Violet era terrorizzata, ma era fermamente determinata a non darlo a vedere. Quale che fosse l’incredibile proposta che quello strano uomo stava per farle, si preparò ad affrontarla con vero stoicismo. Era quasi ormai allo stremo, e i suoi nervi erano logori e tesi, ma la giovane manteneva il controllo, decisa a non mostrare al proprio rapitore il terrore che provava.
Lui fece un sorriso untuoso e si sistemò sul bordo del letto. Lei era in piedi al centro della stanza.
«Non vuole sedersi, mia cara signorina?», disse l’uomo, guardandola con un’aria sgradevolmente lasciva.
«Grazie», rispose Violet, con il tono di voce più rigido e formale che riuscì a mettere insieme, «ma preferisco stare in piedi.»
«Come vuole», mormorò lui con un’alzata di spalle, «ma quello che ho da dirle potrebbe richiedere un bel po’, e sono sicuro che si stancherà a stare in piedi. È certa che non vuole sedersi? In tutta sincerità, è solo per il suo bene che lo suggerisco. Non c’è alcun secondo fine nel mio consiglio. Glielo posso assicurare.»
Nella sua parlata c’era ancora una piccola, strana traccia di accento straniero, e Violet continuava a chiedersi di quale nazionalità potesse essere. Non riusciva, tuttavia, a prendere una decisione al riguardo… E si disse che in ogni caso la cosa non aveva importanza.
«Se insiste», cedette, «mi siederò. Ma le chiedo, per favore, di essere il più rapido possibile. Non ho alcun desiderio di avere un lungo colloquio.»
Si ritrovò inconsciamente a scivolare nella rigida fraseologia formale, come se sentisse che, tenendolo così a distanza con le parole, sarebbe stata in grado di scongiurare qualsiasi pericolo potesse minacciarla.
«Be’, nemmeno io», ammise l’uomo. «Lo dico molto francamente. Ma temo che ciò che ho da dirle – la proposta che le presenterò – richiederà una certa quantità di spiegazioni, e non potrà essere liquidato in due o tre minuti, come sembra che lei desideri.»
«Mi dica che cosa vuole, e poi se ne vada», pretese Violet imperiosa, e lui sorrise. C’era un po’ più di umorismo nel suo sorriso, ora. Le sembrava, però, che non fosse più tanto cupo e minaccioso come all’inizio del colloquio.
«Come vuole», replicò l’uomo, allargando le mani in un gesto di resa; e poi, senza ulteriori indugi, cominciò a parlare.
«Se ho ben capito», iniziò, «lei è fidanzata e intende sposarsi con il signor Harry Baker.»
«Sì.»
«È… come si suol dire, molto innamorata del giovanotto?»
«Sì.»
«Pensa ancora che sarà rilasciato dalla stupidissima polizia, vero?»
«Sì.»
«E pensa ancora che, quando sarà rilasciato, lo sposerà, non è così?»
«Sì.»
«Non è molto loquace, vero?», le chiese poi, avvicinandosi a lei e sorridendole.
«No», rispose Violet. «E vorrei ricordarle, signore, che non ho richiesto io questo colloquio. Mi è sembrato di capire che lei volesse farmi una sorta di proposta. Non sapevo che intendesse interrogarmi su questioni private che, in fondo, sono interamente affar mio.»
«Altezzosa!», esclamò lui, e ridacchiò forte. «Era necessario», continuò, «che io sapessi certe cose sulla sua vita privata, mia cara signorina Arnell, prima di sottoporle la mia proposta. Spero che capisca che cosa intendo e che non pensi che tutte quelle domande fossero solo studiate insolenze da parte mia.»
«Temo di non capire affatto», protestò Violet con una certa veemenza. «Non ho idea di dove voglia arrivare e, se non mi spiega in fretta che cosa vuole che io faccia, comincerò a pensare che stia semplicemente cercando di sprecare il mio tempo… anche se a quale scopo, non riesco proprio a immaginarlo.»
Di nuovo l’uomo ridacchiò. «Non sto sprecando il suo tempo, mia cara signorina», disse. «Né, del resto, sto sprecando il mio, che immagino sia probabilmente molto più prezioso del suo.»
«Si spieghi, allora, e la smetta di tergiversare in questo modo», disse Violet.
«Lo farò», replicò lui, e fece una pausa. Sembrava trovare la sua misteriosa proposta, quale che fosse, estremamente difficile da esprimere a parole, e Violet si ritrovò a guardare fuori dalla finestra, ammirando le incantevoli sfumature di marrone e oro del paesaggio. Di nuovo si scoprì a chiedersi dove si trovasse esattamente e, quasi senza rendersene conto, espresse il proprio pensiero ad alta voce.
«Mi domando», disse, «se non le dispiacerebbe dirmi dove mi trovo esattamente.»
«Certo, le dirò dove siamo», rispose l’uomo, un po’ a sorpresa. «Siamo nella camera da letto inutilizzata di un piccolo cottage che tengo qui per mio uso personale nei momenti di emergenza.»
«Ma dov’è ‘qui’?», insistette Violet, ostinatamente decisa, ora che era riuscita a convincerlo a parlare dell’argomento, a ottenere una risposta.
«Non ci vedo niente di male», disse lui, tranquillamente, «a dirglielo. Si trova nelle brughiere dello Yorkshire, non molto lontano da Sheffield.»
«Ma è un’incantevole campagna», obiettò Violet, e lui sorrise.
«Il suo è il solito pregiudizio di chi vive nel Sud del Paese, vale a dire pensare che lo Yorkshire sia tutto un’enorme città, sporca e fumosa», ribatté lui. «Sheffield è a meno di venticinque chilometri da qui. Sembra che trovi difficile crederci, dico bene?»
Lei annuì.
«Be’», continuò l’uomo, «se e quando sarà libera, le basterà guardare la cartina dell’Inghilterra su un atlante e cercare una piccola cittadina chiamata Penistone. In questo momento si trova a due o tre chilometri di distanza da lì.»
«Penistone?» Violet pensò a fondo per un istante o due. «Non ne ho mai sentito parlare», aggiunse.
«Non ho mai pensato, nemmeno per un momento, che così fosse», concordò l’uomo. «E probabilmente Penistone non ha sentito parlare di lei.» Ridacchiò di nuovo alla sua piccola, insignificante battuta.
«Ma», disse Violet, «vuole per favore continuare con la spiegazione di questa misteriosa proposta che era così ansioso di sottopormi poco fa?»
«Ah! Nell’eccitazione della nostra piccola discussione geografica, l’avevo quasi dimenticato», rispose lui. «Ma si ricordi, mia cara signorina Arnell, che è stata lei a fuorviarci e a far prendere quella piacevole direzione alla conversazione.»
«Per favore», insistette Violet. «Sono stanca di tutto questo. Mi dica che cosa vuole che faccia.»
«Ancora una o due domande, se non le dispiace», disse l’uomo, e poi, prima che lei avesse il tempo di sollevare obiezioni, continuò frettolosamente: «Ha detto di essere molto innamorata del signor Harry Baker. Ma se lui fosse giudicato colpevole di omicidio, come quasi certamente sarà? Se venisse impiccato? Quali sarebbero allora i suoi sentimenti riguardo al matrimonio, mia cara signorina?»
Violet rabbrividì. Dovette ammettere con se stessa che sembrava fin troppo probabile che Harry sarebbe stato impiccato. Nonostante le scoperte che il signor Fairhurst aveva fatto su sua istigazione, sapeva che le prove contro Harry erano ancora molto forti; e poteva benissimo essere che, anche con l’assistenza del miglior avvocato, non si potesse dimostrare la sua innocenza.
«Non credo che sia minimamente probabile che venga giudicato colpevole», dichiarò coraggiosamente.
«Vedremo, signorina Arnell», rispose il suo rapitore. «Io penso che sia fin troppo probabile, invece. Le argomentazioni che hanno messo in piedi contro di lui sono estremamente solide; ha agito in modo molto sospetto e, una volta che la polizia mette le mani su un sospettato, non è molto disposta a lasciarlo andare.»
«A ogni modo, non vedo quale sia l’utilità di tutta questa discussione su una cosa che, con ogni probabilità, non accadrà mai», obiettò Violet.
«La prenda come una situazione puramente ipotetica, signorina Arnell», la esortò l’uomo. «Le assicuro che il suo atteggiamento nei riguardi di questo argomento è molto importante.»
Violet cercò di non ridere. Nonostante la terribile serietà della sua posizione, il pensiero di discutere della storia d’amore che le aveva dato tanta gioia (e, soprattutto, di parlarne con un uomo che conosceva a malapena, di cui addirittura non sapeva nemmeno il nome) le sembrava follemente assurdo.
«Che cosa vuole sapere?», chiese.
«Semplicemente quale sarebbe la sua visione del matrimonio, se il signor Baker non esistesse», le spiegò l’uomo.
«Se Harry morisse, non avrei alcun desiderio di sposarmi», rispose Violet tranquilla, con dignità. «Lui è l’unico uomo di cui mi sia mai importato profondamente, e suppongo che non amerò mai più nessuno come amo lui.»
«Davvero? È un vero peccato», commentò il rapitore.
«Perché, un peccato?», chiese Violet. «Dopotutto, come ho appena detto, è assolutamente improbabile che venga giudicato colpevole, quindi la domanda su ciò che vorrei fare nel caso morisse, in realtà, non si pone.»
«Ma», disse l’uomo, con tranquillità, «dovrà estromettere il signor Harry Baker dalla sua vita.»
«Estrometterlo dalla mia vita?» Violet scoppiò a ridere. «Mio caro signore, non sa di che cosa sta parlando. Harry e io ci sposeremo nel giro di pochi mesi… Non appena il decoro ce lo permetterà, senza mancare in alcun modo di rispetto alla memoria di mio padre.»
«Vivo o morto», insistette l’uomo, «lei non sposerà Harry Baker.»
«E chi dovrei sposare, se non chiedo troppo?», chiese la ragazza, con una certa alterigia, essendo la sua più una domanda retorica che non una di quelle per le quali viene richiesta o ci si aspetta una risposta.
«Il signor Moses Moss», rispose l’altro; e di nuovo Violet scoppiò a ridere.
«Se il signor Moss fosse l’unico uomo rimasto sulla Terra, verrei sepolta come una vecchia zitella», disse. «Inoltre, perché mai il signor Moss dovrebbe volermi sposare?»
«Non so se il signor Moss abbia mai preso in considerazione l’idea di sposarla», disse il rapitore. «Ma so che lo farà, quando gli ordinerò di farlo.»
«Quando lei gli ordinerà di farlo?»
«Esattamente.»
«Ma che potere ha lei, per dare ordini riguardo alla vita degli altri?», gli chiese Violet, e vide comparire negli occhi dell’uomo il pericoloso luccichio della follia.
«Ho il potere più grande sulla faccia della Terra, mia cara signorina Arnell», rispose lui. «Il potere che nessun uomo o donna osa sfidare o ignorare.»
«E cioè?»
«E cioè il potere del denaro.»
Violet non sapeva se ridere o piangere, ma sentiva ancora di dover discutere con quell’uomo, per quanto ora fosse sicura che era un pazzo.
«Temo che lei non abbia abbastanza denaro per farmi sposare il signor Moss», obiettò. «Non lo sposerei per tutti i soldi del mondo. Le ho già detto che sono profondamente innamorata di Harry Baker e, se non potrò sposare lui, non mi sposerò affatto.»
«Sia come sia», disse l’uomo. «Ora ha una grande forza di volontà… o almeno così crede. Vedremo se un po’ di isolamento servirà a farle cambiare idea.»
«Mi terrà prigioniera qui a tempo indeterminato?», chiese Violet indignata.
«No», rispose l’uomo con un sorriso. «Non la terrò qui a tempo indeterminato, mia cara signorina Arnell. Non posso permettermi di sprecare né il tempo né il denaro necessari a una tale linea d’azione.»
«Allora che cosa succederà, quando si renderà conto che non ho intenzione di cedere alle sue oltraggiose pretese?», chiese Violet. «E lei sa che prima o poi sarà costretto a rendersene conto.»
«Se si dimostrerà così ostinata da rendere evidente che niente la smuoverà, mia cara signorina», rispose l’uomo con un tono dolce almeno quanto le sue parole erano dure, «dovrò disfarmi di lei in altro modo.»
«Che cosa intende?»
«Devo essere più esplicito?»
«Io credo proprio di sì. Non ho la più pallida idea di dove voglia arrivare.»
«Ci pensi bene, signorina Arnell. Credo che se metterà al lavoro quel suo ostinato cervellino, troverà presto la risposta al problema.»
E, detto questo, se ne andò. Uscì svelto dalla porta e la chiuse dietro di sé. Violet sentì la chiave girare nella serratura.
Rimase perfettamente immobile per alcuni minuti, ripercorrendo più e più volte, nella sua mente, il colloquio appena avvenuto. Si disse che naturalmente era abbastanza ovvio a che cosa stesse mirando: ai suoi soldi! E Moses Moss, nonostante ciò che l’uomo aveva detto, era chiaramente coinvolto nell’intera faccenda. Evidentemente aveva falsificato il testamento e, a quanto pareva, aveva fatto ereditare lei con l’idea che l’avrebbe sposata, entrando così in possesso della grande fortuna di suo padre. E, cosa ancora peggiore, Moses Moss e quell’orrore di carceriere senza nome avevano assassinato suo padre e anche il povero, sfortunato dottor Crocker. E avevano pianificato l’intera faccenda in modo da liberarsi di Harry; «incastrandolo» in modo che fosse giudicato colpevole.
Era tutto assolutamente semplice. E se lei non si fosse adeguata ai loro piani, sarebbe stata uccisa a sua volta. La situazione sembrava del tutto senza speranza, e Violet quasi cedette al proprio dolore. Eccola lì, cioè nello Yorkshire, se le informazioni che l’uomo le aveva dato erano corrette (e non sembrava esserci alcun motivo per cui non dovessero esserlo)… E, anche se i detective avessero mai sospettato che fosse stata rapita, non c’era assolutamente nulla che indicasse loro la strada verso quel luogo.
Poi fece un pensiero piacevole. Dopotutto, Henry Fairhurst era dalla sua parte. Non era così stupido come sembrava e aveva promesso di telefonarle per ragguagliarla, quando avesse parlato della questione del testamento falsificato con Shelley.
Avrebbe pensato che qualcosa non andava, quando avesse scoperto che lei non c’era? Avrebbe avuto il buonsenso di tornare subito a Scotland Yard e dire loro che era misteriosamente scomparsa? E i detective sarebbero stati abbastanza abili da rintracciarla?
Violet, ovviamente, non poteva dare risposta a quelle domande; eppure si ritrovò a ripetersele mentalmente ancora e ancora.
Si sentiva stanca. Il lungo colloquio con il suo rapitore era stato più estenuante di quanto non si fosse resa conto mentre parlavano. Pensò che si sarebbe sdraiata sul letto per qualche minuto. Non avrebbe dormito, ovviamente. Sarebbe stato del tutto ridicolo dormire in pieno giorno, in quel modo. Ma era piacevole e riposante, chiudere semplicemente gli occhi per un minuto e rilassarsi… E, nel giro di un minuto, si addormentò.