L’osservazione delle foglie mangiucchiate sulle chiome degli alberi mi ha portato ad alzare lo sguardo. In genere la canopia estiva restringe il mio mondo, inducendomi a tenere gli occhi rivolti verso il basso, ma ora scruto attraverso gli spiragli fra un ramo e l’altro. Dopo il temporale scoppiato ieri il cielo è terso e limpido. L’umidità dell’estate è diminuita e il caldo non dà piú fastidio. Sono le condizioni atmosferiche tipiche di settembre: lunghi periodi di sereno, interrotti da violenti fronti temporaleschi che spesso arrivano dal Golfo del Messico come strascichi delle tempeste tropicali.

Un avvoltoio collorosso, detto anche avvoltoio tacchino, volteggia oggi in tondo sopra il mandala, planando con le ali spiegate. Poi si gira e si alza in volo verso est, come trasportato da una corrente improvvisa.

Il mandala è ubicato abbastanza a sud per trovare gli avvoltoi collorosso in tutte le stagioni. In questo periodo dell’anno, gli uccelli residenti si mescolano con quelli del Nord che attraversano il Tennessee per migrare verso la costa del Golfo e la Florida. Alcuni vanno a svernare ancora piú a sud, arrivando fino in Messico e anche oltre. Questi migratori a lungo raggio avranno compagnia: gli avvoltoi collorosso sono residenti fissi del Centro e Sud America, e questo fa di loro una delle specie di uccelli maggiormente distribuite nel Nuovo Mondo.

A differenza della maggior parte degli uccelli volatori, gli avvoltoi collorosso sono facilmente identificabili, anche da grande distanza. Tengono le ali leggermente sollevate a V, con le punte rivolte in alto, come una specie di parentesi graffa }. Volano come se fossero ubriachi, ondeggiando e piegandosi. L’apparente mancanza di sobrietà ha una ragione aerodinamica: questa specie di avvoltoio eccelle nel volo ascensionale, raramente batte le ali e quasi mai lo fa piú di dieci volte di seguito. Per cavalcare il vento con tanta facilità, riuscendo anche a risparmiare energia, le grandi ali catturano le correnti ascensionali e i vortici trasformando ogni soffio d’aria diretto verso l’alto in un vantaggio per il rapace. È cosí che nasce questo stile di volo lento e vacillante la cui ineleganza superficiale nasconde in realtà una straordinaria efficienza. L’ubriaco è un genio della parsimonia che non ha bisogno di manovrabilità, grazia o velocità. Gli avvoltoi collorosso trascorrono beati le loro giornate perlustrando il territorio e arrivando a volare per quasi un terzo delle loro ore di veglia.

Questi avvoltoi non mangiano nient’altro che carogne e grazie al loro stile di volo frugale riescono a ispezionare ogni giorno migliaia di ettari di terreno alla ricerca di carcasse. Nelle regioni coperte da foreste, cioè quelle in cui vanno maggiormente a nutrirsi, le chiome degli alberi oscurano la vista, ma anche se vi fosse campo libero, i corpi immobili coperti di pelliccia e mimetizzati con l’ambiente sarebbero ugualmente difficili da individuare. Gli avvoltoi collorosso riescono però a scovarli con estrema precisione. I polli e i ratti morti che gli scienziati abbandonano deliberatamente nei boschi vengono trovati in genere nel giro di uno o due giorni, anche quando sono coperti da fogliame e sterpi. È evidente che l’avvoltoio collorosso si affida anche all’olfatto per districarsi nella confusione di colori della foresta e sente l’odore delle sue prede attraverso le grandi narici.

Localizzare una carogna putrescente dal fetore non è certo un’impresa clamorosa, ma gli avvoltoi fanno molto di piú. In verità non amano la carne troppo putrida e per questo solcano i cieli in cerca dell’odore sottile della morte recente. A differenza del puzzo fetido che emana da una carcassa in decomposizione, l’odore della carogna fresca è leggero e proviene da alcune molecole scelte esalate da microbi e dal corpo in raffreddamento. Nelle loro ascensioni, gli avvoltoi captano questi effluvi e li seguono fino a terra, localizzando con esattezza la preda in un campo visivo di centinaia di ettari.

Nel mondo moderno, il senso dell’olfatto può condurre talvolta gli avvoltoi collorosso a un punto morto (stavolta in senso figurato). Volano in tondo sopra mattatoi che, pur avendo l’aspetto di comuni magazzini, diffondono verso l’alto l’aroma della morte recente. Le tubazioni riservano analoghe frustrazioni. Le società di distribuzione aggiungono nelle condutture del gas naturale, altrimenti inodore, un odorizzante chimico detto etilmercaptano. In caso di malfunzionamento di una valvola o di perdita da una saldatura, il composto chimico fuoriesce insieme al gas naturale, avvisando cosí l’uomo del pericolo di esplosione. Ma annusano la perdita anche gli avvoltoi, i quali si radunano attorno ai tubi incrinati e, senza volerlo, si rendono utili a localizzare il guasto. Questo incrocio tra l’olfatto dell’uomo e quello degli avvoltoi è provocato dall’odore della morte; l’etilmercaptano viene emesso naturalmente dai cadaveri. Poiché l’uomo nutre una profonda avversione per la carne marcia, il nostro naso è estremamente sensibile a questo gruppo etilico. Siamo in grado di sentirne l’odore a concentrazioni duecento volte inferiori rispetto alla soglia di percezione dell’ammoniaca, che ha di per sé un odore molto forte. Alle società del gas basta quindi aggiungere nelle tubazioni quantità di odorizzante minuscole. Per loro sfortuna, anche gli avvoltoi collorosso percepiscono queste bassissime concentrazioni e si radunano, confusi e disorientati, vicino ai tubi dove si verificano le fughe di gas.

Gli avvoltoi collorosso sono i purificatori della foresta, gli impresari delle pompe funebri ecologiche che accelerano la trasformazione materiale delle carcasse dei grandi animali in nutrienti liberi. Il loro nome scientifico conferma questa funzione: Cathartes, dal greco καϑαρτής, «purificatore».

Il ruolo apparentemente umile di mangiatore di carogne a noi risulta estremamente spiacevole. Ma nella foresta imperversa la competizione per ciò che noi disdegniamo. Volpi e procioni talvolta si impossessano delle carogne prima che gli avvoltoi riescano a dare il primo morso. I coleotteri necrofori della famiglia dei silfidi trascinano le piccole carcasse lontano e le seppelliscono.

Mammiferi, uccelli e coleotteri sono rivali, ma la loro importanza dal punto di vista della competizione è nulla in confronto alla categoria dei microscopici mangiamorte rappresentata da batteri e funghi. Dal momento della morte, questi microbi cominciano la loro opera, digerendo interi animali. Dapprima, questo disfacimento aiuta gli avvoltoi perché favorisce l’esalazione di sbuffi di odore che guidano gli uccelli a scendere dal cielo nel posto giusto. Arrivati alla carcassa, gli avvoltoi devono però vedersela con i microbi, con i quali entrano in competizione per riuscire a nutrirsi dell’animale morto. Quando fa caldo, sono i microbi ad avere la meglio in pochi giorni; se vogliono mangiare roba buona, gli avvoltoi devono sbrigarsi.

I microbi hanno metodi competitivi piú diretti che non la semplice velocità d’azione. Non è un caso che la maggior parte degli animali provi ribrezzo di fronte a un pasto a base di carne putrescente, e questo disgusto è in parte causato dai veleni che i microbi hanno secreto per difendere il loro nutrimento: una sorta di cartello «cibo avvelenato» affisso sulla staccionata che delimita il loro territorio. I nostri gusti si sono piegati al volere evolutivo dei microbi: anche noi rifuggiamo dal cibo putrido per evitare le loro secrezioni difensive. Ma gli avvoltoi collorosso non si sono lasciati dissuadere con altrettanta facilità. Il loro intestino brucia i microbi con potenti succhi gastrici fortemente acidi. Oltre alle budella, gli avvoltoi hanno una seconda linea di difesa, vale a dire una quantità insolitamente elevata di globuli bianchi sguinzagliati alla caccia di batteri e altri invasori estranei da inglobare e distruggere. Questa moltitudine di cellule difensive è continuamente ricostituita da una milza particolarmente voluminosa.

La costituzione robusta degli avvoltoi permette loro di nutrirsi laddove altri avrebbero nausea e conati di vomito. Paradossalmente, quindi, lo sbarramento tossico dei microbi giova in una certa misura agli avvoltoi in quanto fa da deterrente ad altri animali. La linea di confine tra competizione e collaborazione è quindi, ancora una volta, molto sottile.

L’abilità peptica degli avvoltoi ha ripercussioni sulla piú ampia comunità forestale. Poiché il loro apparato digerente è un implacabile distruttore di batteri, questi rapaci non si limitano a ripulire le carogne e ricoprono il ruolo di purificatori anche in altro modo. Per esempio, il batterio dell’antrace e il virus del colera vengono uccisi quando passano nell’intestino degli avvoltoi. L’apparato digerente dei mammiferi e degli insetti non produce invece lo stesso effetto. Gli avvoltoi non hanno rivali in quanto a capacità di ripulire il terreno dalle malattie. Cathartes. Mai nome fu piú azzeccato.

Fortunatamente per tutti coloro che non sono appassionati di antrace o colera, le popolazioni di avvoltoio collorosso sono stabili nel loro habitat nordamericano. Nelle regioni nordorientali, sono addirittura aumentati, forse per effetto del maggior numero di cervi in circolazione che, dovendo tutti morire ed essere smaltiti, costituiscono una buona risorsa alimentare per questi rapaci. Ma ci sono due eccezioni a questa buona notizia. Nelle zone del paese in cui si sono diffuse la soia e altre colture a file, gli avvoltoi sono diminuiti. Le monocolture agricole non favoriscono la vita animale e pertanto questi impresari di pompe funebri sono meno necessari. Un’altra minaccia piú sottile è rappresentata dai cervi e dai conigli uccisi dai cacciatori e poi perduti o abbandonati. Il nucleo in piombo dei proiettili si frammenta in una polvere sottile di metallo pesante che contamina la carne dell’animale. La cosa non va bene per i cacciatori e i loro familiari, ma ancor meno per gli avvoltoi, che spesso mangiano piú selvaggina colpita da armi da fuoco del cacciatore piú accanito. Molti avvoltoi collorosso rischiano l’avvelenamento da piombo, ma nel complesso la popolazione non è in pericolo, forse perché la maggior parte di questi rapaci segue una dieta diversificata a base di carogne di animali che non sono morti sotto i colpi di fucile dell’uomo. Per contro, i condor della California mangiano piú carogne contaminate dal piombo rispetto agli avvoltoi collorosso loro cugini. I pochi esemplari che vivono allo stato libero sono tenuti in vita grazie all’intervento periodico di veterinari che li catturano e li depurano dal piombo. La cultura venatoria nordamericana necessita di una strana inversione: purificare i purificatori.

Ma potrebbe andare peggio. In India, l’interazione fra tecnologia e avvoltoi ha innescato una crisi molto piú grave. La somministrazione diffusa di un farmaco antinfiammatorio al bestiame ha involontariamente decimato le popolazioni di avvoltoi. Il farmaco persiste nelle carcasse ed è letale per gli avvoltoi indiani, un tempo molto numerosi e oggi a rischio di estinzione. A causa della loro progressiva scomparsa, il terreno non viene piú ripulito dalle carcasse putride. Si sono quindi moltiplicate le popolazioni di mosche e cani inselvatichiti, con conseguenze devastanti sulla salute pubblica. L’antrace è comune in diverse parti dell’India. Questo paese registra anche la piú alta incidenza al mondo di casi di rabbia nell’uomo, la maggior parte dei quali provocati da morsi di cane. Secondo alcune stime, la perdita degli avvoltoi e la crescita esponenziale delle popolazioni di cani inselvatichiti provoca ogni anno dai tre ai quattromila nuovi casi di infezione da rabbia nell’uomo.

La comunità parsi in India ha risentito dell’assenza degli avvoltoi in maniera diversa. Le tradizioni funerarie dei suoi appartenenti prevedono la deposizione dei cadaveri in una «torre del silenzio». I corpi vengono disposti ad anello sulla sommità di queste costruzioni circolari dove, in poche ore, gli avvoltoi scarnificano i cadaveri lasciandone solo le ossa. Ora, con la carenza di avvoltoi e il divieto religioso alla sepoltura e alla cremazione, la comunità parsi è vittima di una crisi filosofica indotta dall’estinzione di una specie animale.

L’India ha imparato nel modo piú doloroso e immeritato la lezione sull’importanza dell’opera di questi purificatori dal capo nudo e rugoso. L’antinfiammatorio che ha causato questa sventura è stato vietato in India, ma in alcune regioni viene ancora utilizzato e gli avvoltoi non si sono ancora moltiplicati. Purtroppo, lo stesso farmaco sta provocando gravi danni in alcuni paesi africani, dove questi rapaci sono altrettanto importanti e altrettanto vulnerabili.

Qui nel Tennessee gli avvoltoi collorosso che volteggiano sulle colline sono comuni. Talmente comuni che non ci rendiamo conto di quanto questo dono sia prezioso.