Capitolo XIV. Nelle Terre del Nord

 

Avevano cavalcato per l'intera giornata lungo la costa e prima del tramonto erano entrati di nuovo nella foresta ai margini delle Terre del Nord.

Non avevano scambiato nemmeno una parola durante il tragitto.

Non avevano parlato della reazione che Jerome aveva avuto durante il sonno e tanto meno del suo comportamento davanti alle sirene.

Avanzavano stanchi in attesa di poter trovare un posto dove riposare prima di arrivare alle porte di Knut che ormai erano a poche giornate di cammino.

La temperatura era rigida.

Ai margini della strada c'erano sprazzi di neve non ancora sciolta e cumuli di fango.

In cielo non c'erano nuvole ma il suo colore era sbiadito e il sole pallido non era sufficiente a scaldare quelle terre ai margini del mondo.

Jerome procedeva cavalcando lentamente in completo silenzio.

Di tanto in tanto Sigrid cercava di sbirciare la sua espressione che appariva rigida come quella di una statua.

Avrebbe voluto parlare con lui ma non aveva il coraggio di iniziare una conversazione.

Il silenzio in cui si era chiuso l'uomo le procurava inquietudine e ansia.

Si sentiva abbandonata e sentiva la mancanza perfino delle loro piccole discussioni.

L'uomo sapeva che la ragazza lo osservava in attesa di una parola ma non si sentiva in grado di affrontare un discorso con lei.

Non aveva giustificazioni per il suo comportamento.

Era stato sul punto di cedere al richiamo delle Mermaids e si era approfittato di Sigrid rispondendo al suo bacio come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Aveva preso un impegno e aveva una responsabilità.

Sentiva di aver tradito la fiducia di Aghata che gli aveva affidato la nipote.

Si voltò verso la ragazza che cavalcava al suo fianco.

I suoi occhi neri incrociarono quelli blu di lei che lo osservavano probabilmente in attesa.

Un brivido lo sorprese.

Non riusciva più a guardare Sigrid come una giovane da proteggere.

Qualcosa nella sua anima era cambiato inesorabilmente.

Il legame che sentiva nei suoi confronti era diventato più forte ma anche il coinvolgimento si stava intensificando.

Provò timore, timore di doverla lasciar andare quando sarebbe giunto il momento.

La sua espressione si rabbuiò ulteriormente mentre spronava il cavallo ad aumentare l'andatura.

 

Hrafnhildur sospirò con fatica e un intenso dolore lo scosse.

Sentiva che Sigrid aveva superato la prova ma percepiva che non sarebbe stata l'ultima.

Attendeva di poter morire in modo da spezzare il legame con la ragazza e riuscire a salvarle la vita.

L a morte, però, non voleva giungere.

Erano giorni che la strega non si faceva vedere e non gli infliggeva torture ma le ferite che coprivano il suo corpo erano ormai tante e tali da aver spossato anche la sua anima.

Il sangue che continuava a uscire abbondante stava facendo scivolare via la sua linfa vitale.

Sentiva che il tempo non era ancora molto.

Era notorio che gli animali della sua razza erano superiori a tutte le altre forme di vita e soprattutto avevano una forza notevole.

Avrebbe potuto ricorrere alla sua superiorità per salvare la sua vita ma sapeva che il suo destino era il sacrificio.

Un sacrificio già scritto da tempo, un sacrificio simbolico che avrebbe permesso di salvare l'anima della principessa.

Purtroppo, però, sapeva anche che il suo sacrificio non sarebbe stato sufficiente a salvare lo spirito di Sigrid, la giovane avrebbe comunque dovuto fare un percorso che le avrebbe permesso di comprendere e vedere la verità.

Vedere che lei era l'eletta, colei che avrebbe dovuto seguire il giusto cammino .

Si sentiva stanco, il respiro inciampava.

Alzò con fatica gli occhi verso la pallida luce che si intravedeva fuori.

Un altro giorno stava per concludersi e lo spirito di Sigrid si stava avvicinando.

 

«Abbiamo deciso – stava dicendo Aghata – di soprassedere e sospendere la vostra punizione».

Stig ed Hella erano in piedi davanti alla scrivania del direttore che annuiva vigorosamente.

«Resta inteso – intervenne Magnus Dentz dalla sua posizione seduta – che questa decisione è stata maturata in vista dell'imminente conclusione dell'anno. Considerando che manca poco alla conclusione delle lezioni e avrete un periodo di pausa abbiamo pensato di sollevarvi dalla punizione».

«Logicamente – disse di nuovo la vicedirettrice – i vostri genitori sono già stati informati della vostra condotta e si stanno recando a Turvel per portarvi a casa. Saranno loro stessi a provvedere ad assegnarvi una punizione adeguata».

I due ragazzi osservarono gli insegnanti senza commentare.

«Ci auguriamo – riprese Aghata – che al vostro rientro, si possa cominciare il nuovo anno scolastico senza questo genere di sorprese».

Hella annuì debolmente mentre Stig rimase immobile nella sua posizione.

«Confidiamo nel fatto – concluse il direttore – che questa pausa estiva vi aiuti a riflettere su ciò che avete fatto e che alla ripresa dell'anno scolastico le cose possano tornare alla normalità».

Aghata osservò i due ragazzi in silenzio e poi osservò Dentz.

«Ora potete andare – disse la vicedirettrice – cominciate a preparare i vostri bagagli perché i vostri genitori arriveranno tra qualche ora per portarvi a casa».

I due giovani si osservarono negli occhi.

«Ci vediamo alla ripresa delle lezioni» li congedò il direttore.

 

«Maledetto bastardo!» urlò Elasund picchiando un pugno sul tavolo.

Il militare davanti a lui sull'attenti cominciò ad agitarsi.

Sapeva di aver portato al sovrano una notizia che lo avrebbe fatto infuriare e conoscendo il re, la sua ira si sarebbe potuta rovesciare su chiunque fosse nelle vicinanze indipendentemente se fosse o meno responsabile di ciò che era accaduto.

Elasund digrignò i denti e rovesciò il tavolo in un gesto di rabbia.

Attraversò a lunghe falcate la stanza ignorando il militare e uscì  chiudendo con violenza la porta.

Percorse i lunghi corridoi che lo conducevano all'ala opposta del palazzo.

Si fermò davanti alla porta della stanza di Selma.

La spalancò con forza e senza chiedere il permesso entrò.

La strega era seduta davanti alla specchiera e osservò l'immagine dell'uomo riflessa.

Era stanca e provata.

Gli attacchi di emicrania erano diventati ormai cronici e la rendevano insofferente e nervosa.

Non riusciva ad abituarsi a quel fastidioso dolore che la spossava.

«Che cosa vuoi?» chiese con rabbia all'immagine del sovrano riflessa.

«Quel bastardo è scappato!» strillò lui.

«Te lo avevo detto di ucciderlo – sentenziò la donna acida – ti avevo avvertito che tenere in vita il tuo comandante sarebbe stato un problema».

«Lo ucciderò appena riuscirò a trovarlo».

«E cosa ti fa pensare che riuscirai a trovarlo?».

«Abbiamo la ragazza – sibilò l'uomo – prima o poi cercherà di venirsela a riprendere».

«Non esserne tanto certo! – sussurrò lei – non essere così sicuro che il loro amore sia tanto grande da fargli rischiare la morte tornando a riprenderla. Potrebbe aver deciso di salvarsi la vita e dimenticarsi di lei oppure essere convinto che tu l'abbia già giustiziata».

«Se non tornerà provvederò io stesso a setacciare l'intero regno fino a scovarlo».

«E ricominci un'altra caccia che potrebbe durare decine di anni?».

«Il sovrano sono io e se dovessi decidere di intraprendere un'altra caccia lo farò. Tu pensa a fare il tuo dovere e dammi notizie di Sigrid» urlò lui irato.

Selma lo osservò e i suoi occhi divennero rossi per la rabbia.

Non aveva visioni e non riusciva a sentire nulla.

Non aveva idea di dove fosse la principessa, la protezione che stava celando la sua presenza era ancora forte e per la strega impenetrabile.

«Sigrid sta arrivando» mentì.

«Questo me lo hai già detto. Ora dimmi quando arriverà a corte!».

Selma lo osservò con odio.

«È questione di qualche giorno» azzardò sperando di prendere tempo.

 

Il piccolo villaggio ai margini delle Terre del Nord era povero e popolato soprattutto da contadini.

Sigrid e Jerome entrarono a piedi seguiti dai loro cavalli.

L'uomo si guardò intorno.

Il cielo stava diventando scuro velocemente e il freddo, già pungente durante la giornata, si stava intensificando portato da un vento che spirava impietoso.

Un gruppo di militari passò loro accanto ignorandoli e dedicandosi a un'animata discussione.

«Questo posto è pieno di militari di Elasund» sussurrò Jerome.

Sigrid lo fissò con gli occhi blu interrogativi.

«Portati il cappuccio sopra il capo – ordinò l'uomo – con quell'abbigliamento maschile non dovrebbero far caso a te ma preferisco non correre rischi».

La ragazza obbedì.

Percorsero le strade infangate fino a quella che avrebbe dovuto essere la piazza principale.

Le case erano povere ma fatte di pietra.

Al centro della piccola piazza tra le varie costruzioni c'era anche un'osteria.

Una costruzione in pietra di due piani sulla cui porta troneggiava una grezza insegna in legno.

Entrarono.

L'uomo anziano e appesantito dal tempo li squadrò dichiarando in modo scortese che avevano anche stanze e qualcuna era libera.

«Ce ne basta una sola» disse Jerome laconico.

I piccoli occhi pungenti dell'oste lo guardarono.

Avrebbe potuto insistere per far occupare due stanze  ma non amava avere forestieri nella sua locanda così li accompagnò senza commenti al piano superiore.

Diede loro le chiavi e scese pesantemente le scale.

 

Bussarono leggermente alla porta.

Stig abbandonò il bagaglio pieno a metà sul letto e andò ad aprire.

Julia era immobile nel corridoio.

La sua bocca era piegata in un ghigno di soddisfazione.

«Perché lo hai fatto?» chiese lui acido.

La ragazza sorrise.

«Perché ve lo siete meritato – sentenziò astiosa – avevi la possibilità di tradire Sigrid con chi ti avrebbe veramente apprezzato e hai scelto di farlo con quella patetica di Hella».

«Sarà anche patetica – disse lui cattivo – ma è una fantastica amante!».

Julia divenne livida per la rabbia e i suoi occhi si riempirono di lacrime.

«Non hai mai capito niente!» sibilò.

«Sei tu che non hai capito niente – sentenziò il ragazzo avvicinandosi a lei – avresti potuto aspettare il tuo turno, Hella è la migliore amica di Sigrid e ha fatto la sua funzione in questo periodo ma se avessi avuto un minimo di pazienza avresti potuto essere ben presto al suo posto».

«Io non accetto di essere al secondo posto!» disse lei piccata.

«Lo saresti stata in ogni caso – disse lui freddo – il fatto che ci sia stata Hella non vuol dire che con Sigrid sia finita».

«Lei non ti perdonerà mai» sussurrò Julia piegando la bocca in un sorriso maligno.

«Lo farà invece – concluse lui determinato – mi perdonerà e starà insieme a me fino a quando io deciderò di lasciarla e durante tutto il periodo che trascorreremo insieme lei pagherà amaramente questa sua partenza!».

«Sei un mostro!» disse lei disgustata.

«Allora ci somigliamo» disse lui afferrandola per la vita e avvicinando le sue labbra a quelle di lei.

Julia si irrigidì sorpresa per poi lasciarsi andare tra le sue braccia pronta ad accettare il suo bacio.

Socchiuse gli occhi e dischiuse le labbra.

Improvvisamente lui si staccò da lei spingendola lontano.

«Hai perso la tua occasione!» sentenziò infine vendicativo.

 

Hella stava riempiendo la valigia e non riusciva a smettere di piangere.

Infilò l'ultimo abito e chiuse il bagaglio.

Si avvicinò alla finestra.

Entro poche ore sarebbero giunti i suoi genitori per riportarla a casa.

Avrebbe trascorso le settimane successive nella tranquillità della casa dei suoi genitori, lontano dalla scuola, da Stig e forse sarebbe riuscita a raccogliere le idee e ritrovare un minimo di serenità.

Il senso di colpa per aver tradito Sigrid era vivo e attanagliava la sua anima di continuo, senza tregua.

L'attrazione per Stig era forte e averlo accanto era una continua tentazione, la loro lontananza probabilmente l'avrebbe aiutata a ritrovare se stessa e a capire quale sarebbe stata la scelta giusta per riparare al danno che, ormai, aveva già compiuto.

Ammettendo che un modo per riparare esisteva ancora.

 

Il militare spinse brutalmente Bergljot dentro la stanza e chiuse la porta.

La ragazza si guardò intorno.

L'avevano prelevata dalla prigione e condotta ai piani superiori del palazzo.

La stanza che la circondava era arredata lussuosamente e l'ampia finestra si apriva su una terrazza dalla quale si poteva dominare la vista del parco che sembrava estendersi all'infinito.

La giovane fece qualche passo fino alla porta a finestra aperta.

Uscì sulla terrazza e osservò un pallido sole che stava tramontando dietro agli alti alberi che dominavano il giardino sottostante.

Sentiva freddo e nel giro di poco tempo la giornata si sarebbe conclusa lasciando il posto ad una notte gelida.

Bergljot rabbrividì ma non poté fare a meno di ammirare il panorama davanti ai suoi occhi blu.

«Il parco è meraviglioso» la sorprese una voce di donna.

«Anche se in queste terre la stagione calda è praticamente inesistente» concluse poi Selma raggiungendola sulla terrazza.

Gli occhi di Bergljot si posarono sulla donna al suo fianco.

Il viso di Selma era stanco e provato ma la sensazione di sicurezza e benessere che riusciva a trasmetterle era ancora forte.

Si sentì al sicuro.

«Elasund ha cambiato idea» disse di nuovo la strega.

Bergljot non commentò.

«Sono riuscita a convincerlo a non ucciderti – riprese la donna – inoltre ho ottenuto di farti lasciare le segrete e permetterti di occupare questa stanza».

Si allontanò da lei e rientrò.

Si diresse verso una porta massiccia.

La aprì e fece segno alla ragazza di seguirla.

Bergljot obbedì ed entrò in quello che si accorse poi essere uno spogliatoio.

Si guardò intorno osservando i preziosi abiti appesi e le eleganti calzature posate sui tappeti che coprivano il pavimento di pietra.

«L'abito che indossi – riprese a parlare la strega – è troppo leggero per queste regioni ed è eccessivamente rovinato. Guardati intorno e scegli quello che preferisci».

Bergljot la guardò con diffidenza.

Accanto a quella donna si sentiva tranquilla ma non era abituata a essere oggetto di tante attenzioni.

Selma ricambiò lo sguardo.

«Ripulisciti – disse poi bonariamente – e cambiati d'abito. Vedrai che poi ti sentirai meglio».

Si voltò per lasciare la stanza.

«Cosa dovrei darvi in cambio di tutto questo?» chiese la giovane sottovoce.

«Di questo non ti devi preoccupare – rispose la donna tranquilla – ti ho detto che lo saprai a tempo debito. Ora fa ciò che ti ho detto».

Uscì dalla stanza chiudendo la porta a chiave dall'esterno.

Si fermò qualche istante nel corridoio.

Aveva persuaso il sovrano a non sopprimere la giovane.

Elasund era convinto di poterla utilizzare come esca per attirare Svend di nuovo a corte ma a Selma importava poco di quell'inutile comandante.

Lei continuava aessere convinta che l'uomo si era dato alla fuga e aveva preferito salvare la sua vita ignorando il pericolo che la sua amata stava correndo.

In fondo dubitava seriamente che potesse esistere un sentimento tanto forte da convincere una persona a sacrificare la propria vita a beneficio di un'altra.

Bergljot era in suo potere, ne controllava la mente e al momento opportuno l'avrebbe utilizzata per uccidere Sigrid prima e il sovrano poi.

Era stanca e i dolori al capo non le davano tregua ma il suo potere era ancora forte e plagiare la mente di quella debole ragazza era stato semplice.

Quello che continuava a essere impossibile per lei era di riuscire ad avere una visione sulla principessa.

Avrebbe dovuto ritornare a torturare l'unicorno, la sofferenza dell'animale era l'unico metodo per accelerare l'arrivo a corte di Sigrid.

 

La stanza era sporca e polverosa.

Dalle finestre spirava il vento gelido della notte.

Sigrid era seduta davanti ai vetri e osservava il cielo scuro, ricoperto di grosse nuvole che minacciavano pioggia da un momento all'altro.

«Pioverà» disse parlando a se stessa.

Jerome alzò gli occhi dalla grezza e approssimativa mappa che stava studiando.

«Può essere» si limitò a dire osservando la ragazza.

Si alzò dal letto dove era stato seduto fino a quel momento e prese una coperta.

Si avvicinò a Sigrid e la posò sulle sue spalle.

Lei parve destarsi dai suoi pensieri e lo guardò intensamente.

«Prenderai freddo – disse l'uomo tornando al suo posto – la temperatura di queste regioni è particolarmente rigida, se non ci sei abituata rischi di ammalarti seriamente».

«Ma io vengo da queste regioni – sussurrò lei – dovrebbe essere normale per me».

«Ci sei nata ma non ci sei mai vissuta».

Lei lo guardò.

Ripensò al suo passato, a ciò che zia Aghata le aveva raccontato.

Non aveva mai vissuto nella sua terra perché la sua famiglia l'aveva allontanata, era stata costretta a nascondersi.

Continuava a trovare inaccettabile che un padre potesse cercare la propria figlia solo con mire di vendetta ma, forse, la sua anima lentamente, prima o poi, se ne sarebbe fatta una ragione.

«È incredibile che ci possa essere una simile temperatura» commentò.

«Qui l'estate non esiste – disse lui tornando alla mappa – avvicinandoci alla corte del Nord ti accorgerai che la temperatura sarà sempre più bassa, potremmo trovare anche la neve nonostante la stagione».

Sigrid sospirò tornando a osservare il cielo oltre i vetri.

«A cosa pensi?» chiese l'uomo dopo un lungo silenzio.

«Che a Turvel stanno per finire le lezioni – sussurrò la ragazza – gli studenti del collegio si staranno preparando a tornare a casa per trascorrere la pausa con la famiglia, ormai il castello sarà quasi vuoto».

«Tu, però, le vacanze le hai sempre trascorse al castello».

«La mia famiglia è zia Aghata, fino a qualche tempo fa ero convinta di non avere nessun altro».

«Anch'io da quando lavoro al collegio non l'ho mai lasciato».

«Sul serio? – chiese lei – io non ti ho mai visto durante le settimane di pausa».

Jerome alzò gli occhi neri e la osservò sorridendo.

«Sono stato molto attento a non incontrarti».

Lei lo guardò interrogativa.

«Io ero la tua protezione, ricordi? non potevo allontanarmi troppo da te ma durante il periodo di vacanza non avend o l'obbligo di tenere lezioni mi dedicavo ai miei studi. Amo molto stare da solo e in quei periodi il collegio era il luogo ideale».

«Deduco che anche tu non abbia una famiglia al di fuori di Turvel» disse lei ingenuamente.

Il viso di Jerome si rabbuiò.

Piegò la mappa con gesti secchi.

«È ora di andare a dormire – disse poi perentorio – domattina dobbiamo metterci in cammino prima che nasca il giorno e tu hai bisogno di riposare».

Sigrid lo osservò rendendosi conto di aver toccato un altro punto delicato.

Preferì non commentare e obbedì infilandosi sotto le coperte.

 

Stavano viaggiando da molto prima che sorgesse il sole e man mano che si avvicinavano alle porte di Knut la temperatura scendeva sensibilmente.

«Perché le chiamano le porte di Knut?» chiese d'un tratto Sigrid spezzando il silenzio che li aveva accompagnati fino a quel momento.

Jerome si voltò verso di lei come ridestato da uno stato di meditazione profonda.

«Esiste una leggenda – disse dopo un po' – che narra di un pericoloso drago di nome Knut messo a guardia delle porte prima delle foreste. Da allora il passaggio che porta alla corte del nord è stato chiamato le porte di Knut».

Sigrid parve preoccupata.

«E quanto c'è di vero in questa leggenda?» chiese poi.

«È una leggenda – sorrise l'uomo – qualcuno sostiene di aver veramente visto un drago che sbarra il passaggio e qualcuno sostiene sia solamente un'invenzione per tenere lontano i malintenzionati dalla corte».

Gli occhi blu della giovane si incupirono preoccupati.

Lui la guardò.

«Probabilmente è solo una leggenda» disse infine.

«E se non lo fosse?».

«Non abbiamo molte alternative – concluse – la porta di Knut è l'unico passaggio per raggiungere la corte del Nord».

«Ma se il drago ci fosse sul serio?».

«Presto lo scopriremo – disse lui indicando un punto davanti a loro – quella è la porta di Knut».

Davanti, in lontananza, c'era un'imponente parete di roccia che sbarrava la strada.

Al centro di essa si intravedeva un'apertura che appariva come un antro scuro.

«Ma cos'è?» sussurrò la ragazza.

«Quella parete di roccia attraversa queste regioni dividendole in due parti – disse Jerome mentre avanzavano – al di là di essa ci sono le terre che circondano la corte di Elasund».

«E non esiste un'altra strada per raggiungere il palazzo?» chiese lei timorosa.

«È l'unica strada – scrollò il capo l'uomo – i sovrani di queste terre hanno reso il palazzo praticamente irraggiungibile, il padre del padre di Elasund ha fatto costruire questa parete di roccia per dividere la corte dal resto delle terre abitate, chi vuole giungere a corte, oltre a oltrepassare la porta di Knut deve attraversare una foresta e un'ampia landa desolata».

Gli occhi blu di Sigrid si fissarono sulla parete che si faceva sempre più vicina mentre la preoccupazione e il timore nella sua anima crescevano.

Grossi fiocchi di neve cominciarono a scendere dal cielo e nel giro di poco tempo ricoprirono il terreno di un sottile velo candido.

Un vento freddo spirava dalla porta di Knut verso di loro quasi a volerli tenere lontani .