Capitolo I. Turvel
Hella raccolse i lunghi capelli chiari in una coda.
Osservò Sigrid che si stava lisciando la gonna della divisa con la mano.
«Hai ancora messo la tua biancheria in uno dei miei cassetti!» sbottò Hella sgranando gli occhi azzurri in volto alla compagna di stanza.
«Quanto sei pesante – alzò le spalle l'altra – mi sarò sbagliata!».
Si spazzolò i lunghi e folti capelli neri osservandosi nell'ampia specchiera.
«Lo sai che mi da fastidio avere le tue cose nei miei cassetti – si lamentò di nuovo Hella – già questa stanza è troppo piccola per due persone. Il tuo disordine non è certo d'aiuto!».
«Ho capito – si difese Sigrid alzando le mani in segno di resa – appena finite le lezioni sistemo tutto. Non ne fare una tragedia!».
«Ti comporti come se fossi una principessa – insistette l'amica – ti voglio ricordare che questa è una scuola e non un castello. Inoltre le persone che ti circondano non sono servitori obbligati a sistemare il disordine che semini tu».
«Siamo in ritardo!» la interruppe l'altra prendendo la pila di libri dalla scrivania e precipitandosi nel corridoio.
Hella prese i suoi libri e la seguì di corsa.
Mancavano pochi minuti all'inizio della prima lezione della giornata.
Le due ragazze si lanciarono in una corsa giù per le scale.
Probabilmente tutti gli studenti erano già in aula.
«Se facciamo ritardo anche oggi mi sa che una punizione non ce la toglie nessuno!» sibilò Hella trafelata.
«Muoviti invece di parlare!» la spronò la compagna.
Per le scale di pietra e lungo i corridoi echeggiava solamente il rumore della loro corsa.
Hella superò Sigrid con uno slancio in direzione della classe.
«Aspetta!» urlò l'amica accelerando.
La corsa di Sigrid si bloccò di colpo.
Era andata a sbattere con violenza contro una persona.
Barcollò.
Due mani forti la afferrarono per le braccia impedendole di cadere.
Lei alzò gli occhi e un rossore imbarazzato si diffuse sul suo viso.
Gli occhi neri insondabili di Jerome Wilelm la stavano osservando con rimprovero.
Il viso dell'uomo era impassibile.
«Professor Jerome – balbettò lei – mi dispiace!».
Il professore continuava a stringerle le braccia.
«Non si corre per la scuola!» si limitò a dire con voce grave.
Sigrid si accorse di sussultare.
Il professor Jerome incuteva rispetto e paura.
Freddo e distaccato era circondato da un alone di mistero che aveva suscitato tra gli studenti la convinzione che non fosse un semplice professore di arti alchemiche ma celasse segreti inconfessabili.
Riservato e autoritario era nella scuola da molti anni e di lui gli studenti non avevano mai saputo nulla.
Arrivato dalla nebbia di un passato oscuro e probabilmente dedito a esperimenti terribili e segreti.
Di aspetto imponente, vestito sempre di nero, come neri erano i suoi capelli e i suoi occhi profondi, era particolarmente dotato per l'insegnamento ma poco incline a legare con i ragazzi.
«Mi dispiace» ripeté Sigrid in un sussurro.
L'uomo le lasciò le braccia.
Gli occhi blu della ragazza si sgranarono osservando il volto di lui in attesa di un rimprovero.
«Ti conviene raggiungere la classe!» disse infine il professore oltrepassandola e sparendo nel corridoio.
La primavera cercava di arrivare a Turvel ma l'inverno non voleva cedere il suo posto.
Un sole pallido tentava di riscaldare la regione ma la rigidità della stagione invernale continuava a resistere attaccata a quei luoghi come a non voler morire naturalmente.
Si alternavano giornate timidamente tiepide ad altrettante rigide.
Il parco intorno al collegio si stendeva ancora spoglio.
Il risveglio della natura pareva voler tardare.
Il piccolo lago ai margini della proprietà si ostinava a conservare una fragile patina di sottile ghiaccio.
«Ma la primavera quest'anno non ne vuole sapere di arrivare» disse Hella soprappensiero stringendosi nella giacca della divisa.
Sigrid era seduta accanto a lei ma non rispose.
L'amica sollevò lo sguardo dal libro che teneva sulle ginocchia e si accorse che gli occhi di Sigrid erano concentrati su un punto distante da loro.
Un gruppo di ragazzi facevano capannello accanto al lago.
Ridevano e scherzavano tra loro dandosi pacche sulle spalle.
Stavano conversando con due compagne di classe di Hella e Sigrid.
Hella sospirò.
Le due ragazze che ridacchiavano con i giovani erano Julia e Hanna.
Bionde, procaci, belle e perfettamente curate nell'aspetto.
Sembravano due principesse anche indossando la severa e sobria divisa dell'istituto.
Si passavano le mani fra i capelli ridendo alle battute dei ragazzi come chi era perfettamente a proprio agio.
Socialmente erano due vincenti, di famiglia nobile erano destinate a un futuro radioso non solo a livello di popolarità.
Gli occhi blu di Sigrid fissavano uno dei ragazzi che partecipava alla compagnia con interesse.
Biondo, due magnetici occhi grigi, il suo fisico atletico veniva valorizzato perfino dalla divisa scura.
Simpatico, nobile, gentile era il più corteggiato della scuola ma aveva fama di essere molto rigido nella scelta delle sue ragazze.
Anch'egli destinato a un futuro radioso e vincente era probabilmente destinato a sposare una ragazza proprio come Julia oppure Hanna.
«Ma la tua è proprio una fissazione – disse Hella chiudendo il libro – se questa sbandata per Stig non ti passa per quale motivo non ti alzi e vai a parlare con lui?».
«Stai scherzando?» si ridestò improvvisamente Sigrid guardando l'amica.
«Ma se ti piace così tanto per quale motivo non gli rivolgi nemmeno la parola?».
Sigrid sospirò affranta.
Si toccò istintivamente i capelli sciolti sulle spalle e osservò il suo corpo con poco interesse.
«Hai visto che tipo di ragazze guarda Stig?» chiese indicando Julia e Hanna.
«Ti sembra che potrei competere con una di quelle? - continuò – sono nobili, ricche, belle, brillanti. Io al confronto sembro così infantile».
«In quanto a infantile è proprio il giusto termine per definire il tuo comportamento!» concluse l'altra.
«Accidenti! – saltò in piedi Sigrid – zia Aghata mi aveva fatto chiamare. Dovevo essere nel suo ufficio mezz'ora fa».
Raccolse i libri che aveva appoggiato accanto a sé e si precipitò di corsa verso il collegio.
Poco distante Erik, il vecchio guardiano del parco, aveva osservato l'intera scena.
La bocca era piegata in un sorriso sadico e lascivo.
I capelli incolti, i piccoli occhi pungenti e gli abiti frusti davano agli studenti del collegio una sensazione di fastidio quando si trovavano in sua presenza.
Scontroso e maldisposto verso i ragazzi non accettava che girassero intorno alla vecchia capanna dove viveva ai margini del lago.
Hella si voltò di colpo sentendo addosso gli occhi del guardiano e rabbrividì.
La vicedirettrice del collegio Aghata Smokemakers era seduta dietro la sua scrivania.
Sigrid entrò timidamente dopo aver avuto il permesso.
«Siediti Sigrid!» disse la donna anziana invitando la ragazza.
Sigrid si sedette accorgendosi che al suo fianco c'era la professoressa di storia.
La ragazza accennò un inchino di saluto.
La donna di mezza età le riservò uno sguardo duro.
I capelli rosso scuro erano raccolti in una severa crocchia e il viso segnato da profonde rughe era tirato per la tensione.
Stava seduta in una posizione innaturale e i suoi occhi nocciola si posarono su Aghata.
«Sigrid – cominciò la vicedirettrice – la professoressa mi ha riferito che anche questa mattina sei giunta a lezione con un ritardo notevole».
Sigrid aprì la bocca ma la voce della professoressa bloccò le sue parole.
«E non è la prima volta – disse la donna – ormai i ritardi accumulati sono diventati talmente numerosi da non avere più spazio sul registro per annotarli. Questa ragazza».
«Janne – la interruppe Aghata – mi hai già illustrato tutta la situazione. Sono sicura che Sigrid si impegnerà a fare tutto il possibile perché ciò non accada mai più e soprattutto si impegna sin d'ora a rimanere alla fine delle lezioni per svolgere compiti supplementari di storia».
«Ma» osò lamentarsi Sigrid.
Lo sguardo della zia la zittì.
«E questo comincerà da domattina stessa!» concluse la vicedirettrice con un tono che non ammetteva repliche.
Posò i suoi occhi sulla giovane.
«Sì, signora!» dovette acconsentire la ragazza abbassando lo sguardo.
«Bene – sentenziò la professoressa di storia alzandosi – spero di non essere nuovamente costretta a interpellare la vicedirettrice per il tuo comportamento».
«Sì, signora» ripeté Sigrid senza alzare gli occhi.
La professoressa di storia salutò e uscì dall'ufficio.
Gli occhi blu di Sigrid si sollevarono posandosi in quelli di Aghata che pareva in attesa.
«Allora?» chiese la donna.
«Mi dispiace zia – disse la ragazza – ultimamente ho difficoltà ad alzarmi la mattina».
«Sigrid, tesoro – continuò l'altra con dolcezza – tu vivi in questo istituto praticamente da quando sei nata, so che la perdita di Leena è stata difficile per te ma il fatto che sia tua zia non vuol dire che ti debba riservare un trattamento di favore».
«Non l'ho mai chiesto» si difese debolmente la giovane.
«Ho notato che anche il tuo rendimento nello studio è calato».
Sigrid non commentò.
«Più di uno dei tuoi professori mi ha riferito che sei piuttosto assente negli ultimi tempi. Segui le lezioni con difficoltà e sei distratta. C'è qualcosa che non va?».
Sigrid scrollò il capo.
«Non ti senti bene? – riprese la donna alzandosi dal suo posto – hai qualche pensiero?».
Sigrid abbassò il viso arrossendo.
«Ho capito – disse Aghata – si tratta di un ragazzo».
«No – disse l'altra poco convinta – è che ultimamente non riesco a dormire bene. Mi sveglio spesso molto più stanca di quando sono andata a dormire. Hella la mia compagna di stanza dice che a volte la sveglio di notte lamentandomi nel sonno. Ho solamente un po' di difficoltà a riposare».
«Probabilmente è solo un periodo di passaggio – disse la zia posandole le mani sulle spalle – però mi sentirei più tranquilla se ti facessi dare un'occhiata in infermeria».
«Va bene zia – sospirò Sigrid – ci vado questo pomeriggio stesso!».
Magnus Dentz si passò una mano sulla folta barba bianca.
Si fermò in piedi davanti alla finestra che si affacciava sul cortile.
«Effettivamente sono un po' preoccupata» stava dicendo Aghata seduta nella poltrona davanti al camino.
Sollevò la tazza di tè fumante portandosela alle labbra.
«Può essere effettivamente solo un periodo di passaggio» disse l'uomo intrecciando le mani dietro la schiena.
Oltre i vetri il cielo stava imbrunendo sul giardino della scuola.
«Cosa dice Emma?» continuò senza voltarsi verso la vicedirettrice.
«L'infermiera dice che fisicamente sta bene. Non c'è niente che non vada, probabilmente hai ragione tu è solamente un periodo di insonnia passeggera».
«Da quando è morta tua sorella – riprese il direttore – sei diventata molto apprensiva con quella ragazza. Conosciamo la situazione ma devi ammettere che l'incantesimo di protezione fino a questo momento ha funzionato piuttosto bene».
Aghata aveva posato la tazza e si era avvicinata all'uomo.
«Questo è vero – disse osservando il cielo – l'incantesimo ha permesso di celare la sua presenza. Non può essere individuata da chi la sta cercando ma se fosse lei stessa a cominciare a ricordare, oppure farsi domande, sarebbe differente. Possiamo proteggerla celandola al mondo ma non possiamo nasconderla a se stessa. Prima o poi la verità emergerà e Sigrid dovrà affrontarla».
Magnus sospirò.
«L'importante è che nel momento in cui dovrà affrontare la verità sia pronta – disse – Elasund non si fermerà. In questi ultimi sedici anni non ha fermato la sua ricerca e, come sai, tutta questa storia è costata la vita a numerose ragazze innocenti. Conosciamo Elasund e sappiamo entrambi che prima o poi Sigrid dovrà affrontarlo».
«Non so se è pronta» sussurrò Aghata abbattuta.
«Per quando arriverà il momento lo sarà!».
La devastazione provocata dal sovrano delle Terre del Nord si perpetrava da sedici anni.
Elasund aveva giurato che avrebbe trovato la figlia e non aveva intenzione di arrendersi.
Aveva cominciato setacciando tutti le regioni delle Terre del Nord per poi spostarsi negli altri regni.
Aveva giustiziato migliaia di ragazze colpevoli solamente di essere femmine e avere l'età di Sigrid.
Aveva raso al suolo interi villaggi, interrogato e torturato migliaia di persone per cercare di avere una qualsiasi informazione sulla figlia scomparsa.
Il tutto aveva sortito l'unico effetto di devastare buona parte dei regni delle Terre Conosciute senza aver mai trovato la ragazza.
Sigrid sembrava sparita nel nulla.
«Dannazione!» tuonò Elasund picchiando un violento pugno sul tavolo.
«Non può essere sparita nel nulla!».
Il messaggero che aveva davanti fece un salto e il suo viso divenne una maschera di terrore.
«Vattene!» gli ordinò il sovrano.
L'uomo non se lo fece ripetere e sparì fuori dalla stanza.
Oltre i vetri il cielo era plumbeo.
Aveva smesso di nevicare da giorni ma la coltre che copriva il terreno era ormai una lastra di ghiaccio e non avrebbe avuto il tempo di sciogliersi durante la breve stagione calda.
Selma entrò silenziosamente nella stanza.
Il viso pallido e i capelli nerissimi attirarono l'attenzione del re.
«Cosa vuoi?» chiese lui ruvidamente.
Gli occhi della donna fiammeggiarono.
Lui cercò di dominare la sua rabbia per non andare incontro all'ira della strega.
«Come può essere sparita nel nulla?» chiese fermo.
«Te l'ho detto – disse lei con calma – ci sono forze che mi contrastano. La stanno proteggendo, probabilmente la nascondono».
«Io devo trovarla!» sentenziò l'uomo.
«Hai raso al suolo quasi interamente le Terre Conosciute – riprese lei – praticamente non ci sono più giovani donne in quasi tutti i regni. Chi sta nascondendo Sigrid non la farà certo uscire allo scoperto anche se tu arrivassi a sterminare tutti i popoli di queste regioni».
«Allora cosa devo fare?» chiese lui lasciandosi cadere pesantemente sulla sedia.
«Deve essere lei a voler tornare» disse la donna enigmatica.
Gli occhi chiari di Elasund si posarono sulla strega con interesse.
«Se le forze magiche che la proteggono – riprese la maga – sono così forti non abbiamo possibilità di penetrare la barriera che hanno creato intorno a lei. Dobbiamo fare in modo che sia Sigrid stessa a infrangere quella barriera. Dobbiamo indurla a tornare nelle Terre del Nord».
«E come possiamo fare se non sappiamo nemmeno dove sia?».
«Non sappiamo dove sia – riprese Selma osservando Elasund – ma lei ha ancora un legame con queste terre».
Il sovrano si alzò in piedi e si piantò davanti alla donna sovrastandola con la sua imponenza fisica.
Lei continuò a fissarlo senza timore.
« Hrafnhildur!» sentenziò lei.
Gli occhi di Elasund si dilatarono.
«L'unicorno!» sussurrò con timore.
«Hrafnhildur le ha salvato la vita quando era in fasce – riprese Selma decisa – i loro spiriti sono inesorabilmente uniti da un legame praticamente impossibile da spezzare. Dobbiamo prendere l'unicorno. Solo allora lei percepirà il pericolo e dovrà per forza tornare. Se l'unicorno soffre, Sigrid soffre, se Hrafnhildur muore, Sigrid muore. Lo spirito dell'animale richiamerà istintivamente lo spirito della principessa e lei non potrà ignorare il richiamo!».
Elasund si allarmò.
«Mi stai chiedendo di uccidere un animale sacro! - disse con voce rotta – uccidere l'unico unicorno esistente sul pianeta sarebbe come sfidare apertamente la Dea Treb. Chi si macchia di un simile delitto è destinato a essere maledetto, a una fine orrenda e dolorosa!».
«Sono solo stupide superstizioni! - disse lei stizzita – la Dea Treb è una pura invenzione di voi umani che amate farvi dominare da esseri inesistenti piuttosto che affermare la vostra superiorità di esseri viventi!».
«Mi sono macchiato di molti delitti – disse lui fermo – ma non farò mai una cosa tanto blasfema da uccidere un animale sacro!».
«Non è necessario ucciderlo. Sarà sufficiente catturarlo e tenerlo prigioniero, Sigrid sentirà comunque il richiamo e sarà costretta a tornare».
«No! - disse lui convinto – Non intendo andare incontro alle ire della Dea!»
«Fai come preferisci – si arrese lei avviandosi alla porta – se vuoi sterminare tutte le donne di questi continenti fai pure ma non troverai mai tua figlia. La protezione magica che ha è impenetrabile. L'unico modo per mettere le mani sulla principessa è quello di indurla a tornare».
«Va bene! - la fermò lui sulla porta – Ma non intendo uccidere l'animale. Lo cattureremo e nel momento in cui Sigrid sarà tornata lo lasceremo nuovamente libero».
Lei lo osservò piegando le labbra in un sorriso di soddisfazione.
«Mi auguro che tu abbia ragione – sibilò lui – altrimenti te la farò pagare molto cara!».
La sala di lettura del collegio era silenziosa.
Dopo la cena tutti gli studenti, dal primo all'ultimo anno, dovevano trascorrere almeno un'ora in quella sala.
Ragazzi e ragazze di diverse età erano immersi nei loro libri.
La sera oltre all'oscurità aveva portato un forte vento che sibilava attraverso le ampie vetrate delle finestre e le feritoie che avevano intaccato le spesse e antiche mura del castello.
Sigrid alzò gli occhi dal suo libro.
Hella al suo fianco sul divano la guardò.
Gli occhi blu dell'amica erano fissi su Stig.
Il ragazzo era assorbito dalla lettura, chino sul tavolo all'altro lato della stanza.
«Accidenti!» sibilò Hella chiudendo il suo libro.
Sigrid la guardò con aria interrogativa.
«Se non ti alzi e ci vai a parlare – disse Hella decisa – lo faccio io per te!».
«Non ti azzardare!» la minacciò Sigrid.
«Allora alzati da questo divano e vai da lui».
Sigrid guardò in viso l'amica poi osservò il ragazzo.
«Non posso» sussurrò.
Hella si alzò in piedi.
Sigrid la guardò implorandola con gli occhi di non muoversi.
Il capo biondo di Stig si alzò abbandonando la lettura.
I suoi occhi grigi si posarono su Hella in piedi e poi su Sigrid ancora seduta sul divano.
Gli occhi del ragazzo si fermarono in quelli blu della giovane.
Lei sentì il viso infiammarsi.
Lui sorrise cortese prima di essere distratto da Julia che si era avvicinata e aveva cominciato a parlargli.
L'attenzione del giovane fu catalizzata dalla nuova venuta.
Assentì con il capo e chiudendo il libro si alzò dalla sedia per seguire la ragazza fuori dalla stanza.
Gli occhi blu di Sigrid si incupirono per la delusione.
«Hai visto – la rimproverò l'amica – sarebbe bastato che ti fossi avvicinata e gli avessi detto anche solo una parola».
«Smettila! - sussurrò l'altra alzandosi – io me ne torno in camera!».
Chiuse il libro e lo mise al suo posto in uno degli scaffali che ricoprivano le pareti dell'immensa stanza.
Si avviò verso la porta della sala di lettura.
«Aspetta – la richiamò Hella – vengo anch'io!».
Si affrettò a sistemare il suo libro e corse dietro alla compagna.
Stig era appoggiato a una parete del corridoio.
Aveva le mani nelle tasche dei pantaloni mentre Julia si prodigava in una brillante conversazione.
Si attorcigliava i lunghi capelli biondi intorno alle dita e rideva.
Il ragazzo ascoltava la voce della compagna abbozzando cortesi sorrisi.
Hella e Sigrid uscirono dalla sala lettura e passarono davanti ai due.
Gli occhi di Sigrid si posarono sulla scena attirando l'attenzione del ragazzo che le riservò un sorriso.
Lei ricambiò senza fermarsi.
Hella cercò di reprimere una risata procurandosi una gomitata dall'amica.
«Mi hai fatto male» si lamentò sfregandosi il fianco mentre procedevano.
«Così impari!».
Sigrid si bloccò attirata da qualcosa in fondo al corridoio.
Hella seguì lo sguardo dell'amica.
Dall'oscurità stava emergendo la figura del professor Jerome che procedeva verso di loro.
La luce velata della luna gli conferiva un aspetto inquietante.
Hella divenne seria rabbrividendo.
Il professor Jerome le incuteva timore.
L'uomo avanzò e salutò le due ragazze con un cenno del capo prima di superarle per procedere verso la sala di lettura.
Sigrid ricambiò il saluto piantando gli occhi blu in viso all'uomo.
Lo seguì con lo sguardo voltandosi e notò che l'uomo gettava un'occhiata anche a Stig e Julia che lo salutarono cordiali.
«A me quell'uomo fa paura!» disse Hella.
«A me sembra solo un professore!» rispose la compagna tornando a guardare davanti a sé.
«Io lo trovo inquietante – riprese l'altra – secondo me nasconde segreti terribili!».
Sigrid gettò un'ultima occhiata alle sue spalle ma la figura del professore era già sparita.