Capitolo X. Tentazioni
Una fitta neve aveva cominciato di nuovo a scendere dal cielo.
I cavalli procedevano lentamente sul tappeto candido che ricopriva il terreno.
Svend e Bergljot procedevano su due cavalcature appaiate.
Entrambi erano stati legati e il comandante era stato privato delle armi.
E ra un prigioniero come la ragazza e come tale veniva trattato dagli stessi uomini che fino a qualche giorno prima erano stati ai suoi ordini.
Elasund cavalcava alla testa della compagnia.
Era preoccupato.
La neve stava diventando un fastidio per quel viaggio che si preannunciava più lungo del previsto.
Il confine con le Terre del Nord non era eccessivamente distante ma il maltempo avrebbe rallentato l'andatura dei cavalli e allungato il tempo necessario per raggiungere la corte.
I rami più alti erano appesantiti e pezzi di neve si sbriciolavano cadendo a terra.
Svend osservò Bergljot sul cavallo al suo fianco.
La ragazza stava tremando per il freddo e il suo viso era pallido e stanco.
Gli occhi chiari del comandante si spostarono sulla schiena del sovrano che cavalcava davanti a loro.
Se il tempo continuava a peggiorare avrebbero dovuto fare almeno un'altra sosta prima di raggiungere le Terre del Nord.
Il rallentamento gli avrebbe concesso un minimo di tempo in più del previsto per provare a trovare una soluzione o addirittura una via di fuga.
Un vento gelido si alzò.
Mulinelli facevano turbinare i grossi fiocchi che cadevano dal cielo e sollevavano la neve fresca e farinosa che ricopriva il terreno.
«Brutta vipera» commentò Hella con fastidio.
Stig la guardò senza espressione.
Il sole era alto e illuminava il parco del castello dove, in quel momento, si erano sparpagliati gli studenti in pausa.
Le aiuole fiorite erano un tripudio di colori e profumi.
Stig era seduto sull'erba con la schiena appoggiata al tronco di un grosso albero poco distante dal lago e lontano dagli altri studenti.
Hella gettò i libri a terra e si sedette accanto a lui.
«Non la posso perdere di vista un istante quella» disse di nuovo stizzita.
«Sai come è fatta Julia» si limitò a dire lui.
Gli occhi chiari del ragazzo si posarono sulla superficie del lago davanti a loro, in quel momento leggermente increspata da un delicato vento.
«Come è fatta Julia – disse di nuovo Hella – non la giustifica. Sigrid è partita e lei si è immediatamente infilata nella tua stanza, ti sembra un comportamento corretto?».
«Non mi risulta che Julia sia mai stata corretta».
«Accidenti. Mi fa arrabbiare quasi come se il torto lo avesse fatto a me e non a Sigrid».
La bocca di Stig si piegò in un abbozzo di sorriso ma non commentò.
Si limitò a osservare Hella seduta accanto a lui con il viso imbronciato.
Era differente da Sigrid, anche nell'aspetto, ma per la prima volta si accorse che il suo viso era molto bello.
La luce del sole si rifletteva sui lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle.
Hella sgranò gli occhi azzurri in viso al ragazzo.
«Che succede? – chiese poi – perché mi osservi?».
Lui scrollò il capo come per allontanare un pensiero.
«Nulla – disse infine – non preoccuparti».
Selma gettò la boccetta vuota a terra.
Il vetro si frantumò spargendosi sul tappeto.
Il filtro per la veggenza non sortiva più alcun effetto.
Aveva gradualmente aumentato le dosi ma inutilmente.
Non riusciva più ad avere nemmeno una visione.
Non sentiva più nulla.
L'unico risultato che aveva dopo aver ingerito il filtro era quello di essere assalita da emicranie insopportabili.
Acuti e lancinanti dolori la torturavano rendendole sempre più difficoltoso concentrarsi o svolgere le più semplici azioni.
Il bisogno però di bere il filtro era diventato un compagno costante.
Anche se l'effetto di veggenza sembrava essere svanito nel nulla e le emicranie diventavano di volta in volta sempre più intollerabili, il suo corpo sentiva il bisogno di bere il filtro sempre più spesso.
Aveva sviluppato una dipendenza dal filtro e non riusciva più a farne a meno.
Una fitta di dolore le trapassò il cranio.
Si prese la testa fra le mani.
La fitta durò pochi secondi ma furono sufficienti a spossarla.
Quando il dolore si affievolì la strega si accorse di ansimare per lo sforzo.
La vista si era annebbiata e le forze sembravano esserle state sottratte improvvisamente.
Cercò, attraverso la nebbia che vedevano i suoi occhi, di raggiungere il letto.
Vi appoggiò le mani prima di sedersi.
Il dolore stava lentamente scomparendo e la vista era più nitida.
Aveva difficoltà a respirare.
Gettò un'occhiata oltre l'ampia finestra che dava sul parco.
La neve continuava a scendere abbondante.
Il cielo era scuro nonostante il pomeriggio fosse appena iniziato.
Avrebbe nevicato ancora per molto tempo.
La donna si distese sul letto.
Sospirò profondamente e attese di poter tornare padrona dei suoi sensi.
Avrebbe riposato qualche ora, ne aveva bisogno.
I pochi tavoli della locanda erano occupati.
La sera stava ormai calando e molti avventori si erano fermati per cenare.
Ethna posò i due piatti davanti a Jerome e Sigrid.
Si pulì le mani nel grembiule e sorrise dolcemente all'uomo.
«Spero abbiate riposato bene» disse poi.
Wilelm ricambiò il sorriso e annuì.
Sigrid osservò gli occhi neri del professore che non si staccavano dal viso delicato della donna.
«Purtroppo mi è rimasta solamente quella stanza – riprese poi Ethna – sono spiacente che il vostro assistente debba dormire su una poltrona ma non ho veramente più nessun letto libero».
«Non preoccupatevi – rispose Jerome – Sig non ha problemi, siamo abituati a viaggiare e arrangiarci quando serve».
«Bene – concluse la donna riservando un sorriso anche a Sigrid – allora vi auguro buon appetito».
Detto ciò si allontanò verso il tavolo di un altro cliente seguita dallo sguardo del professore.
Era incredibile la somiglianza che quella donna aveva con Ingrid.
I ricordi affiorarono deboli e confusi ma sufficienti a infastidirlo.
Sigrid fissò gli occhi blu in volto all'uomo che non smetteva di osservare i movimenti della locandiera.
Ethna di tanto in tanto gli riservava uno sguardo e un sorriso.
«È tanto affascinante?» la voce di Sigrid riportò Wilelm brutalmente alla realtà.
L'uomo si voltò di scatto a osservarla.
«Non capisco» disse infine.
«Non riesci a staccare gli occhi da lei – riprese la ragazza – mi chiedevo cosa avesse di tanto affascinante».
«Assomiglia a una persona che conoscevo tanti anni fa».
Lei lo scrutò in attesa che continuasse a parlare ma l'uomo si mise a mangiare lasciando cadere l'argomento.
Aghata si sedette davanti al camino spento.
Osservò oltre i vetri la sera che stava scendendo lentamente.
Il cielo si scuriva e un vento delicato muoveva le cime degli alberi del parco.
La donna sospirò profondamente.
Sentiva che Sigrid stava bene ed era al sicuro ma la sensazione di panico che l'aveva accompagnata il giorno precedente era ancora appiccicata alla sua anima.
Aveva chiaramente avvertito il pericolo che aveva minacciato la ragazza.
La paura che albergava nell'anima della giovane l'aveva tenuta sveglia per l'intera notte.
Nonostante Magnus Dentz aveva cercato di tranquillizzarla il timore che quel viaggio potesse essere per Sigrid una prova eccessivamente dura non l’abbandonava.
Sapeva che Magnus aveva ragione e che Sigrid avrebbe dovuto, prima o poi, affrontare il proprio destino ed era sicura che Wilelm non avrebbe mai permesso che lei corresse pericoli ma il timore che non fosse ancora pronta era forte.
L'unica cosa che le rendeva sopportabile il fatto di non avere notizie era che Sigrid fosse protetta da Jerome.
Quell'uomo era ormai da anni una sorta di protezione per la giovane e Aghata era stata ben lieta di constatare la disponibilità di lui anche relativa all'incantesimo di protezione.
Se non ci fosse stato Jerome probabilmente Elasund avrebbe intercettato la presenza della principessa ormai da molti anni.
Si lasciò andare sulla poltrona vinta dalla stanchezza.
Le molte ore insonni cominciavano a essere per lei un peso.
Avrebbe dovuto provare a dormire almeno quella notte.
La neve che ricopriva il terreno era una coltre morbida.
Il cielo aveva dato una tregua ma proseguire per la compagnia sarebbe stato faticoso.
Elasund decise che avrebbero dovuto fare una sosta anche quella notte.
I cavalli non avrebbero resistito ad avanzare ancora ed era più conveniente sostare mentre anche la tempesta di neve aveva concesso una tregua.
Conosceva quelle regioni meglio di chiunque altro e aveva lottato con quel tremendo clima per molti anni.
Quei luoghi aspri e inospitali erano stati la sua casa da sempre e aveva imparato a fronteggiare e spesso dominare le intemperie.
Sapeva che la tregua del tempo sarebbe durata solamente qualche ora ed era convinto che quelle ore sarebbe stato meglio sfruttarle per far riposare le cavalcature.
Si avvicinò al cavallo dove Svend era ancora legato.
Osservò il suo comandante con disprezzo.
«Sei un uomo fortunato – disse con una smorfia – ti posso concedere ancora qualche ora con la prigioniera prima di farti tagliare la gola».
Svend lo osservò dall'alto del cavallo con occhi duri ma privi di timore.
«Goditela – disse acido Elasund – probabilmente sarà l'ultima volta».
Alzò il braccio e fece un cenno a uno degli uomini.
Questi si avvicinò e aiutò il comandante a smontare da cavallo per poi far scendere Bergljot.
Elasund guardò entrambi e scrollò il capo per poi allontanarsi.
«Ciao» disse Hella stupita dopo aver aperto la porta della stanza.
Stig era immobile davanti a lei.
«Posso entrare?» chiese poi.
La ragazza lo fece accomodare e chiuse la porta sul corridoio silenzioso.
«Cosa è accaduto?» chiese preoccupata sedendosi sul letto.
Stig si avvicinò alla finestra e vi si fermò osservando oltre i vetri il parco immerso nella quiete della notte e bagnato dalla luce argentea della luna.
«Non riesco a dormire» si limitò a dire.
«Sei preoccupato per Sigrid?».
«Anche – sospirò lui – non si sa neppure dove sia andata».
«Sono certa che non sarebbe partita se non fosse stato necessario» cercò di tranquillizzarlo Hella avvicinandosi a lui.
«Ed era necessario partire proprio con il professor Jerome?» sbottò lui.
«Allora il problema non è che sia partita. Ma che sia partita con un altro uomo».
«E ti sembra una cosa da poco?».
«Sigrid è una persona onesta e sincera – disse lei dolcemente – se ti ha detto che il professor Jerome sarà una sorta di protezione durante il viaggio ti puoi fidare, sicuramente ha detto la verità».
«E se non fosse così? se la storia della protezione fosse solo una scusante di quell'uomo per approfittarsi di lei durante il viaggio?».
«Io credo che tu ti stia creando un problema inutile».
Lui la osservò con attenzione.
«Sono certa – concluse lei – che ti stai preoccupando inutilmente».
Gli posò una mano sul braccio per tranquillizzarlo.
Lui non smise di osservarla mentre la sua mano si posava su quella di Hella.
Lei si sentì avvampare.
Stig la stava scrutando come a voler penetrare nella sua anima.
Hella percepì il battiti del suo cuore accelerare improvvisamente.
Senza che lei se ne rendesse conto le labbra di lui si erano posate sulle sue e la stavano baciando.
La ragazza si sentì sciogliere mentre Stig la stringeva tra le braccia.
La sua mente era annebbiata.
Tutto ciò che la circondava era svanito nel nulla.
Poi percepì la mano di Stig che stava sbottonando la sua camicetta e si infilava ad accarezzare il seno.
Quel contatto la ridestò con violenza.
Si divincolò staccandosi da lui con un gesto brusco.
«No – si sorprese a dire – non possiamo».
Gli occhi chiari di Stig non si staccavano da lei.
«Non possiamo» ripeté la ragazza.
Solo in quell'istante anche lui parve riaversi da uno stato di confusione.
«Scusa» si limitò a dire.
La guardò un'ultima volta poi uscì velocemente dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
«Mi stai ascoltando?» chiese Sigrid cercando di richiamare l'attenzione di Jerome seduto di fronte a lei.
L'uomo distolse l'attenzione da Ethna che stava sparecchiando un tavolo poco distante.
«Cosa stavi dicendo?» chiese poi.
«Preferisci che me ne torni in camera così sei un po' più libero?» disse lei acida.
«Finiscila di dire stupidaggini».
«Ti vorrei ricordare che tu dovresti proteggermi!».
«Non mi sembra che tu stia correndo pericoli» disse Wilelm piccato.
«Zia Aghata mi ha affidato a te ma non credo che abbia contemplato l'ipotesi che tu possa prenderti certe distrazioni».
«Hai finito?».
«No – si indispettì lei – mi piacerebbe sapere cosa ti interessa tanto di quella donna?».
«Te l'ho già detto – rispose lui infastidito – assomiglia a una persona che ho conosciuto anni fa».
«Ma non è lei!».
«No – riprese il professore dopo una lunga pausa – non è lei!».
Ethna posò i suoi occhi azzurri su Wilelm Jerome e sorrise.
L'uomo ricambiò il sorriso.
Sigrid sbuffò alzandosi dalla sedia.
«Dove vai?» chiese lui osservandola.
«Me ne torno in camera!» rispose dura la ragazza allontanandosi senza dargli il tempo di commentare.
Ethna si avvicinò al tavolo.
«Va tutto bene?» chiese guardando Sigrid che saliva le scale.
«Sì – sospirò lui – il mio assistente è un po' stanco, domattina ripartiamo presto e ha deciso di andare a dormire».
«Volete che vi porto qualcosa d'altro?» chiese lei, sollevata dal fatto che quello strano giovane si fosse allontanato.
Lui rifiutò con gentilezza alzandosi dalla sedia.
«Credo che andrò a riposare anch'io» concluse poi.
«Siete sicuro di non volere altro?» disse Ethna con voce suadente.
Wilelm la osservò e una fitta di dolore lo sorprese insieme ai ricordi.
Aveva la sensazione di avere davanti il volto di Ingrid, gli stessi occhi luminosi e la stessa voce suadente.
Lo sguardo di Ethna era un chiaro invito a rimanere.
«Ne sono sicuro – sussurrò lui – vi ringrazio di tutto».
Si allontanò e prese la scala in pietra per raggiungere la stanza.
Hella si sentiva confusa.
Il bacio di Stig l'aveva colta di sorpresa.
Si sentiva in colpa nei confronti di Sigrid.
Era la sua migliore amica, non avrebbe potuto farle un torto.
Quello che aveva fatto era un tradimento che l'amica non le avrebbe mai perdonato, ne era certa, ma il desiderio di poter baciare ancora le labbra di Stig era diventato un compagno che non voleva abbandonarla.
Si infilò sotto le coperte cercando invano di non pensare.
Tirò le lenzuola fino al mento e gettò un'occhiata oltre i vetri.
La luna splendeva luminosa in un cielo terso.
L'immagine dell'astro si confuse sbiadendosi attraverso le lacrime che avevano cominciato a scendere sulle sue guance.
Stig si chiuse la porta della stanza alle spalle e si appoggiò con la schiena al legno duro.
La luce della luna bagnava la stanza silenziosa.
Sospirò profondamente passandosi una mano fra i capelli.
Non riusciva a comprendere cosa poteva essergli accaduto.
Aveva dato la sua parola a Sigrid che avrebbe atteso il suo ritorno.
Aveva rifiutato Julia per poi ritrovarsi a baciare proprio Hella.
La confusione albergava dentro di lui.
Provava attrazione per Hella e rabbia e rancore nei confronti di Sigrid.
Sapeva che baciando Hella avrebbe procurato un dolore a Sigrid ma, in fondo, era convinto che lei meritasse di soffrire.
Lo aveva lasciato lì solo ed era partita senza dire dove si sarebbe recata, quando sarebbe tornata e, ancora peggio, era partita con il professor Jerome.
Non meritava la sua fedeltà.
Lei, dopo tutto, non si era preoccupata del fastidio che lui avrebbe potuto provare in quella situazione.
Hella era attraente, non era Sigrid, ma avrebbe potuto essere un giusto diversivo in attesa che lei tornasse.
Era simpatica e intelligente, era in grado di comprenderlo e soprattutto era presente.
Selma si svegliò di colpo.
Oltre la grande vetrata era già scesa la notte.
La luna era piena e la neve aveva smesso di cadere.
Il forte dolore al capo non era completamente passato ma si era sensibilmente attenuato.
Inspirò profondamente per poi alzarsi dal letto.
Si avviò verso la porta calpestando i cocci della boccetta che aveva rotto qualche ora prima.
Uscì dalla stanza e dal palazzo per dirigersi alle scuderie dove teneva prigioniero l'unicorno.
Entrò silenziosamente avvicinandosi alla gabbia.
Hrafnhildur era accovacciato sul pavimento.
Sembrava addormentato ma il suo respiro era irregolare e affaticato.
La ferita sul fianco non aveva ancora smesso di sanguinare.
Il liquido denso usciva scivolando sul manto bianco dell'animale poi sembrava asciugarsi mentre altro sangue sgorgava dalla ferita.
L'unicorno percepì la presenza della strega e sollevò il muso.
I suoi occhi blu scrutarono la donna con fierezza anche se il dolore lo stava consumando.
«Tanto riuscirò a portare la principessa qui» disse lei con stanchezza.
L'animale non smise di osservarla.
«Non potrai fare nulla per impedirmelo» insistette Selma.
L'unicorno posò di nuovo la testa e distolse lo sguardo da lei ignorandola.
«Non ti permetterò di morire prima di averla portata qui» concluse la strega affaticata per il dolore che non le stava dando tregua.
Elasund finì di bere e appoggiò il boccale per terra.
Il vento che soffiava era gelido.
Non avrebbe nevicato per parecchie ore ancora ma prima o poi il cielo avrebbe ricominciato a rovesciarsi con violenza.
Aveva ormai imparato a percepire i mutamenti del clima di quelle regioni.
Non riusciva a comprendere Svend.
Trovava inconcepibile rinunciare a una brillante carriera per una sottana.
Pensò alla giovane prigioniera.
Era bella ma non tanto da costringere un uomo a rinunciare a cose importanti come il potere o la carriera.
Avrebbe potuto essere Sigrid, aveva tutte le caratteristiche fisiche che potevano corrispondere alla ragazza che sarebbe diventata in quegli anni.
Avrebbe potuto essere la principessa ma avrebbe anche potuto essere semplicemente una ragazza con i capelli neri e gli occhi blu, era un connubio raro ma esistevano anche le coincidenze.
In ogni caso doveva essere eliminata, sia che fosse stata Sigrid oppure una sconosciuta che le somigliava.
Voleva però arrivare a corte prima di ucciderla.
Voleva che la vedesse Selma.
P rima di finirla doveva essere certo se fosse o meno sua figlia.
Per raggiungere la corte avrebbero impiegato ancora qualche giorno sperando che il tempo fosse clemente.
Si distese sul giaciglio in attesa di poter prendere sonno.
Cominciava a invecchiare, i viaggi lunghi e faticosi iniziavano a essere un peso per il suo corpo.
Aveva bisogno di riposare, almeno qualche ora.
Wilelm Jerome era immobile accanto alla finestra della stanza.
Osservò Sigrid che già dormiva profondamente sotto le coperte.
La luna era piena e illuminava il cielo terso e pulito dopo l'abbondante acqua che aveva rovesciato.
I ricordi del periodo vissuto con Ingrid erano tornati prepotenti dentro di lui.
I momenti di gioia, la passione intensa e il dolore acuto seguito alla partenza di lei.
Si spostò dalla finestra per infilarsi sotto le coperte.
Si mosse lentamente per evitare di svegliare Sigrid e si distese cercando di staccare dalla sua anima quei brandelli di emozioni e immagini.
«Non potrebbe essere lei?» sussurrò la voce della ragazza nel silenzio.
Wilelm tacque.
Sapeva che si riferiva alla locandiera e sapeva con certezza che non poteva essere Ingrid.
Ingrid non sarebbe mai più tornata.
«No – disse piano – non può essere assolutamente lei».
La frase rimase nell'aria mentre il silenzio della notte era tornato a posarsi su ogni cosa.