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Capitolo 6

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Erano passate le otto del mattino, quando mi svegliai. Mi girai verso il letto di Easton, lui aprì gli occhi e mi sorrise.

“Buongiorno, porta-guai.”

“Buongiorno, mi chiamerai così d’ora in poi?”

“Ogni tanto, quando serve. Tipo adesso, hai uno sguardo molto sensuale, molto attraente, come di una che porta guai...”

Con i suoi lunghi capelli stesi sul cuscino, Easton sembrava sexy e un po’ arruffato. In quel momento, sognai di essere nell’altro letto, accoccolata a lui.

“Sarebbe meglio che la smettessi di guardarmi così, altrimenti non ci alzeremo mai dal letto.” La sua voce aveva un tono assonnato, sensuale.

Pensava davvero che quella fosse una minaccia?

“Non so di cosa parli.” Ribaltai le coperte e mi alzai. Indossavo una maglietta enorme, che mi cadeva fino alle ginocchia.

“Donne,” borbottò, poi si infilò un paio di pantaloni e si alzò dal letto. “Vuoi fare la doccia per prima?”

“No, provo a richiamare i miei genitori. Ieri non sono riuscita a raggiungere mio padre. Vuoi un caffè? C’è una macchinetta per il caffè sul mobiletto.”

“Sì, sarebbe meraviglioso.”

“Latte o zucchero?” Chiesi.

“Liscio.”

“Anche a me piace così. Lo lascio accanto alla porta del bagno, quando è pronto.”

“Grazie,” disse. Prese dei vestiti e si diresse verso il bagno.

Staccai il telefono dal caricatore e composi il numero di mio padre di nuovo. Non rispose, stavolta lasciai un messaggio in segreteria, dicendo che avrei riprovato più tardi.

Dove potranno mai essere?

***

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Dopo la doccia, mi vestii e presi una tazza di caffè. Seduti al tavolino della camera, decidemmo cosa fare durante la giornata.

“Dallas ha una bella zona commerciale e alcuni ottimi ristoranti a pochi passi dal centro.”

“L’hai cercato o ne hai esperienza diretta?”

“L’anno scorso sono stato qui per un paio di mesi. Ho girato molto negli ultimi anni,” tirò su le spalle.

Non lo chiesi per paura della risposta, ma solo perché mi sembrò solo il momento giusto: “Per quanto pensi di stare a Seattle?” Chiesi con nonchalance. Ma, sfortunatamente, non credo che ci avesse pensato.

Mi sorrise, prese le mie mani e baciò la punta delle mie dita. “Non ci avevo veramente pensato, finché non ti ho incontrata. Ora mi ci vedo a tempo indeterminato. Mi piacerebbe spendere molto del mio tempo libero con una bellissima infermiera che porta guai, che ho appena incontrato. Cosa ne pensi?”

“Penso che a quella particolare infermiera piacerebbe molto conoscere meglio un certo fumettista..." Entrambi guardammo i letti stropicciati e la temperatura nella stanza si alzò improvvisamente.

“Sto cercando di essere un gentiluomo, ma è sempre più dura.”

Pensai a che altro potesse star diventando duro e un brivido bollente mi passò dalla testa alla punta dei piedi.

Mi fissò a lungo, poi si alzò in fretta. “É meglio che usciamo di qui. Scommetto che la reception ci terrà i bagagli dopo il check-out, così non dobbiamo tirarceli dietro tutto il giorno.”

“Sarebbe fantastico. Sai, non ti ho mai chiesto, dove starai una volta arrivati a Seattle?”

“I miei cari amici hanno una stanza per gli ospiti nella casa nuova, hanno offerto di affitarmela, finché non troverò un altro posto.”

“Grandioso!” Davvero grandioso.

Alla reception chiusero a chiave i nostri bagagli e, prima di uscire, andammo a fare colazione. La neve svolazzava tanto da sembrare festosa e per niente insidiosa.

Easton si fermò davanti ad un barbiere, che invitava anche i clienti senza prenotazione ad entrare. Strattonò i capelli che pendevano dalle sue spalle, “Sono stanco di tutti questi capelli. Cosa ne dici se ci do un taglio?”

“Credo che sia una tua decisione, ma sarei curiosa di vedere come stai con un taglio di capelli rispettabile,” scherzai.

“Sei proprio una che porta guai...” e mi trascinò dietro di sé nel negozio. “...Rispettabile...Ti faccio vedere io.”

“Ciao! Sono Sofia. Cosa posso fare per voi oggi?” Chiese una ragazza incredibilmente bella e di piccola statura.

Easton la fissò. Probabilmente si aspettava un gruppo di vecchi bacucchi seduti a non far nulla e a parlare dei bei vecchi tempi, non una giovane ragazza alla moda. Gli diedi una leggera gomitata sulla schiena, così che riuscisse a dire qualcosa.

“Vorrei tagliarmi i capelli. É possibile?” Fu tutto quello che riuscì a dire.

“Puoi scommetterci. Siediti qui e dimmi che cos’hai in mente.”

Non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere. Sicuramente Easton non aveva in mente che fosse una bellissima ragazza a tagliargli i capelli. Cercai di aiutarlo. “Easton vuole liberarsi di tutti questi,” e passai le mani tra i suoi capelli. Credo fosse la prima e anche l’ultima volta, che avrei toccato i suoi lunghi, grossi capelli.

Poi presi posto in una delle poltroncine per i clienti. Sofia gli legò una mantella intorno al collo e io la guardai affascinata mentre armeggiava con i suoi capelli, spostandoli di qua e di là.

“Sono d’accordo. Staresti benissimo con un taglio laterale un po’ sfumato, il che significa che la parte dietro e i lati andranno da molto corti a ben più lunghi nella parte superiore. Molto chic e sofisticato.”

“Ottimo. Certo,” farfugliò lui. Povero Easton, questa cosa andava oltre le sue capacità.

***

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Appena Sofia finì, Easton era tutto sorridente. “Wow, hai fatto un lavoro grandioso.”

“Grazie, avevi ottimi capelli con cui lavorare,” sorrise.

Pagò Sofia e le diede anche una mancia generosa. “Pronta ad esplorare i negozi del centro, ora che sono ‘rispettabile’?” mi stuzzicò.

“Puoi scommetterci, bello.” Gli feci l’occhiolino.

Camminammo mano nella mano, entrammo in qualche negozio e, quando cominciammo ad avere freddo, ci fermammo in una caffetteria molto pittoresca per una cioccolata calda e un dolcetto.

Di fronte alla caffetteria, c'era una vetrina tutta decorata che mi rapì gli occhi. C’erano decine di ornamenti e decorazioni a tema film. Non avevo mai visto nulla del genere. Indicai l’altro lato della strada, “Dobbiamo andare in quel negozio!”

“Certo. Poi dopo dobbiamo tornare in hotel, prendere i nostri bagagli e dirigerci verso l’aeroporto. Possiamo cenare direttamente lì, prima del volo, c’è un ristorante barbecue buonissimo.”

“Mi sembra un’idea meravigliosa.” Presi la sua mano e lo tirai in piedi. “Dai andiamo, quel negozio mi sta davvero chiamando.”

Dentro era ancora più incredibile, avevano una sezione di decorazioni interamente dedicata ai film horror. Easton ed io eravamo a bocca aperta. “Riesci a crederci? È fantastico!” Ne vidi una modellata come uno squalo con una motosega incastrata in bocca, proprio come nel primo film di Sharknado. Dovevo comprarla per Easton, ma come potevo farlo senza farmi notare? Non me ne dovetti neanche preoccupare, perché lui si era allontanato verso un’altra sezione e non aveva neanche visto le decorazioni dedicate a Sharknado. Pagai in fretta e poi la infilai in borsa. Continuai a girare per il negozio, finché non mi trovò un paio di minuti più tardi.

“Pronta ad andare?” mi chiese.

“Sicuro.” Vidi che anche lui aveva una borsa. “Hai trovato qualcosa?”

“Sì, questo negozio è davvero simpatico. Ho preso un paio di decorazioni per Kathy e Jason, gli amici da cui vado a stare.” Mi prese per mano. “Andiamo. Dopo tutto quello che abbiamo passato, perdere l’aereo sarebbe terribile.”

“Hai proprio ragione!”

***

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Arrivammo in aeroporto con tre ore di anticipo, il volo era in orario e la bufera a Seattle sembrava essersi placata. Una volta fatti i controlli di sicurezza, trovammo il ristorante di cui Easton aveva parlato e ci abbuffammo di arrosto, costolette, maccheroni al formaggio e focaccine di mais.

Arrivammo al gate e io sarei potuta scoppiare, da quanto avevamo mangiato. Indicai un angolo dove non era seduto nessuno, “vado laggiù e provo a richiamare i miei genitori. Non vorrei arrivare nel bel mezzo della notte, senza avvisarli.”

“Ottimo. Io recupero un po’ di lavoro arretrato.” Easton si chinò e mi diede un bacio veloce sulle labbra.

Composi il numero di telefono di mio padre, decisa a chiamare ogni membro della famiglia, se non avesse risposto.

“Pronto,” rispose allegramente mio padre al secondo squillo.

Sentivo un risate e spruzzi d’acqua in sottofondo. Strano. “Ciao, Papà. Sono Adair.” Prima di riuscire a dire perché chiamavo, iniziò a chiacchierare.

“Ciao tesoro, come stai? Nevica in Arkansas? Stai frequentando qualcuno? Quando hai intenzione di sistemarti e darci dei nipotini da viziare?”

Mi scappò una risata. “Oh Papà, mi manchi.”

Lui scoppiò a ridere. “Anche tu ci manchi, tesoro. Non vediamo l’ora di vederti la settimana prossima.”

“A proposito...” esitai.

“No! Non azzardarti a cancellare. È da un sacco di tempo che non ti vediamo, non dirmi che non riesci a venire.”

“No, non è questo, Papà,” risi, “arrivo da Dallas stanotte. Sarò a casa per Natale.”

Mi aspettavo urla di felicità, invece ci fu solo silenzio. Avrei giurato di sentire onde che si infrangevano in sottofondo.

“Papà? È tutto a posto?”

“Sì, tesoro. Sono contento che arrivi per Natale, ma, sfortunatamente, noi non ci saremo.”

“Cosa intendi? Dove siete?”

“Hawaii...” dal tono sembrò imbarazzato.

“Non capisco, non avete mai detto di voler andare via per le feste.”

“É stata una sorta di decisione all’ultimo minuto. Quando hanno detto che ci sarebbe stata una grossa bufera di neve, tua madre si è messa al computer, ha trovato dei biglietti davvero convenienti e in un attimo tutta la famiglia era su un volo diretto alle Hawaii. Sapevamo non saresti arrivata in tempo, per questo non abbiamo detto nulla. Ti avremmo chiamato domani su Skype e te l’avremmo detto allora.”

“Sono tutti lì? Non c’è nessuno a Seattle?”

“No, mi dispiace, tesoro. Non sapevamo che arrivassi prima...Mi sento in colpa.”

“Non sentirti in colpa. Avrei dovuto chiamare prima. Quando tornate a casa?”

“Non prima del 27. Aspetta, ti passo tua madre. Sarà fuori di sé.”

“Papà, non agitare la mamma. Va tutto bene, starò bene.”

“Sei sicura?” Non sembrava mi credesse.

“Sì, avrei dovuto avvisarvi prima del cambio di piani. Anche se non sarebbe cambiato nulla, non sarei potuta partire con voi in ogni caso.”

“Oh, tesoro. Non so cosa dire...”

“Va tutto bene. Magari mi cucino un piccolo petto di tacchino con tutti i condimenti e me lo mangio davanti all’albero di Natale.” Cercai di sembrare allegra.

Lui rimase in silenzio e poi disse, “Devo davvero passarti tua madre. Dovresti parlare con lei...”

“Perché?” Sentii la paura nello stomaco.

“Beh...tesoro. Abbiamo deciso di non preparare tutte le decorazioni, visto che non saremmo stati a casa. Ho appeso le luci fuori e tua madre ha appeso alcune delle sue decorazioni preferite,” esitò, “ma tutto il resto è in soffitta. Se hai voglia, le portiamo giù appena torniamo a casa. Credo davvero che ti debba passare tua madre,” disse e se ne andò.

Ci fu silenzio, qualche mormorio sommesso e poi mia madre prese il telefono.

“Oh, tesoro. Mi dispiace così tanto. L’unico anno in cui riesci ad esserci e non ci siamo noi. Com’è potuto succedere?”

“Mamma, per favore non agitarti. Ci vedremo tra un paio di giorni.” Cercai di trattenere le lacrime fino a quando non avessi riagganciato. Non volevo agitare i miei genitori più di quanto non avessi già fatto. “Non ho fatto in tempo a dire a papà che inizio un lavoro fisso a Seattle dopo il primo di gennaio. Speravo di poter stare da voi, fino a quando troverò un appartamento.

“Oh, ma è meraviglioso! Che notizia fantastica! Ma certo, puoi stare da noi quanto vuoi. Aspetta, devo dirlo subito a tuo padre.”

Potevo sentirli parlare in sottofondo.

“Tesoro, tuo padre ha detto di dirti che sei il suo angelo. Era così contento che è corso subito a dirlo ai tuoi fratelli.”

“Era ora di fermarmi in una città.” In più Easton era un bonus, ma non volevo ancora parlare di lui alla mia famiglia.

“Tuo padre si chiede, se hai voglia di andare a prendere Bruce da Suzie. Lui la adora, ma sono sicura che preferirebbe stare a casa sua insieme a te.”

Bruce era un amorevole, adorabile Bulldog che avevo adottato quando era ancora un cucciolo e che, quando iniziai il lavoro come infermiera itinerante, restò con i miei genitori. Ora era più il loro cane che il mio. “Puoi scommetterci. Chiami tu Suzie per dirle che andrò a prenderlo in mattinata? Stasera arriverò troppo tardi.”

“Sì, certo. Sei sicura che sia tutto ok? Siamo tutti così dispiaciuti di non esserci.”

“Sì, mamma. Vi chiamo domani, per gli auguri di Natale. Ti voglio bene.”

“Ti voglio bene anche io, tesoro. Ti abbracciamo tutti.”

“Vi abbraccio anche io.” Dopo aver riagganciato, le lacrime che avevo cercato di trattenere si riversarono come un fiume in piena.

Non sarà davvero Natale senza la mia famiglia a casa.

Dal nulla, Easton mi teneva fra le sue braccia. “Che succede? É la tua famiglia? É successo qualcosa?”

Mi strinse forte contro il suo petto mentre le lacrime rallentarono a singhiozzi, fino a che ebbi solo una piccola riga di lacrime sul viso. Una volta ripreso possesso delle mie emozioni, mi sentii improvvisamente imbarazzata. Non ero una bambina, ero una donna adulta, non avrei dovuto piangere in quella maniera per colpa di un Natale mancato.

“Adair, per favore, dimmi cosa succede.” Mi prese per le spalle, così da potermi guardare negli occhi, “Adair?”

“Dopo tutto quello che ho passato per riuscire ad arrivare a casa, la mia famiglia non ci sarà,” scossi la testa.

“Cosa intendi? Dove sono? Stanno bene?”

Mi asciugai il resto delle lacrime con le mani. Sicuramente avevo un aspetto orribile, con tutto il trucco sbavato sul viso. “Sono alle Hawaii.”

“Alle Hawaii?” Mi guardò confuso.

Ed io ero altrettanto confusa.

“É stata una decisione dell’ultimo minuto e nessuno tra noi ha detto nulla dei propri piani,” ero come bloccata, “devo andare al bagno a sistemarmi il trucco, devo avere un aspetto orribile.”

“No, mai, specialmente per me.”

Abbracciai Easton. Se non era il miglior regalo di Natale di sempre, non sapevo che altro fosse. “Grazie, ma vado lo stesso a sistemarmi.”

“Io non vado da nessuna parte,” disse casualmente e mi accarezzò il viso con la punta delle dita.

“Neanche io.” Sapevo che non stavamo parlando di un luogo fisico, ma di quello che provavamo l’uno per l’altra.

***

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Il nostro volo decollò in orario ed entrambi dormimmo per la maggior parte del tempo. Quando finalmente atterrammo, il senso di sollievo fu travolgente. “Riesci a crederci? Siamo veramente a Seattle. È come se avessimo viaggiato per giorni e giorni. Ehi, aspetta, l’abbiamo fatto davvero!” Entrambi ridemmo.

“É vero, però non ci saremmo incontrati e non ci sarebbe stata l’occasione di conoscerci, se non ci fossero stati tutti questi imprevisti,” mi fece notare Easton.

“Hai ragione,” annuii, “vengono a prenderti i tuoi amici?”

“No, non ho voluto disturbarli. Possiamo condividere un Uber, visto che è così che ti ho vista la prima volta.”

“Ottima idea. La casa dei miei genitori si trova nella parte sud di Seattle. Dove vivono Kathy e Jason?”

“Nella parte nord di Renton. Sarai la prima a scendere.”

“Ok.” Sarebbe stato strano separarsi, eravamo stati costantemente insieme negli ultimi giorni.

Una volta atterrati, prendemmo i nostri bagagli ed aspettammo sul marciapiede che arrivasse l’auto che avevamo prenotato.

“Che piani hai per domani?” chiese Easton.

“Vado a prendere Bruce, il cane dei miei genitori, dalla vicina di casa. Dopo di che non saprei...” la tristezza mi prese di nuovo.

“Allora so cosa farai.” Mi prese la mano e la strinse.

“Lo sai?”

“Vengo a prenderti a mezzogiorno e passerai il Natale con me, Kathy e Jason.”

“Davvero? Gli hai già chiesto se non è un problema?”

“Non ancora. Aspettami. Non andare via senza di me.” Easton mi fece l’occhiolino, prese il telefono e parlò sottovoce con chiunque rispose al telefono. “Grazie, Kathy. Ci vediamo tra poco.”

“Tutto organizzato. Kathy ha detto di aver cucinato per un esercito e di sentirti libera di portare anche il tuo cane. Ho nominato Bruce, e sono tutti e due grandi amanti degli animali.”

“Sei sicuro? Li hai messi alle strette, magari si sono sentiti obbligati a dire di sì.”

“Aspetta di incontrare Kathy. È gentile e generosa, proprio come te. Ti piacerà un sacco.”

“Ok. Mi piacerebbe passare la giornata con te e i tuoi amici.” Ci scambiammo i contatti e l’autista di Uber si fermò davanti a noi.

Le strade erano abbastanza libere, arrivammo a casa mia in venti minuti. Easton mi accompagnò alla porta, mi diede un lungo bacio appassionato e poi aspettò finché fossi entrata prima di andare via.

Accesi il riscaldamento, buttai nel cesto della biancheria la roba da lavare, mi infilai nel mio pigiama e mi rilassai, guardando un concorso di cucina per bambini in TV.

Più tardi, mi trascinai a letto e mi addormentai pensando a Easton.