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Biscotti, cioccolata calda e amore: gli adolescenti, un treno e un viaggio nella sessualità

Crescere figli dotati di autostima

VIK

Siamo nell’anno 2000. E io sto lavorando in una scuola superiore, nel gruppo di supporto all’apprendimento. Sempre più spesso ci ritrovavamo ad aiutare ragazzini che per un’enorme varietà di ragioni non riuscivano a fare fronte alle difficoltà emotive e accademiche della vita scolastica. Eravamo al corrente delle loro storie, conoscevamo i loro genitori e cercavamo modi per tenerli tranquilli e fuori dalla visuale dei professori che erano stati mandati affanculo quasi una volta all’ora da uno o due di loro.

Avevo la grande fortuna di lavorare sotto la direzione di una coordinatrice per i bisogni educativi speciali che non sopportava le dottrine basate sui test e sulle classifiche e si impegnava con profonda dedizione per aiutare i ragazzini fragili. Persino i quindicenni grandi, grossi e pieni di piercing che torreggiavano su di lei ribollenti di una rabbia alimentata dalla dislessia o dal testosterone. Specialmente quelli. Era piccolina, quacchera e incredibilmente piena di energia. I ragazzi la adoravano. Io la adoravo. Mi insegnò a seguire l’istinto. Insieme con i miei colleghi, sposava una filosofia che ci consentiva di aprire un dialogo e di mantenere rapporti con gli allievi che più necessitavano di sostegno. La nostra strategia non era quella di motivare e incoraggiare le loro ambizioni ma piuttosto di farli sentire sicuri e accuditi. Insomma, era una politica «biscotti e cioccolata calda».

Volevamo portare i nostri studenti al Millennium Dome a vedere l’esposizione che ci sarebbe stata solo quell’anno. Alcuni dirigenti scolastici erano scettici sul fatto che i ragazzi potessero visitarla senza appiccare il fuoco a qualcosa, ma la nostra responsabile, Jan, non volle sentire ragioni, così andammo a Greenwich con otto allievi. Mentre ci dirigevamo verso la gigantesca struttura, uno dei nostri gemelli «speciali», Lee, si rivolse al fratello Ryan e disse: «Sarà una cagata assoluta». Ovviamente, noi inseganti non eravamo minimamente nervosi…

Fu uno dei giorni migliori della mia vita professionale. Mancava solo una colonna sonora adeguata. I ragazzi erano interessati e rilassati. Liberi dalla solita routine scolastica e dall’obbligo di ottenere risultati, si appassionarono a mostre e attività che solitamente avrebbero trovato noiose. Insomma, non furono all’altezza della loro reputazione…

Poi siamo sul treno, diretti verso casa, stanchi ma felici. Abbiamo dato ai ragazzi il permesso di andare un po’ a zonzo, ma i più stanno seduti e guardano dal finestrino, oppure si danno dei colpetti con le maniche delle felpe. Una di loro, Mia, viene a sedersi accanto a me.

«Miss?»

«Sì, cara», rispondo.

«È stato il giorno più bello della mia vita», annuncia, e posa la testa sul mio braccio, guardando lungo il corridoio.

Io inghiotto le lacrime. Quella ragazzina ha una famiglia molto problematica. È sveglia e decisamente bella, ma insofferente della scuola e dell’autorità. In classe, o è assente oppure, quando è presente, disturba o sta in silenzio, tormentandosi le unghie sporche e rosicchiate a sangue.

«Oh, Mia!» esclamo abbracciandola. «Sono così contenta che ti sia piaciuto. Sei stata bravissima tutto il giorno.»

La sua espressione è triste, immutata, poi dice: «Ho appena fatto un pompino a Kris Lewis nel gabinetto».

«Mia, tesoro, perché?»

«Forse gli piaccio.»

Poco dopo scendiamo dal treno e facciamo rapporto mentre i ragazzi si allontanano. Arrivo a casa e salgo al piano di sopra, dove mia figlia di sei anni dorme serena. La guardo e provo un intenso sollievo. Lei non avrà mai così poca stima di sé. Non userà mai il sesso come strumento per piacere a qualcuno. È al sicuro. La sua vita non è come quella di Mia.

Il fatto è che non potevo esserne certa. Ragazzi adorati e cresciuti con ogni attenzione arrivano all’adolescenza sperimentando ogni sfumatura dello spettro identitario. Restano vittime di una cultura che usa il sesso per vendere lo yogurt, santo cielo. Sono la generazione di Instagram. La maggior parte non praticherà sesso orale sui mezzi pubblici, ma questo non significa che non faranno stupidaggini perché desiderano sentirsi attraenti e desiderati.

In quel momento la mia bambina non era coinvolta, ma le ragazze, le giovani donne con le quali lavoravo ogni giorno, ci stavano chiamando alle armi. Avevo molto da imparare.

Mia, capisco assolutamente perché hai fatto quello che hai fatto. È stata una giornata strana e speciale, e giorni del genere possono farci comportare come di solito non faremmo. Kris è un bel ragazzo ed è divertente, e immagino che sarà felice per quello che è accaduto. Ma penso che ricorderà di più questa mattina, quando siete saliti nel Dome e ridevate insieme. Ho notato quello che hai fatto. Ti ho visto leggergli le parole scritte in basso perché sai che lui fa fatica. Lui ti ha permesso di farlo, che è una gran cosa per lui, ed era molto grato. E tu hai fatto una risata. E bastava questo perché lui pensasse che sei straordinaria, perché lo sei.

Con un po’ di tempo e tanto amore i nostri ragazzi capiranno di essere persone che vale la pena conoscere. Finché non ci arrivano, consolatevi con l’inno dei Crowded House dedicato a chiunque si sia mai guardata allo specchio e abbia fatto fatica a vedere quanto è bella: Not The Girl You Think You Are. Sei molto più bella!

Quindi…