CAPITOLO
CAPITOLO II ASCESI E SPIRITO CAPITALISTICO
Per veder chiaramente i nessi delle concezioni religiose fondamentali del Protestantesimo ascetico colle massime della vita economica quotidiana è necessario, prima di tutto, trarre al la luce quegli scritti teologici, che si riconoscono nati dalla prassi della cura delle anime. Infatti, in un’epoca, nella quale l’aldilà era tutto, la posizione sociale del cristiano dipendeva dall’essere ammesso aH’Eucaristia e l’influenza degli ecclesiastici nella cura delle anime, nella disciplina ecclesiastica e nella predica era di tale importanza, quale —; come vediamo tutte le volte che diamo uno sguardo alle raccolte di consilia, di casus conscientiae, ecc. —; noi uomini moderni non possiamo farci più alcuna idea. I poteri religiosi che si fanno valere in questa prassi sono i plasmatori decisivi del «carattere nazionale».
Per le trattazioni di questa sezione, in contrasto con ulteriori trattazioni, possiamo considerare il Protestantesimo ascetico come un tutto unito. Ma poiché il Puritanesimo inglese sviluppatosi dal Calvinismo offre il fondamento più conseguente dell’idea di professione, noi, secondo il nostro principio, poniamo al centro del nostro studio uno dei suoi rappresentanti. Richard Baxter si distingue da molti altri rappresentanti letterari dell’etica protestante per la sua posizione eminentemente pratica ed irenistica, ed al tempo stesso per il riconoscimento universale di cui godono i suoi scritti sempre nuovamente pubblicati e tradotti. Presbiteriano ed apologeta del sinodo di Westminster, ma ciò nonostante —; come tanti dei migliori spiriti della sua epoca —; sfuggito a poco a poco ai dogmi del Calvinismo antico, interiormente avversario dell’usurpazione di Cromwell, perché contrario ad ogni rivoluzione, alle sette, e più ancora allo zelo fanatico dei «santi», ma pieno di magnanimità di fronte alle differenze esteriori ed obiettivo rispetto all’avversario, cercò il suo campo di lavoro essenzialmente nel senso di promuovere praticamente la vita ecclesiastica e morale e, arrivando ad essere uno degli uomini che nella storia hanno curato con più successo le anime, per questo compito si mise a disposizione tanto del governo parlamentare quanto di Cromwell e della Restaurazionea, finché sotto quest’ultima già prima del «giorno di S. Bartolomeo» si ritirò dall’ufficio. Il suo Christian Directory è il compendio più ampio della teologia morale puritana e, oltre a ciò, ad ogni passo si orienta secondo le esperienze pratiche della cura d’anime fatta dal Baxter. Vengono presi come punti di paragone per il Pietismo tedesco i Theologische Bedenken dello Spener, per i Quaccheri la Apology del Barclay ed anche altri rappresentanti dell’etica asceticab —; questi ultimi tuttavia, per guadagnare spazio, il più possibile in notac.
Se si prende in mano la «Eterna pace dei santi» del Baxter e il suo Christian Directory od anche lavori analoghi di altrid al primo sguardo, nei giudizi sulla ricchezzae ed il suo acquisto ci colpisce proprio l’accentuazione degli elementi ebionitici del Nuovo Testamentof. La ricchezza, in quanto tale, è un grave pericolo, le sue tentazioni sono continue, il tendereg verso di essa è non soltanto privo di senso di fronte all’importanza pre valente del regno divino, ma anche moralmente sospetto. Molto più fortemente che in Calvino, il quale nella ricchezza degli ecclesiastici non vedeva un ostacolo per la loro azione ma al contrario un aumento perfettamente desiderato della loro considerazione, e permetteva loro di investire il loro patrimonio in maniera fruttifera a patto solo di evitare lo scandalo, l’ascesi sembra qui rivolta contro ogni tendenza all’acquisto di beni temporali. Dagli scrittori puritani si può, quanto si vuole, accumular gli esempi della condanna della tendenza al denaro e ai beni, e contrapporli all’etica del tardo Medioevo che in questo è molto più spregiudicata.
E questo sospetto è molto serio; ma c’è bisogno di un’analisi più precisa per coglierne il significato etico ed il nesso. Ciò che è veramente riprovevole dal punto di vista morale, è l’adagiarsi nella ricchezzah, il godimento della ricchezza colla sua conseguenza dell’ozio e degli appetiti carnali, soprattutto di sviamento dallo sforzo verso una vita «santa». E la ricchezza è sospetta solo perché porta con sé il pericolo di questo riposo; poiché il «riposo eterno dei Santi» è nell’aldilà; ma sulla terra l’uomo per esser sicuro del suo stato di grazia deve «compiere le opere di Colui che lo ha mandato, fintanto che è giorno». Non l’ozio e il godimento, ma solo l’azione serve, secondo la volontà di Dio manifestamente rivelata, ad accrescimento della sua gloriai. La perdita di tempo è così la prima e, per principio, la più grave di tutte le colpe. Lo spazio della vita è brevissimo ed infinitamente prezioso per affermare la pro pria vocazione. La perdita di tempo nella società, «la conversazione oziosa»j, il lussok, persino di dormirel più di quel che sia necessario alla salute —; dalle 6 ad 8 ore al massimo —; è da un punto di vista morale, assolutamente riprovevolem.
Non si dice ancora, come dirà Franklin: «Il tempo è denaro» ma questa sentenza vale, per così dire, in senso spirituale: esso è infinitamente prezioso, perché ogni ora perduta è tolta al lavoro a servizio della gloria di Dion. Senza valore, talvolta addirittura riprovevole, è anche la contemplazione inattiva, per lo meno se essa avviene a spese del lavoro professionaleo. Poiché essa è meno accetta a Dio dell’adempimento attivo della sua volontà nella professionep. Oltre a ciò vi è per essa la domenica, e secondo il Baxter quelli stessi, che sono pigri nella loro professione non hanno tempo per Dio, quando ne è l’oraq.
Conformemente a ciò, nell’opera principale di Baxter si ripete sempre la predica, talvolta quasi appassionata, del lavoro corporale o spirituale, duro, continuor. Due motivi qui agiscono insiemes Il lavoro è prima di tutto quel mezzo ascetico, da antico esperimentato, che, in aperto contrasto non soltanto con l’Oriente, ma anche rispetto a quasi tutte le regole monacali del mondo interot, da gran tempo fu apprezzato come taleu dalla Chiesa d’Occidente. Esso è in particolar modo il preventivo specifico contro tutte quelle tentazioni, che il Puritanesimo raccoglie insieme sotto il concetto di unclean life, e la cui importanza non è piccola. L’ascesi sessuale nel Puritanesimo è diversa da quella monacale nel grado, non nel principio che le sta a base ed è, in conseguenza anche della concezione della vita matrimoniale, di assai più vasta portata di quella. Poiché i rapporti sessuali, anche nel matrimonio, sono ammissibili sol tanto come mezzo voluto da Dio per la sua maggior gloria, corrispondente al comandamento «Crescite et multiplicamini»v.
Come contro i dubbi religiosi ed il tormento degli scrupoli, così anche contro tutte le tentazioni sessuali viene prescritto, insieme con una severa dieta, cibo vegetale e bagni freddi: «Lavora fortemente nella tua professione»w.
Ma il lavoro è oltre a ciò, soprattutto, lo scopo della vita prescritto da Diox. La sentenza di S. Paolo «Chi non lavora non deve mangiare» vale senza restrizioni per tuttiy. La scarsa voglia di lavorare è sintomo della mancanza dello stato di graziaz.
Manifesta si mostra qui la deviazione dall’atteggiamento medioevale. Anche S. Tommaso d’Aquino aveva interpretato quella sentenza. Ma secondo la sua interpretazionea1 il lavoro è necessario solo naturali ratione per mantenere la vita dei singoli e della collettività. Quando viene a mancare questo scopo, cessa anche la validità di quella prescrizione. Essa riguarda la specie, non ogni singolo individuo. Non si riferisce a chi può vivere di quel che possiede e del pari la contemplazione, come una forma dell’azione nel regno di Dio, sta naturalmente al disopra di quel precetto nella sua interpretazione letterale. Per la teologia popolare infine, la più alta forma di «produttività» monastica consisteva nell’aumentare il tesoro della Chiesa colla preghiera e col servizio del coro. Non soltanto queste infrazioni del dovere di lavorare cadono naturalmente in Baxter, ma colla più grande energia egli insiste sul principio fondamentale che anche la ricchezza non esonera da quella prescrizione assolutab1. Anche il possidente non deve mangiare senza lavorare, perché anche se non vi è costretto per coprire il suo bisogno vi ha tuttavia il precetto di Dio, al quale egli deve obbedire come il poveroc1. Perché la provvidenza di Dio tiene pronto per ciascuno senza eccezioni una vocazione (calling), che egli deve riconoscere e nella quale deve lavorare e questa vocazione non è, co me nel Luteranesimod1, una sorte alla quale ci si deve adattare e rassegnarsi, ma un comando di Dio airindividuo di operare per la sua gloria. Questa sfumatura apparentemente leggera ebbe importanti conseguenze psicologiche ed era connessa con una elaborazione ulteriore di quella interpretazione del mondo economico come voluto dalla provvidenza, che era già nota alla scolastica.
Già S. Tommaso d’Aquino, al quale ancora una volta ci ricolleghiamo con maggiore facilità, aveva concepito il fenomeno della divisione del lavoro e dell’articolazione delle professioni nella Società come una emanazione diretta del piano divino del mondo. Ma rinserimento dell’uomo in questo mondo economico avviene ex causis naturalibus ed è casuale («contingente» secondo la terminologia scolastica). Per Lutero, come vedemmo, l’inquadramento degli uomini nei ceti e nelle professioni esistenti, che deriva daH’ordinamento storico obiettivo, divenne una diretta emanazione della volontà divina, e perciò la permanenza dell’individuo nella posizione e nei limiti che Dio gli ha indicato, un dovere religiosoe1. E questo tanto più in quanto che appunto le relazioni della religiosità luterana col mondo furono, fin dagli inizi, malcerte e tali rimasero. Dall’ambito del pensiero luterano, che non si era mai staccato completamente dall’indifferenza paolina per il mondo, non si potevano conquistare princìpi etici per riordinare il mondo, e si doveva pertanto accettarlo com’era, e solo si poteva imprimere un carattere religioso a questa accettazione.
Il carattere provvidenziale del gioco reciproco degli interessi economici privati nella concezione puritana presenta una ben diversa sfumatura. Quale sia lo scopo provvidenziale dell’articolazione delle professioni, si riconosce dai suoi frutti, conformemente allo schema puritano di interpretazione pragmatica. Su questi Baxter si lascia andare a spiegazioni, che in più di un punto ricordano la nota apoteosi della divisione del lavoro di Adam Smithf1. La specializzazione delle professioni conduce, poiché rende possibile la pratica (skill) del lavoratore, ad un aumento qualitativo e quantitativo della prestazione di lavoro, e serve così al bene generale (common best) che è identico col bene del più gran numero possibile.
Benché sin qui la motivazione sia puramente utilitaria e del tutto affine a taluni punti di vista già comuni nella letteratura profana del tempog1, tuttavia l’impronta caratteristica puritana si manifesta appena Baxter pone in testa alle sue spiegazioni il seguente motivo: «Fuori di una professione stabile le prestazioni di lavoro di un uomo sono soltanto un lavoro occasionale ed egli passa più tempo nel non far nulla che nel lavoro», e conclude nella seguente maniera: «Ed egli (il lavoratore professionale) compirà in ordine il suo lavoro, mentre un altro è nell’eterna confusione e la sua occupazione non conosce né luogo né tempoh1… perciò una professione stabile (certain calling, in altri passi stated calling) è la miglior cosa per ognuno».
Il lavoro malsicuro, a cui è costretto il comune bracciante giornaliero, è uno stato transitorio spesso inevitabile, ma sempre non desiderato. Manca appunto alla vita di chi è privo di professione il carattere sistematico-metodico, che, come vedemmo, è richiesto dall’ascesi intramondana. Anche secondo l’etica dei Quaccheri la vita professionale dell’uomo deve essere un conseguente esercizio ascetico della virtù, una preservazione del suo stato di grazia, che si esprime nella curai1 e nel metodo, con cui egli attende alla sua professione. Non il lavoro di per se stesso, ma un razionale lavoro professionale è ciò che Dio richiede. Nel concetto puritano di professione l’accento è posto su questo carattere metodico dell’ascesi professionale, e non, come in Lutero, suH’adattarsi ad una sorte assegnata una volta per tutte da Dioj1.
Pertanto si rispondeva affermativamente alla domanda se si potevano combinare insieme diverse callings: se ciò fosse stato utile al bene generale e al proprio personalek1 e non dannoso per nessuno e non avesse indotto ad esser poco coscienziosi (unfaithful) in una delle professioni che si combinavano. Ma anche il mutar di professione non era considerato di per se stesso riprovevole, se avvenga non sconsideratamente, ma per intraprendere una professione più accettal1 a Dio, cioè, secondo il principio generale, più utile. Ma soprattutto l’utilità di una professione ed il suo corrispondente essere accetta a Dio si misura, certo, in primo luogo secondo criteri morali e subito dopo secondo l’importanza dei beni che con essa si producono per la collettività; segue subito, però, come terzo, e naturalmente, sul piano pratico, più importante punto di vista, la sua «profittabilità» dal punto di vista economico privatom1. Perché se quel Dio, che il Puritano vede operare in tutte le circostanze della vita, indica ad uno dei suoi un’opportunità di guadagno, certamente ha la sua intenzione. E perciò il Cristiano credente deve seguire questa chiamata, approfittandonen1. «Se Iddio vi mostra un cammino, sul quale, senza danno per l’anima vostra o per altri, potete guadagnare in modo legittimo più che in un altro, e voi lo rifiutate e seguite il cammino che può apportare meno guadagno, allora voi vi opponete ad uno degli scopi della vostra vocazione (calling). Voi rifiutate di essere amministratori (stewart) di Dio, e di accettare i suoi doni, per poterli usare per lui, se egli lo dovesse richiedere. In realtà non al fine del godimento della carne e del peccato, ma per Dio voi dovete lavorare ed esser ricchi»o1. La ricchezza è pericolosa solo come tentazione ad adagiarsi nella pigrizia e a godere nel peccato, e pericoloso è lo sforzo verso di essa solo quando avviene per poter vivere più tardi senza preoccupazioni ed allegramente. Ma come esercizio del dovere professionale quello sforzo è non soltanto lecito moralmente, ma addirittura comandatop1.
La parabola di quel servo, che fu scacciato perché non aveva messa a frutto la libbra a lui affidata, sembrava esprimere chiaramente questo comandoq1. Volere esser povero significava, come spesso si portava per argomento, lo stesso che volere esser malator1, e sarebbe stato riprovevole come santificazione delle opere e dannoso alla gloria di Dio. Ed infine il chieder l’elemosina da parte di uno che fosse stato capace di lavorare, era cosa non solo colpevole come pigrizia, ma anche, conformemente alla parola dell’apostolo, contraria all’amor del prossimos1.
Come il rafforzamento del significato ascetico della professione stabile mette, moralmente, in miglior luce il moderno ceto dei professionisti specializzati, così l’interpretazione in senso provvidenziale delle possibilità di guadagno conferisce un alone morale all’uomo d’affari modernot1. L’aristocratica indifferenza del gran signore e la ostentazione da parvenu del ricco borioso sono ugualmente odiose all’ascesi. Un raggio di approvazione morale investe in pieno l’austero self-made man borgheseu1: God blesseth his trade è una espressione costantemente usata per quegli Elettiv1, che avevano seguito con successo quelle di sposizioni divine, e tutta la forza del Dio del Vecchio Testamento, che ricompensa appunto in questa vita i Suoi della loro pietà,w1 doveva agire nel medesimo senso anche per il Puritano, che secondo il consiglio di Baxter, controllava bx1 il proprio stato di grazia colla statura spirituale degli eroi biblici, ed interpretava le sentenze della Bibbia «come gli articoli di un codice».
Le sentenze del Vecchio Testamento non erano di per se stesse del tutto univoche. Noi vedemmo che Lutero usò nella lingua il concetto di Beruf (nel senso profano) per la prima volta traducendo un passo di Gesù Siracide. Ma il libro di Gesù Siracide, con tutta l’atmosfera che in esso si respira appar tiene, nonostante l’influenza ellenistica, a quelle parti dell’Antico Testamento (ampliato) che agiscono in senso tradizionalistico. è un fatto caratteristico che questo libro sembra godere ancor oggi fra i contadini luterani tedeschi di un particolare favorey1, come il carattere luterano di larghe correnti del Pietismo tedesco soleva mostrarsi nella preferenza per Gesù Siracidez1. I Puritani ripudiarono gli apocrifi come non ispirati, conformemente alla loro rigida alternativa fra il divino e l’umanoa2 E tanto più fortemente agì, tra i libri canonici, il libro di Giobbe, colla sua combinazione di una grandiosa glorificazione della maestà divina da un lato, assolutamente sovrana e sottratta alle misure umane, che era così congeniale alla concezione calvinista, e della certezza, d’altra parte, pur sempre risorgente —; secondaria per Calvino quanto importante per il Puritanesimo —; che Dio benedice i Suoi anche e specificamente in questo mondo —; nel libro di Giobbe solo in questo mondo —; e anche dal lato materiale“;b2.
Il Quietismo orientale, che appare in taluno dei versi più suggestivi dei Salmi e dei Proverbi di Salomone, fu eliminato nell’interpretazione, come il Baxter fece anche della sfumatura tradizionalistica del passo della ic2 Epistola ai Corinti, fondamentale per il concetto di professione. Perciò si pose tanto più l’accento su quei passi dell’Antico Testamento che celebrano la rettitudine formale come un segno conoscitivo di una condotta accetta a Dio. La teoria che la legge mosaica sia stata spogliata del suo valore dal Nuovo Patto, solo in quanto contenga prescrizioni cerimoniali o condizionate storicamente, ma nel resto abbia avuto fin da allora e pertanto abbia mantenuto il suo valore di espressione della lex naturaed2, da una parte rendeva possibile di eliminare quelle prescrizioni, che assolutamente non si potevano adattare alla vita moderna, e lasciava tuttavia strada libera per un potente rafforzamento di quello spirito di legalità assoluta e severa, che era proprio deH’ascesi intramondana di questo Protestantesimo, attraverso i numerosi caratteri affini della moralità del Vecchio Testamentoe2. è pertanto assolutamente esatta, se ben compresa, la definizione di «Ebraismo inglese» data frequentemente già dai contemporanei, e ripetuta da scrittori moderni, della disposizione morale fondamentale del Puritanesimo inglesef2.
Non si deve pensare soltanto al giudaismo palestinese dell’epoca delle origini degli scritti del Vecchio Testamento, ma anche a quello che si formò a poco a poco sotto l’influenza dei molti secoli di educazione formalistica-legale e talmudica, ed occorre oltre a ciò andare estremamente prudenti coi paralleli. La disposizione d’animo del Giudaismo antico, nel suo complesso diretta ad apprezzare spassionatamente la vita per se stessa, era lontana dal carattere specifico del Puritanesimo. Altrettanto lontano da questo era —; ed anche questo fatto non deve essere trascurato —; l’etica economica del Giudaismo medioevale e moderno nei caratteri che furono decisivi per la posizione dell’uno e dell’altro nello sviluppo àtWethos capitalistico. Il Giudaismo era dalla parte del capitalismo degli avventurieri, orientato in senso politico e speculativo; la sua etica era, in una parola, quella del capitalismo paria; il Puritanesimo portava Vethos dell’industria nazionale borghese e dell’organizzazione razionale del lavoro. Esso prese dall’etica giudaica solo ciò che si inquadrava in questo contesto.
Il mostrare le conseguenze di tipo caratteriologico della penetrazione di norme del Vecchio Testamento nella vita —; un compito attraente che finora non è stato veramente assolto neppure per il Giudaismog2 —; sarebbe impossibile nei limiti di questo studio. Insieme coi rapporti accennati, per l’aspetto generale del Puritanesimo, va considerato anche soprattutto il fatto che in esso rivisse, intima grandiosa rinascita, la credenza di esser il popolo eletto da Dioh2. Come perfino il mite Baxter ringrazia Iddio di averlo fatto venire alla luce in Inghilterra e nella vera Chiesa e non altrove, così questa gratitudine per la propria irreprensibilità, effetto della grazia di Dio, penetrava la disposizione d’animoi2 della borghesia puritana ed era la causa di quel carattere formalmente corretto e duro, che fu proprio dei rappresentanti di quell’epoca eroica del capitalismo.
Cercheremo ora di spiegarci in modo speciale quei punti, nei quali la concezione puritana della professione e l’esigenza di una condotta ascetica, dovettero direttamente influire sullo sviluppo di uno stile capitalistico nella vita. Con gran forza l’ascesi si rivolge, come vedemmo, soprattutto contro una cosa: il godimento spregiudicato della vita e delle gioie che essa può offrire. Questo tratto si manifesta nel modo più caratteristico nella lotta per il Book of sportsj2 che Giacomo I e Carlo I elevarono a legge per lo scopo espresso di combattere il Puritanesimo, e la cui lettura da tutti i pulpiti fu da Carlo I espressamente ordinata. Quando i Puritani combatterono, furibondi, la disposizione del re, secondo la quale la domenica dovevano esser ammessi, fuori delle ore del servizio divino, alcuni divertimenti popolari, ciò che li eccitò non fu soltanto la violazione del riposo festivo, ma anche tutta la deviazione, intenzionalmente voluta, dalla metodica condotta di vita del Santo. E quando il re comminò gravi pene contro ogni attacco alla legalità di quegli sports, suo scopo fu appunto di spezzare quel carattere ascetico, pericoloso per lo stato, perché antiautoritario.
La società monarchico-feudale difendeva i desiderosi di divertimenti contro la nascente morale borghese e contro le conventicole ascetiche nemiche dell’autorità, come oggi la socie tà capitalistica suole difendere i volenterosi di lavorare contro la morale di classe degli operai e le associazioni di mestiere nemiche dell’autorità. Di fronte a ciò i Puritani opponevano il loro carattere più deciso: il principio di una vita ascetica. Poiché nel resto l’avversione del Puritanesimo contro lo sport, anche nei Quaccheri, non era fondamentale. Soltanto esso doveva servire ad uno scopo razionale: alla ricreazione necessaria per l’energia fisica. Al contrario era sospetto come mezzo di soddisfazione spontanea di impulsi non domati; ed in quanto diventava puro divertimento, risvegliava istinti brutali, o ambizioni agonali o piaceri irrazionali, naturalmente gli era addirittura riprovevole. L’impulsiva gioia di vivere, che distrae tanto dal lavoro professionale quanto dalla religiosità, era in quanto tale nemica dell’ascesi razionale sia che si presentasse come sport di gran signore, o come frequenza di gente volgare nei locali da ballo e nelle ribottek2.
Diffidente e spesso ostile è, conformemente a ciò, l’atteggiamento di fronte ai beni culturali non suscettibili di una diretta valutazione religiosa. Non già che un arido e volgare disprezzo della cultura fosse contenuto nell’ideale di vita del Puritanesimo. Precisamente il contrario è vero per la scienza, ad eccezione dell’aborrita scolastica. Ed i maggiori rappresentanti del movimento puritano sono inoltre profondamente imbevuti della cultura del Rinascimento; le prediche della branca presbiteriana sono piene di classicismil2, ed anche i più radicali, sebbene in generale ne fossero scandalizzati, non disdegnavano quella erudizione nella polemica teologica. Mai forse un paese è stato così sovrabbondante di graduates, come la Nuova Inghilterra durante la prima generazione della sua esistenza. La satira degli avversari, come per es. di Butlerm2ntWHudibras, si appunta proprio contro l’erudizione e l’abile dialettica dei Puritani: ciò è in parte connesso coll’apprezzamento religioso della scienza, che derivava dalla posizione rispetto alla cattolica fides implicita.
Le cose si presentano del tutto diversamente quando si entri nel campo della letteratura non scientifican2, e più ancora in quello delle arti. Qui l’ascesi gravò come una pesante catena sulla vita della lieta vecchia Inghilterra. E non soltanto le feste profane ne furono colpite. L’odio iroso dei Puritani contro tutto quel che aveva odore di superstition, contro tutte le reminiscenze di dispensa magica o ecclesiastica della grazia, perseguitò la cristiana festa di Natale al pari dell’albero della cuccagnao2, e dell’uso franco e sciolto dell’arte nelle chiese. Il fatto che in Olanda rimase la possibilità di sviluppo di una grande artep2 spesso crudamente realistica, dimostra soltanto quanto fosse incompleta in questo senso la regolamentazione dei costumi, che colà era applicata d’autorità, di fronte alla influenza della corte e del ceto dei reggenti (un ceto di reti- tiers), ma anche di fronte alla volontà di vivere dei piccoli borghesi arricchiti, dopoché il breve dominio della teocrazia calvinista si fu dissolto in una chiesa di stato moderata ed il Calvinismo ebbe così notevolmente perduta la sua forza di richiamo asceticaq2.
Il teatro era riprovevole per i Puritaniar2; la concezione più radicale non si limitò alla rigorosa eliminazione dell’elemento erotico e delle nudità dal cerchio dell’ammissibile nella letteratura come nell’arte. I concetti àtWidle talk., delle superfluitiess2 della vaiti ostentation —; tutte definizioni di una condotta irrazionale, priva di scopo, e perciò non ascetica, che oltre a ciò non serviva alla gloria di Dio, ma a quella degli uomini —; erano subito disponibili per favorire, contro ogni impiego di motivi artistici, l’austera rispondenza del mezzo al fine. Ciò valeva inoltre là dove si trattava direttamente deH’ornamento della persona, del modo di vestire per es.t2.
Quella potente tendenza ad uniformare lo stile della vita, che è oggi rafforzata dall’interesse capitalistico alla standardization della produzioneu2, aveva il suo fondamento ideale nella avversione alla divinizzazione delle creaturev2. Non si deve certamente dimenticare che il Puritanesimo racchiudeva in sé un mondo di contraddizioni, che il senso istintivo per il grandioso, l’eterno, nell’arte era più forte nei suoi capi che non nei «Cavalieri»w2 e che un genio singolarissimo come Rembrandt, per quanto poca grazia avrebbe trovato la sua condotta agli occhi dei Puritani, fu tuttavia sostanzialmente influenzato, nell’indirizzo della sua creazione, dall’ambiente delle sette in cui vissex2. Ma ciò non muta nulla al quadro di insieme, in quanto la potente spiritualizzazione della personalità, che l’ulteriore sviluppo dell’atmosfera puritana poteva portar con sé —; e di fatto ha in parte determinato —; giovò prevalentemente alla letteratura e inoltre solo per le generazioni successive.
Senza entrare con maggiori particolari nella discussione delle influenze del Puritanesimo in tutte queste direzioni, ricordiamoci adesso però, che la liceità del piacere preso nei beni che servono al godimento estetico o sportivo, trova in ogni caso un limite caratteristico: non debbono costar nulla. L’uomo è soltanto amministratore dei beni assegnategli dalla grazia di Dio, egli deve, come il servo della Bibbia, render conto di ogni cen tesimo che gli è stato affidatoy2 ed è per lo meno una cosa pericolosa il darne via una parte per uno scopo, che serva, non alla gloria di Dio, ma al proprio godimentoz2. Quale persona, che abbia gli occhi aperti, non ha incontrato ancor oggi rappresentanti di questa concezionea3? Il concetto del dovere dell’uomo di fronte alla proprietà a lui affidata, alla quale egli si subordina come amministratore o addirittura come macchina intesa al guadagno, grava sulla vita col suo gelido peso. Quanto più grande diventa la proprietà, tanto più grave diventa —; se la disposizione ascetica supera la prova —; il sentimento della responsabilità per mantenerla intatta per la gloria di Dio e di aumentarla con un lavoro senza tregua. Anche la genesi di questo stile della vita risale con talune radici, come tanti elementi del moderno spirito capitalistico, al Medioevob3, ma solo nell’etica del Protestantesimo ascetico trovò il suo conseguente fondamento etico. La sua importanza per lo sviluppo del capitalismo è evidentec3.
L’ascesi intramondana protestante —; così noi possiamo riassumere ciò che abbiano detto fin qui —; operò con grande violenza contro il godimento spregiudicato della proprietà, e restrinse il consumo, in ispecie il consumo di lusso. D’altra parte essa liberò, nei suoi effetti psicologici, l’acquisizione di beni dagli ostacoli dell’etica tradizionalistica, ruppe i vincoli della tendenza al guadagno, in quanto non solo la legalizzò, ma addirittura, nel senso che esponemmo, la riguardò come voluta da Dio. La lotta contro i piaceri della carne e l’attaccamento ai beni esteriori non era, come attesta espressamente, insieme coi Puritani, anche il grande apologeta del Quaccherismo, il Barclayd3una lotta contro il guadagno razionale, ma sibbene contro l’impiego irrazionale della proprietà. E questo consisteva nell’ap prezzamento, da condannarsi come idolatriae3, delle forme ostensibili del lusso, che erano così vicine al modo di sentire feudale, in luogo dell’impiego voluto da Dio, razionale ed utilitario, per i fini della vita del singolo e della collettività. Non si voleva imporre al possidente la macerazionef3, ma l’uso della sua ricchezza per cose necessarie e di pratica utilità. Il concetto di comfort abbraccia in modo caratteristico il cerchio dei fini, moralmente leciti, in cui quella ricchezza si può impiegare e naturalmente non è un caso che si sia osservato appunto fra i seguaci più coerenti di tutta questa concezione, i Quaccheri, uno sviluppo più precoce e più manifesto dello stile di vita, che si riattacca a quel concetto. Di contro alle brillanti apparenze della pompa cavalleresca, che, poggiando su basi economiche poco solide, preferisce una magra eleganza alla semplicità modesta, essi oppongono come ideale la pulita e solida comodità dello home borgheseg3
Nel campo della produzione della ricchezza privata l’ascesi combatteva contro la disonestà e contro l’avidità puramente impulsiva che condannava come covetousness e «mammonismo»; cioè lo sforzo teso alla ricchezza, per il solo scopo finale di esser ricchi. Poiché la proprietà in quanto tale era tentazione. Ma l’ascesi era la forza «che vuole continuamente il bene e crea continuamente il male», cioè crea quel che secondo la sua stessa interpretazione, è male: la ricchezza e le sue tentazioni. Poiché non soltanto essa vedeva, col Vecchio Testamento ed in piena analogia coll’apprezzamento etico delle «opere buone», nello sforzo verso la ricchezza come fine a se stessa, una cosa riprovevole al massimo grado, e nella conquista, invece, della ricchezza, come frutto del lavoro professionale, la benedizione di Dio. Ma, cosa ancor più importante: la valutazione religiosa del lavoro professionale laico, indefesso, continuo, sistematico, come del più alto mezzo ascetico, e al tempo stesso come della più alta sicura e visibile conferma e prova dell’uomo rigenerato e della sincerità della sua fede, doveva esser la leva più potente che si potesse pensare per l’espansione di quella concezione della vita, che noi abbiamo definito come «spirito del capitalismo»h3. E se connettiamo quella limitazione del consumo con questa liberazione dello sforzo teso al guadagno, il risultato esteriore è evidente: formazione del capitale per mezzo di una costrizione ascetica al risparmioi3. Gli ostacoli che si opponevano al consumo di ciò che si era acquisito dovevano avvantaggiare il suo impiego produttivo come capitale di investimento.
Finché durò la forza della concezione puritana della vita, essa aiutò —;e questo è naturalmente molto più importante che non l’aver semplicemente favorito la formazione di capitali —; la tendenza ad una condotta borghese economicamente razionale; essa ne fu il sostegno più importante e soprattutto più conseguente. Essa stette alla culla del moderno homo oeconomìcus.
Naturalmente sfugge ad una esatta determinazione in cifre quanto forte sia stato questo effetto. Nella Nuova Inghilterra il nesso appare così evidente, che naturalmente non è sfuggito alPocc’hio di uno storico eccellente come il Doylej3. Ma anche nell’Olanda, che fu dominata dal Calvinismo rigoroso solo per sette anni, la maggior semplicità della vita che dominava nei circoli religiosamente più seri, congiunta colle enormi ricchezze, condusse ad una smania eccessiva di accumular capitalik3. è evidente che inoltre dovette essere sensibilmente impedita dall’antipatia del Puritanesimo per le forme di vita feudale, la tendenza, che è esistita in tutti i tempi, e che agisce ancora oggi da noi, a «nobilitare» i patrimoni borghesi. Gli scrittori mercantilisti inglesi del xvi secolo attribuivano la superiorità della potenza capitalistica olandese rispetto a quella inglese, al fatto che là i patrimoni di recente acquisto non cercavano di nobilitarsi con investimenti terrieri, e —; ciò che è più importante, poiché non si tratta soltanto di acquisti di terre —; col passaggio ad abitudini di vita feudale, né venivano, così, sottratti ad investimenti capitalisticil3. La considerazione, in cui anche tra i Puritani era tenuta l’agricoltura, come un ramo dell’attività acquisitiva particolarmente importante ed anche particolarmente favorevole alla religiosità (per es. in Baxter) non valeva per il Landlord1 ma per il yeoman e il farmer2 e, nel xvm secolo, non per il nobile terriero (Junker) ma per l’agricoltore razio naiem3. Attraverso la società inglese dal xvn secolo in poi si delinea la divisione tra la «squirearchia»3 rappresentante della «vecchia lieta Inghilterra»4 ed i circoli puritani la cui forza socialen3 era molto variabile. I due tratti: quello di una non compressa, spontanea gioia di vivere, e quello di un dominio di se stesso severamente regolato e riservato, e di un convenzionale vincolo etico, sono ancor oggi, l’uno accanto all’altro, nell’immagine del carattere nazionale ingleseo3. E parimenti si delinea attraverso la più antica storia della colonizzazione nord-americana il forte contrasto degli adventurers5, che iniziano piantagioni colle forze di indentet servants6 e vogliono vivere signorilmente, colla mentalità specificamente borghese dei Puritanip3.
Certamente: questi ideali puritani vennero meno alla prova, troppo forte per essi, offerta dalle tentazioni della ricchezza, ben note agli stessi Puritani. Regolarmente noi troviamo i seguaci più genuini dello spirito puritano nelle file degli strati, che sono ancora occupati ad affermarsiq3, dei piccoli borghesi e dei farmers; troviamo che i beati possidentes, anche tra i Quaccheri, sono pronti invece a rinnegare gli antichi idealir3. Era lo stesso destino a cui sempre nuovamente soggiacque l’ascesi claustrale del Medioevo, che aveva preceduto l’ascesi intramondana: quando la razionale condotta economica, col mezzo di una vita severamente regolata e della restrizione del consumo, aveva completamente svolto il suo effetto, allora la ricchezza acquisita o soccombeva direttamente alla «nobilitazione», come prima della Riforma luterana, o la disciplina claustrale minacciava di sfasciarsi e doveva intervenire una delle numerose riforme. E tutta la storia degli ordini religiosi è in un certo senso una lotta sempre rinnovata cogli effetti secolarizzanti della ricchezza. Lo stesso vale in grandiosa misura per l’ascesi intramondana del Puritanesimo.
Il potente revival del Metodismo, che precede il fiorire della industria inglese verso la fine del xvm secolo, può essere ben paragonato ad una di queste riforme monacali. Io voglio far posto ad un passos3 dello stesso John Wesley, che potrebbe bene servire da motto a tutto quel che abbiamo detto finora. Poiché esso mostra come i capi dei movimenti ascetici avessero una conoscenza perfettamente chiara dei nessi qui esposti, apparentemente così paradossali, e precisamente nel senso che noi qui abbiamo svoltot3. Egli scrive:
«Io temo: tutte le volte che la ricchezza si è accresciuta, il patrimonio religioso è diminuito nella stessa misura. Perciò io non vedo come sia possibile, seconda la natura delle cose, che un risveglio di religiosità possa avere lunga durata. Poiché la religione deve provocare necessariamente tanto laboriosità (in- dustry) quanto parsimonia (frugality) e queste non possono produrre che ricchezza. Ma quando la ricchezza cresce, si accrescono anche l’orgoglio, la passione e l’amore del mondo in tutte le sue forme. Come è dunque possibile che il Metodismo, cioè una religione del cuore, anche se adesso fiorisce come un albero rigoglioso, rimanga in questo stato? I Metodisti si fanno dappertutto diligenti e parsimoniosi; di conseguenza la loro proprietà si accresce. Perciò essi salgono corrispondentemente in superbia, in passione, in desideri carnali e mondani ed in orgoglio di vita. Così rimane la forma della religione; ma lo spirito a poco a poco scompare. Non c’è una via per impedire questa continua decadenza della pura religione? Noi non dobbiamo impedire alla gente di essere laboriosa ed economa. Noi dobbiamo esortare tutti i Cristiani a guadagnare quel che possono, ed a risparmiare quel che possono, cioè giungere al risultato di diventar ricchi». (Segue l’ammonimento che coloro che guadagnano tutto quel che possono e risparmiano tutto quel che possono, debbono anche dare tutto quel che possono, per salire così nella grazia ed accumulare un tesoro nel Cielo). Si vede, fin nei dettagli, il nesso che qui abbiamo illustratou3.
Proprio come qui dice il Wesley, quei potenti movimenti religiosi, la cui importanza per lo sviluppo economico consisteva in prima linea nei loro effetti educativi ascetici, di regola svilupparono la loro piena influenza economica non appena fu superata l’acme dell’entusiasmo puramente religioso, non appena la spasimante ansia della ricerca del regno di Dio cominciò a poco a poco a dissolversi in una austera virtù professionale e la radice religiosa si inaridì lentamente e fece posto ad un indirizzo utilitaristico e terreno; quando, per dirla con Dowden7 nella fantasia popolare il Robinson Crusoe, l’uomo economico isolato, che inoltre fa anche il missionariov3, fu entrato al posto del Pellegrino di Bunyan, che in solitaria attività interiore, tende al regno dei cieli passando attraverso la «fiera della vanità». Quando più tardi divenne dominante il principio to make thè best of boht worlds, allora in definitiva, come Dowden ha pure osservato, la buona coscienza dovette semplicemente essere annoverata fra i mezzi della comoda vita borghese, come esprime graziosamente anche il proverbio tedesco del sanftes Ruhekissen (guanciale morbido).
Ciò che l’epoca, religiosamente così viva del xvn secolo, lasciò alla sua utilitaria erede, fu soprattutto una straordinaria buona coscienza —; diciamo pure una buona coscienza farisaica —; riguardo al guadagno di denaro, purché compiuto secondo le vie legali. Ogni residuo della sentenza Deo piacere vix potest era scomparsow3. Era sorto un ethos professionale specificamente borghese. Colla coscienza di essere nella piena grazia del Signore e di essere da lui visibilmente benedetto, l’imprenditore borghese, se si manteneva nei limiti di una correttezza formale, se la sua condotta morale era irreprensibile, e8l’uso che faceva della sua ricchezza non era urtante, poteva accudire ai suoi interessi, lo doveva anzi fare. La potenza dell’ascesi religiosa poneva oltre a ciò a sua disposizione lavoratori seri, coscienziosi, di straordinaria capacità, ed attaccati al lavoro come allo scopo della vita voluto da Diox3. Essa gli dava anche la tran quilla sicurezza che la disuguale divisione dei beni di questo mondo è un’opera speciale della provvidenza di Dio, il quale con queste differenze, come colla grazia particolare segue i suoi scopi arcani, a noi sconosciutiy3. Già Calvino aveva espresso la sentenza spesso citata che solo se il «popolo» cioè la massa dei lavoratori e degli artigiani vien mantenuta povera, rimane obbediente a Dioz3. Gli olandesi (Pieter de la Court e altri) l’avevano «secolarizzata» nel senso che la moltitudine lavora soltanto quando vi è costretta dal bisogno e questa formulazione di uno dei motivi conduttori dell’economia capitalista sfociò più tardi nella corrente delle teorie sulla «produttività» dei bassi salari.
Anche qui l’interpretazione utilitaria si sostituì insensibilmente al concetto religioso, coll’inaridirsi delle radici di questo, proprio secondo lo schema dell’evoluzione, che noi abbiamo sempre nuovamente osservato. L’etica medioevale aveva non soltanto tollerato, ma negli ordini mendicanti, addirittura glorificato la mendicità. Anche i mendicanti laici, poiché davano occasione al ricco di compiere opere buone mediante l’elemosina, furono talvolta definiti e considerati come un «ceto». L’etica sociale anglicana degli Stuart era ancora molto vicina a questo atteggiamento. Era riservato all’ascesi puritana di cooperare a quella dura legislazione inglese sui poveri, che creò in questo campo un mutamento fondamentale. E lo potè fare perché le sette protestanti e soprattutto le comunità strettamente puritane in effetti non conoscevano la mendicità nel loro senoa4
E riguardando dall’altra parte, da quella degli operai: la tendenza dello Zinzendorf nel Pietismo glorificava il lavoratore fedele al suo lavoro, che non guarda al guadagno, poiché vive secondo l’esempio degli apostoli e così è dotato del crisma dell’apostolatob4. Ancor più radicali erano le concezioni simili diffuse in principio tra i Battisti. Ma naturalmente il complesso della letteratura ascetica di quasi tutte le confessioni era compenetrato dall’idea che il lavoro coscienzioso anche con bassi salari da parte di coloro, cui la vita non ha riservato altre possibilità, sia qualche cosa di straordinariamente accetto a Dio.9In ciò l’ascesi protestante non portò di per se stessa alcuna innovazione. Ma non soltanto approfondì questo pensiero nel modo più efficace, ma anche dotò quella norma di ciò che, in definitiva, solo importava alla sua efficacia: l’incentivo psicologico che deriva dalla concezione di questo lavoro come vocazione, cioè come mezzo migliore, anzi unico per assicurarsi dello stato di graziac4. E d’altra parte essa legalizzò lo sfruttamento di questa speciale disposizione al lavoro, in quanto dette il significato di «vocazione» anche al guadagno delPimprenditorea. è evidente quanto potentemente dovessero promuovere la «produttività», nel senso capitalistico della parola, l’attività rivolta esclusivamente al regno di Dio, mediante l’adempimento del proprio dovere nel lavoro professionale e la severa ascesi, che la disciplina ecclesiastica imponeva appunto alle classi nullatenenti. Il considerare il lavoro come «vocazione» divenne per l’operaio moderno altrettanto caratteristico quanto la corrispondente concezione del profitto per l’imprenditore.
Quando un osservatore anglicano così acuto come Sir William Petty attribuì la potenza economica olandese del seco lo al fatto che colà i dissenters (Calvinisti e Battisti), in particolar modo numerosi, erano gente che considerava il lavoro e l’industriosità come il proprio dovere verso Dio, non faceva che rappresentare questa condizione di cose, allora nuova. Alla costituzione sociale organica, in quella forma fiscale monopolistica, che essa prese neirAnglicanesimo sotto gli Stuart, specialmente nelle concezioni di Laud10 a questa alleanza dello Stato e della Chiesa coi «monopolisti» su di un fondamento cristiano-sociale, il Puritanesimo, i cui rappresentanti erano avversari appassionati di questa specie di capitalismo privilegiato dallo stato, di mercanti, di imprenditori, di sfruttatori di colonie, oppose gli impulsi individualistici dell’attività legale e razionale, dovuti alla propria abilità ed iniziativa, impulsi che parteciparono in maniera decisiva alla creazioned4 delle industrie che sorgevano senza l’assistenza dei poteri costituiti, anzi in parte nonostante e contro di essi, mentre che le industrie monopolistiche di stato di Inghilterra rapidamente scomparivano. I Puritani (Prynne11 Parker), nell’orgoglio per la superiorità della loro morale d’affari borghese, respinsero ogni comunione coi «cortigiani e progettisti» che portavano l’impronta del gran capitalismo, considerandoli una classe moralmente sospetta. è questa la vera ragione delle persecuzioni a cui essi furono sottoposti da parte di quei gruppi. Ancora Defoe proponeva di vincere la lotta contro i dissidenti boicottando il cambio delle banche e ritirando i depositi. Il contrasto delle due forme di atteggiamento capitalistico procedeva parallelamente ai contrasti religiosi. Gli avversari dei Nonconformisti hanno sempre deriso questi, anche nel xvm secolo, come rappresentanti dello spirit of shop- keepers e perseguitati come la rovina dei vecchi ideali inglesi. Qui era radicato anche il contrasto dell’etica economica puritana con quella giudaica e già un contemporaneo come Prynne sapeva che la prima, non la seconda, era l’etica economica borghesee4.
Uno degli elementi costitutivi dello spirito capitalistico moderno, e non soltanto di questo, ma di tutta la civiltà moderna: la condotta razionale della vita sul fondamento dell’idea di professione, è nata —; è ciò che questi saggi vorrebbero dimostrare —; dallo spirito dell’ascesi cristiana. Si rilegga ancora una volta il trattato dì Franklin citato all’inizio di questo saggio, per vedere che gli elementi importanti di quel modo di sentire, là definito come «spirito del capitalismo», sono quelli stessi che noi stabilimmof4 essere il contenuto dell’ascesi professionale puritana, ma privi del fondamento religioso che in Franklin era già scomparso. Il pensiero che il lavoro professionale moderno abbia un carattere ascetico non è in realtà nuovo. Anche Goethe, al culmine della sua saggezza ed esperienza della vita, nei Wanderjahre e nella conclusione che dette alla vita di Faust, ci ha voluto insegnareg4 questo motivo ascetico fondamentale dello stile della vita borghese, se questa appunto voglia avere uno stile: che cioè il limitarsi al lavoro professionale colla rinuncia alla universalità faustiana, che questa limitazione comporta, sia nel mondo moderno il presupposto di ogni azione degna di stima, che azione dunque e rinuncia si condizionano inevitabilmente a vicenda. Per lui questo riconoscimento significava rinuncia ed un addio ad un tempo di piena e bella umanità, che non si rinnoverà più, nel corso del nostro sviluppo culturale, come nell’antichità non si rinnovò il fiorire di Atene. Il Puritano volle essere un professionista, noi dobbiamo esserlo. Poiché in quanto l’ascesi fu portata dalle celle dei monaci nella vita professionale e cominciò a dominare la moralità laica, essa cooperò per la sua parte alla costruzione di quel potente ordinamento economico moderno, legato ai presupposti tecnici ed economici della produzione meccanica, che oggi determina con strapotente costrizione, e forse continuerà a determinare finché non sia stato consumato l’ultimo quintale di carbon fossile, lo stile della vita di ogni individuo, che nasce in questo ingranaggio, e non soltanto di chi prende parte all’attività puramente economica. Solo come un mantello sottile, che ognuno potrebbe buttar via, secondo la concezione di Baxter, la preoccupazione per i beni esteriori doveva avvolgere le spalle degli «eletti»h4. Ma il destino fece del mantello una gabbia di acciaio. Mentre l’ascesi imprendeva a trasformare il mondo e ad operare nel mondo, i beni esteriori di questo mondo acquistarono una forza sempre più grande nella storia. Oggi lo spirito dell’ascesi è sparito, chissà se per sempre, da questa gabbia.
Il capitalismo vittorioso in ogni caso, da che posa su di un fondamento meccanico, non ha più bisogno del suo aiuto. Sembra impallidire per sempre anche il roseo stato d’animo del suo sorridente erede: l’Illuminismo, e come un fantasma di concetti religiosi che furono, si aggira nella nostra vita il pensiero del dovere professionale. Ove l’adempimento di questo non possa esser posto direttamente in relazione coi più alti beni spirituali della civiltà, o dove inversamente non debba esser sentito anche soggettivamente come semplice costrizione economica, per lo più l’individuo rinuncia ad ogni spiegazione di esso. Nel paese, dove più fortemente si è sviluppato, negli Stati Uniti, l’attività economica, spogliata del suo senso etico-religioso, tende ad associarsi a passioni puramente agonali, che non di rado le imprimono precisamente il carattere di uno sporti4.
Nessuno sa ancora chi nell’avvenire vivrà in questa gabbia e se alla fine di questo enorme sviluppo sorgeranno nuovi profeti od una rinascita di antichi pensieri ed ideali o, qualora non avvenga né l’una cosa né l’altra, se avrà luogo una specie di impietrimento nella meccanizzazione, che pretenda di ornarsi di un’importanza che essa stessa nella sua febbrilità si attribuisce. Allora in ogni caso per gli ultimi uomini di questa evoluzione della cultura potrà essere vera la parola: «Specialisti senza intelligenza, gaudenti senza cuore: questa nullità si immagina di esser salita ad un grado di umanità, non mai prima raggiunto».
Ma con ciò noi giungiamo nel dominio dei giudizi di valore e di fede, dai quali questa esposizione puramente storica non deve esser gravata. Il compito sarebbe piuttosto: di mostrare l’importanza del razionalismo ascetico, che in questo saggio si è solo toccata, anche per il contenuto dell’etica politico-sociale, cioè per il modo dell’organizzazione e le funzioni delle comunità sociali dalla conventicola fino allo stato. Dovrebbe poi analizzarsi il suo rapporto col razionalismo umanistico3 e con gli ideali di vita e le influenze culturali di questo, ed inoltre collo sviluppo deH’empirismo filosofico e scientifico, con lo sviluppo tecnico e il patrimonio intellettuale e spirituale.
Infine il suo divenire storico dai germi medioevali di una ascesi intramondana in poi, ed il suo dissolversi nel puro utilitarismo andrebbero seguiti con metodo storico e nei singoli paesi, dove si è diffusa la religiosità ascetica. Da questa indagine soltanto potrebbe risultare la misura dell’importanza per la cultura del Protestantesimo ascetico, in relazione ad altri elementi formativi della cultura moderna. Qui si è cercato soltanto diricondurre ai motivi che le hanno determinate, la realtà e la forma della sua azione, in un sol punto, sia pure importante. Ma dovrebbe anche dimostrarsi in qual modo l’ascesi protestante sia stata influenzata nel suo divenire e nei suoi caratteri dal complesso delle condizioni della societàj4, in particolare da quelle economiche. Poiché per quanto l’uomo moderno in generale non sia in condizione, pur colla migliore volontà possibile, di immaginarsi nella sua reale grandezza l’importanza che i dati della coscienza religiosa hanno avuto per la condotta della vita, la cultura e il carattere dei popoli; tuttavia non può essere nostra intenzione di sostituire ad una interpretazione causale della cultura e della storia unilateralmente materialistica, un’altra spiritualistica, altrettanto unilaterale. Tutte e due sono ugualmente possibilik4, ma con tutte e due si serve ugualmente poco alla verità storica, se pretendano di essere non una preparazione ma una conclusione deirindaginel4.
a. V. la bella descrizione del suo carattere nel DOWDEN, op. cit. Sulla teologia di Baxter, dopoché egli si fu allontanato dalla stretta fede nel «doppio decreto» dà un discreto orientamento l’introduzione del JENKIN a suoi diversi lavori riprodotti nei Works of thè Puntan Divines. Il suo tentativo di combinare universal redemption e personal election non ha accontentato nessuno. A noi importa soltanto che egli anche allora era attaccato alla personal election, cioè al punto eticamente decisivo della dottrina della predestinazione. D’altra parte è importante la sua attenuazione della concezione forense della giustificazione come un certo avvicinamento ai Battisti.
b. Trattati e prediche di Th. Adams, John Howe, Matthew Henry, J. Janeway, St. Charnock, Baxter, Bunyan sono riuniti nei io volumi dei Works of thè Puritan Divines (Londra, 1845–48) con una scelta spesso alquanto arbitraria. Le edizioni dei lavori di Bayley, Sedwick, Hoornbeck sono state indicate più sopra quando furono citate per la prima volta.
c. Avrebbero potuto esser citati del pari Voèt od altri rappresentanti continentali dell’ascesi intramondana. L’opinione del Brentano che questo processo storico sia stato soltanto anglosassone, è completamente errata. La mia scelta è fatta in base al desiderio di lasciar la parola, non esclusivamente, ma prevalentemente, al movimento ascetico della seconda metà del xvii secolo immediatamente prima dell’avvento deirUtilitarismo. Nei limiti di questo studio si è dovuto purtroppo rinunciare al compito attraente di rendere visibile lo stile della vita del Protestantesimo ascetico, anche attraverso la letteratura biografica: e qui si dovrebbe produrre in particolar modo quella quacchera, perché da noi ancora relativamente sconosciuta.
d. Poiché si potrebbero prendere del pari gli scritti di Gisbert Voet, e le deliberazioni dei sinodi ugonotti, o la letteratura battista olandese. Molto infelicemente il Sombart e il Brentano hanno tirato fuori proprio quelle parti «ebionitiche» del Baxter che io avevo nettamente rilevato, per contrapporvi lo stadio indubitabilmente arretrato, dal punto di vista capitalistico, della sua dottrina.
Sarebbe però necessario: 1) conoscere realmente tutta questa letteratura per sfruttarla; 2) non trascurare ciò che io appunto cerco di provare: come, nonostante la dottrina antimammonistica, tuttavia lo spirito di questa religiosità ascetica, proprio come nelle economie claustrali, ha generato il razionalismo economico, perché essa premiava l’elemento decisivo: gli impulsi razionali, causati dall’ascesi. Si tratta solo di questo e questo è il punto di quanto qui si è esposto.
e. Così in Calvino, che non amava affatto la ricchezza borghese (v. i violenti attacchi a Venezia e ad Anversa, Comm. in Ies., Opera, III, 140 a, 308 a).
f. Saints everlasting rest, cap. X, XII. Cfr. BAYLEY, Praxis pietatis, p. 182 oppure MATTHEW HENRY (The worth of thè soul, Works of Puritan Divines, p. 319: Those that are eager in pursuit of wordly wealth despise their soul, not only because thè soul is neglected and thè body preferred before it, but because it is employed in these pursuits, Salmo 127, 2). Sullo stesso piano sta rosservazione da citarsi più oltre sulla peccaminosità di ogni perdita di tempo, e soprattutto di quella nelle recreations. E del pari in tutta la letteratura religiosa del Puritanesimo anglo-olandese. V. per es. la filippica del HOORNBECK contro l’avarizia (op. cit., 1. X, c. 18). In questo scrittore agiscono del resto influenze pietistico-sentimentali: vedi la lode della «tranquillità dell’anima che piace a Dio in confronto alla sollecitudine di questo mondo». «Un ricco difficilmente si salva» pensa anche il BAYLEY (op. cit., p. 182) appoggiandosi ad un noto passo della Bibbia. Anche i catechismi metodistici ammoniscono di non cumular tesori; fra i Quaccheri le cose non stanno diversamente. Cfr. BARCLAY, op. cit., p. 517: …and therefore beware of temptation as to use their cab lings and engine to be richer.
g. Perché non soltanto la ricchezza, ma anche l’istintiva bramosia di guadagno (o quel che veniva scambiato con essa) fu del pari severamente giudicato.
Nei Paesi Bassi, dal Sinodo dell’Olanda meridionale del 1574, in risposta ad una richiesta di spiegazione, fu detto: che i «Lombardi», sebbene i loro afiari fossero legalmente leciti, non dovevano essere ammessi alla Eucaristia; il Sinodo provinciale di Deventer del 1598 (art. 24), estese questa disposizione agli addetti di «Lombardi»; il Sinodo di Gorichem del 1606 stabilì dure ed umilianti condizioni, sotto le quali potevano essere ammesse le mogli di «usurai»; ed ancora nel 1644 e nel 1657 si discuteva se i «Lombardi» potevano essere ammessi all’Eucaristia (dico ciò contro il Brentano che cita i suoi antenati cattolici, sebbene in tutto il mondo europeo ed asiatico da millenni ci siano stati commercianti e banchieri di origine straniera) ed ancora Gisbert Voet vorrebbe escludere dalla comunione i «Trapeziti» (Lombardi, Piemontesi). Non era diversamente nei Sinodi degli Ugonotti. Questi speciali ceti capitalistici non erano i rappresentanti tipici della coscienza e della condotta di vita, di cui qui si tratta. Essi non rappresentavano neanche nulla di nuovo rispetto all’antichità ed al Medioevo.
h. Concetto che è sviluppato ed approfondito nel cap. X del Saints everlasting rest. Chi vuol riposare a lungo nella ricchezza, che Dio ci dà come un asilo temporaneo, quegli è colpito da Dio anche in questa vita. Quasi sempre un riposo soddisfatto nella ricchezza acquistata preannuncia la rovina. Se anche avessimo tutto quel che potremmo avere nel mondo, sarebbe questo tutto quel che vorremmo? La mancanza di desideri non si può raggiungere sulla terra; perché essa non deve esistere proprio per volontà di Dio.
i. Christian Directory, I, pp. 375–376: It is for action that God main- taineth us and our activities; work is thè moral as well as thè naturai end of power… It is action, that God is most served and honoured by… The public welfare or thè good of many is to be valued above our own. Qui si palesa il punto a cui si riattacca la evoluzione dal volere di Dio verso i punti di vista puramente utilitari della più tarda teoria liberale.
j. Il comandamento di tacere, che proviene dalla minaccia biblica di punire ogni parola inutile, è specialmente dai Cluniacensi in poi, un mezzo ascetico osservato per educarsi al controllo di se stesso. Anche Baxter si diffonde a lungo sulla colpa dell’inutile parlare. Già il Sanford nell’opera citata, p. 90 e segg. ha apprezzato l’importanza di esso per il carattere. La melancholy e moroseness dei Puritani era conseguenza dell’aver distrutto la disinvoltura dello stato naturale ed a questo scopo serviva anche il divieto di parlare senza aver pensieri da esprimere. Quando WASHINGTON IRVING (Bracebridge Hall, cap. XXX) ne cerca il motivo, in parte nel calculating spirit del capitalismo, in parte negli effetti della libertà politica che conduce alla responsabilità, bisogna osservare che per i popoli latini non si produsse lo stesso effetto, e che per l’Inghilterra le cose stavano così: 1) Il Puritanesimo rese capaci coloro che lo professavano di creare libere istituzioni e di diventar tuttavia una potenza mondiale; 2) Trasformò quella abitudine al calcolo (che il Sombart chiama il suo «spirito»), che in realtà è elemento costitutivo del capitalismo, da un mezzo economico in un principio di tutta la condotta della vita.
k. Op. cit., I, p. in.
l. Op. cit., I, p. 383 e segg.
m. In modo simile sul valore prezioso del tempo si esprime Barclay (op. cit., p. 14).
n. BAXTER, op. cit., p. 79: Keep up a high esteen of time and be every day more careful that you lose none of your time, then you are that you lose none of your gold and silver. And if vain recreation, dressings, feastings, idle talk, unprofitable companyf or sleep, be any of them temptations to rob you of any of your time) accordingly heighten your watchfulness. - Those that are prodigal of their time despise their own souls, dice MATTHEW HENRY (Worth of the soul, in Works of the Puritan Dtvines, p. 315). Anche qui l’ascesi protestante si muove su vie già solcate. Noi siamo abituati a riguardare come cosa specifica del professionista moderno il «non aver tempo» e come GOETHE nei Wanderjahre misuriamo il grado dello sviluppo capitalistico dal fatto che gli orologi battono i quarti. (Così anche Sombart nel suo Kapitalismus). Ma non vogliamo dimenticare che il primo uomo, che già, nel Medioevo, viveva col tempo misurato, era il monaco, che le campane della chiesa dovevano servire prima di tutto al suo bisogno di dividere il tempo.
o. Cfr. le considerazioni di BAXTERsulla professione, op. cit., I, p. 108 e segg., e in particolare il passo che segue: Question: But may I not cast off the world that I may only think of my salvation? - Answer: You may cast off all such excess of wordly cares or business as unnecessarily hinder you in spiritual things… But you may not cast off all bodily employment and mental labour in which you may serve the common good… Every one as a member of Church or Commonwealth must employ their parts to the utmost for the good of the Church and the Commonwealth. To neglect this and say: I will pray and meditate, is as if your servant should refuse your greatest work and tye himself to some lesser easier part. And God hath commandeth you some way or other to labour for your daily bread and not to live as drones of the sweat of others only. Il comandamento di Dio ad Adamo «col sudore della tua fronte» ed il precetto di S. Paolo «Chi non lavora, non deve mangiare» vi vengono citati. Dei Quaccheri era noto da gran tempo che anche le persone dei ceti più agiati obbligavano i figli ad imparare mestieri (per motivi etici, e non - come insegnava l’Alberti - per motivi utilitari).
p. Vi sono qui dei punti, dai quali il Pietismo si allontana a causa del suo carattere sentimentale. Per lo SPENER (Theol. Bedenken, III, p. 445) è certo, benché egli lo affermi in senso del tutto luterano - che il lavoro professionale è servizio di Dio, e che tuttavia l’agitazione degli affari professionali distrae da Dio - il che è pure luterano e costituisce un’antitesi molto caratteristica rispetto al Puritanesimo.
q. Op. cit., p. 242: It’s they that are lazy in their callings that can find no time for holy duties. E da ciò proveniva l’opinione che le città, sede della borghesia dedicata all’attività razionale, fossero di preferenza il luogo delle virtù ascetiche. Il BAXTER, nella sua autobiografia (v. estratti nei Works of the Puritan Divines, p. XXXVIII), così parla dei suoi tessitori a mano di Kidderminster: And their constant converse and traffic with London doth much to promote civility and piety among tradesmen.
Che la vicinanza della capitale rafforzi le virtù stupirà gli ecclesiastici moderni, per lo meno tedeschi. Ma anche il Pietismo mostra simili vedute. Così scrive occasionalmente Spener ad un giovane collega: «Per lo meno si vedrà che nella grande popolazione delle città, dove i più sono completamente pazzi, tuttavia vi si trovano alcune anime buone, dalle quali si può ottenere il bene, mentre nei villaggi è da temere che nonsi possa trovar da fare qualche cosa di bene in un intero comune» (Theologische Bedenken, I, 66, p. 303). Il contadino è poco qualificato per la condotta ascetico-razionale della vita. La sua glorificazione etica è molto moderna. Qui non entriamo a discutere sulla importanza di queste e di simili manifestazioni nella questione del rapporto tra l’ascesi e le classi sociali.
r. Si prendano i passi seguenti (op. cit., p. 336 e segg.): Be wholly taken up in diligent business of your lawful callings when you are not exercised in thè more immediate Service of God. —; Labour hard in your callings —;. See that you have a calling which will find you employment for all thè time which Gods immediate service spareth.
s. Che l’apprezzamento specificamente etico del lavoro e della sua «dignità» non fosse un concetto originariamente proprio del Cristianesimo, o di questo addirittura caratteristico, lo ha ancora di recente affermato recisamente lo HARNACK (Mitteilungen des Evang.-Sozial Kongr., 14a serie, 1905, n. 3–4, p. 48).
t. Solo uno studio molto più comprensivo può insegnare su che si basi questo contrasto, che è manifesto dalla regola benedettina in poi.
u. Così anche nel Pietismo (SPENER, op. cit., Ili, pp. 429, 430). La forma caratteristicamente pietista è che l’attaccamento alla professione, impostaci come pena per il peccato originale, serve a uccidere la propria volontà. Il lavoro professionale, come servigio reso per amore al proprio prossimo, è un dovere di riconoscenza per la grazia di Dio (concezione luterana) e pertanto non è accetto a Dio, se è compiuto contro voglia e con disgusto (op. cit., Ili, p. 272). Il Cristiano deve perciò «mostrarsi diligente nel suo lavoro come un uomo profano» (III, p. 278). Ciò è manifestamente assai meno della concezione puritana.
v. A sober procreation of children è lo scopo del matrimonio, secondo il Baxter. Similmente opina lo Spener, benché faccia concessioni al grossolano concetto luterano, secondo il quale vi ha anche lo scopo secondario di evitare l’immoralità, che altrimenti sarebbe incontenibile. La concupiscenza, come fenomeno che accompagna la copula, è peccaminosa anche nel matrimonio, e secondo la concezione dello Spener, per es., è conseguenza del peccato originale, che cambiò così un fatto naturale e voluto da Dio in qualche cosa di inevitabilmente collegato con sensazioni peccaminose, e con ciò in un pudendum. Anche secondo la concezione di talune tendenze pietiste la più alta forma del matrimonio cristiano è quella in cui si conserva la verginità; la seconda quella in cui il coito serve unicamente alla procreazione di figli, e così fino a quei matrimoni che vengono conclusi per motivi puramente erotici od estrinseci, e che, dal punto di vista etico, valgono come concubinati.
In questi gradi inferiori il matrimonio concluso per motivi puramente estrinseci, poiché deriva da una considerazione razionale, è tuttavia preferito a quelli che hanno una causa erotica. Si può qui tralasciare di prendere in considerazione la teoria e la prassi della comunità di Herrnhut. La filosofia razionalistica (Chr. Wolff) accolse la teoria ascetica, che ciò che era subordinato come mezzo al fine, cioè la concupiscenza ed il suo appagamento al fine della generazione, non poteva esser fatto fine a se stesso.
La trasformazione in un utilitarismo puramente igienico è già compiuta in Franklin, che partecipa quasi del punto di vista dei medici moderni, intende per castità la limitazione dei rapporti sessuali e ciò che è desiderabile per la salute e, come è noto, si è espresso anche teoricamente sul «come» ciò possa farsi. Questa evoluzione è apparsa dappertutto, appena questo argomento è stato fatto oggetto di considerazione puramente razionale.
I dottrinari dei rapporti sessuali, puritani ed igienisti, vanno per vie molto diverse, ma «si capiscon lo stesso». Uno zelatore della «prostituzione igienica» (si trattava di regolamentazione delle case di tolleranza) motivava la liceità morale delle relazioni sessuali extramatrimoniali, considerate igienicamente utili, riferendosi alla loro trasfigurazione poetica in Faust e Margherita. Il considerare Margherita come una prostituta e il mettere sullo stesso piano la potenza delle passioni umane ed il congiungimento sessuale per motivi igienici corrisponde perfettamente al punto di vista puritano, al pari della concezione degna di specialisti, rappresentata talvolta da medici molto eminenti, che una questione che è connessa con i più sottili problemi della personalità e della civiltà, come l’importanza dell’astinenza sessuale, sia di competenza esclusivamente del foro del medico, cioè di uno specialista: per i Puritani lo specialista è il teorico morale, per i medici è l’igienista; ma il principio addotto per risolvere la questione è quello, che a noi sembra assai volgare, della competenza, naturalmente con segni opposti. Ma il potente idealismo della concezione puritana con tutte le sue pruderies, anche considerato dal punto di vista di conservazione della razza e della pura igiene, potè presentare successi positivi, mentre che la moderna igiene sessuale, facendo inevitabilmente appello alla spregiudicatezza, corre il pericolo di sfondare il vaso, dal quale attinge. Rimane naturalmente qui fuori di discussione come da quella interpretazione razionale dei rapporti sessuali nei popoli influenzati dal Puritanesimo siano sorti quell’affinamento e quella penetrazione di elementi spirituali ed etici nelle relazioni matrimoniali e quel fiore di cavalleria coniugale, che contrastano col patriarcalismo che ancor oggi da noi si riscontra molto sensibilmente anche nelle maniere molto arretrate della stessa aristocrazia intellettuale.
Influenze battiste hanno parte nella emancipazione della donna: la protezione della libertà di coscienza della donna e l’aver esteso anche ad essa il concetto del sacerdozio universale furono anche qui le prime brecce del patriarcalismo.
w. Ritornello frequente nel Baxter. Il fondamento biblico è regolarmente o quello a noi noto per Franklin (Proverbi di Salomone, 22, 29) o la glorificazione del lavoro negli stessi Proverbi di Salomone, 31, 16. Cfr. op. cit., pp. 382, 377, ecc.
x. Anche lo Zinzendorf dice occasionalmente: «Non si lavora soltanto per vivere, ma si vive per il lavoro, e se non si ha più da lavorare, si soffre o ci si addormenta» (PLITT, I, p. 428).
y. Anche un credo dei Mormoni conclude —; secondo le citazioni —; colle parole: «Ma un pigro o un fannullone non può esser Cristiano né salvarsi; è destinato ad esser colpito a morte e ad esser buttato fuori dall’alveare». Ma fu prevalentemente la grande disciplina, che stava a mezzo tra il convento e la manifattura e che poneva l’individuo di fronte al dilemma: lavorare od essere eliminato, legata certamente all’entusiasmo religioso e resa possibile soltanto da questo, quella che produsse le meravigliose opere economiche di questa setta.
z. Essa viene perciò accuratamente analizzata nei suoi sintomi (op. cit., I, 380). Sloth e idleness sono colpe così gravi perché hanno un carattere continuato. Esse vengono riguardate dal BAXTER(op. cit., I, pp.279- 280) addirittura come distruttrici dello stato di grazia. Esse sono infatti l’antitesi della vita metodica.
a1. Vedi sopra p.166 nota b.
b1. BAXTER, op. cit., I, p. 108 e segg. Colpiscono specialmente l’occhio i seguenti passi. Questioni But will not wealth excuse us? —; Answer: It may excuse you from some sordid sort of work, by making you more serviceable to another, but you are no more excused from Service of work… then thè poorest man... V. inoltre op. cit., I, p. 376, Though they (i ricchi) have no outward want to urge them, they have as great a necessity to obey God. God had strictly commandeth it (il lavoro) to all.
c1. Parimenti lo SPENER(op. cit., Ili, 338, 425) che per tal ragione combatte in particolar modo, come moralmente sospetta, la tendenza ad andare in pensione prima del tempo; respingendo l’obiezione mossa contro il prendere degli interessi, perché questi indurrebbero alla pigrizia, afferma che chi può vivere dell’interesse, è tuttavia obbligato al lavoro dal comandamento di Dio.
d1. Compreso il Pietismo. Quando si tratta della questione del mutamento di professione, lo Spener torna sempre a sostenere che, quando si è abbracciata una determinata carriera, il rimanervi e l’adattarvisi è un dovere d’obbedienza nella Provvidenza divina.
e1. Con qual pathos, dominante tutta la condotta della vita, la dottrina indiana della salvezza congiunga il tradizionalismo nelle professioni colle possibilità di rinascita, è spiegato nei saggi sulla Wirtschajtsethik der Weltreligionen. Appunto qui si può imparare a conoscere la differenza dei concetti puramente dottrinali dalla creazione da parte della religione di impulsi psicologici di una determinata specie. L’indiano religioso poteva acquistare favorevoli possibilità di rinascita solo mediante un adempimento strettamente tradizionale dei doveri della casta in cui era nato; si aveva cioè il più saldo fondamento religioso del tradizionalismo che si possa pensare. L’etica indiana è in realtà in questo punto l’antitesi più conseguente di quella puritana, come, sotto altro aspetto (il tradizionalismo dei gruppi di status) è l’antitesi del Giudaismo.
f1. BAXTER, op. cit., I, p. 377.
g1. Ma quella motivazione non può esser storicamente dedotta, a causa di tale affinità, da questi punti di vista. Anzi su di essi influisce la concezione puramente calvinista che l’ordine del mondo serva all’onore di Dio, alla sua glorificazione nelle sue stesse opere. La concezione utilitaria che il mondo economico debba servire allo scopo del mantenimento della vita di tutti (good of thè many, common good, ecc.) era conseguenza del concetto che ogni altra interpretazione conducesse alla glorificazione delle creature in senso aristocratico, e servisse non alla gloria di Dio, ma a fini «culturali» puramente umani. La volontà di Dio, quale si esprime nell’ordinamento finalistico del mondo economico, per quanto vengano presi in considerazione scopi terreni, può esser soltanto il bene della collettività o la utilità impersonale. L’utilitarismo è pertanto, come si è detto, conseguenza della configurazione impersonale dell’amore del prossimo, e del ripudio di ogni glorificazione delle cose mondane a causa dell’esclusivo principio puritano in majorem Dei gloriam. Poiché quanto intensamente dominasse tutto il Protestantesimo ascetico questo pensiero che ogni glorificazione delle creature arrechi una diminuzione dell’onore che si deve a Dio, e sia pertanto assolutamente riprovevole, si manifesta negli scrupoli e nella pena, che provò lo stesso Spener, che pure non era davvero di spiriti democratici, nel mantenere come indifferente (á8tápopov) l’uso dei titoli di centro e numerose interpellanze. Si calmò alla fine per il fatto che anche nella Bibbia il procuratore Festo ricevette dall’Apostolo il titolo di xpocTLcrros. Non appartiene alla nostra trattazione il lato politico di questo argomento.
h1. The inconstant man is a stranger in his own house, dice ancheTh. ADAMS (Work of thè Pur. Div., p. 77).
i1. V. su ciò specialmente le espressioni di GEORGE FOX in The Friend’s Library (Ed. W. e Th. Evans, Philadelphia, 1873 e seg.), vol. I, p. 130.
j1. Naturalmente questo indirizzo dell’etica religiosa non può essere considerato del tutto un riflesso delle condizioni economiche di fatto. La specializzazione professionale nel Medioevo italiano era, certamente, più diffusa che nell’Inghilterra di questo periodo.
k1. Poiché, come viene spesso rilevato nella letteratura puritana, Iddio non ha mai comandato che si debba amare il prossimo di più di se stesso ma solo come se stesso. Esiste dunque anche il dovere dell’amore per se stessi. Chi, per esempio, sa che egli impiega il proprio patrimonio più utilmente, e pertanto più conformemente alla maggior gloria di Dio, di quel che potrebbe fare il suo prossimo non è obbligato dall’amor del prossimo a darne via.
l1. Anche lo Spener si avvicina a questo punto di vista. Ma anche nel caso in cui si tratti di passare dalla professione di commerciante —; moralmente molto pericolosa —; alla teologia egli rimane alquanto riservato e piuttosto sembra sconsigliarlo (III, pp. 435, 443, I, p. 524). Il frequente ritorno di risposte a questa domanda sulla liceità del mutamento di professione nel giudizio, naturalmente molto ponderato, dello Spener, mostra, sia detto fra parentesi, quanto grande fosse l’importanza pratica della diversa interpretazione del cap. VII della ia Epistola ai Corinti.
m1. Un qualche cosa di simile non si trova nel movimento pietista continentale o, almeno, non si trova negli scritti dei capi. La posizione dello Spener rispetto al guadagno oscilla tra il punto di vista luterano della semplice «nutrizione» ed argomentazioni mercantilistiche sulla utilità della «floridezza dei commerci» e simili (op. cit., Ili, pp. 330, 332; cfr. I, p. 418; la coltivazione del tabacco apporta denaro nel paese ed è pertanto utile, e per ciò stesso non è peccaminosa!), ma qua e là (cfr. Ili, pp. 426, 427, 429, 434) non manca di accennare che si può far guadagno e rimanere tuttavia religiosi, come dimostra l’esempio dei Quaccheri e dei Mennoniti, e che anzi un profitto in particolar modo alto —; del che parleremo più tardi - può essere il prodotto della pietà ed onestà (op. cit., P. 435)-
n1. Queste vedute non sono in Baxter un riflesso dell’ambiente economico, nel quale viveva. Al contrario la sua autobiografia rileva che ai successi della sua missione interna ha contribuito, in maniera decisiva, il fatto che quei commercianti, che si erano stabiliti a Kidderminster, non fossero stati ricchi, e che guadagnassero soltanto food and raiment e che anche i padroni non avessero da aver meglio che gli operai, from hand to mouth. It is the poor that receive the glad tidings of the Gospel. Th. Adams osserva sullo sforzo del guadagnare: He (the knowing man) knows… that money may make a man richer, not better, and thereupon chooseth rather to sleep with a good conscience than a full purse… therefore desires no more wealth than an honest man may bear away, ma tanta ne vuole pur anche lui (Th. ADAMS, Works of Pur. Div., LI) e ciò significa che ogni guadagno formalmente onesto è anche legittimo.
o1. Così BAXTER, op. cit., cap. X, tit. I, Dis. 9 (§ 24), vol. I, p. 378, col. 2. «Non devi lavorare per esser ricco» dei Proverbi di Salomone, 23, 4, significa soltanto riches for our fleshly ends must not ultimately be intended. La cosa odiosa è precisamente la proprietà nella sua forma feudale-aristocratica, l’impiego di essa, non la proprietà per se stessa. (Cfr. l’osservazione nell’0/7. cit., I, 380, sulla debauched part of the gentry). MILTON nella sua prima Defensio pro populo anglicano espone la nota teoria che solo il «ceto medio» possa essere sostegno della virtù, nel che il «ceto medio» è inteso come classe borghese in contrapposizione all’aristocrazia, come mostra la motivazione che tanto il lusso quanto la miseria impediscono l’esercizio della virtù.
p1. E questo è il punto decisivo. E qui occorre fare ancora una volta l’osservazione generale: naturalmente non si tratta per noi tanto di quel che svolse concettualmente la teoria teologico-etica, quanto di quel che voleva come morale nella vita pratica dei credenti, cioè come agisse praticamente l’orientamento religioso dell’etica professionale. Si può, per lo meno occasionalmente nella letteratura casuistica del Cattolicesimo, ed in particolare dei Gesuiti, leggere discussioni, che per es. sulla questione della liceità dell’interesse, sulla quale noi qui non entriamo, sono simili a quelle di molti casuisti protestanti; anzi, discussioni, che in materia da considerare «lecita» o «probabile», sembrano andare anche più oltre.
Ai Puritani più tardi è stata spesso opposta l’etica dei Gesuiti come fondamentalmente simile alla loro. Come i Calvinisti sogliono citare teologi moralisti cattolici, e non soltanto S. Tommaso d’Aquino, S. Bernardo di Chiaravalle e S. Bonaventura, ma anche contemporanei, così i casuisti cattolici presero regolarmente conoscenza dell’etica eretica; ma di ciò noi qui non possiamo trattare con maggior precisione. Astraendo del tutto dal fattore decisivo della ricompensa religiosa annessa alla vita ascetica del laico, la grande differenza nella teoria è appunto questa: che queste vedute più larghe nel Cattolicesimo erano prodotti, non sanzionati dall’autorità ecclesiastica, di teorie etiche di specifico carattere lasso, mentre al contrario l’idea protestante di professione ebbe per risultato di porre i più severi seguaci della vita ascetica a servizio della vita industriale capitalistica. Quel che là poteva essere condizionatamente permesso, apparve qui come un fatto positivo moralmente buono. Le differenze fondamentali praticamente molto importanti, furono definitivamente fissate anche per i tempi moderni dalla lotta giansenistica e dalla bolla Unigenitus in poi.
q1. You may labour in that manner tendeth most to your success and lawful gain. You are bound to improve all your talents... Segue il passo sopra citato. Un parallelo diretto tra lo sforzo di arricchirsi nel regno di Dio e lo sforzo per il successo nella professione terrena si vede nel Heaven upon earth di JANEWAY nelle Works of thè Pur. Div., p. 175 in fondo.
r1. Già nella professione di fede luterana del Duca Cristoforo del Wiirttemberg, che fu portata al Concilio di Trento, contro il voto di povertà si affermava: «Chi è povero per sua condizione lo deve sopportare, ma se si vanta di rimanerlo, sarebbe lo stesso che si vantasse di essere malato cronico o di avere una cattiva reputazione».
s1. Così in Baxter e per es. nella professione di fede del Duca Cristoforo. Cfr. inoltre passi come il seguente: thè vagrant rogues whose lives are nothing but an exorbitant course: thè main begging. Th. ADAMS, Works of thè Pur. Div., p. 259. Già Calvino aveva proibito severamente il mendicare ed i Sinodi olandesi mostrano il loro zelo contro le lettere di questua e le attestazioni a scopo di questua. Mentre che l’epoca degli Stuarts, in particolare il regime di Laud sotto Carlo I, aveva sviluppato sistematicamente il principio della protezione dei poveri e della distribuzione di lavoro ai disoccupati da parte dell’autorità, il grido di guerra dei Puritani fu Giving alms is no charity (titolo del noto scritto posteriore di Defoe), e verso la fine del xvn secolo cominciò il sistema intimidatorio delle Workhouses per i disoccupati (V. LEONARD, Early History of English poor relief, Cambridge, 1900 e H. LEVY, Die Grundlagen des ökonomischen Liberalismus in der Geschichte der englischen Volkswirtschaft, Jena, 1912, p. 69 e segg.).
t1. Il Presidente della «Baptist Union of Great Britain and Ireland» G. White diceva, richiamando con insistenza l’attenzione degli uditori, nel suo indirizzo inaugurale per l’assemblea di Londra del 1903 (Baptist Handbook 1904, p. 104): The best men on the roll of our Puritan churches were men of affairs, who believed, that religion should permeate the whole of life.
u1. In ciò appunto il contrasto caratteristico con ogni concezione feudale. Secondo questa solo i successori del parvenu politico e sociale possono trarre vantaggio dal successo e dalla consacrazione sociale di questo. Ciò è espresso in modo caratteristico nella parola spagnola hidalgo = hijo d’algo; filius de aliquo, in cui Valiquid, il «qualche cosa», è un patrimonio ereditato da avi. Per quanto queste differenze stiano oggi impallidendo nella rapida trasformazione ed «europeizzazione» del carattere nazionale americano, tuttavia è là ancor oggi diffusa l’opposta concezione caratteristicamente borghese, che glorifica il successo ed il guadagno negli affari, come un sintomo dell’attività intellettuale, ed al contrario non porta alcun rispetto alla proprietà puramente ereditaria; mentre che in Europa (come già ha osservato James Bryce) ogni onore sociale si può presso a poco ottenere per denaro, colla sola condizione che il proprietario stesso non sia stato dietro a un banco di bottega, e compia le necessarie trasformazioni della sua proprietà (fedecommessi, ecc.) Contro l’onore reso alla nascita vedi fra gli altri Th. ADAMS (Work of the Pur. Div., p. 216).
v1. Così, per es., per il fondatore della setta dei familisti Hendrik Niklaes, che era commerciante (BARCLAY, Inner life of the religious com- munities of the Commonwealth, p. 34).
w1. Questo è assolutamente certo, per es., per lo Hoornbeek, poiché anche in S. Matteo, 5, 5, e nella 1 Timoteo, 4, 8, vengon fatte promesse puramente terrene per i Santi (op cit., vol. I, p. 193). Tutto è prodotto della Provvidenza di Dio, ma Dio si cura in special modo dei Suoi (pp. cit., p. 192): Super alios autem summa cura et modis singularissimis versatur Dei Providentia circa fideles. Segue poi la discussione per qual segno si possa riconoscere che un caso fortunato ha origine non communi providentia ma da quella speciale cura. Anche BAYLEY ([op. cit., p. 191) rimanda alla provvidenza divina per il successo del lavoro professionale. Che la prosperità sia spesso la ricompensa della vita religiosa, è una sentenza costantemente ripetuta negli scritti dei Quaccheri. (V., per es., una tale espressione ancora nell’anno 1848 nella Selection from thè Christian Advices issued by thè generai meeting of thè Society of Fr. in London Vl. th Ed., London, 1851, p. 209). Ritorneremo ancora al nesso coiretica dei Quaccheri.
x1. Come un esempio di questo orientamento verso i Patriarchi —; che è anche caratteristico per la concezione puritana della vita —; può valere l’analisi che Thomas Adams fa del litigio fra Esaù e Giacobbe (Works of thè Pur. Div., p. 235): His (Esaù) folly may be argued from thè base estimation of thè birthright, that he would so lightly pass from it and on a so easy condition as a pottage. Il passo è importante anche per lo sviluppo del concetto di birthright, del quale parleremo più oltre. Ma era sleale quando volle venir meno al patto, a causa della «lesione enorme». Egli è appunto a cunning hunter, a man of thè fields: la barbarie che vive irrazionalmente, mentre Giacobbe a plain man, dwelling in tents rappresenta il man of grace. Anche KöHLER (op. cit.) trovò largamente diffuso tra i contadini olandesi il sentimento di un’intima affinità col Giudaismo, che si espresse anche nel noto scritto di Roosevelt. Ma d’altra parte il Puritanesimo era ben consapevole del contrasto coll’etica giudaica nella sua dogmatica pratica, come mostra chiaramente lo scritto del Prynne contro gli Ebrei, in occasione dei progetti di tolleranza di Cromwell.
y1. Cfr. Zur bäuerlichen Glaubens- und Sittenlehre. Von einem thüringischen Landpfarrer, 2a ed., Gotha, 1890, p. 16. I contadini, che in quest’opera sono descritti, sono prodotti caratteristici della Chiesa luterana. Io ho annotato ripetutamente in margine «religiosità luterana», là dove l’eccellente autore vede una generica religiosità di carattere rurale.
z1. Cfr. per es., la citazione in RITSCHL, Pietismus, II, p. 158. Anche lo Spener motiva i suoi sospetti contro il mutamento di professione e il desiderio di guadagno con sentenze di Gesù Siracide. Cfr. Theologische Bedenken, III, p. 426.
a2. Il Bayley invero raccomanda malgrado tutto la loro lettura ed appaiono qua e là citazioni degli apocrifi, ma naturalmente di rado. Non ne ricordo alcuna - forse per caso - da Gesù Siracide.
b2. Quando il successo esteriore tocchi in sorte a chi è, manifestamente, un reprobo, il Calvinista (per es. Hoornbeeck) si tranquillizza, conformemente alla teoria dell’indurimento nell’impenitenza, con la certezza che Dio permette che i reprobi si avvantaggino di quel successo, per indurirli e con ciò per perderli con maggior sicurezza.
c2. In questa analisi noi non verremo a parlare con più precisione di questo punto. Qui ci interessa soltanto il carattere formalistico della «rettitudine». Sull’importanza dell’etica del Vecchio Testamento per la lex naturae si trova molto nelle Soziallehren del TROELTSCH.
d2. L’obbligatorietà delle norme etiche della Scrittura vale, secondo il BAXTER (Christian Directory, III, 173 e segg.), primo, in quanto sono un transcript della Law af nature; secondo, in quanto portano in sé Yexpress character of universality and perpetuity.
e2. V. per es., DOWDEN, op. cit., p. 39, con riferimento al Bunyan.
f2. Elementi più precisi sull’argomento nei saggi sulla Wirtschajtsethik der Weltreligionen. Non può esser qui analizzata l’enorme influenza che, per esempio, ha avuto specialmente il secondo comandamento («Non avrai idoli», ecc.) sullo sviluppo dei caratteri del Giudaismo, sul suo carattere razionale estraneo alla cultura dei sensi. Tuttavia si può menzionare come un fatto caratteristico che uno dei direttori della Educational Alliance negli Stati Uniti, un’organizzazione che persegue con sorprendente successo e con mezzi grandiosi il fine di americanizzare gli immigrati ebrei, mi indicava «la emancipazione dal secondo comandamento» come il primo scopo inteso a fare dell’immigrato un uomo della moderna civiltà; scopo cui si tende con ogni sorta di insegnamento artistico e di educazione mondana. Nel Puritanesimo corrisponde al divieto israelitico di umanizzare la divinità, l’altro che agiva un po’ diversamente ma in senso affine, di divinizzare le creature. Per quel che riguarda il giudaismo talmudico, certamente gli sono affini anche taluni caratteri fondamentali della moralità puritana. Quando, per es., nel Talmud (in WüNSCHE, Babylon. Talmud, II, p. 34) viene affermato: «è meglio e vien più generosamente ricompensato da Dio chi, per senso del dovere, fa qualche cosa di buono, che non chi compie una buona azione, alla quale non si è obbligati dalla Legge»; vale a dire: l’adempimento, senza amore, del dovere è eticamente più alto della filantropia ispirata dal sentimento —; l’etica puritana potrebbe accettare questa proposizione nella sua essenza così come Kant che era scozzese d’origine, e nella sua educazione subì forti influenze pietiste, si avvicina ad essa, nel risultato, come del resto alcune delle formule del filosofo si riattaccano direttamente a pensieri del Protestantesimo ascetico. Ma su ciò qui non possiamo diffonderci.
Ma l’etica del Talmud affonda nel tradizionalismo orientale: «R. Tanchum ben Chanilai ha detto: l’uomo non cambi mai un uso» (Gemara ad. Mischna, VII, 1, fol. 86 b, n. 93, in WüNSCHE, op. cit. Si tratta del nutrimento dei braccianti); solo di fronte agli estranei questo vincolo non è valido. Ma la concezione puritana della «legalità» come prova e controllo (Bewährung) rispetto a quella ebraica di semplice adempimento di precetti, dette manifestamente motivi molto più forti all’azione positiva. Il concetto che il successo riveli la benedizione di Dio, naturalmente non è estraneo al Giudaismo. Ma il significato etico-religioso radicalmente divergente che quel concetto acquista nel Giudaismo, come conseguenza della doppia etica (esteriore ed interiore), escluse un effetto simile precisamente in questo punto decisivo. Di fronte allo «straniero» era permesso quel che era proibito di fronte al «fratello». E già per questo doveva essere impossibile che il successo chiuso nella sfera non del comandato, bensì del lecito, si affermasse come segno distintivo a riprova del proprio stato religioso, come impulso ad una regola metodica di vita nel senso che aveva invece presso i Puritani.
Su tutto questo problema, che il SOMBART nel suo libro Die Juden und das Wirtschaftsleben, spesso non ha trattato esattamente, v. i saggi sopra citati. I dettagli non hanno pertinenza col nostro argomento. L’etica giudaica, per quanto strano ciò possa sembrare, rimase fortemente tradizionalista. Parimenti non si deve qui ancora trattare a fondo del potente mutamento che la posizione dello spirito di fronte al mondo ebbe a subire a causa della formulazione cristiana dei concetti di «grazia» e di «liberazione», che conteneva e contiene in sé, in modo caratteristico, il germe di sempre nuove possibilità di sviluppo. Sulla «legalità» nel Vecchio Testamento, cfr. per es. anche RITSCHL, Rechtfertitung und Versöhnung, II, p. 265.
Per i Puritani inglesi, gli Ebrei del loro tempo erano i rappresentanti di quel capitalismo rivolto alla guerra, alle forniture e monopoli di Stato, alle speculazioni su nuovi stabilimenti, ai progetti edilizi e finanziari dei principi, che essi aborrivano. In realtà il contrasto, nel suo complesso, colle inevitabili riserve, si può formulare così: che il capitalismo ebraico era un capitalismo speculativo di paria, quello puritano invece, un’organizzazione borghese del lavoro.
g2. La verità della divina Scrittura deriva per Baxter, in ultima istanza, dalla wonderful difference of thè godly and ungodly, dalla diversicà assoluta del renewed man dagli altri e dalla manifesta e specialissima cura di Dio per la salvezza delle anime dei Suoi (che, naturalmente, si può manifestare anche mettendoli alla prova). Christian Dir., I, p. 165, col. 2 marg.
h2. Come esempio caratteristico di questa disposizione si deve leggere in qual modo tortuoso, il BUNYAN, nel quale si può tuttavia trovare talvolta un contatto collo stato d’animo della Libertà di un Cristiano di LUTERO (per es. in Of thè Law and a Christian in W. of thè Pur. Div., p. 254 in fondo), cerchi di conciliarsi colla parabola del Fariseo e del Pubblicano (v. la predica The Pharisee and thè Publican, op. cit., p. 100 e segg). Perché viene condannato il Fariseo? Egli non osserva in realtà i comandamenti di Dio, poiché è manifestamente un settario, che pensa solo a piccolezze esteriori e a cerimonie (p. 107); ma soprattutto si attribuisce da sé il merito e ringrazia, tuttavia, come fanno i Quaccheri, Iddio (abusando del suo nome) per la sua virtù, nel cui valore confida ed oppugna così «implicitamente» l’elezione mediante la grazia. La sua preghiera è pertanto una adorazione della creatura e questo ne è l’elemento peccaminoso. Il pubblicano, invece, come dimostra la sincerità della sua confessione, è interiormente rigenerato poiché, come è detto con un’attenuazione caratteristicamente puritana del sentimento luterano della colpa, to a right and sincere conviction of sin there must be a conviction of thè probability of mercy (p. 209).
i2. Stampato nei Constitutional Documents del GARDINER. Si può porre a parallelo questa lotta contro l’ascesi nemica dell’autorità colla persecuzione di Luigi XIV contro Port-Royal e i Giansenisti.
j2. Il punto di vista di Calvino era essenzialmente più mite, per lo meno riguardo alle più fini forme aristocratiche della gioia di vivere. Solo la Bibbia è limite: chi si attiene ad essa ed ha una buona coscienza non è costretto a guardare con timore e con sospetto ogni impulso a godere la vita. Le spiegazioni a ciò connesse del cap. X della Institutio Christianae Religionis (per es.: nec fugere ea quoque possumus quae videntur oblectationi magis quam necessitati inserviré) avrebbero potuto di per se stesse spalancare la porta ad una pratica molto lassa. Ma qui, insieme coll’ansia crescente per la certitudo salutis, si fece valere tra gli epigoni anche la circostanza —; che esamineremo in altro luogo —; che sul terreno della ecclesia militans i piccoli borghesi furono i rappresentanti dello sviluppo etico del Calvinismo.
k2. TH. Adams, per es. (Works of thè Pur. Div., p. 3), inizia una predica sulle three divine sisters («Ma la carità è la più grande fra di esse»), col paragone che anche Paride aveva offerto il pomo ad Afrodite!
l2. Romanzi e simili non debbono essere letti come «wastetimes» (BAXTER, Christian Directory, I, p. 51, col. 2). è noto l’inaridirsi della lirica e della canzone popolare —; non soltanto del dramma —; in Inghilterra dopo l’epoca elisabettiana. Nelle arti plastiche il Puritanesimo non ha forse trovato dinanzi a sé troppo da comprimere. Ma colpisce la decadenza da una disposizione musicale probabilmente molto buona (la parte dell’Inghilterra nella storia della musica non fu trascurabile) a quello zero assoluto, che in questo campo noi troviamo fra i popoli anglosassoni più tardi ed ancor oggi.
All’infuori delle Chiese di Negri e di quei cantanti professionali, che le Chiese oggi scritturano come attractions (nella Trinity Church di Boston per 8000 dollari all’anno, nel 1904) si sente generalmente anche in America come «canto in comune» uno strillare acuto insopportabile per orecchi tedeschi. (Si hanno parzialmente dei fatti simili anche in Olanda).
m2. Similmente avvenne in Olanda, come mostrano le discussioni nei Sinodi (v. deliberazioni sull’albero di maggio nella collezione di Reitsma, VI, 78, 139 e passim).
n2. è evidente che il «rinascimento del Vecchio Testamento» e l’orientamento pietista verso taluni sentimenti cristiani ostili alla bellezza nell’arte, che risalgono in definitiva al Deutero-Isaia e al 220 salmo, debbano aver contribuito a fare del brutto possibilmente un oggetto d’arte, ma è pure evidente che vi abbia avuto parte anche l’avversione puritana per la divinizzazione delle creature. Ma ogni particolare sembra ancora incerto. Nella Chiesa romana motivi del tutto diversi (demagogici) produssero fenomeni esteriormente affini, ma in ogni caso un risultato artistico del tutto diverso. Chi si ferma dinanzi al «Saul e David» di Rembrandt (nel Mauritshuis) crede di scorgere direttamente il potente influsso del modo di sentire puritano.
La intelligentissima analisi delle influenze della cultura olandese nel volume su Rembrandt di Cari Neumann, potrebbe indicar la misura di quel che ora si può sapere di influenze positive, feconde per l’arte, che si debbono ascrivere al Protestantesimo ascetico.
o2. Per la penetrazione, relativamente minore, dell’etica calvinista nella pratica della vita e l’attenuazione dello spirito ascetico in Olanda già iniziata al principio del XVII secolo (per i congregazionalisti inglesi rifugiati in Olanda nel 1608 l’insufficiente riposo festivo olandese era motivo di scandalo), e compiuta sotto lo Statholder Federico Enrico, e per la minor forza di espansione del Puritanesimo olandese in genere, furono decisive le cause più diverse, che qui non si possono spiegare. Esse erano in parte contenute nella costituzione politica (federazione particolaristica di città e province) e nel molto minore spirito combattivo (la guerra di libertà fu principalmente condotta col denaro di Amsterdam e con soldati di ventura: i predicatori inglesi illustravano la confusione delle lingue di Babilonia coll’esempio dell’esercito olandese). Con ciò la gravità della guerra di religione era per buona parte rigettata su altri, ma al tempo stesso si prendeva alla leggera la partecipazione al potere politico. Al contrario l’esercito di Cromwell, benché fosse in parte coatto, si sentiva come un esercito di cittadini. E tanto più caratteristico è per ciò il fatto che proprio questo esercito accogliesse nel suo programma l’abolizione degli obblighi militari, perché si deve combattere per la gloria di Dio e per una causa riconosciuta buona dalla coscienza, non per i capricci dei principi. La costituzione militare inglese, che secondo i tradizionali concetti tedeschi è immorale, ebbe storicamente, al suo inizio, motivi molto morali, e fu un’esigenza di soldati non mai vinti, che venne posta al servizio degli interessi della Corona solo dopo la restaurazione. Gli schutterijen olandesi, rappresentanti del Calvinismo nell’epoca della grande guerra, si vedono, appena una mezza generazione dopo il Sinodo di Dordrecht, nei quadri di Franz Hals con un contegno molto poco ascetico. Si trovano sempre nuove proteste dei Sinodi contro la loro condotta. Il concetto olandese della Dejtigkeit è un misto di onorabilità borghese razionale e di sentimento di classe patrizio.
La graduazione, secondo le classi sociali, dei posti nelle chiese olandesi mostra ancor oggi il carattere aristocratico di queste istituzioni ecclesiastiche. Il perdurare dell’economia cittadina impediva l’industria. Questa prese uno slancio solo grazie ai profughi e perciò solo temporaneamente. Ma anche in Olanda aveva agito, nello stesso senso che altrove, l’ascesi intramondana del Calvinismo e del Pietismo (anche nel senso, che va pur esso rammentato, di costrizione ascetica al risparmio, come attesta GROEN VAN PRINSTERER, in Handb. d. Gesch. v. h. V., 3a ed., § 303, nota, p. 254). La mancanza quasi completa di letteratura amena nell’Olanda calvinista non è naturalmente un mero caso. (V. sull’Olanda, fra gli altri, BUSKEN HUET, Het land van Rembrandt, trad. tedesca di Von der Ropp). L’importanza della religiosità olandese come «costrizione ascetica al risparmio», appare manifesta ancora nel xvm secolo, per es. nelle descrizioni di Alberto Haller. Per le particolarità caratteristiche del giudizio ascetico olandese ed i loro motivi, cfr., per es., le annotazioni autobiografiche di Costantino Huyghens (scritte nel 1629–31) pubblicate in Oud Holland, 1891. Il già citato lavoro di GROEN VAN PRINSTERER, La Hollande et l’infìuence de Calvin (1864), non offre niente di decisivo per i nostri problemi. La Colonia della Nuova Olanda in America era, socialmente, un dominio mezzo feudale di «patroni» —; commercianti cioè che anticipavano il capitale —; e a differenza di quanto avvenne nella Nuova Inghilterra, fu difficile di indurre la «piccola gente» ad emigrare colà.
p2. Si rammenti questo fatto: l’autorità comunale di Stratford-on-Avon fece chiudere il teatro del luogo, negli ultimi anni di vita di Shakespeare, mentre egli ancora vi soggiornava. L’odio e lo sprezzo di Shakespeare contro i Puritani si manifesta ad ogni occasione. Ancora nel 1777 la città di Birmingham negò il permesso di aprire un teatro, perché incentivo all’ozio e perciò dannoso al commercio (Ashley, p. 196, nota 2, op. cit., pp. 7, 8).
q2. Anche qui è decisivo il fatto che per il Puritano si presentava il dilemma: aut aut: o volontà divina o vanità umana. Perciò, per lui, non potevano esservi ¿SLdfqjopa. Diversamente si poneva, in questo riguardo, Calvino, come già si è detto: è indifferente ciò che si mangia, ciò che si indossa, ecc., purché non ne sia conseguenza rasservimento dell’anima alla potenza della cupidigia. Come presso i Gesuiti la libertà dal «mondo» si esprime in indifferenza, così in Calvino nell’uso indifferente dei beni della terra, senza annettervi alcun senso di cupidigia (cfr. Institutio Christianae religionis, ed orig., p. 409); punto di vista questo che negli effetti stava visibilmente più vicino a quello luterano che al precisismo degli epigoni.
r2. è noto il modo di comportarsi dei Quaccheri in questo rispetto. Ma già al principio del XVII secolo nella comunità degli Esulanti in Amsterdam, durante tutto un decennio, si agitarono le più gravi tempeste a causa dei cappelli e dei vestiti alla moda della moglie di un pastore. (Descritti piacevolmente nel Congregationalism of thè last 300 years, di DEXTER). Già SANFORDntWop. cit. ha accennato al fatto che il taglio dei capelli maschile odierno è quello delle tanto derise Roundheads e il costume maschile dei Puritani, del pari deriso, è essenzialmente simile, per lo meno nel principio fondamentale, a quello odierno.
s2. Su ciò vedi il libro già citato di VEBLEN, The theory of business enterprise.
t2. Noi insistiamo continuamente su questo punto di vista. Con esso si spiegano sentenze come la seguente: Every penny, which is paid upon yourselves and children and friends must be done as by Gods own appointment and to serve and please him. Watch narrowly, or else that thievish carnai self will leave God nothing (BAXTER, op. cit., I, p. 108 in fondo a destra). Questo è l’essenziale: ciò che si dedica a scopi personali, vien sottratto al fine della gloria di Dio.
u2. A ragione si suole rammentare (così, per es., il DOWDENnell’op. cit.) che Cromwell salvò dalla perdita definitiva i cartoni di Raffaello e il «Trionfo di Cesare» di Mantegna. Carlo II invece cercò di venderli. In rapporto alla letteratura nazionale inglese, la società della Restaurazione fu in ugual modo fredda o addirittura avversa. In tutte le corti l’influenza di Versailles era onnipotente. L’analizzare qui l’influenza del distacco dai godimenti irriflessivi della vita quotidiana sui tipi più alti del Puritanesimo, e sugli uomini passati attraverso la sua scuola, è un compito, che in ogni caso non può essere assolto nei limiti di questo studio. WASHINGTON IRVING(Bracebridge Hall, loc. cit.) esprime questo effetto nella terminologia inglese d’uso, dicendo: it (la libertà politica, egli intende, il Puritanesimo, diciamo noi) evinces less play of thè fancy, but more power of imagination.
Basta pensare alla posizione degli Scozzesi nella scienza, nella letteratura, nelle invenzioni tecniche, ed anche nella vita economica dell’Inghilterra, per accorgersi che questa osservazione, formulata forse con un po’ troppo rigore, si avvicina al vero. Dell’importanza (del Puritanesimo) per lo sviluppo della tecnica noi non dobbiamo qui parlare. Questa relazione appare anche nella vita quotidiana: per i Quaccheri, per es., sono (secondo il Barclay) recreations ammesse: le visite agli amici, la lettura di opere storiche, gli esperimenti matematici e fisici, il giardinaggio, la discussione dei fatti economici od altri che avvengono nel mondo. Il motivo è quello del quale si è già trattato.
v2. Molto bene analizzato nel Rembrandt di CARLO NEUMANN, che si deve confrontare colle osservazioni fatte sopra.
w2. Così BAXTER nel passo già cit., I, p. 108, in basso.
x2. Cfr., per es., la nota descrizione del Colonnello’ Hutchinson (spesso citata, per es., in SANFORD, op. cit., p. 57) nella biografia composta dalla vedova. Dopo di aver narrato di tutte le sue virtù cavalleresche e della sua natura incline alla serena gioia di vivere, vi si dice: He was wonderfully neat, cleanly and genteel in his habit, and had a very good fancy in it; but he left off very early thè wearing of anything that was costly. Del tutto simile è l’ideale descritto dal Baxter nel discorso funebre per Mary Hammer, della donna puritana aperta alle idee del mondo e di fine cultura, ma che è economa in due cose; primo nell’uso del tempo, secondo nelle spese per pompe e piaceri (Works of thè Puritan Divines, p. 533).
y2. Mi ricordo molto bene —; insieme con molti altri esempi —; di un industriale, straordinariamente favorito dal successo nella sua vita d’affari, e nella vecchiaia molto ben provvisto, il quale fu indotto solo con grandissima difficoltà a seguire il consiglio del medico di prendere, contro la sua ostinata debolezza digestiva, alcune ostriche ogni giorno. Importanti istituzioni per scopi di beneficenza —; che egli aveva fondato ancora vivente —; e la sua larghezza nel dare mostravano d’altra parte che si trattava esclusivamente di un residuo di quel modo di sentire ascetico, che ritiene per riprovevole moralmente il godimento della proprietà, e non di qualche cosa di affine aH’avarizia.
z2. La separazione dell’officina e dell’ufficio, dell’azienda in generale dall’abitazione privata —; della ditta dal nome —; del capitale dell’azienda dal patrimonio privato, la tendenza di fare dell’azienda (o, per lo meno, dapprincipio, del capitale sociale) un corpus mysticum, agivano tutte in questa direzione. V. il mio studio Handelsgesellschaften im Mittelalter.
a3. Già il SOMBART aveva accennato con esattezza a questo fenomeno caratteristico, nel suo Kapitalismus (iaed.). Vi è solo da osservare che l’accumularsi del capitale ha origine da due cause psicologiche molto diverse. L’efficienza dell’una risale alla più oscura antichità; nelle fondazioni, nelle terre avite, e nei fidecommessi, ecc., si manifesta parimenti, anzi molto più chiara che nella attività analoga, diretta al fine di morire con un gran peso materiale di ricchezze, e soprattutto, al fine di assicurare la consistenza dell’azienda, sia pur ledendo gli interessi personali della maggioranza dei figli coeredi. Si tratta in questi casi, oltreché del desiderio di vivere oltre la morte una vita ideale nella propria creazione, di mantenere lo «splendor familiare», cioè di una ambizione che, per così dire, è attribuita alla allargata personalità del fondatore e che, in ogni modo, serve a scopi fondamentalmente egocentrici. Non così è di quel motivo «borghese» col quale noi qui abbiamo a che fare: in esso il principio dell’ascesi: «tu devi rinunciare», trasformato nella forma positiva e capitalistica: «tu devi guadagnare», sta nella sua irrazionalità puro e semplice dinanzi a noi come una specie di imperativo categorico. Tale motivo era per i Puritani solo la gloria di Dio e il proprio dovere, non la vanità umana, ed oggi lo è il dovere rispetto alla professione. Chi prova diletto nel chiarirsi un concetto fin nelle sue estreme conseguenze, si ricordi di quella teoria di alcuni miliardari americani, che non si debbono lasciare ai figli i miliardi guadagnati, per non privar questi del beneficio morale di dover lavorare e guadagnare da sé: che è tuttora, invero, ridotta ad una bolla di sapone puramente «teorica».
b3. Si deve sempre nuovamente rilevare che questo è, in ultima istanza, il motivo religioso decisivo —; insieme con quelli, puramente ascetici, di mortificazione della carne —; che si manifesta con particolare evidenza presso i Quaccheri.
c3. Il BAXTER (Saints everlasting rest, 12) la rifiuta coi motivi usati dai Gesuiti: al corpo deve essere assicurato quello di cui abbisogna; altrimenti si diventa suoi schiavi.
d3. Questo ideale si trova già chiaro nel Quaccherismo dei primi tempi, come dimostrò già il WEINGARTEN nelle sue Englische Revolutions-Kirchen. Anche le precise dimostrazioni di BARCLAY, op. cit., pp. 519 e segg., e 533, dànno l’idea più precisa di questo fatto. Si debbono evitare: 1) la vanità umana, cioè ogni ostentazione, ogni frivolezza, e l’uso di cose che non hanno uno scopo pratico, o che vengono apprezzate solo a causa della loro rarità (cioè per vanità); 2) l’impiego non coscienzioso della proprietà che consiste in una spesa per i bisogni meno stretti non proporzionata rispetto agli indispensabili bisogni della vita ed alla previdenza per l’avvenire. Il Quacchero era, per così dire, la personificazione della legge economica dell’utilità marginale. Moderate use of thè creature è assolutamente lecito, ma soprattutto si deve fare attenzione alla qualità e solidità delle stoffe, ecc., in quanto ciò non inducesse alla vanity. Cfr. su tutto questo il Morgenblatt für gebildete Leser, 1846, n. 216 e seg. (in particolare Komfort und Solidität der Stoffe bei den Quäkern, cfr. SCHNECKENBURGER, Vorlesungen, p. 96 e segg.).
e3. Si è già detto che noi non entriamo nei nessi dei movimenti religiosi colle singole classi sociali. (Su ciò v. i miei saggi sulla Wirtschafts- ethik der Weltreligioiteti). Ma per accorgerci che, per es., il Baxter, che prevalentemente si è qui utilizzato, non guardava attraverso le lenti della (borghesia» di quei tempi, basta tener presente che anche in lui, nella serie delle professioni accette al Signore, dopo le professioni dotte viene per primo l’agricoltore, poi i marinai, mercanti di panni, librai, sarti, in una grande confusione. Ma i marinai, che vengono citati in modo assai caratteristico, vanno forse intesi tanto come pescatori quanto come naviganti. Diverse sono, sotto questo rispetto, alcune sentenze del Talmud. Cfr., per es., WüNSCHE, Babyl. Talmud, II, i, pp. 20, 21, le sentenze di Rabbi Eleasar (rimaste certamente non senza contraddittori), che hanno tutte il significato che l’attività commerciale è meglio dell’agricoltura. Una via di mezzo si trova, II, 2, p. 68, circa un saggio investimento del capitale: un terzo in possessi terrieri, un terzo in merci, un terzo in denaro liquido.
Per coloro, in cui il desiderio di conoscere le cause non si placa senza un’interpretazione economica (materialistica, come purtroppo ancora si dice), si osservi qui: che io ritengo molto rilevante l’influenza dello sviluppo economico sulla formazione dei concetti religiosi, e più tardi cercherò di esporre come si sono conformati nel nostro caso gli adattamenti e le relazioni reciproche. Ma quei contenuti concettuali religiosi non si possono assolutamente dedurre dall’economia; essi sono —; e qui non sipuò cambiar nulla —; da parte loro i più potenti elementi formativi del «carattere nazionale» e portano in se stessi la loro legge e la loro forza coercitiva. Ed inoltre le differenze più importanti —; come quelle tra il Luteranesimo e il Calvinismo —; in quanto vi agiscono motivi extrareligiosi, hanno cause prevalentemente politiche.
f3. A questo fatto pensa ED. BERNSTEIN, quando nel saggio già citato (pp. 681 e 625) dice: «L’ascesi è una virtù borghese». Le sue considerazioni nell’opera citata sono certamente le prime che abbiano accennato a queste importanti relazioni. Ma il nesso è molto più vasto di quanto egli non supponga. Poiché elemento decisivo non fu il semplice fatto di accumular capitali, ma la trasformazione razionale ascetica di tutta la vita professionale.
g3. er le colonie americane il contrasto fra il Nord puritano, dove la costrizione ascetica al risparmio ebbe per conseguenza una continua disponibilità di capitali che creavano un investimento, e le condizioni del Sud, è già chiaramente messa in rilievo dal Doyle.
h3. DOYLE, The English in America, II, cap. I. L’esistenza di società metallurgiche (1643), di tessiture di panni (1659) per il mercato (e del resto anche la grande fioritura dell’artigianato) nella Nuova Inghilterra, durante la prima generazione dopo la fondazione della colonia, sono, dal punto di vista puramente economico, fuori dalla loro epoca e stanno nel più gran contrasto non solo colle condizioni del Sud, ma anche con quelle di Rhode Island che non era calvinista, ma godeva di completa libertà di coscienza; dove, ancora nel 1686, nonostante il porto eccellente, il rapporto del Governor and Council diceva: The great obstruction concerning trade is thè want of merchants and men of considerable estates amongts us (ARNOLD, History of thè State of Rhode Island, I, p. 490). In realtà non si può porre in dubbio che vi influisse anche l’obbligo di investire sempre nuovamente il capitale risparmiato, cui si era costretti dalla limitazione puritana del consumo. Inoltre vi era anche la parte, che qui non va discussa, della disciplina ecclesiastica.
i3. Il BUSKEN HUET mostra che questi circoli in Olanda rapidamente decaddero (op. cit., II, cap. Ili e IV). Tuttavia GROEN VAN PRINSTERER(Handb. d. Gesch. v. h. V., 3a ed., § 303, nota, p. 254): De Nederlanders verkoopen veel en verbruiken wenig si riferisce ancora al tempo posteriore alla pace di Westfalia.
j3. Per l’Inghilterra una petizione (citata da Ranke, Englische Geschichte, IV, p. 197), presentata da un nobile realista dopo l’ingresso di Carlo II in Londra raccomandava un divieto legale dell’acquisto di terreni da parte del capitale borghese, che doveva così esser costretto a rivolgersi esclusivamente al commercio.
Il ceto dei reggenti olandesi si distinse come «ceto» dal patriziato borghese delle città, mediante l’acquisto di antiche proprietà di cavalieri. (V. il lamento dell’anno 1652, citato in Fruin, Tien jaren uit den tachtjarigen oorlog, che i Reggenti siano rentiers e non più commercianti). Questi circoli in realtà non hanno mai avuto una seria ed interiore convinzione calvinista. Ed il noto desiderio di nobiltà e di titoli in larghi circoli della borghesia olandese nella seconda metà del xvn secolo mostra da solo che almeno per questo periodo si deve accettare con prudenza quella contrapposizione delle condizioni inglesi a quelle olandesi. La strapotenza del denaro ereditato spezzò qui lo spirito ascetico.
k3. Ai forti acquisti dei beni terrieri inglesi da parte del capitale borghese tenne dietro la grande epoca dell’agricoltura inglese.
l3. Landlords anglicani fino a questo secolo si sono non di rado rifiutati di accettare dei non conformisti come fittavoli. (Adesso i due partiti religiosi sono presso a poco della medesima forza, prima i Nonconformisti erano costantemente in minoranza).
m3. Con ragione H. LEVY (nel saggio apparso nell’«Archiv fùr Sozialwissenschaft», 46, p. 605 e segg.) richiama l’attenzione sul fatto che, secondo la disposizione caratteristica, che si può dedurre da numerosi dati, del popolo inglese, questo era piuttosto meno disposto ad accettare un ethos ascetico e virtù borghesi che non altri popoli; una violenta e rude volontà di vivere era ed è, infatti, un tratto fondamentale del suo modo di essere. La potenza della ascesi puritana, al tempo del suo predominio, si mostra appunto nel modo meraviglioso con cui essa temperò nei suoi seguaci questo tratto caratteristico.
n3. Questo contrasto ritorna più e più volte nel libro del Doyle. Nella posizione dei Puritani il motivo religioso ebbe sempre un’influenza decisiva (ma naturalmente non esclusiva). La colonia del Massachusetts (sotto la condotta di Winthrop) era disposta ad ammettere l’immigrazione di gentlemen anche di una famiglia con nobiltà ereditaria, a patto solo che i gentlemen volessero entrare a far parte della Chiesa. Per ossequio alla disciplina ecclesiastica ci si attenne alla colonizzazione chiusa. La colonizzazione del New Hampshire e del Maine fu fatta da grandi commercianti anglicani, che vi stabilirono dei grandi allevamenti di bestiame. Qui vi erano scarsissimi vincoli sociali. Già nel 1632 si muovevano lamentele per la forte avidità di guadagno degli abitanti della Nuova Inghilterra. (V., per es.5 WEEDENS, Economie and social history of New En- gland, I, p. 125).
o3. Questo afferma già PETTY nelYop. cit. e tutte le fonti contemporanee senza eccezione parlano in particolare delle sette puritane, Battisti, Quaccheri, Mennoniti, come di strati in parte privi di mezzi, in parte di piccoli capitalisti, e li contrappongono tanto airaristocrazia dei grandi commercianti quanto agli avventurieri della finanza. Ma da questo strato di piccoli capitalisti appunto, e non dai grandi finanzieri monopolisti, fornitori di stato, finanziatori, imprenditori coloniali, promoters, ecc., provenne quel che fu caratteristico del capitalismo dell’Occidente: l’organizzazione economica borghese del lavoro industriale. (V. per es. UNWIN, Industriai Organization in thè 16.th and centuries, Londra, 1914, p. 196 e seguenti). Che questo contrasto fosse ben noto ai contemporanei si vede nel Discourse concerning Puritans del PARKER (1641), nel quale si afferma anche il contrasto coi progettisti e coi cortigiani.
p3. Sul modo col quale questo fatto si manifestò nella politica della Pennsylvania, e specialmente nella guerra di indipendenza v. SHARPLESS, A Quaker experiment in Government, Philadelphia, 1902.
q3. V. questo passo nella Vita di Wesley, del Southey, cap. 29. Devo l’indicazione di questo passo che non conoscevo, a una lettera inviatami dal prof. Ashley (1913). Ernst Troeltsch, al quale la comunicai a questo fine, l’ha già occasionalmente citato.
r3. Il passo va raccomandato alla lettura di tutti coloro che oggi vogliono essere su questi argomenti più informati ed intelligenti dei capi e dei contemporanei stessi di quei movimenti, i quali, come si vede, sapevano molto bene quel che facevano e quel che arrischiavano. In realtà non è concepibile che da parte di alcuni miei critici si pongano in dubbio, come purtroppo è successo, condizioni di fatto indubitabili e che finora non sono state neanche poste in dubbio da alcuno, e delle quali io ho studiato piuttosto le sole forze interiori. Nessuno nel xvii secolo poneva in dubbio questi nessi. (Cfr. ancora MANLEY, Usury of 6 examined [1669], p. 137).
Oltre agli scrittori moderni già citati, poeti come Enrico Heine e Keats, rappresentanti della scienza come Macaulay, Cunningham, Rogers o scrittori come Matthew Arnold ne hanno parlato come di cosa ovvia. Nella letteratura più recente v. Birmingham Industry and Commerce (1913), dello ASHLEY, che mi espresse il suo completo accordo anche a mezzo di lettera. (Confronta per tutto il problema il saggio di H. Levy, già citato).
s3. Il fatto che precisamente gli stessi rapporti fossero ovvii già per i Puritani dell’epoca classica da nulla vien più chiaramente documentato che dagli argomenti di Mr. Money-Love nel BUNYAN: «Si può diventar religiosi per diventar ricchi, per es. per aumentar la propria clientela», perché è indifferente il motivo per cui si è religiosi (p. 114 dell’edizione Tauchnitz).
t3. Defoe era uno zelante Nonconformista.
u3. Anche lo SPENER(Theologische Bedenken, p. 426 e segg., 429, 432 e segg.) ritiene la professione del commerciante piena di tentazioni e di insidie; ma ad una domanda, risponde: «Io ho piacere quando vedo che l’amico, per quel che riguarda il commercio, non ha dubbi, ma lo considera, come è in realtà, un modo di vita, nel quale si può arrecare molta utilità al genere umano, e si può dunque, secondo la volontà di Dio, praticare la carità». Ciò viene motivato, in altri passi, con maggior precisione mediante argomenti mercantilistici. Se lo Spener, in modo luterano, conformemente alla Ia epistola a Timoteo ed appellandosi a Gesù Siracide (v. sopra), definisce la bramosia di diventar ricco come l’insidia capitale e dice che deve essere assolutamente vinta ed accetta il «punto di vista del sostentamento» (Theolog. Bedenken, III, p. 435), d’altra parte attenua queste affermazioni accennando ai seguaci delle sette che prosperano e che tuttavia vivono religiosamente. Anche per lui la ricchezza, in quanto prodotto di un diligente lavoro professionale, non è sospetta. Il suo punto di vista, in seguito alla influenza luterana, è meno conseguente di quello del Baxter.
v3. BAXTERnelYop. cit., II, p. 16, ammonisce di non impiegare heavy, flegmatik, sluggish, fleshly, slothjul persons come scrvants, e raccomandadi preferire godly servants, non solo perché ungodly servants sarebbero soltanto eye-servants, ma soprattutto perché a truly godly servant will do all your Service in obedience to God, as if God himself had bid him do it. Altri, invece, sono inclini: to make no great matter of conscience of it. Inversamente nei lavoratori è segno di santità non il professare esternamente la religione, ma la conscience to do their duty. Come si vede, l’interesse di Dio e quello del datore di lavoro si confondono insieme in un modo che dà da pensare: anche lo SPENER (Theol. Bed., Ili, p. 272), il quale altrove esorta con premura a riservarsi del tempo per pensare a Dio, presuppone come una cosa naturale che i lavoratori debbono esser paghi del minimo tempo di libertà (anche di domenica). A ragione scrittori inglesi chiamarono gli immigrati protestanti «pionieri del lavoro specializzato». V. anche le prove in H. Levy, Die Grundlagen des ókonomischen Liberalismus, p. 53.
w3. L’analogia tra la predestinazione di taluni uomini, che soltanto secondo le misure umane è ingiusta, e la spartizione dei beni, parimenti ingiusta, ma parimenti voluta da Dio, che era evidentissima, si riscontra, fra gli altri, in HOORNBEEK, op. cit., I, p. 153. Inoltre la miseria è molto spesso sintomo di colpevole pigrizia. Così BAXTER, op. cit., p. 380.
x3. Secondo Th. ADAMS (Works of thè Pur. Div., p. 158), probabilmente Iddio fa rimanere tante persone povere, perché, secondo la sua scienza, non sarebbero fatte per resistere alle tentazioni che la ricchezza porta con sé. Poiché la ricchezza troppo spesso scaccia la religione dall’uomo.
y3. V. H. LEVY, op. cit. La stessa constatazione viene rilevata in ogni descrizione (così Manley per gli Ugonotti).
z3. Un che di simile non manca in Inghilterra. Qui rientra anche quel Pietismo, che, riallacciandosi al Serious cali di Law (1728), predicava la povertà, la castità e —; dapprincipio —; anche l’isolamento dal mondo.
a4. L’attività di Baxter nella comunità di Kidderminster, che al suo arrivo era assolutamente caduta nella degradazione, attività che raggiunse un successo quasi senza esempio nella storia della cura delle anime, è al tempo stesso un esempio tipico del modo in cui l’ascesi educava le masse al lavoro, o per dirla marxisticamente, alla produzione di «plusvalore», e rese così addirittura possibile per la prima volta il loro impiego in rapporti di lavoro capitalistici (industria domestica, tessitura). Questo è, in generale, il rapporto causale. Dal punto di vista di Baxter, egli mise a servizio dei suoi interessi etico-religiosi l’adattamento dei suoi figli spirituali all’ingranaggio capitalistico; dal punto di vista dello sviluppo del capitalismo, questi interessi etico-religiosi entrarono a servizio dello sviluppo dello spirito capitalistico.
b4. Ed ancora un’osservazione: certo è legittimo elevare qualche dubbio sulla misura, con la quale abbia agito, come agente psicologico, la gioia dell’artigiano medioevale per la cosa da lui creata, e della quale si fa tanto parlare. Tuttavia c’era, indubitabilmente, qualche cosa. Ma l’ascesi in ogni modo spogliò il lavoro di quest’attrattiva terrena e profana —; oggi per sempre distrutta dal capitalismo —; e lo indirizzò verso l’aldilà. Il lavoro professionale come tale è voluto da Dio. La impersonalità del lavoro moderno, che se si considera dal punto di vista dell’individuo appare desolata e senza senso, è qui spiegata religiosamente.
Il capitalismo al tempo delle sue origini aveva bisogno di operai, che per ragioni di coscienza si offrissero allo sfruttamento economico. Oggi esso è in sella e può ottenere la loro laboriosità, senza ricorrere a ricompense ultraterrene.
c4. Su questi contrasti e sviluppi, v. H. LEVY nell’opera già citata. La caratteristica e fortissima ostilità dell’opinione pubblica inglese contro i monopoli è sorta storicamente dalla combinazione di una lotta politica contro la Corona —; il Parlamento lungo escluse dal suo seno i monopolisti —;, con motivi etici del Puritanesimo e cogli interessi economici del piccolo e del medio capitalismo in contrasto coi magnati della finanza nel xvn secolo. La Declaration of thè Army, del 2 agosto 1652 ed anche la Petition dei Levellers, del 28 gennaio 1653, oltre all’abolizione delle accise, dazi e imposte indirette, ed all’introduzione di una single tax on estates, richiedono soprattutto free trade, cioè l’abolizione di tutti i limiti monopolistici dell’industria all’interno ed all’esterno come di violazioni dei diritti umani. Similmente anche la «grande rimostranza».
d4. Su questo argomento v. H. LEVY, Oekon. Uberalismus, p. 56.
e4. Che anche gli elementi che qui non sono stati ricondotti alle loro origini religiose —; in ispecie la sentenza: honesty is the best policy (dissertazioni di Franklin sul credito) —; siano di origine puritana è un fatto che rientra in un contesto un po’ diverso. Qui si riprodurrà soltanto la seguente sentenza di G. A. ROWNTREE(Quakerism, past and present, pp. 95–96), sulla quale richiamò la mia attenzione Ed. Bernstein: Is it merely a coincidence, or is it a consequence, that the lofty profession of spirituality made by the Friends has gone hand in hand with shrewdness and tact in the transaction of mundane affairs? Real piety favours the success of a trader by insuring his integrity, and fostering habits of prudence and forethought: important items in obtaining that standing and credit in the commercial world, which are requisite for the steady accumulation of wealth. «Onesto come un ugonotto», era un’espressione proverbiale nel XVII secolo al pari della onestà degli Olandesi, che Sir W. Tempie ammirava, e, un secolo più tardi, di quella degli Inglesi in confronto ai continentali, che non erano passati per questa scuola morale.
f4. Bene analizzato nel Goethe, di BIELSCHOWSKY, cap. 18. Anche il WINDELBAND nella chiusa della sua Blütezeit der deutschen Philosophie (II vol. della Geschichte der neueren Philosophie) ha espresso un pensiero affine anche riguardo allo sviluppo del «cosmos» scientifico.
g4. Saints everlasting resi, cap. XII.
h4. «Questo vecchio coi suoi 75.000 dollari all’anno non potrebbe riposarsi? No! La facciata del suo negozio deve essere allargata fino a 400 piedi di larghezza. Perché? That beast everything - egli dice. La sera, quando la moglie e le figlie fanno una lettura in comune, egli sospira l’ora di andare a dormire; di domenica egli guarda tutti i cinque minuti l’orologio, per vedere quando il giorno finirà. Un’esistenza infelice!». Così il genero (immigrato tedesco) del principale, un dry-good-man di una città dell’Ohio, riassumeva il suo giudizio sul suocero. Giudizio che al vecchio a sua volta sarebbe apparso del tutto inconcepibile e sintomo di tedesca mancanza di energia.
i4. Già questa osservazione - che è rimasta qui inalterata dalla prima ed. - avrebbe dovuto mostrare a Brentano, che io non ho mai posto in dubbio l’importanza autonoma del razionalismo umanistico. Ma che anche l’umanismo non fosse puro razionalismo lo afferma fortemente di nuovo il BORINSKI nelle «Abhandlungen der Münchener Akademie der Wissenschaften», 1919.
j4. Il discorso accademico del v. BELOV(Die Ursachen der Reformation, Friburgo, 1916) non si occupa di questo problema, ma di quello della Riforma in genere, e di Lutero in particolare. Per il tema qui trattato, ed in ispecie per le controversie che si connessero a questo studio, si rinvia allo scritto di HERMELINK, Reformation und Gegenreformation, che tuttavia è dedicato principalmente ad altri problemi.
k4. Poiché il presente saggio ha espressamente rilevato soltanto i rapporti, nei quali è realmente indubitabile un’azione del contenuto religioso della coscienza sulla cultura «materiale», sarebbe stata cosa facile procedere da questi rapporti ad una «costruzione» formale, che deducesse tutti gli elementi caratteristici della cultura moderna dal razionalismo protestante. Ma un simile modo di procedere va lasciato piuttosto a quel tipo di dilettanti, che credono all’unità della psiche sociale e alla sua cc riducibilità» ad una formula. Si osservi ancora soltanto che il periodo dello sviluppo capitalistico che precede l’evoluzione da noi considerata fu dappertutto condizionato anche da influenze cristiane, talune delle quali l’ostacolavano, altre invece lo favorivano. Appartiene ad un capitolo che verrà più tardi, l’esaminare di qual genere esse fossero. Per il resto, se taluni dei più ampi problemi delineati più su possono ancora venir discussi nell’ambito di questa rivista12non è sicuro dato che i problemi di cui questa si occupa. D’altra parte non sono molto incline a scrivere grossi volumi che, come in questo caso, dovrebbero basarsi in grandissima parte su opere (teologiche o storiche) altrui (lascio queste frasi senza cambiarle).
Per la tensione tra l’ideale di vita e la realtà nell’epoca «precapitalistica» prima della Riforma, v. STRIDER, Studien zur Geschichte der kapi-
l4. Io trovo che questa frase e le osservazioni e le note immediatamente precedenti avrebbero dovuto esser sufficienti ad escludere ogni incomprensione su quel che voleva rappresentare questa trattazione, e non trovo, perciò, alcun motivo di fare delle aggiunte. Invece della continuazione immediata, che originariamente avevo in animo di fare secondo il programma suesposto, risolvetti a suo tempo di pubblicare i risultati di studi comparati sulle relazioni nella storia universale tra religione e società, e ciò in parte per motivi casuali, in ispecie per la pubblicazione delle Soziallehren der christlichen Kirchen, del TROELTSCH, il quale esaurì alcuni degli argomenti che io avrei dovuto trattare con una competenza, che io, non teologo, non avrei avuto, ma in parte anche per togliere queste dissertazioni dal loro isolamento e collocarle nel complesso dello sviluppo della cultura. Seguono qui questi saggi. Li precede soltanto un breve scritto 13 volto a chiarire il concetto di setta impiegato qui sopra e insieme a mostrare l’importanza del concetto puritano di Chiesa per lo spirito capitalistico dell’era moderna.
1. Samuel Butler, 1612–1680, poeta satirico inglese. Il suo Hudibras, uno dei più celebri poemi burleschi inglesi, narra di un cavaliere presbiteriano che va in guerra con il suo squire, un indipendente. I due disquisiscono continuamente su questioni religiose e sono coinvolti in una serie di avventure grottesche che ne mettono in luce l’ignoranza, la codardia e la disonestà.
2. Robert Barclay, 1648–1690, apologeta scozzese della Society of Friends (Quaccheri), definisce nei suoi scritti il movimento quacchero contrapponendolo tanto al cattolicesimo quanto al protestantesimo classico. Perseguitato per il suo credo, nei suoi ultimi anni ebbe molta influenza presso Giacomo II.
3. Landlord, grande proprietario terriero percettore di rendite.
4. Farmer, fittavolo.
5. Squirearchy, la classe dei proprietari terrieri.
6. Merry old England, espressione inglese tradizionale per designare l’Inghilterra dei buoni vecchi tempi.
7. Adventurers, avventurieri speculatori.
8. Indentet servants, il termine esatto è indentured servants, da indenture, nome di speciali contratti per servizio all’estero.
9. Edward Dowden, 1843–1913, critico, biografo e poeta irlandese.
10. William Laud, 1573–1645, arcivescovo di Canterbury, favorito e primo ministro di Carlo I con StrafTord, la cui politica fu una delle cause principali della rivolta puritana, in seguito alla quale fu condannato a morte.
11. William Prynne, 1600–1669, pamphlettista puritano inglese, violento oppositore dell’arcivescovo Laud.
12. «Archiv. für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik» dove questo saggio è stato pubblicato per la prima volta. talistichen Organisationsformen, 1914, libro II (anche contro lo scritto di Keller, già citato, utilizzato dal Sombart).
13. Qui non tradotto.