Blackdown House era un edificio piuttosto imponente. Era una costruzione semplice, in anonima pietra grigia, molto più alta delle altre case della strada, che in confronto sembravano piccolissime, anche se non avevano niente a che fare con i «cottage degli operai» che si potevano trovare nelle strade vicine.
Shelley la guardò con una certa preoccupazione. Aveva portato con sé una pistola automatica, ma preferiva non usarla. E tuttavia non c’era modo di sottrarsi al fatto che l’uomo che stavano cercando era un doppio assassino, che non avrebbe esitato a uccidere di nuovo, se avesse pensato che i suoi fini potessero essere raggiunti al meglio con tali mezzi.
Shelley meditò sul problema per un istante, aggrottando la fronte. Gli altri lo guardavano, impazienti di fare qualcosa, ma in attesa di un’indicazione da parte sua, prima di decidere che cosa potesse essere quel «qualcosa».
«Il modo diretto sembra il migliore», disse alla fine Shelley.
«Va bene, signore», rispose Cunningham, e marciò verso la porta di Blackdown House. Afferrato il vecchio batacchio nodoso, lo batté due o tre volte in modo risoluto contro il legno, suscitando forti rimbombi nella vecchia casa. Poi attesero tutti.
Ma non successe niente. La casa li fissava solenne, come se li sfidasse a fare del loro peggio. Ma di certo non ci fu risposta.
«Chi vive qui, Cartwright?», chiese Shelley. «Per caso lo sai?»
«Sì.»
«Be’, chi è?»
«Un tizio di nome Ramsbottom. Vive qui da molti anni.»
«È spesso via di casa?»
Cartwright scosse tristemente la testa. «Non ho mai saputo che avesse lasciato Penistone in vita sua», rispose.
Shelley rimase deluso. Aveva sperato che quella fosse finalmente la loro meta, ma lo scenario, all’inizio abbastanza promettente, assunse improvvisamente un aspetto più sinistro. Era possibile che avessero preso una cantonata, dopotutto. Cercò di non essere troppo pessimista sull’intera faccenda, ma invano. Poi, piuttosto all’improvviso, gli venne un altro pensiero.
«Ha la barba?», chiese.
«Sì», rispose Cartwright, e il cuore di Shelley tornò a cantare.
«Riprova, Cunningham», ordinò, e Cunningham obbedì. Rilasciò una perfetta raffica di colpi, svegliando ogni angolo dell’edificio, fino a quando le casalinghe di altre case in fondo alla strada non spalancarono le porte e non sporsero curiose il naso dalle finestre delle camere da letto per vedere che cosa stesse succedendo. Di nuovo non ci fu alcuna risposta. La casa avrebbe potuto essere una dimora di morte.
«Ancora una volta», disse Shelley cupo, e Cunningham obbedì volentieri.
Questa volta ci fu una qualche reazione. Shelley stava osservando la misteriosa casa con grande attenzione, e vide la persiana di una finestra tremare, in una delle stanze del piano superiore. Fu un movimento impercettibile, e a un occhio meno attento sarebbe senza dubbio sfuggito. Ma non a Shelley. A lui non sfuggiva nulla.
«C’è qualcuno dentro», annunciò. «Guarda quella persiana lassù, Cunningham. Eccola di nuovo!» Ed effettivamente la persiana era stata sollevata di una piccolissima frazione di centimetro, come se qualcuno dentro avesse cercato di sbirciare fuori per vedere chi stesse disturbando la pace di quella strada ancora assonnata.
«Bussa di nuovo, Cunningham», ordinò, «e continua a bussare fino a quando non avrai risposta. È l’unico modo per arrivare da qualche parte. Chiunque sia, si nasconde in modo misterioso, per la miseria. Tuttavia, non voglio abbattere la porta, se posso evitarlo. In fondo, l’uomo potrebbe essere innocente. Questo potrebbe non essere il posto che stiamo cercando, e non vogliamo renderci ridicoli fino a quel punto, giusto?»
Cunningham afferrò deciso il batacchio della porta, fece un respiro profondo e martellò senza pietà per un mezzo minuto intero. Poi si fermò a prendere respiro, afferrò di nuovo il batacchio e si preparò a riprendere il diabolico frastuono. Non capitava spesso di avere la possibilità, nel bel mezzo di un caso difficile, di scaricare la tensione in quel modo, e Cunningham era fermamente deciso a sfruttare al meglio l’opportunità finché durava. Ma non sarebbe durata ancora a lungo. Prima che avesse la possibilità di ricominciare a bussare, Shelley lo fermò con un cenno imperioso della mano.
«Penso che stia aprendo la finestra», disse. E, come al solito, Shelley aveva ragione.
La finestra della stanza al piano superiore, la stanza dove avevano precedentemente visto tremare la persiana, si aprì lentamente. Alzarono lo sguardo, chiedendosi che cosa avrebbero trovato. Una testa guardò fuori, e una voce incerta chiese: «Che cos’è tutto quel baccano, lì sotto?»
Shelley guardò il volto comparso alla finestra. Subito fu costretto ad ammettere che, a meno che quello non fosse il più geniale dei travestimenti, non poteva essere l’uomo che cercavano. L’uomo che li guardava, con gli occhi strizzati nel difficile compito di metterli a fuoco, era vecchio, incredibilmente vecchio. Il suo viso era un ammasso di rughe e la sua barba era di un bianco sporco. Shelley non poteva, da quella distanza e quella posizione, vedere come fosse vestito il vecchio, ma la parte visibile sembrava essere il colletto di una vecchia camicia da notte molto sporca.
L’ispettore si maledisse per non aver pensato di chiedere a Cartwright il colore della barba del vecchio. Così avrebbe potuto essere preparato per quello shock. Comunque, meglio tardi che mai, così si rivolse a Cartwright con un sorriso un po’ imbarazzato.
«È quello il signor Ramsbottom?», gli chiese piano.
«Sì», rispose Cartwright, e Shelley gemette. Sembrava che fossero sulla pista sbagliata, dopotutto, perché certamente quel vecchio dinosauro non era l’uomo che cercavano. Tuttavia, c’era la vaga possibilità che il loro nemico fosse nascosto da qualche parte in casa, quindi dovevano fare una sorta di tentativo di entrare.
«Siamo della polizia», gridò. «Diamo la caccia a un prigioniero evaso.»
«Eh?» Il vecchio sembrava essere piuttosto sordo.
Quando Shelley ripeté la sua richiesta, comunque, il signor Ramsbottom sembrò capire dove volessero arrivare. In ogni caso acconsentì e promise di scendere e farli entrare. Poi sbatté la finestra con un tonfo violento, e loro si prepararono, il più pazientemente possibile, a un’altra attesa, che, a dire il vero, sembrò ancora più lunga della precedente, perché allora, almeno, avevano l’interesse attivo di bussare e guardare per vedere se i colpi avrebbero suscitato qualche risposta.
Alla fine, comunque, il vecchio aprì loro la porta e, brontolando a bassa voce contro le persone che disturbavano i pacifici cittadini nel cuore della notte, li fece entrare in casa.
Come Shelley aveva immaginato, portava una lunga camicia da notte che un tempo doveva essere stata color crema, con delle strisce di qualche colore più scuro, ma che ora, in seguito ai numerosi lavaggi a intervalli poco frequenti, si era trasformata in una sorta di grigio indefinito.
«Suvvia, che cos’è che volete, ragazzi?», chiese, non appena raggiunsero il salotto, ricolmo della più incredibile accozzaglia di cianfrusaglie vittoriane. «Vecchia spazzatura», fu il commento che Shelley fece mentalmente, ma si assicurò di non lasciar trapelare il suo disgusto.
Procedette a spiegare: «È fuggito un pericoloso criminale, signore», disse, «e abbiamo motivo di credere che abbia cercato rifugio in casa sua. Vorremmo che ci permettesse di perquisire l’edificio, in modo da poterlo catturare oppure assicurarci che non sia qui.»
«Eh, ma è una pessima notizia», commentò il vecchio. «Ma come fate a sapere che è in questa casa?»
«Non lo sappiamo con certezza», gli spiegò paziente Shelley. «È solo un sospetto. Ma, vede, i sospetti, in genere, sono le uniche cose su cui possiamo fare affidamento, nel nostro lavoro.»
Il vecchio li guardò con un occhio non privo di astuzia, nonostante l’età avanzata, e poi disse: «Ma se c’è un criminale in questa casa, ragazzi, come pensate che sia entrato? Rispondetemi».
«In qualunque modo», replicò Shelley, sentendosi decisamente a disagio, e sospettando che il vecchio stesse avendo la meglio, in quella discussione, e potesse benissimo continuare a parlare e fare inutili obiezioni semplicemente per guadagnare tempo e permettere al criminale di fuggire. Tuttavia, avevano lasciato l’agente che aveva guidato l’auto davanti alla casa, e avevano mandato Cartwright di guardia sul retro. Quindi potevano stare tranquilli, in quel senso.
«Per esempio?», insistette il signor Ramsbottom. «Mi faccia solo un esempio, e poi cercherò di dirle che cosa penso di tutta questa storia.»
«C’è la porta d’ingresso», iniziò a dire Shelley, ma il vecchio parò immediatamente il colpo. Rise con una gioia indicibile.
«La porta d’ingresso che chiudo a chiave e con la sbarra ogni notte», disse. «E che era chiusa a chiave e sbarrata quando sono sceso solo pochi minuti fa per farvi entrare. Di questo può star sicuro, signor poliziotto. Nessun ladro è entrato in questa casa dalla porta d’ingresso, né ieri sera né qualsiasi altra notte.»
«D’accordo», rispose brusco Shelley, maledicendo se stesso per aver suggerito una cosa tanto ridicola. «Be’, che mi dice della porta sul retro? Suppongo che una casa di queste dimensioni debba avere una porta sul retro da qualche parte.»
Il vecchio rise di nuovo. «Chiusa allo stesso modo», spiegò. «Ho dato un’occhiata, solo per essere sicuro, proprio ora, prima di farvi entrare.»
«Be’, dalle finestre, allora», suggerì Shelley disperato. «Ci sono così tanti modi in cui potrebbe essere entrato, che sarebbe tutto più veloce se ci permettesse di dare una rapida occhiata in giro, anziché dover prendere in considerazione tutte le possibilità con lei.»
«Va bene, allora», cedette il signor Ramsbottom. «Se volete guardarvi un po’ attorno, fate pure. Ma non si aspetti che io venga con voi. Morirei di freddo, se me ne andassi in giro per questa vecchia baracca di casa in camicia da notte.»
«Va bene, signor Ramsbottom», rispose Shelley, con un certo sollievo. «Ce la caveremo da soli. Solo una cosa, però: c’è qualcun altro in casa? Non vorremmo finire nella camera da letto di qualcuno, provocandogli un terribile spavento.»
Di nuovo quella pazza risata risuonò nelle loro orecchie.
«Eh, è tutto a posto, ragazzi», li rassicurò Ramsbottom. «Non c’è nessuno in casa a parte me. Ho vissuto qui da solo per quasi vent’anni, e suppongo che continuerò a vivere qui da solo fino a quando morirò.»
«Bene», concluse Shelley, e poi procedette a dividere il gruppetto. «Tu stai al piano terra, Cunningham», disse, «e tieni il signor Fairhurst con te.»
Henry era stato stranamente silenzioso, durante tutta la discussione, ma a questo punto si fece chiaramente recalcitrante.
«Ispettore Shelley», protestò, «credo che dovrebbe permettermi di venire con lei.»
«Signor Fairhurst», rispose severo Shelley, «lei farà quello che le dico io. È già abbastanza brutto avere con noi un estraneo, mentre siamo impegnati a inseguire un uomo tanto pericoloso. Il minimo che possa fare è assicurarmi che rimanga, per quanto possibile, lontano dal pericolo.»
«Ma, ispettore Shelley…», iniziò a lamentarsi Henry, e Shelley lo zittì con un gesto perentorio.
«Un’altra parola, signor Fairhurst, e le ordinerò di uscire da questa casa», minacciò. «Ho già avuto abbastanza discussioni, in questo caso. D’ora in poi lo gestirò a modo mio.»
Henry scrollò le spalle in muta acquiescenza. A quanto pareva, non c’era nient’altro da dire. Shelley aveva una personalità forte, e quando decideva di affermare la propria volontà in quel modo, nessuno (e meno di tutti il mite e docile Henry Fairhurst) osava fare opposizione a lungo.
«Io vado al piano di sopra», annunciò Shelley. «Se sparo con questa», continuò, sollevando l’automatica, «voglio che tu, Cunningham, salga il più velocemente possibile. Significherà che ho messo alle strette il nostro uomo.»
«E io che cosa faccio?», chiese Henry lamentoso.
«Lei, signor Fairhurst», annunciò Shelley, «resterà qui qualunque cosa accada. Spero di averlo chiarito alla perfezione: qualunque cosa accada. Ha capito esattamente che cosa intendo?»
«Sì», rispose Henry, e sospirò a fondo. Nonostante la sua ambizione di diventare un vero investigatore, sembrava che, quando accadeva qualcosa di veramente eccitante, fosse costretto a togliersi di mezzo.
«Bene», continuò Shelley. «Spero che sia tutto chiaro. Augurami buona caccia, Cunningham. Tra poco avremo il signor Wallace sotto chiave.»
«Buona fortuna, signore», disse Cunningham, e Shelley, con la sua automatica ben salda nella mano destra, si diresse verso la scala, che si diramava dal fondo dell’atrio.
In cima alla prima rampa, si fermò. Per tutta la lunghezza della casa correva un lungo corridoio, su cui si aprivano sei porte, ognuna delle quali poteva nascondere l’assassino. Dare la caccia a un uomo in quelle condizioni era un lavoro delicato, ma Shelley l’aveva già fatto ed era più che pronto a fare del suo meglio anche in quell’occasione.
Aprì la prima porta e trovò una stanza vuota, con il pavimento nudo, le pareti trasandate e scrostate, e un soffitto sporco. Evidentemente il signor Ramsbottom, vivendo da solo in quel grande casermone, non aveva cercato di utilizzarlo tutto o di arredare tutte le camere. Era chiaro che preferiva vivere in poche stanze, lasciando le altre in quello stato: vuote, disordinate e sporche.
Tuttavia, questo semplificava il compito di Shelley. Tre delle sei camere su quel piano erano completamente disabitate, e il loro tetro abbandono contribuiva all’effetto inquietante che la casa sembrava avere sulla mente di Shelley. Pur non essendo mai stato un uomo molto suscettibile, quando i suoi piedi risvegliarono antichi echi sulle tavole ruvide della terza stanza, Shelley si ritrovò a rabbrividire. Quante altre stanze come quella avrebbe trovato, ancora?
Le altre, però, erano diverse. La prima era una camera da letto… o meglio, lo era stata in un passato più o meno remoto. Il letto, la toeletta, il portacatino vecchio stile, erano tutti ricoperti da spettrali fodere antipolvere. Le ragnatele pendevano dagli angoli dei soffitti riccamente decorati. Dovevano essere anni che in quella stanza non stava più nessuno.
E lo stesso valeva per le due successive. Una era stata un tempo una sala da biliardo, ma i bordi imbottiti dell’antico tavolo da biliardo erano ormai duri come mattoni. La terza era un salotto di qualche tipo, ma anche lì c’era la stessa atmosfera di morte.
Tremando suo malgrado, Shelley uscì dall’ultima camera, tornò sui propri passi fino alla scala e gridò verso il basso: «Hai avuto fortuna, Cunningham?» Sapeva quale sarebbe stata la risposta, prima ancora che gli arrivasse la voce stentorea di Cunningham dal piano sottostante.
«No, signore, non c’è traccia di anima viva da nessuna parte. Credo che siamo sulla pista sbagliata.»
«Lo credo anch’io», rispose Shelley. «Non c’è nessuno al primo piano. Tuttavia, devo dare un’occhiata al piano di sopra, giusto per essere sicuri.»
«Sissignore», rispose allegramente Cunningham. «Io resterò qui.»
«Non credo che aspetterai a lungo», commentò Shelley. E aveva ragione. L’ultimo piano era più o meno una copia del precedente, tranne per il fatto che c’erano due locali dall’aria vissuta: la camera da letto da cui il vecchio signor Ramsbottom li aveva guardati poco prima, e un’altra stanza, che sembrava essere salotto, sala da pranzo e cucina tutto in uno.
Ma Shelley non riuscì a trovare da nessuna parte, in casa, una qualsiasi traccia che qualcuno vivesse lì, a parte il signor Ramsbottom stesso. Era tutto molto scoraggiante, ma non era la prima volta che Shelley era stato portato fuori strada da un falso indizio, e scese le scale di umore abbastanza buono. Dopotutto, era assolutamente possibile che il criminale si trovasse nell’altro luogo che Cartwright aveva menzionato… Era Blackthorn Farm? E quella era chiaramente la loro prossima tappa.
«Niente da fare, signor Ramsbottom», disse Shelley al vecchio, tornando al piano terra. «Credo si sia trattato di un falso allarme, dopotutto. Dovremo cercare il nostro criminale altrove.»
Per l’ultima volta il vecchio emise la sua inquietante risata. «Non ho mai pensato che lo avreste trovato qui, ragazzo mio», disse.
«Perché no?», chiese Shelley, mentre si dirigeva verso la porta d’ingresso.
«Perché tutti a Penistone sanno che il vecchio Jim Ramsbottom non ha denaro», spiegò il vecchio. «E quello che quei criminali cercano è il denaro, sempre.»
«Questo è vero nella maggior parte dei casi, signor Ramsbottom», ammise Shelley, «ma non in questo.»
«No?»
«No. Vede, quest’uomo stava scappando dalla polizia. E un uomo che sta scappando dalla polizia va ovunque pensi di essere al sicuro.»
«Sì, ha ragione», concordò il vecchio.
«Be’, gente», disse Shelley, mentre risalivano sull’auto della polizia, «immagino che ora tenteremo la fortuna a Blackthorn Farm.»
«Sì», rispose Cartwright.
«Dove si trova?», chiese Shelley.
«È questione di quattro o cinque chilometri fuori dal paese», spiegò Cartwright.
«È questione di cinque o sei minuti, allora», replicò Shelley, con un sorriso, e si accomodò per godersi il paesaggio.