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Capitolo 1

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“Signora Hutton?” Il conducente Uber, Steve Pryor, mi sorrise dallo specchietto retrovisore della sua Toyota Prius mentre ci allontanavamo dal marciapiede.

Mi era venuto a prendere nella casa in cui avevo affittato una stanza negli ultimi tre mesi. Ero un'infermiera itinerante e avevo appena concluso il mio ultimo contratto a Hot Springs, nell'Arkansas.

“Sì?” risposi. Hot Springs era una piccola cittadina piena di svaghi, attrazioni turistiche uniche, buon cibo e un incredibile allevamento di alligatori. Ogni anno, intorno ai primi di dicembre, potevi farti scattare una foto con un piccolo alligatore con indosso un cappellino da Babbo Natale e poi farti stampare l’immagine su ogni tipo di souvenir. Io avevo fatto fare una mezza dozzina di magliette da regalare a famigliari e amici per Natale.

“Spero che si sia presa abbastanza tempo per raggiungere l’aeroporto, dicono che ci siano 8 km di traffico.”

“Accidenti,” imprecai sbattendo frustrata la testa sulla portiera, “probabilmente non abbastanza se ritardiamo più di un'ora.”

“Non si preoccupi, signora Hutton,” sorrise, “conosco un paio di scorciatoie. Farò del mio meglio per farla arrivare in tempo.”

L’auto era decorata a festa per le vacanze natalizie. Un ornamento scintillante pendeva dallo specchietto retrovisore e sul cruscotto erano appese piccole lucine colorate lampeggianti. Le decorazioni mi tranquillizzarono leggermente, perché i miei genitori amavano un sacco occuparsi delle decorazioni natalizie ogni anno. “Grazie, Steve. Lo apprezzerei davvero molto. Ti prego, chiamami Adair.”

Fece un cenno con la testa e mi sorrise.

Dopo aver lavorato in lungo e in largo negli Stati Uniti negli ultimi anni, avevo deciso che, concluso il mio ultimo contratto, avrei cercato un posto fisso come infermiera vicino alla mia famiglia a Seattle, Washington. Poco dopo aver iniziato a dare un occhio a potenziali posti di lavoro, avevo ricevuto un’offerta generosa al Seattle General Hospital. La mia relatrice all'Arkansas Heart Hospital era un tesoro e aveva compreso il mio desiderio di stare con la mia famiglia per le vacanze. In qualche modo era riuscita a coprire i turni delle mie ultime due settimane di lavoro, così ora avevo tre settimane a disposizione prima di iniziare il nuovo impiego a metà gennaio. Avevo fatto i bagagli e programmato il volo per tornare a casa, senza però avvisare i miei genitori che sarei arrivata per Natale: sarebbe stata una bellissima sorpresa.

Pochi minuti dopo, Steve mise la freccia e si inserì nella corsia di destra. Dopo un paio di minuti, il traffico rallentò fino a fermarsi.  Steve mise di nuovo la freccia e prese l’uscita successiva.

“Un altro Uber ha preso la nostra stessa uscita. Sembra che anche loro abbiano avuto la nostra stessa idea,” scherzò Steve.

“Come fai a sapere che è un Uber?”

“Ho visto l'autista dallo specchietto. Lo conosco. Siamo stati licenziati entrambi dalla Huntington Graphics sei mesi fa e non siamo riusciti a trovare lavoro. Abbiamo pensato che questa potesse essere una soluzione temporanea, ma ci piace un sacco e paga molto bene.”

“Fantastico! Sono contenta che per entrambi le cose stiano andando bene.”

“Grazie,” annuì.

Stavamo percorrendo una strada a due corsie senza traffico visibile, quando l’altro conducente Uber si accostò a noi, ci fece un cenno e sorrise prima di tornare di nuovo dietro di noi. Nei sedili posteriori il passeggero indossava un berretto da Babbo Natale abbassato sugli occhi e sembrava addormentato, poi d’un tratto mi guardò dritto negli occhi e mi fece l'occhiolino. Dopo di che, si rigirò e richiuse gli occhi. I suoi penetranti occhi azzurri mi mandarono un brivido lungo tutta la schiena. Mi piacevano gli uomini, ma non avevo avuto molto tempo libero per conoscerne—dovevo iniziare a recuperare il tempo perso.

Presi la cipria dalla borsetta e guardai il mio riflesso sullo specchietto. Non male: 26 anni, 1 metro e 70, snella, lunghi capelli castano chiaro, un bel viso e abbastanza attraente da usare occasionalmente il mio aspetto a mio vantaggio.

Steve continuò a fare commenti divertenti sulla sua vita e sulla vita dei suoi amici, fino a quando non siamo dovuti tornare in autostrada.

Quando ci trovammo di nuovo fermi nel traffico, imprecò tra sé e sé.

“Quando parte il tuo volo?”

Diedi un occhio al mio telefono. “Tra un’ora e quarantacinque minuti. Non ce la facciamo, vero?”

“Se la strada non si libera in fretta, credo sia meglio che riprogrammi il volo ora, prima che sia tutto esaurito. C’è solo una compagnia aerea che parte da Little Rock oggi.”

“Com’è possibile che ci sia solo una compagnia aerea disponibile oggi?”

“É un aeroporto piccolo.” Alzò le spalle.

“Dovrò spostare anche il volo di coincidenza da Dallas a Seattle,” borbottai, “grazie per aver cercato di farmi arrivare in tempo.”

“Di niente.”

Steve restò in silenzio mentre con il mio tablet prenotavo un nuovo volo per quella sera. Fortunatamente, erano rimasti un paio di posti nell'ultimo volo da Little Rock a Dallas. Poi riprogrammai anche il volo di coincidenza per Seattle, pagando una penale di 200$.

Stanca e frustrata, arrivai all’aeroporto un’ora dopo la partenza del volo che avevo prenotato originariamente. Steve aprì per me la portiera e recuperò le mie valigie dal bagagliaio. Nel frattempo, anche il ragazzo con il cappello da Babbo Natale scese dal suo Uber, ringraziò il suo autista, afferrò un borsone, se lo mise a tracolla e si precipitò in aeroporto.

“Ti auguro Buon Natale, Adair.”

“Anche a te, Steve.”

Tirai la valigia accanto a me, feci i controlli di sicurezza e controllai i voli in partenza.  L’ultimo volo della giornata era in orario, allora mi fermai nell’unico bar aperto e presi un panino al tacchino e un caffè. Quando arrivai al gate, ebbi come un senso di sollievo. Presi posto, scartai il mio panino, bevvi un bel sorso di caffè e mi rilassai.

I miei occhi si spostarono su un ragazzo seduto sul pavimento accanto al Gate 23, era lo stesso ragazzo della macchina Uber.  Aveva i capelli lunghi color biondo-castano, che scendevano come onde intorno alle spalle, una folta barba incolta, i baffi e indossava un cappello da Babbo Natale abbassato sugli occhi. Le sue braccia erano rilassate, piegate sulla vita, aveva le gambe incrociate alle caviglie e indossava stivali da lavoro in pelle nera rovinata. Vedendo il suo petto alzarsi e abbassarsi delicatamente, immaginai che stesse dormendo. I pantaloni color kaki e la camicia a maniche lunghe color marrone chiaro erano stropicciati e sembrava che anche la sacca da viaggio avesse visto giorni migliori. Anche senza vederne gli occhi, il suo corpo snello e magro trasudava forza e sex-appeal.

All'improvviso, lo sconosciuto si stiracchiò, aprì le gambe, si tolse il cappello dalla fronte e mi fece l'occhiolino con uno dei suoi brillanti occhi blu.  Perché no? Ero nello spirito festivo, così gli feci l’occhiolino anche io. Lui sorrise, sbadigliò, abbassò il cappello e sembrò riaddormentarsi. Ero esausta dall’aver dovuto organizzare il viaggio all'ultimo minuto, quindi misi a tacere la voglia di sedermi accanto a lui, appoggiare la testa sulle sue spalle larghe e addormentarmi. Invece, finii il panino e il caffè, e pensai al fatto che avrei trascorso le vacanze di Natale con la mia famiglia per la prima volta in diversi anni.

Tre quarti d’ora prima dell’imbarco, una donna di piccola statura vestita con la divisa della compagnia aerea si avvicinò al bancone. Si poteva leggere ‘Susan’ stampato a grandi lettere sulla sua targhetta. Prese il microfono e con voce cupa ma professionale disse: “Ci sono problemi meccanici con l’aereo. Il volo è cancellato. Sarei felice di spostare le vostre prenotazioni su un altro volo, ma, purtroppo, il prossimo volo disponibile sarà lunedì.”

Merda. Non volevo passare il fine settimana a Little Rock, volevo andare a casa. Le trenta persone che avevano pianificato di partire su quel volo ascoltarono attentamente e poi cominciarono a sentirsi lamentele, gemiti e insulti.

“Posso rimborsare i biglietti e poi potete cercare di prenotare il volo di una delle altre compagnie aeree che partono domani in mattinata, dovrebbero esserci ancora posti disponibili.” Susan non sembrava ottimista.

Il ragazzo con il cappello da Babbo Natale scosse la testa, prese le sue cose e si mise in fila dietro di me. Era ancora più attraente in piedi: era alto più di 1 metro e 80 con spalle larghe e gambe muscolose.

“So che siete delusi, mi dispiace. Farò del mio meglio per assistervi,” annunciò Susan.

Cercava di calmare tutti, ma insulti e lamentele continuarono. Pazientemente offrì idee per trasporti alternativi ad una coppia con due bambini che cercava di raggiungere Dallas per un matrimonio. “Potreste noleggiare un’auto. Dovreste raggiungere Dallas in cinque ore.”

“Abbiamo già chiamato tutte le agenzie di autonoleggio. Non hanno nulla di disponibile. Non posso credere che siamo veramente in questa situazione, cosa faremo?” La moglie sembrava sul punto di piangere.

“Mi dispiace... Avete provato con Greyhound? Potreste prendere il pullman.”

“Mi prende in giro? Il pullman?” Singhiozzò la moglie.

“Potrebbe essere un’avventura, no?” Disse il marito. Abbracciò la moglie e poi i bambini che stavano brontolando.

Susan diede loro i buoni di rimborso e lasciarono la fila. Si sedettero in un angolo e il marito iniziò a navigare sul suo tablet. Gli augurai mentalmente buona fortuna.

La fila avanzò di un altro mezzo metro. La coppia successiva aveva deciso di riprogrammare il volo per lunedì, ricevettero un buono per mangiare e uno per l’hotel e se ne andarono. Afferrai la mia valigia per spostarmi in avanti e sentii un colpetto sulla spalla. Mi girai.

“Cosa pensi di fare?” Il ragazzo fece un cenno con la testa per indicare Susan e sorrise, “pensi di cancellare la prenotazione e cercare un volo con un’altra compagnia aerea domani?”

“Secondo te mi darebbe in prestito la sua macchina?” scherzai, “se dice di no, sono nella merda e non ho idea di come raggiungere Dallas.”

Entrambi ridemmo. La sua voce era liscia come la seta e attraente da morire. Allungai la mano, “sono Adair Hutton.”

“Piacere, Adair, Sono Easton McQuin,” fece un gesto di saluto toccandosi il cappello, “piacere di conoscerti. Mi pare di averti già visto sulla superstrada oggi.”

“Vero,” annuii, “quindi Easton, cosa pensi di fare? Hai già un piano?”

“Ho comprato un biglietto per il pullman della Greyhound. Parto alle sei del mattino per Dallas, sperando che la compagnia aerea trovi un volo da Dallas a Seattle per domani. Stasera prenderò la navetta per l’albergo in cui ci sistemeranno, mi farò una bella doccia, prenderò qualcosa per riempirmi la pancia e poi mi farò una bella dormita.”

“Bene! Questa mi sembra decisamente un’ottima idea. Ti dispiace se copio i tuoi piani?”

“Per niente. Con tutte le fermate, il pullman ci metterà circa sette ore ad arrivare a Dallas. Vediamo se la compagnia aerea ha un paio di posti disponibili su un volo diretto a Seattle domani sera.”

“Vai a Seattle anche tu?”

“Sì. Possiamo essere compagni di viaggio,” scherzò.

C’era ancora spazio sul pullman e c’erano molti posti liberi sul volo delle venti. Susan ci organizzò l’hotel e ci diede dei buoni pasto.

Ci dirigemmo verso l’uscita dove la navetta doveva venirci a prendere. Presi il mio berretto viola fatto a maglia dalla borsa e lo indossai, poi avvolsi più stretta al collo la sciarpa, che già indossavo. C’erano solo due gradi e, con le porte che si aprivano e chiudevano costantemente, sentivo freddo.

Easton afferrò la mia valigia e si spostò di qualche metro. “Vieni. Andiamo a sederci dove fa un po’ più caldo mentre aspettiamo.”

Dopo esserci seduti, mi guardai intorno e vidi un chiosco del caffè poco più in là. “Ho proprio bisogno di bere qualcosa di caldo. Secondo te abbiamo abbastanza tempo?”

“Sicuro!” Saltò su. “Cosa vorresti? Offro io!”

Era già quasi al chiosco. Sorrisi per la sua gentilezza. “Prendo una cioccolata calda grande, per favore.”

Tornò con due grossi bicchieri da asporto. “Tieni,” disse, dandomene uno, “ho preso lo stesso anche, ma ci ho fatto aggiungere anche la panna e gli zuccherini colorati.”

Si sedette e, voltandosi, la sua gamba si appoggiò casualmente alla mia. Era caldo, forte e confortante. “Grazie mille, sei il mio salvatore.” Bevvi un sorso, era delizioso da morire.

La navetta arrivò un paio di minuti dopo, caricammo i bagagli e ci godemmo la cioccolata calda mentre l’autista si faceva strada nel traffico verso l’hotel.

Easton si girò. “Devi chiamare tuo marito o il tuo ragazzo per fargli sapere del cambio di piani?”

No, nessuno dei due. Da infermiera itinerante è difficile avere una relazione seria. Sono in una città solo per tre mesi alla volta.”

“Ah, sei un’infermiera? É una professione ammirevole. Vai a Seattle per il tuo prossimo incarico?”

“Sì e no. Ho accettato un posto fisso come infermiera a Seattle, dove sono cresciuta e dove vive la mia famiglia.” L’autista svoltò a destra bruscamente e la gamba di Easton si strinse contro la mia. Non si spostò, sorrise e basta. “E tu? Hai una ragazza? Per questo vai a Seattle?”

“Nessuna relazione sentimentale recente. Sono stato sposato per un paio d’anni dopo il college, ma non è durata. Io volevo viaggiare e lei desiderava stare a casa ed avere figli. Sembra una vita fa,” tirò su le spalle, “come per te, è ora che mi fermi per un po’. Ho lanciato una freccetta sulla mappa e ho colpito lo stato di Washington. Ho un paio di amici a Seattle e mi è sembrato un bel posto, dove stabilirmi per un po’.”

“Seattle è bellissima. Che lavoro fai?” E intanto pensavo a cosa significasse per un po’. Sarebbe la mia tipica sfortuna incontrare un ragazzo eccezionale, innamorarmi e poi doverlo lasciare andare.

“Sono un fumettista e lavoro per varie riviste. É così che riesco a lavorare e a viaggiare allo stesso tempo.”

“A momenti non riesco neanche a leggere la mia stessa scrittura, figurati a disegnare. Ammiro le persone che hanno doti artistiche.”

“Allora abbiamo qualcosa in comune: io ho sempre ammirato le persone che lavorano nel settore sanitario. È una professione difficile e impegnativa, ma necessaria.” Easton si avvicinò un po’ di più, i suoi occhi erano intensi e per una frazione di secondo il suo sguardo cadde sulla mia bocca, poi si riappoggiò allo schienale.

Percepivo ancora il calore di quei pochi secondi. Doveva averlo percepito anche lui, perché restammo in silenzio, finché la navetta non arrivò all’hotel. Il conducente parcheggiò e scaricò i nostri bagagli. Velocemente presi dei soldi, glieli diedi e lo ringraziai.

Easton portò dentro i bagagli di entrambi, effettuammo il check-in e ricevemmo le chiavi delle nostre camere. La mia stanza era al terzo piano, Easton, invece, era al quinto.

“Perché non ceniamo insieme?” suggerì Easton, mentre le porte dell’ascensore si chiudevano.

Non riflettei a lungo sulla mia risposta.  Era un ragazzo attraente e sembrava genuinamente gentile. “Mi piacerebbe. A che ora?” L’ascensore si fermò al mio piano.

“Cosa ne dici se ci troviamo nella hall tra un’ora? Devo recuperare un po’ di lavoro, prenoto un taxi per portaci alla stazione dei pullman domani mattina e mi do una ripulita.”

“Perfetto. Per fortuna hai pensato al taxi, non avevo neanche considerato a come arrivare alla stazione dei Greyhound.” In quel momento mi passò per la testa un pensiero: era un appuntamento o eravamo solo due viaggiatori che cenavano insieme? Sperai fosse un appuntamento, Easton mi piaceva.

Le porte dell’ascensore si richiusero e andai verso la mia camera. La stanza era di dimensioni decenti, c’erano un letto matrimoniale, una TV a schermo piatto abbastanza grande e un mini-frigorifero. Il bagno era pulito e c’erano delle bottigliette di shampoo, balsamo e lozione per il corpo al profumo di agrumi.

Appesi le mie camicette e un paio di pantaloni eleganti, perché in valigia si sarebbero solo raggrinziti. Avevo messo in valigia solo il necessario per un paio di giorni. Il resto delle mie cose sarebbero arrivate a casa dei miei genitori in un paio di giorni. Mi spogliai e feci una lunga doccia calda. Dopo essermi asciugata, indossai un dolcevita rosso, dei jeans neri e degli stivaletti in pelle. Ritoccai fard, eyeliner e mascara, e poi misi anche un leggero tocco di rossetto alla lavanda. Mi ci volle solo mezz’ora per prepararmi, così mi distesi comoda sul letto con dei cuscini dietro la schiena, accesi la TV e guardai una replica di Friends.

Venticinque minuti dopo presi l’ascensore e schiacciai il pulsante per scendere al piano terra, ma, invece di scendere, continuò a salire verso i piani superiori. Le porte si aprirono e la versione reale della copertina di GQ entrò. Era un ragazzo incredibilmente sexy: ben rasato, lineamenti scolpiti, brillanti occhi blu. Aspetta, quegli occhi...li avrei riconosciuti tra mille.

“Sto morendo di fame. Tu no, Adair?” Easton ridacchiò e premette il pulsante per scendere.

Fissai a bocca aperta la trasformazione di Easton. “Quando hai detto una ripulita, lo intendevi seriamente.”

“É da mesi che non avevo un appuntamento, quindi non sentivo la necessità di radermi o di tagliarmi i capelli.” Girò la testa per mostrarmi che aveva legato i suoi lunghi capelli con un elastico beige, “questo dovrà aspettare fino a quando non mi stabilirò a Seattle, a meno che non voglia provarci tu.”

“Stai scherzando? Mi lasceresti tagliarti i capelli?” Mi strofinai le mani e feci un sorriso diabolico.

Lui si allontanò e sorrise, “magari non è proprio un’ottima idea.”

“Vieni. Andiamo a mangiare qualcosa prima che chieda in prestito un paio di forbici alla reception e mi trasformi in Edward Mani di Forbice a tuo discapito.”

“Mi assicurerò di tenere tutti gli oggetti appuntiti fuori dalla tua portata fino a destinazione.”

“Ottima idea.” Entrambi ridemmo e ci dirigemmo al ristorante.