precipita e gli dico che ho fatto un brutto sogno e che mi sentirei più tranquilla se mi stesse accanto, così si sistema su una poltroncina e io mi rimetto a ronfare tranquilla. Trucchi vecchi come il mondo… finché un giorno, ne saranno passati cinque o sei da quando è cominciata la commedia, lo sorprendo al telefono con Sax. Si scambiano qualche battuta, poi lui, Ippoliti, viene da me con l’aria mogia, da cane bastonato, e mi chiede se ho fame o sete, se voglio qualcosa di particolare, e intanto tiene gli occhi bassi e non ha il coraggio di guardarmi in faccia.
Capisco che il momento della verità si sta avvicinando, e che le notizie per me non sono buone. Ugo è combattuto. Da un lato c’è la lealtà nei confronti di Sax… Per la verità, ho scoperto solo dopo che la lealtà lui ce l’ha verso Cono, e Sax gli è stato sempre sulle palle. Insomma, con quel faccino da primo della classe e quell’arietta arrogante… sì, lo so, non dovrei parlare così. Siamo stati tanto amici… voi due, poi, legati per la pelle… ma per la miseria, Biondo, voleva uccidermi!
Insomma, quando Ippoliti se ne viene da me con quell’aria distrutta e infelice, io capisco che è il momento buono. Immaginati il dialogo.
“No, grazie, sono a posto…”
“Va bene, Alba, ma se per caso…”
“Veramente una cosa ci sarebbe…”
“Dimmi, dimmi, e vedo che posso fare!”
Qui, però, non devi prendertela, eh, Biondo? Ricorda che stavo lavorando per salvarmi la vita… “Sì” gli dico, e intanto mi avvicino, e mi passo la lingua sulle labbra e gli sfioro la guancia con una carezza. “Sì, vedi, Ugo, forse domani accadrà qualcosa di brutto, magari oggi stesso…”
“Ma che dici” protesta lui, e intanto è diventato tutto rosso.
“Se mi capitasse qualcosa di brutto” insisto io, “vorrei che avessi un buon ricordo di me…”
E a questo punto lui ha quasi le lacrime agli occhi, e io mi avvento e lo bacio in bocca. Un bacio vero, di quelli appassionati. Lui perde la testa. Non mi dispiace provocare questo effetto negli uomini, dovresti saperlo…
Perde la testa, dicevo, ed ecco che le sue mani s’infilano dappertutto… sì, dappertutto, te l’avevo detto che adesso entravamo nella zona critica… “Aspetta” continuo io. “Aspetta, mi piace farlo dopo aver preso un bel tè caldo.”
Lui, ansimando, alza le braccia e si offre di prepararlo.
“No, ci penso io” rilancio come una brava geisha. “Tu, intanto, mettiti a tuo agio.”
Così mentre lui si spoglia e si sistema sotto le coperte, pregustando la conquista che ha sognato per tanti anni, io vado in cucina e preparo il tè. Solo che nella teiera ci verso un terzo di bottiglietta di Alcover. Gammaidrossibutirrato. Ma sì, il buon vecchio GHB. Ne tengo sempre un po’ da parte, nel caso dovesse tornare utile. Per essere sincera, ho una piccola scorta di farmaci… sensibili: me li porto sempre appresso perché… be’, te l’ho detto, non si sa mai… Avrebbero dovuto perquisirmi con maggiore attenzione, ma chi poteva prevedere che me ne andassi in giro con droghe e sonniferi?
Dunque, porto il tè in camera da letto e riempio due tazze. Io mi astengo, ma aspetto che lui beva tutta, ma proprio tutta la sua, e con un pretesto me ne vado in bagno. Ci rimango una decina di minuti, il tempo che la sostanza faccia effetto. Quando torno a letto, lui è completamente partito. Biondo, ma lo cogli il lato umoristico? Il GHB è la droga dello stupro! È quella roba che i maschietti sciolgono nel bicchiere delle bambine per scoparsele, a loro insaputa. Immagina il piacere che ho provato nell’usarlo io su un troglodita come Ippoliti!
Uno degli effetti dell’Alcover, se giochi bene coi dosaggi, è la perdita dei freni inibitori. Io sono lì che lo sollecito, e lui parla, parla, parla… Silla si è invaghito di una prostituta, una certa Iovana. Sax l’ha reclutata. Lei e Silla si vedono in un albergo del centro, poi andranno a fare una seduta SM nel dungeon di Silla. Ippoliti ignora dove si trovi, solo Sax è al corrente dell’indirizzo. Il piano prevede che la mattina io vada a sorprendere Silla insieme a Sax, con tutta la sceneggiata che seguirà. Capisco che, se voglio salvarmi, devo agire in questo intervallo di tempo, e gli chiedo il nome dell’hotel dove Silla incontrerà la bella di notte. E questo Ippoliti, per fortuna, lo sa.
Resta il problema della pistola. Se non riesco a trovarla, sono fregata. Forse riuscirò a non farmi ammazzare, ma un po’ di galera mi toccherà di sicuro. E io non voglio passare nemmeno un minuto in galera, per un traditore come Sax. Sondo Ugo. E, bingo!, la pistola è nella cassaforte. Mi faccio dire la combinazione e, quando metto le mani sul reperto dal quale dipende la mia vita, mentalmente levo il calice a san GHB.
A questo punto pesco nella riserva farmacologica una boccetta di Minias e ne faccio buttar giù dieci gocce a Ippoliti. Dopo qualche secondo, dal loquace stordimento della droga dello stupro passa al sonno profondo. Buonanotte e sogni d’oro. Prendo le due pistole, quella di Ippoliti e la Smith & Wesson con cui volevano incastrarmi, e mi preparo al gran finale. Mi porto appresso anche il cellulare di Ippoliti e il tablet. Torneranno utili per le indagini successive. Porto la Smith & Wesson nel mio laboratorio e la metto a macerare negli acidi. Domani diventerà una melassa di ferraglia, e io passerò per la stupida che ha pasticciato coi reagenti. Ma non ci saranno prove! Nel frattempo mi metto d’accordo con i colleghi della Stradale. Una pattuglia si piazza davanti a questo albergo del centro storico. Quando vedono affacciarsi una tipa con l’aria da zoccola, la fermano e la identificano. Sei Iovana? Mi dispiace per te, ma devi seguirci. Mi comunicano il via libera, io entro, e il resto lo conosci già.
Bene, Biondo. La storia di Silla è saltata fuori, e quella non c’è modo di insabbiarla, ma i suoi avvocati danno già per scontata l’infermità mentale. Dieci anni in una REMS, una residenza medica, perché il manicomio giudiziario non esiste più. D’altronde, con tutti i soldi che ha può permettersi i migliori legali… Sax e Ippoliti si stanno accordando per una versione di comodo. Giurerei che spingeranno sulla buona fede. Io credevo che tu credevi…
Sax in fondo non ha ammazzato nessuno. A testimoniare che abbia tentato di uccidere me ci sono solo io… Ippoliti sta messo male con Jurado, ma potrebbe appellarsi alla legittima difesa, del resto dava la caccia a un ricercato… Perché ha taciuto? Perché non voleva compromettere un’operazione in corso? Non so, sto improvvisando.
Be’, ora devo lasciarti. Devo riprendere in mano la mia vita. È tanto che salto le sedute dall’analista, e anche se non mi strappo certo i capelli, un po’ mi manca. Ti racconto la mia ultima fantasia? Non la definirei proprio un sogno, ma sta’ a sentire. Io sono in ufficio, è notte, mi trovo in mezzo ai computer, quando vedo un’ombra. Più che vederla, percepisco la sua presenza dietro di me. È un attimo. Mani forti mi afferrano e mi imbavagliano, non posso gridare. È uno sconosciuto. Mi sbatte contro il tavolo da lavoro, uno schermo cade a terra, una tastiera sfrigola. Sento le sue mani che mi frugano dappertutto. Mi abbassa i pantaloni, mi strappa le mutandine. È dentro di me. E sai una cosa? È maledettamente eccitante…
Biondo, devo proprio andare. Se non ti svegli in fretta, non troverò più la forza di venirti a trovare. Non sono il tipo della crocerossina, perdonami. Ti voglio bene, forse ti amo addirittura, ma non mi ci vedo a passare i migliori anni della mia vita accanto a un invalido. Perciò, questo è un ultimatum. Sbrigati a tornare fra noi, se vuoi essere tu lo sconosciuto della mia visione. Ciao.»
L’orario di visita è finito. Alba esce dalla stanza 25, una singola che è riuscita a procurare al Biondo grazie alle amicizie della madre: che faccia almeno una cosa utile, la strega. Il Biondo è ancora in coma, e ormai nessuno si azzarda a fare previsioni.
Accende il cellulare. Una decina di chiamate, per lo più da numeri sconosciuti. Giornalisti che vogliono strapparle una dichiarazione. All’improvviso è diventata popolare. La valchiria che ha catturato l’insospettabile serial killer e accusa due colleghi di tradimento, o peggio. Una famosa comica ha fatto di lei un personaggio da prima serata.
Appena fuori dall’ospedale si accende una sigaretta. Gennaio sta passando, ma il freddo non accenna ad allentare la sua morsa. Tossisce. Smetterà quando il Biondo si sarà risvegliato. Forse. E forse, quando potranno parlarsi sul serio, gli racconterà dell’inquietudine che Silla le ha seminato dentro, di quel grumo che l’azione ha solo momentaneamente neutralizzato ma che sta ancora là, in mezzo al petto, come un piccolo alieno schifoso pronto a divorare l’organismo che lo ospita. Forse, chissà. O forse no. È tutto così precario nella sua vita. Persino la Triade Oscura sembra assopita. Percorre pochi passi. Vicino a un portone c’è Cono di Sangiorgio. Le va incontro con aria vaga.
«Buongiorno, dottoressa Doria.»
«Generale.»
«Ha sollevato una bella… com’è che dite voi giovani? Shit storm… ’Na tempesta ’e mmerda. Complimenti. Qualche schizzo è arrivato persino a me, ma io, per il momento, me ne frego.»
«Buon per lei.»
«Doria, mi faccia capire ’na cosa: perché io sono fuori da questa storia? Non ha esitato a sacrificare Giannaldo…»
«Stava per uccidermi!»
«Dovrà dimostrarlo.»
«Mi ha tradito. Ha tradito me e Gianni. Non è un buon motivo?»
«Nel mio settore il tradimento è spesso una risorsa, ma capisco che dal suo punto di vista… Vabbuò, mettiamola così. Nessun accenno alla Divisione nera? Eppure, in pratica ha parlato dell’intero scibile umano… serial killer… protezioni in alto loco… ma sulla Divisione, niente… perché?»
Con un sospiro e un sorriso tirato, Alba si stringe nelle spalle. «Generale, io amo il mio Paese. Sono consapevole che la Divisione svolge un ruolo essenziale per la nostra sicurezza. I metodi saranno… anzi, sono discutibili, ma non ho nessuna voglia di ritrovarmi indifesa davanti al terrorismo, agli attacchi informatici… Tutto qui.»
Il vecchio generale la fissa e annuisce impercettibilmente. I suoi occhi acquosi, da vecchia carpa avvezza a strisciare sin dalla notte dei tempi sul fondale fangoso, contengono un messaggio neanche troppo velato: mi stai raccontando un sacco di fesserie, ma voglio crederti perché adesso mi conviene. Ma è solo una tregua temporanea. E la sintesi è nel laconico saluto: «Statt’accuort’, Doria».
Il generale ha tutte le ragioni per diffidare. Il patriottismo non c’entra un bel niente con la scelta di Alba. La verità è che Cono è troppo potente per una sfida a viso aperto. Se lo attaccasse oggi, verrebbe stritolata. E lei non ha nessuna voglia di finire stritolata. Lei vuole vincere.
Con quattro dita incrociate a losanga, quasi a formare il mirino ideale di un fucile di precisione, Alba inquadra la nuca rasata del generale.
Prima o poi, Cono. Prima o poi.
In quel preciso istante, il paziente della stanza 25 si risveglia.