Capitolo XI. Tradimento

 

Gli ultimi giorni di viaggio prima di raggiungere le porte delle Terre del Nord erano stati meno faticosi del previsto.

La neve aveva ripreso a scendere ma concedeva spesso una tregua e i cavalli riuscivano ad avanzare senza eccessive difficoltà.

Avevano dovuto viaggiare qualche giorno in più del previsto per colpa del tempo ma una volta varcate le porte delle Terre del Nord il tragitto per raggiungere la corte sarebbe stato sicuramente più spedito e meno faticoso.

Elasund cavalcava alla testa del gruppo e dietro di lui, circondati dalle guardie, procedevano i cavalli dei due prigionieri appaiati.

Svend non perdeva d'occhio Bergljot che aveva un viso provato e stanco.

Aveva perso tutta la forza con la quale lo aveva sfidato nei primi tempi.

La determinazione con la quale teneva testa a tutti i suoi uomini era svanita nel nulla.

Dissolta nel dolore e nella fatica, forse nella rassegnazione a una morte certa.

Il comandante aveva tentato di trovare una soluzione per fare fuggire almeno la ragazza ma invano, le guardie non li perdevano di vista né di giorno né durante la notte.

Elasund aveva concesso che stessero insieme ma non permetteva che rimanessero soli per evitare un tentativo di fuga.

Il sovrano era stanco di quel viaggio e varcare le porte delle Terre del Nord fu per lui un sollievo.

Aveva davanti a sé la parte più breve di quel tragitto estenuante.

Voleva giungere a corte prima possibile e giustiziare quei due patetici prigionieri che cominciavano a essere un fastidio.

La ragazza, inoltre, sembrava talmente debole da non riuscire a sopportare il clima di quelle regioni.

S e non accelerava l'andatura e non arrivava a corte sarebbe morta di freddo o di stenti prima che Selma potesse vederla.

 

Stig era in piedi in mezzo al gruppo di ragazzi nel parco del castello.

I suoi occhi non si staccavano da Hella seduta sola sull'erba.

«Mi hai sentito?» chiese uno dei compagni rivolgendosi al ragazzo.

Questi non rispose.

I compagni seguirono il suo sguardo che non si staccava da Hella poco distante da loro.

«Si tratta di donne» scherzò un altro del gruppo.

«Per forza che non sente nemmeno ciò che stiamo dicendo, la sua attenzione è per la bionda» disse un altro ridendo.

«Idioti!» sentenziò Stig allontanandosi dal gruppo e raggiungendo la ragazza.

Lei alzò gli occhi imbarazzata.

Il ragazzo si sedette al suo fianco appoggiandosi al grosso tronco.

«Mi stai evitando da giorni» disse senza guardarla in viso.

«Non ti sto evitando».

«Ogni volta che mi avvicino hai qualcosa da fare e non ti sei più fermata a chiacchierare con me».

«Sarà una tua impressione» disse lei imbarazzata.

«Forse è il caso che ne parliamo».

«Parliamo di cosa?» si allarmò Hella.

«Di quello che è accaduto quella sera. Ci siamo baciati, non puoi negarlo».

Lei sospirò profondamente per poi osservarlo con gli occhi azzurri colmi di lacrime.

«Non possiamo – disse piano – sarebbe un tradimento insopportabile per Sigrid».

Lui non commentò.

«Il fatto che lei sia distante non ci autorizza» riprese lei.

«Io desidero baciarti ancora» la interruppe lui.

Hella ebbe la sensazione che il respiro le si spezzasse in gola.

Si affrettò ad alzarsi.

«Devo andare» disse scrollando il capo tra le lacrime.

Raccolse i suoi libri e si allontanò velocemente.

 

Durante gli ultimi giorni di viaggio avevano parlato solo lo stretto indispensabile.

I due cavalli procedevano appaiati ad andatura moderata.

Avevano davanti ancora qualche ora prima di raggiungere il villaggio dove avrebbero potuto fermarsi per la notte.

Sigrid di tanto in tanto gettava un'occhiata a Jerome che sembrava assorto nei suoi pensieri.

Dopo la notte alla locanda non avevano più parlato di Ethna o della fantomatica donna alla quale somigliava.

La sensibilità di Sigrid l'aveva frenata dal fare domande.

Aveva capito che per il professore affrontare quell'argomento sarebbe stato un motivo di sofferenza anche se la curiosità di conoscere quel lato segreto della sua esistenza la stava divorando.

Quando era solamente una sua studentessa, insieme ai compagni, aveva elaborato numerose congetture sul passato di quel misterioso uomo che difendeva gelosamente la sua vita privata.

I cambiamenti delle ultime settimane l'avevano messa in una condizione di condividere con il professor Jerome la vita quotidiana per scoprire che era un uomo come tutti gli altri, che possedeva un anima ed era in grado di soffrire e probabilmente gioire come ogni altra persona.

Era una persona in carne ed ossa, capace di provare sentimenti ed emozioni.

«Perché mi stai guardando?» chiese Wilelm senza distogliere lo sguardo dal sentiero davanti a sé.

La ragazza emerse violentemente dalle sue congetture.

«Non ti sto osservando» mentì poi.

«Bugiarda».

«Per quale motivo dovrei guardarti?» chiese lei piccata.

«Perché mi devi chiedere qualcosa».

«Da quando sei in grado di leggere nella mente?».

«Allora ho indovinato. Devi chiedermi qualcosa».

«No, non devo chiederti nulla e non capisco con quale presunzione pensi di sapere quello che sto per fare io».

«Sono giorni che stai cercando il modo di domandarmi a chi assomiglia la locandiera».

«Non è vero – si affrettò a rispondere punta sul vivo – non ricordavo neppure della locandiera e non mi interessa assolutamente sapere a chi potesse somigliare quella donna».

Si irrigidì sulla sella assumendo una posa impettita e sprezzante.

«Allora mi sarò sbagliato» sorrise lui.

Sigrid si morse le labbra.

Forse lui avrebbe veramente detto il nome della donna misteriosa, se solo lei non avesse adottato quel ridicolo atteggiamento.

Aveva perso la possibilità di soddisfare la sua curiosità.

Lo guardò con durezza ma rimase aggrappata al suo orgoglio.

«Direi che ti sei sbagliato – disse infine – io non ho alcuna curiosità per certe cose».

Gli occhi neri di Wilelm la guardarono a lungo poi scoppiò a ridere.

«Ma se a scuola scommettevate addirittura sul mio passato e sui terribili segreti che custodivo».

Lei arrossì palesemente imbarazzata.

«Quelle stupidaggini le fanno i ragazzini» insistette con tono altezzoso.

«E tu cosa saresti?».

«Io sono una donna!» concluse lei decisa.

Wilelm scrollò il capo poi diede un colpo di tallone al cavallo per aumentare l'andatura.

«Va bene donna – disse enfatizzando la frase – cerca di aumentare il passo altrimenti non riusciamo ad arrivare prima che faccia buio».

Lei lo guardò infastidita dal fatto che lui la schernisse come se fosse ancora una bambina.

Spronò il suo cavallo che si lanciò al galoppo dietro a quello del professore.

 

Selma si avvicinò alla vetrata.

Il parco era immerso nella luce di un pallido tramonto.

Elasund stava tornando, lo sentiva chiaramente.

E lei non aveva ancora capito se quella donna che il sovrano aveva fatto prigioniera era la principessa oppure no.

Sarebbero giunti a palazzo non prima di tre giorni ed entro quel momento avrebbe dovuto trovare una soluzione o, perlomeno, una risposta per Elasund.

Il bisogno del filtro si fece forte dentro di lei.

Aveva cercato di soffocare il desiderio di prenderlo per l'intera giornata ma la crisi di astinenza aveva intensificato gli acuti dolori al capo che erano diventati compagni costanti.

Si portò entrambe le mani alla testa per cercare di contenere il dolore ma invano.

Sentì il respiro venire meno mentre la sensazione che una lama si conficcasse nelle tempie la sorprese.

La fitta di dolore durò pochi istanti ma la sua intensità fu sufficiente a farla sentire spossata.

Mentre il dolore si affievoliva il respiro tornò lentamente ad un ritmo regolare.

La donna sospirò profondamente.

Osservò oltre i vetri mentre l'oscurità stava ormai avvolgendo ogni cosa.

 

I cavalli entrarono nel villaggio che il buio era già calato.

Le strade erano quasi deserte.

Gli abitanti si erano già ritirati.

«Dobbiamo trovare una locanda» disse Sigrid guardandosi intorno mentre personaggi dall'aspetto poco raccomandabile si aggiravano per le strade buie.

«Non so nemmeno se esista una locanda in questo posto» sussurrò Wilelm preoccupato.

Fermarono le cavalcature e smontarono.

«Bisogna fare riposare i cavalli» disse l'uomo.

Sigrid annuì.

Un uomo dall'aspetto inquietante passò loro accanto e osservò i due stranieri con curiosità.

Sigrid alzò lo sguardo e posò gli occhi blu sulla figura, ferma poco distante da lei.

Lo sconosciuto piegò la bocca in una smorfia mentre non staccava gli occhi dalla ragazza.

Jerome si avvicinò e scrutò lo sconosciuto con sguardo duro.

«Siete forestieri?» chiese l'uomo a voce bassa.

«Stiamo cercando una locanda» rispose Wilelm sulla difensiva.

L'uomo alzò le spalle.

«Non credo che possiate trovare un posto libero in questo periodo – si limitò a dire – le locande sono tutte piene perché hanno attraccato diverse navi questa mattina, però c'è la casa di Gertrud, ci vivono anche le sue ragazze ma di solito qualche stanza per i forestieri è sempre libera».

Wilelm lo guardò con diffidenza.

«Vi ringrazio» disse.

«Andiamo» riprese poi rivolgendosi a Sigrid.

«Voi e vostro figlio vi troverete bene da Gertrud» disse di nuovo l'uomo con tono malizioso.

Wilelm si fermò notando che l'uomo non smetteva di osservare Sigrid.

Posò gli occhi neri sullo sconosciuto.

«Avete proprio un bel ragazzo – disse questi con un sorriso lascivo – anche se sembra delicato come una ragazzina».

Wilelm prese per un braccio la ragazza e la trascinò via guidando i cavalli mentre l'uomo rimaneva immobile appoggiato al muro con la schiena.

Il professore percepì gli occhi dello sconosciuto che non si erano staccati da loro.

Procedette verso quello che doveva essere il centro del villaggio sperando di trovare un posto dove poter riposare quella notte.

«Dobbiamo trovare un posto dove dormire» disse senza lasciare il braccio di Sigrid.

«Ma quell'uomo ha detto che non ci sono locande. Dovremo andare in quella casa».

«Preferirei evitare di farti dormire lì».

«Perché?» chiese lei senza capire.

«Vuoi dire che non hai capito di che casa si tratta?».

Lei lo osservò con uno sguardo interrogativo negli occhi.

«Sono prostitute» disse l'uomo infine.

«E allora? – chiese lei – dobbiamo solo dormirci non iniziare il mestiere».

 

Hella sentì bussare alla porta della stanza.

Alzò il capo dal libro dove stava studiando.

Osservò oltre i vetri.

La notte era ormai calata.

Andò ad aprire.

«Stig?» disse stupita trovandosi il ragazzo davanti.

«Posso entrare?».

Hella si sentì avvampare percependo gli occhi grigi di lui che la osservavano.

«Non è il caso» sussurrò poi.

«Solo qualche minuto» insistette Stig.

Gli occhi azzurri di Hella si posarono sul viso perfetto del giovane e ogni resistenza si sgretolò.

Aprì la porta per farlo entrare e poi la chiuse lasciando fuori il silenzio del corridoio deserto.

«Non puoi continuare a evitarmi» disse senza tergiversare Stig.

«Ti ho detto che non ti sto evitando» mentì lei.

Stig si avvicinò.

Hella percepì il calore del suo corpo mentre emozioni confuse si agitavano dentro di lei.

Stig la prese tra le braccia e la baciò con passione.

«Non possiamo» sussurrò lei senza opporsi.

Il ragazzo non rispose continuando a baciare le sue labbra mentre le mani scioglievano i lacci della camicetta.

Per poi scivolare sul seno morbido.

«No» disse Hella in un sussurro ma non fermò le mani di lui quando cominciarono a spogliarla.

Stig la spinse con dolcezza verso il letto continuando a baciarla sulle labbra.

La fece sdraiare e si stese sopra di lei mentre la aiutava a liberarsi della camicetta.

«È sbagliato» disse lei in un soffio.

Lui continuava a non parlare mentre le sue mani accarezzavano la pelle della ragazza.

Hella cominciò a contraccambiare i baci di lui con altrettanta passione e le sue mani iniziarono a spogliarlo guidate da una volontà propria.

«È sbagliato» ripeté tra un bacio e l'altro.

«Lo so» concluse lui senza fermarsi.

 

La casa di Gertrud era una sorta di vecchio locale simile ad un'osteria.

Era in centro al villaggio e a quell'ora di notte era frequentata soprattutto da uomini che cercavano compagnia o personaggi poco raccomandabili.

Come aveva detto l'uomo sembrava non esistere un letto libero.

Wilelm entrò seguito da Sigrid e nessuno si accorse della loro presenza.

Uomini di ogni età si intrattenevano in atteggiamenti più o meno equivoci con altrettante ragazze.

Una donna anziana e scarmigliata andò loro incontro.

Gli occhi scuri e pungenti si posarono su Jerome.

«State cercando compagnia?» chiese senza mezzi termini.

«Io e il mio assistente abbiamo viaggiato tutto il giorno – disse lui – avremmo bisogno di un posto dove dormire qualche ora. Ci hanno detto che da voi sarebbe possibile avere una stanza».

«Solo per dormire?» chiese lei stupita.

«Se fosse possibile preferiremmo solo dormire» ribadì l'uomo.

La vecchia guardò lui e il giovane al suo fianco.

«Potrei farvi un prezzo speciale, una stanza e un paio di ragazze al prezzo di una sola».

Lei lo guardò con occhi torvi poi passò gli occhi sui lineamenti delicati del giovane assistente al suo fianco e il viso rugoso fu illuminato da un sorriso.

«Ho capito – disse infine – preferite il vostro assistente alle mie ragazze».

Wilelm la osservò poi sorrise.

«Vedo che avete capito la situazione» mentì poi.

«Io purtroppo ho solamente femmine altrimenti potevo offrirvi qualcosa di alternativo. Comunque per la stanza non ci sono problemi. Al piano superiore ne ho ancora qualcuna libera. Venite».

Li guidò in mezzo alle coppie in atteggiamenti intimi che si lasciavano andare a comportamenti discinti ignorando completamente di essere in pubblico.

Sigrid li guardò stupita.

Poi percepì la mano forte di Wilelm che le afferrava il braccio e la trascinava per la scala verso il piano superiore.

 

Hella si appoggiò al petto di Stig.

La luce argentea della luna bagnava la stanza silenziosa.

«E ora?» chiese la ragazza improvvisamente.

«E ora cosa?».

Lei si tirò il lenzuolo fino alle spalle.

«E ora cosa accade?» riprese.

«Nulla – disse lui dolcemente – non accade nulla».

«Abbiamo tradito Sigrid – riprese lei in preda ai sensi di colpa – non ci perdonerà mai una cosa simile».

Lui non commentò osservando oltre i vetri la luna luminosa nel cielo.

«Perché lo hai fatto?» chiese dopo un lungo silenzio Hella.

«Perché desideravo farlo».

«Lo hai fatto per fare un dispetto a Sigrid oppure pensi di provare sentimenti nei miei confronti?».

«Penso che tu debba porti meno domande» tagliò corto lui.

Hella si zittì mentre gli occhi azzurri si riempivano di lacrime.

 

Dalle stanze vicine giungevano risa e schiamazzi.

«Te lo avevo detto che non era un posto adatto a te» ribadì Wilelm.

Sigrid lo guardò severa.

«Quella donna è convinta che io e te siamo due uomini e nonostante questo pensa che siamo amanti».

«Se pensa una cosa simile non dovremmo avere problemi con le ragazze di questo posto».

«Già è abbastanza umiliante che le persone credano che io sia un maschio ma questo».

«Ti prego Sigrid – la implorò lui – non complicare la situazione più di quanto sia già».

«Io sono stanca di vestirmi come un ragazzo».

«Lo sai che lo devi fare per prudenza. Una volta che avrai terminato questa impresa».

«Mi scambiano per un maschio – lo interruppe lei – e io non lo sopporto».

«Ma dove sta il problema?».

«Pensano che sia un maschio, non mi vedono come una donna» sbottò lei.

«Ma cosa ti succede? anche se sei vestita come un ragazzo noi sappiamo che sei una donna».

«E allora perché non mi guardi come una donna?» scattò infine Sigrid.

«Ma si può sapere cosa ti prende?».

«Dici di considerarmi come una donna ma non mi guardi come fossi una donna».

Scese il silenzio.

«Cosa vuoi dire?» disse infine Jerome calmo.

«Ho visto come guardavi quella Ethna, la locandiera, lei la guardavi come una donna».

«Sigrid» disse lui avvicinandosi.

Lei si scostò veloce.

«Sigrid – la chiamò lui di nuovo – stai dicendo delle stupidaggini».

«Accidenti a te» urlò lei uscendo dalla stanza e sbattendo la porta con violenza.

Wilelm rimase interdetto qualche secondo poi si precipitò verso la porta per seguirla.

La vecchia Gertrud vide passare correndo il giovane assistente e scrollò il capo.

«Che succede?» chiese una delle ragazze al suo fianco.

«Litigi tra innamorati» disse lei alzando le spalle.

 

L'oscurità avvolgeva le strade deserte del villaggio.

Il cielo era pesante per le nuvole gravide di acqua.

Sigrid si allontanò correndo dalla casa di Gertrud e nel giro di poco tempo si ritrovò nei quartieri intorno al porto.

Solo allora fermò la sua corsa.

La zona, al contrario del centro del villaggio, era gremita di gente che andava avanti e indietro.

Personaggi tra i più disparati le passavano accanto osservandola con curiosità.

Gruppi di uomini dall'aspetto trasandato e brutale si aggiravano tra le osterie e i locali di infimo ordine che componevano quel quartiere.

Solo in quell'istante Sigrid si rese conto che l'essere abbigliata come un ragazzo, forse, sarebbe stata la sua salvezza.

Si guardò intorno alla ricerca della strada per tornare ma aveva completamente perso il senso dell'orientamento.

Pensò di chiedere informazioni.

Osservò i volti che la circondavano e scartò l'idea.

Poi, improvvisamente, una figura attirò la sua attenzione.

Guardò con maggior interesse e un senso di sollievo si insinuò nella sua anima.

A pochi passi da lei c'era Stig, immobile appoggiato a un muro.

«Stig – disse avvicinandosi felice di quella visione – come mai sei qui?».

Il ragazzo sorrise senza parlare.

«Per fortuna ci sei tu» disse lei rifugiandosi fiduciosa tra le sue braccia.

Il ragazzo la strinse.

«Non ne posso più di questo viaggio – si confidò lei – sono perfino costretta a travestirmi da ragazzo».

«Invece tu sei una donna» disse Stig con voce sibillina.

Sigrid ebbe una sensazione sgradevole nell'udire quella voce.

Non era la voce di Stig.

Percepì un pericolo che non avrebbe saputo identificare.

Cercò di sciogliersi dall'abbraccio ma lui non la lasciava andare.

Alzò il viso e guardò in volto l'uomo che la stava stringendo.

Il volto di Stig si era sostituito al volto inquietante dell'uomo che avevano incontrato appena entrati nel villaggio.

Lei cercò di dare uno strattone per liberarsi dalle braccia di lui ma era bloccata in una morsa.

Grosse gocce d'acqua cominciarono a scendere dal cielo, pesanti e lente prima, per diventare nel giro di poco tempo uno scroscio violento e inarrestabile.

«Va bene anche se sei una donna – disse l'uomo – possiamo divertirci ugualmente».

«Lasciami!» urlò lei mentre l'acqua colava sul suo viso.

Era in preda al terrore.

«Te lo puoi scordare – insistette l'altro – sei stata tu a venire qui da me».

Poi improvvisamente le braccia si allentarono e la lasciarono libera.

Sigrid si allontanò il più possibile.

Solo allora notò che Wilelm Jerome era alle spalle dell'uomo e gli stava puntando un pugnale alla gola.

«Te la lascio – disse l'uomo spaventato – potevi dirmelo che era proprietà privata».

«Sparisci – intimò Jerome con una voce sinistra – altrimenti ti taglio la gola».

L'altro alzò le mani in segno di resa.

Si spostò di qualche passo.

Sigrid rimase immobile a osservare il professore che rimetteva al suo posto il pugnale.

Gli occhi neri di Jerome la osservarono ma senza rimprovero.

«Prima o poi ti metterai nei guai e non ci sarò io a tirarti fuori» disse infine.

Lei si rifugiò contro il suo petto mentre il cuore che aveva accelerato il battito per lo spavento tornava a un ritmo regolare.

Percepì le braccia di Wilelm circondarla in modo protettivo.

La pioggia scendeva con violenza e in lontananza si udivano forti tuoni.

Il cielo era rischiarato da lampi che squarciavano il buio con abbacinanti lame di luce.

«Rientriamo – sussurrò l'uomo – hai bisogno di riposare qualche ora prima di partire».