Capitolo VI. Partenze
Sigrid corse velocemente per le scale salendo al piano superiore.
Percorse il corridoio che portava alle stanze dei ragazzi.
Si fermò davanti alla porta della stanza di Stig.
Il ragazzo era fermo.
Accanto a lui Julia cercava di consolarlo parlandogli sottovoce.
Il viso di Sitg era indurito dalla rabbia che non era riuscito a sfogare completamente.
Alzò lo sguardo su Sigrid quando questa si fermò a pochi passi da lui.
Julia osservò la compagna riservandole uno sguardo di fastidio e rimprovero.
«Posso parlarti?» chiese Sigrid rivolgendosi al ragazzo.
«Non ti basta quello che hai fatto fino ad ora?» chiese stizzita Julia.
«Forse è meglio che ti spieghi alcune cose» riprese Sigrid rivolta a Stig ignorando la frase della ragazza.
«Hai proprio un bel coraggio» cominciò Julia.
«Taci!» le ordinò il ragazzo continuando a guardare Sigrid negli occhi.
«Ma Stig – disse l'altra infastidita – non penserai di darle retta dopo tutto quello».
«Vattene» la interruppe duramente Stig.
«Come?» chiese stupita Julia.
«Vai via – confermò lui – devo parlare con Sigrid».
Julia lo guardò interdetta senza accennare a muoversi dalla sua posizione.
Stig prese Sigrid per un braccio e la trascinò dentro la stanza chiudendo la porta.
«Non avresti dovuto reagire in modo tanto violento» cominciò la ragazza.
«E cosa avrei dovuto fare? – si difese lui studiandola – fare finta di niente?».
«Avresti dovuto venire a parlare con me».
«Tu stai per partire – disse lui adirato – e stai per partire con quello. Se hai un motivo valido perché io debba accettare un simile comportamento dimmelo».
«Le cose non stanno come pensi tu».
«E come stanno? parti o non parti con lui?».
«Devo partire – acconsentì lei – ma il fatto che lui mi accompagni non è dovuto a quello che pensi tu».
«Perché?» chiese lui dopo un lungo istante di silenzio.
«Devo andare via – sospirò Sigrid – devo partire per forza ma non è possibile spiegarti il motivo in questo momento. Ti prometto che al mio ritorno ti spiegherò ogni cosa».
«E perché proprio con lui?» si inalberò di nuovo Stig.
«Wilelm Jerome – tentennò lei – è una sorta di tutore per me. Il rapporto che abbiamo non è quello che tutti voi pensate, il suo compito è quello di proteggermi».
«Proteggerti da cosa?» insistette il ragazzo.
«Sarebbe troppo complicato da spiegare».
«E io dovrei fidarmi della tua parola senza nemmeno sapere cosa c'è dietro a questa storia?».
Sigrid posò gli occhi blu su di lui osservandolo con serietà.
«Non puoi fare altro – disse infine – o ti fidi delle mie parole o non ti fidi e continui a pensare ciò che stai pensando. Io devo partire, non ho alternative».
Lui la guardò diffidente.
«Io partirò domattina – concluse lei – sta a te decidere se fidarti di me oppure no».
Detto ciò uscì velocemente dalla stanza lasciandolo solo.
Il buio era calato.
Svend entrò nella tenda.
La ragazza era già distesa sul giaciglio, rannicchiata sotto le coperte.
Sembrava fosse in preda ad un sonno agitato.
Il comandante si avvicinò e notò che stava tremando.
Non era abituata a quelle temperature rigide.
Le mise addosso un'altra coperta.
Bergljot si agitò nel sonno cambiando posizione.
Svend si sedette accanto a lei.
Si sentiva stanco.
Quella missione stava diventando più difficile del previsto.
Non era più sicuro di voler portare la ragazza alla corte del nord.
Il sospetto che lei non fosse la principessa aveva cominciato a farsi strada dentro di lui .
Se fosse stata solamente una somiglianza e lei non fosse stata Sigrid, Elasund non avrebbe esitato a ucciderla senza pietà.
Guardò la giovane che si agitava ma non emergeva dal suo sonno.
Forse era quello che voleva evitare, non voleva che lei morisse.
Non si era mai preoccupato della sorte dei prigionieri ma in quel caso era differente.
Se lei fosse andata incontro alla morte solo perché lui si era convinto fosse un'altra persona sarebbe stato un peso per la sua coscienza.
Osservò di nuovo Bergljot.
Probabilmente i suoi dubbi nascevano da un altro motivo.
Non avrebbe voluto che morisse nemmeno fosse stata la vera principessa.
Si fosse chiamata Sigrid, Bergljot o in qualsiasi altro modo lui non voleva perderla.
Quella era l'unica verità che aveva cercato di nascondere a se stesso.
Non voleva che morisse e non voleva che si allontanasse da lui.
Era la prima volta nella sua lunga vita che sentiva di provare un sentimento per un altro essere umano che non fosse il desiderio di sopraffazione.
Non voleva dominarla, come aveva sempre desiderato con le altre donne, voleva solamente averla accanto.
La desiderava, ma se lei non fosse stata compiacente avrebbe anche rinunciato a possedere il suo corpo.
Sospirò profondamente stendendosi sul giaciglio.
Aveva bisogno di riposare, quel viaggio si stava rivelando più stancante del previsto.
Bergljot cambiò di nuovo posizione dominata dal sonno popolato da incubi.
Lui le sistemò le coperte che erano scivolate.
Poi si gettò addosso un pesante mantello per proteggersi dall'umidità della notte e lentamente scivolò in un sonno pesante e senza sogni.
Sigrid lasciò la sala lettura e uscì.
Camminò lentamente nel buio.
Quella sarebbe stata l'ultima notte che avrebbe dormito nella sua stanza al castello.
Non sapeva cosa il destino le avrebbe riservato a partire dal giorno successivo.
Aveva detto ad Hella e a Stig che sarebbe tornata ma in cuor suo non era sicura che sarebbe riuscita a far ritorno.
I suoi passi echeggiarono nel silenzio del corridoio.
Lo percorse fino alla scalinata con l'intenzione di salire al piano superiore ma ai piedi dell'ampia scalinata di pietra si fermò.
Gettò lo sguardo verso il portone che era ancora aperto e si affacciava sul parco.
Si diresse verso il portone e uscì all'aperto.
La notte era tiepida e la luna bagnava il prato e i fiori che cominciavano a colorare le aiuole.
Una leggera brezza fresca muoveva le cime degli alti alberi.
Si fermò appena fuori dal portone e appoggiandosi a una colonna si perse nell'osservare la bellezza del parco immerso nella quiete notturna.
Il collegio era sempre stato la sua casa.
Sarebbe stata la prima volta che lasciava quelle mura e usciva nel mondo esterno.
Provava curiosità ma soprattutto paura.
Paura di dover affrontare un destino che non conosceva, forse un destino pieno di pericoli.
Nemmeno l'idea che Wilelm Jerome fosse accanto a lei e avesse il compito di proteggerla la tranquillizzava completamente.
Percepì una presenza alle sue spalle.
«Stai dicendo addio al parco?» la sorprese una voce.
Si voltò e Stig era a pochi passi da lei.
«In un certo senso» si limitò a rispondere laconica.
«Mi dai la tua parola che tornerai qui?» chiese lui affiancandosi alla ragazza.
Sigrid sorrise.
«Farò di tutto per tornare».
«E mi dai la tua parola che il professor Jerome ti accompagna solamente per proteggerti?».
«Te l'ho già detto – sorrise di nuovo lei – il suo compito è quello di proteggermi».
Stig si avvicinò e la prese tra le braccia cogliendola impreparata.
Le labbra del ragazzo si posarono sulle sue.
Il bacio fu dolce e a Sigrid parve eterno.
Si sentì avvampare per l'imbarazzo.
Era la prima volta che un ragazzo la baciava e la confusione si impadronì di lei.
«Devi darmi la tua parola che tornerai» sussurrò lui senza allontanarsi dalle sue labbra.
«Te lo prometto».
«Io ti aspetterò».
Sigrid sorrise.
«Ma tu – realizzò poi – non eri stato confinato nella tua stanza?».
«Sì – rise lui – e credo che da domani la mia punizione sarà raddoppiata».
Elasund, immobile davanti alla vetrata, osservava il cielo ormai scuro.
La luna gettava una luce luminosa sul parco del castello.
Era estate ma la temperatura era bassa come sempre in quelle regioni.
La stagione estiva sarebbe durata poche settimane per lasciare poi il posto a un rigido autunno e a seguire un gelido inverno.
Sarebbe tornata la neve.
Il sovrano dubitava che Sigrid, anche se si fosse messa in cammino per raggiungere le terre del Nord, sarebbe giunta prima della stagione fredda.
Era infastidito e ansioso.
Il comportamento di Selma cominciava a preoccuparlo.
Si era pentito di aver ascoltato i consigli della strega.
Se l'unicorno fosse morto quelle terre già provate avrebbero risentito dell'ira della dea Treb.
Il comportamento arrogante della strega avrebbe potuto portare alla rovina l'intero regno.
E lui ne era diventato complice.
Avrebbe dovuto eliminare Selma.
Sapeva che la cosa giusta da fare era uccidere quella strega ma non poteva farlo, almeno non prima che Sigrid fosse tornata a casa.
Lui solo non sarebbe stato mai in grado di trovare la principessa.
La magia che la stava proteggendo era potente e lui, per quanto forte e crudele, non aveva poteri magici.
Per riportare Sigrid a casa aveva bisogno necessariamente di un essere dotato di poteri magici altrimenti la sua ricerca avrebbe corso il rischio di continuare fino alla fine dei suoi giorni senza alcun esito, come era stato negli ultimi sedici anni.
Avrebbe ucciso Selma.
L'avrebbe uccisa appena Sigrid fosse tornata alla corte del Nord.
La morte della strega avrebbe chetato sia la dea che le Forze Bianche rendendo le Forze Oscure deboli almeno per qualche tempo.
Lui si era votato alle Forze Oscure ormai, ma non poteva tollerare che la strega potesse diventare la Signora delle Forze nel momento in cui Hrafnhildur fosse morto.
Avere una padrona come Selma avrebbe significato la sua fine.
L'unica soluzione possibile era la morte della strega, il suo sangue versato sarebbe stato un monito anche per tutti coloro che avrebbero anche solo pensato di ribellarsi al potere e alla supremazia di Elasund, signore delle Terre del Nord.
Sigrid entrò nella sua stanza.
Hella era seduta sul suo letto.
La osservò.
«La vicedirettrice ha chiesto di raggiungerla nei suoi appartamenti» si limitò a dire Hella neutra.
«Ora?» chiese Sigrid guardandosi intorno.
Notò che il suo letto era stato disfatto.
«Ha già fatto portare via le tue cose – la anticipò la compagna – ha svuotato l'armadio, disfatto il letto e portato via i tuoi effetti personali. Dice che stanotte dormirai da lei».
«È consolante sapere di avere il potere di decidere» commentò acida Sigrid.
«Pensavo che stanotte saresti rimasta qui. Domani partirai e chissà per quanto tempo resterai assente. Credevo che questa notte potevamo chiacchierare almeno un'ultima volta».
«Probabilmente – disse Sigrid sedendosi accanto all'amica – zia Aghata lo ha fatto per non arrecarti noia domattina, dovremo partire prima che faccia giorno».
«E Stig?».
«Ci siamo appena salutati» si limitò a dire l'altra arrossendo.
«Ma non era confinato nella sua stanza?».
«Ha violato il divieto – disse l'amica a bassa voce – ci siamo incontrati nel parco».
«E poi?» chiese Hella con malizia.
«E poi ci siamo salutati» tagliò corto Sigrid distogliendo lo sguardo.
«Salutati come?» insistette l'altra.
Sigrid non parlò.
«Sono la tua migliore amica – la sgridò Hella – non puoi tenermi nascoste queste cose. Già devo sopportare che mi lasci sola in questo collegio e te ne vai».
«E va bene – cedette l'amica – ci siamo baciati».
«Un bacio nel parco – sospirò Hella – come è romantico. È fatta allora, sarà tuo per sempre. Oggi ha cacciato Julia per parlare con te e questa sera ti ha baciato, direi che è una promessa in piena regola».
«Veramente la promessa l'ha fatta anche verbalmente».
Hella sgranò gli occhi in volto a Sigrid.
«Ha detto che mi aspetterà» sentenziò infine l'altra.
«Allora non ci sono dubbi – concluse Hella – tu devi fare di tutto per tornare il prima possibile e a controllare Stig ci penso io. Gli terrò lontano quella serpe di Julia fino al tuo ritorno».
Wilelm Jerome finì di preparare il bagaglio.
Si affacciò alla finestra della sua stanza e osservò il parco immerso nella luce argentata della luna.
Era preoccupato.
Sapeva che il viaggio che stavano per affrontare sarebbe stato difficoltoso e non era certo che avrebbero fatto ritorno.
Sigrid doveva necessariamente tornare alle Terre del Nord e affrontare suo padre ma lui non era convinto che fosse già pronta per quel passo.
Si era occupato di lei per anni.
Rammentò quando Aghata lo aveva fatto chiamare e convocato a Turvel.
Ricordò la prima volta che aveva visto la ragazza, era ancora una bambina in fasce.
Magnus e Aghata gli avevano spiegato la situazione e gli avevano chiesto di aiutarli in quell'impresa.
«Per me è come una figlia – aveva detto Aghata – ma sia io che Magnus siamo troppo anziani e non siamo sicuri di quanto tempo ancora ci verrà concesso. Abbiamo bisogno di una persona fidata che si possa occupare di lei anche se noi non dovessimo esserci più».
Quella richiesta era stata la sua salvezza.
All'epoca lui era giovane e aveva ancora una lunga aspettativa di vita.
Se vita si poteva definire quella che stava conducendo, dopo il tradimento di Ingrid.
Tutti quegli anni di esistenza vuota e arida.
Senza obiettivi, senza futuro, senza desiderio di andare avanti e senza il coraggio di porre fine ai suoi giorni.
Aveva accettato e, forse, a distanza di anni si era reso conto di aver accettato perché in fondo alla sua anima sperava che il doversi occupare di qualcuno lo avrebbe aiutato a ritrovare la voglia di vivere.
E così era stato.
Aveva protetto Sigrid e si era prestato all'incantesimo fatto da Aghata, aveva aiutato la ragazza quando ne aveva avuto bisogno ma lei aveva aiutato lui a tornare a vivere.
Il collegio era immerso nel silenzio.
Tutti gli abitanti del castello erano già addormentati.
Assaporò la bellezza del parco notturno sperando di poterlo prima o poi rivedere.
Selma si stese nell'ampio letto.
Hrafnhildur era ancora vivo ma le sue forze si stavano esaurendo giorno dopo giorno.
Della principessa non aveva ancora percepito nulla.
Nemmeno il filtro per la veggenza le permetteva di individuarla.
Aveva percepito negli ultimi giorni una presenza ma non era riuscita a capire se si trattasse di Sigrid.
Era una presenza che si stava avvicinando ed era legata in qualche modo alle Terre del Nord e a Elasund ma non era sicura fosse Sigrid.
Le visioni, effetto del filtro, le mostravano immagini sbiadite e poco nitide.
Una presenza c'era e non era troppo distante dalla corte.
Era la presenza di una donna ma non riusciva a capire chi fosse.
Sentiva che qualcuno, un comandante dell'esercito del nord, la stava accompagnando alla corte ma non era chiaro se fosse una prigioniera.
Fosse stata Sigrid lo avrebbe visto nitidamente.
Aveva creato il filtro con caratteristiche precise, una volta ingerito la presenza della principessa sarebbe stata chiara ai suoi occhi qualora la ragazza fosse stata raggiungibile.
Sigrid non era rintracciabile.
Probabilmente era ancora protetta dall'incantesimo che la celava alla vista delle strega.
La presenza poi di quest'altra donna stava confondendo le sue visioni.
Una lancinante emicrania la sorprese strappandole un gemito di dolore.
Il filtro per la veggenza che aveva fatto era troppo forte, le permetteva di avere visioni anche a distanze notevoli ma una volta che il filtro cominciava a perdere il suo effetto la spossatezza e il dolore al capo la piegavano per diverse ore.
Chiuse gli occhi sperando di trovare il riposo, il quale avrebbe lenito il dolore.
«È tutto pronto» disse dolcemente Aghata.
Sigrid non si spostò dalla finestra dove osservava il parco immerso nella quiete della notte.
«Direi che la cosa migliore è che voi partiate domattina prima che il collegio si svegli» continuò la vicedirettrice.
«Va bene» rispose la ragazza laconica.
«C'è un'ultima cosa» richiamò la sua attenzione la donna.
Sigrid si voltò e riservò alla zia uno sguardo interrogativo.
La donna le mostrò un paio di forbici.
«Ti devo tagliare i capelli».
«No – si allarmò la ragazza – per quale motivo?».
«Dispiace anche a me – riprese Aghata – ma ne abbiamo parlato oggi e abbiamo pensato che il tuo viaggio sarebbe meno problematico se non si sapesse che tu sei una ragazza».
«Ma io sono una ragazza».
«Lo so – sorrise dolcemente la donna – e non ti ho chiesto di non comportarti come tale però tu e Wilelm dovete affrontare un lungo viaggio. Un uomo che viaggia con una giovane donna desterebbe molta più attenzione che un alchimista che viaggia con un giovane apprendista. Inoltre non devi sottovalutare che Jerome e l'incantesimo ti possono proteggere ma ci sono interi eserciti che stanno cercando una giovane donna con le tue caratteristiche, il travestimento da uomo potrebbe essere un metodo per guadagnare tempo e passare inosservata».
«Io non voglio tagliarmi i capelli».
«I capelli ricresceranno».
Sigrid guardò la zia e riconobbe lo sguardo di chi non ammetteva repliche.
Se non le avesse concesso ti tagliare i capelli probabilmente lo avrebbe fatto durante il sonno.
Non era particolarmente entusiasta nemmeno di travestirsi da ragazzo ma se quello fosse stato un metodo per tenere a distanza gli uomini di Elasund e concederle di viaggiare senza problemi lo avrebbe fatto.
In fondo Aghata aveva ragione.
I capelli sarebbero ricresciuti e gli abiti femminili avrebbe potuto indossarli in qualsiasi momento.
Si sedette davanti al camino e inclinò la testa da un lato.
«Va bene – acconsentì alla fine – taglia pure i capelli».
Aghata si avvicinò a lei e prese tra le dita una ciocca.
La ciocca corvina risplendette alla luce del candelabro.
La donna posizionò la forbice e chiuse le lame.
I capelli caddero sul tappeto silenziosamente.
Selma si svegliò di colpo.
Si sedette sul letto agitata.
Ansimava ed era madida di sudore.
L'incubo che aveva appena fatto le aveva lasciato una sensazione di angoscia.
Non rammentava il sogno fatto ma le emozioni di paura e dolore le si erano appiccicate all'anima e non riusciva a liberarsene.
Il dolore al capo invece di diminuire si era intensificato fino a divenire una morsa insopportabile.
Strinse gli occhi istintivamente cercando di dominarlo.
Oltre i vetri era ancora notte e un vento freddo si era alzato scuotendo le cime degli alberi nel parco del castello.
Riuscì a ritrovare il controllo del respiro poi si stese tra le lenzuola sperando che il sonno potesse tornare di nuovo e la aiutasse a lenire almeno in parte il dolore.
Svend aiutò Bergljot a salire sul cavallo poi montò dietro di lei.
I militari avevano ultimato le operazioni di smantellamento del campo.
Quando tutti furono in sella il comandante diede l'ordine di partenza.
Il sole non era ancora sorto e un vento gelido spirava.
Bergljot rabbrividì stringendosi nel mantello.
«Questa temperatura per voi è insostenibile vero?» chiese l'uomo senza distogliere gli occhi dal percorso che aveva davanti.
«Non fa molta differenza – sussurrò lei – se sono fortunata muoio di freddo prima di arrivare alla C orte del N ord».
«Non dite sciocchezze. Non vi permetterò di morire».
«Se non volete che io muoia perché mi state portando a corte condannandomi a morte certa?».
La frase colpì Svend nel profondo.
Non commentò spronando il cavallo ad aumentare l'andatura.
Jerome osservò Sigrid che si avvicinava alle cavalcature pronte per la partenza.
I capelli neri erano tagliati corti e indossava abiti maschili.
Non riuscì a trattenere un sorriso.
La ragazza posò su di lui gli occhi blu con uno sguardo di rimprovero.
Wilelm montò in sella e lei fece altrettanto.
«Attendiamo notizie» disse Magnus accanto ad Aghata che aveva gli occhi lucidi.
«Vi farò sapere qualcosa appena possibile» rispose Jerome.
Sigrid osservò la vicedirettrice e accennò un sorriso di saluto.
«Ci vediamo presto» disse poi spronando il cavallo a partire.
Jerome incitò anche la sua cavalcatura a muoversi e seguire la ragazza.
Aghata osservò i due che varcavano il cancello di Turvel mentre il sole stava nascendo.
Magnus le posò una mano sul braccio.
La donna non distolse lo sguardo dai due cavalli che si allontanavano nemmeno quando i suoi occhi si riempirono di lacrime e sfocarono l'immagine confondendo ogni cosa.