È strano come certe semplici suggestioni entrino in testa e continuino a girare in tondo fino a stabilire delle associazioni d’idee. Ero a qualche isolato da Sansom Street e continuavo a ripetermi: «L’America è un paese meraviglioso». Aveva tutta l’aria di essere una grande scoperta, qualcosa a cui nessuno aveva mai pensato prima. Ma credo che soprattutto intendessi: Wyn è un ragazzo meraviglioso.
Credo che non ci rendiamo abbastanza conto della bellezza, ecco qual è il nostro problema. Durante quella camminata di cinque minuti verso l’ufficio mi sentii spirituale come mai prima. Anche un semplice baracchino di ciambelle fritte sulla Ninth Street poteva essere magnifico; c’era uno chef che mischiava la pastella, e io mi chiesi se sapesse molte cose, se ci fosse una donna che lo amava, e se provasse un senso di dignitosa emozione quando le frittelle cominciavano a farsi dorate, croccanti, trasudanti diabete. Santo Dio, è una gran bella cosa che le donne non mostrino spesso che effetti produce su di loro l’amore. Devono essere fatte apposta per quello, equipaggiate di tutto punto. Tuttora mi chiedo se quei tre giorni siano realmente accaduti. Quando vi viene un dubbio del genere, allora vuol dire che ne è valsa davvero la pena. Qualunque spiacevole banalità di cui non ci si stupisce si sa fin troppo bene che è accaduta.
Una ragazza deve essere sempre pronta a un cambiamento di ritmo. A volte mi viene da pensare che gli uomini non siano capaci di passare da una marcia all’altra altrettanto velocemente. Ricordo sempre quando gli uomini pensavano di dover essere duri e spregiudicati, poi il mercato fece un bel tonfo e dall’oggi al domani le donne dovettero diventare riservate e soffici, per attutire i padri lavoratori. Quando qualcosa va storto in città, ci si aspetta che le signore siano capaci di raddrizzarlo, dopo aver preparato la cena.
Ma ora sto pensando a un diverso tipo di cambiamento. Voglio dire, intendo che occorre cambiare scenario, passando da Pocono al caos in quell’ufficio. Bill e Parry si stavano ancora riprendendo da un weekend di football e un mucchio di artisti, tipografi e aspiranti giornalisti affollavano lo spazio in cerca di guadagni. «Per l’amor del cielo, Kitty» si lamentavano «dov’è Wyn? È irraggiungibile al telefono, la cartiera dice che dobbiamo fare delle altre ordinazioni, e non sappiamo se la rivista sta andando avanti oppure no».
«Wyn è andato a Princeton per una riunione» dissi io. Immaginavo che avrebbe chiarito ogni cosa.
«Balle» risposero. «Non ci sono riunioni in questo periodo dell’anno».
«Si tratta di una riunione molto ristretta; è solo per chi ha ottenuto il massimo dei voti al college».
Riuscivo sempre a intimorirli, perché non capivano mai se li stessi prendendo in giro oppure no. Le ragazze della Main Line, a cui Bill e Parry erano abituati, spendevano talmente tanto tempo ed energie in vestiti e roba del genere da non aver mai imparato a dissimulare delle informazioni. Le gazzelle dell’Assembly sanno che sono destinate a qualcuno della loro stessa specie, e allora perché perdere tempo correndo e fintando? Bill e Parry mi fanno sempre pensare in termini sportivi, ovvero in termini che possano comprendere se ci si dà la pena di spiegarglieli.
Pubblicammo quattro numeri del Philly. Ci eravamo impegnati a far uscire un numero speciale per il Ringraziamento e per la partita Penn-Cornell. A dire la verità, vendemmo un gran numero di copie di quel numero. La gente si mise ad arraffarlo al Franklin Field, e si mostrò molto utile come coprisedile quando iniziò a piovere. L’inchiostro non era ancora asciutto, e le copie si appiccicarono sia alle sedioline dello stadio sia ai fondoschiena del pubblico. Quando ce ne andammo, c’erano pezzi della nostra magnifica sovraccoperta pubblicitaria per tutta la gradinata, e la scritta Camel era ben impressa su parecchi didietro dell’alta società.
Noi avevamo dei posti in tribuna stampa. Ero grata di non aver dovuto fare la commedia con tutti i pezzi da novanta che avrebbero pullulato intorno a Wyn se ci fossimo seduti tra i suoi amici. Mi trovavo bene in mezzo ai giornalisti; anche dopo aver iniziato a firmare i loro articoli o essere entrati in un sindacato, sapevano sempre di cosa parlava la gente e non avevano bisogno di tante spiegazioni. Dopo la partita, Wyn volle portarmi a Darby Mill. Aveva già pianificato tutto; ci sarebbe stata una festicciola a casa, e avevo anche ricevuto un bigliettino da sua madre. Naturalmente avevo intuito che non era una buona idea, emergeva persino dalla scrittura febbricitante dell’invito, ma Wyn non avrebbe accettato un no come risposta.
Fu un grande errore. Naturalmente Wyn aveva fatto quello che avrebbe fatto qualsiasi uomo: si era raccomandato con tutti di essere molto gentili con me, e tutti furono così gentili che mi venne una gran voglia di cavar loro gli occhi. Ero l’unico pesce fuor d’acqua. Quella gente, se solo si fosse soffermata a pensarci su, avrebbe ritenuto che Ben Franklin fosse ancora un ragazzo che veniva dalla parte sbagliata della strada, e lo stesso avrebbero pensato di me. Qualcuno mi chiese se fossi una degli Iglehart Foyle di Baltimora o dei Saltonstall Foyle di Prides Crossing. Risposi che nessuno si era mai “inorgoglito”, nella mia famiglia, tranne il mio vecchio genitore quando era sceso in campo contro il Merion C.C. La colpa fu di Wyn, che aveva cercato di facilitare le cose facendo bere a tutti troppi old fashioned. Ma fu anche d’aiuto, perché il buon vecchio Rosey Rittenhouse spostò la conversazione sul cricket, augurandosi di convincere un maggior numero di ragazze a mostrare un po’ più d’interesse in merito a quel gioco. Dopo alcuni bicchierini, organizzarono una partita di cricket in casa, nella palestra.
Che posto delizioso che era, anche sotto quel temporale, nel giorno del Ringraziamento! Quando vidi il vecchio furgone di Wyn sotto la rimessa gli chiesi di portarmi a casa. Naturalmente non voleva, né avrebbe potuto. Ci si aspettava che dormissi lì, e dovetti rassegnarmi. «Mi auguro che riposi bene» mi disse la signora Strafford «vuole che venga la cameriera a spogliarla?». Santo Dio, arrossii come un papavero. C’è una sola persona qui, avrei voluto dire, che può spogliarmi. Wyn mi vide arrossire – per tutta la sera non mi aveva mai tolto gli occhi di dosso, Dio lo benedica – e si avvicinò per sapere che cosa stesse succedendo.
«Non si preoccupi della sveglia, domani mattina» continuò la signora Strafford «dormiamo tutti fino a tardi».
«Ma io devo andare in ufficio» risposi. «Lo stiamo chiudendo, e voglio lasciare tutto in ordine».
«Oh, sono così contenta che Wyn non si occupi più di quell’odiosa rivista» disse lei. «Non credo che Philadelphia apprezzi molto quel genere di persiflage».
Una di noi due doveva aver pronunciato questa parola in modo sbagliato fino a quel momento.
“Sappiamo anche troppo che non lo apprezza” ebbi una gran voglia di dirle, ma grazie al cielo K.F. sapeva trattenersi.
«Non so che cosa farei senza Kitty» disse Wyn, cercando di venire in mio aiuto. «Anzi, senza di lei non faccio. Forse verrà ad aiutarmi in banca».
«Ma io vado a Chicago» risposi inaspettatamente. Non avevo pianificato di dirlo. Un paio di giorni prima avevo ricevuto una lettera di Molly. Poi, bruscamente, vidi quello che sarebbe successo dopo. Wyn restò di stucco, e negli occhi della signora Strafford vidi un lampo di gratitudine. Povera signora, non faceva che usare i segnali che le avevano insegnato ma capii che, in fondo, mi rispettava, e che le sarebbe piaciuto avermi intorno se fosse stato ammissibile.
«Oh, molto interessante» disse. «Ha delle conoscenze a Chicago? Noi abbiamo degli amici simpaticissimi a Lake Forest».
«La mia migliore amica lavora da Palmer» risposi «nel reparto arredi».
«Le ragazze moderne sono così coraggiose! È straordinario, non è vero? Sono piene d’iniziativa».
Mi voltai a osservare le ragazze moderne e piene d’iniziativa lì presenti. Mostravano molto le ginocchia, buttate com’erano sui sofà con brandy e soda e i vari membri del Racquet Club; giocavano a ping-pong nella sala giochi, o a una specie di scacchi per bambini che chiamavano b’gammon. Io sentii una gran nostalgia di un bello schedario, da qualche parte.
Wyn era visibilmente preoccupato, voleva prendermi da parte e parlarmi, ma suo padre m’invitò ad andare ad ammirare le sue prime edizioni e io lo seguii. Credo che sia stata l’unica volta in cui ho realmente tormentato Wyn, ma ce l’avevo con lui per avermi portata a casa sua contro la mia volontà. Sgattaiolai verso la mia camera, lasciandomi dietro Wyn che gemeva mentre correvo su per le scale. E sapevo che le mie gambe erano belle in quel momento.
Fui davvero perfida. Mi chiusi dentro, a chiave, e sentii qualcuno picchiettare contro la porta nel cuore della notte; mi voltai e mi nascosi sotto le coperte perché non mi sentisse piangere. Wyn, amore mio, sapevi quanto ti volessi?
Fu più che sufficiente. Molly mi aveva scritto invitandomi ad andare a trovarla; era molto eccitata per il suo nuovo lavoro da Palmer, e io avrei sempre potuto farla arrabbiare definendolo il John Wanamaker del Midwest. Divideva una camera con Pat Kenzie, e mi avrebbero preparato una brandina. Papà stava abbastanza bene, e poi lo zio e la zia insistevano perché andassi a trovarli…
Avevo bisogno di riflettere. Il mondo, per com’è fatto ora, porta gli innamorati a un’intimità così stretta che ognuno finisce per assimilare lo stile dell’altro. Voglio dire: telefono, taxi, telegrammi, fioristi che consegnano mazzi di fiori ovunque; si è sempre in contatto. Wyn una volta disse che la ragione per cui non si compongono più tanti sonetti di qualità, se non, forse, qualcuno scritto dalle donne, è perché l’innamorato può quasi sempre telefonare alla sua bella e dirle direttamente quello che sente. Dovetti dirgli di smettere di mandarmi fiori a casa, perché non potevo sempre fingere che fossero per il vecchio e non volevo che papà si insospettisse. Era quasi sempre immerso in una specie di torpore, ed era meglio che continuasse così. Naturalmente Myrtle aveva capito che c’era qualcosa nell’aria, e io le raccontai tutto. Non si può mentire ai neri, sono ricettivi a tutto ciò che è sincero.
«Cara» mi disse «non mi dici niente di sbalorditivo. Quando ti vedo scendere la mattina dalla tua stanza con un’aria così femminile, so bene che non è perché abbiamo scrapple a colazione. Ma non lasciarti incantare, nessuno è troppo per Kitty».
Wyn e io andammo a Jersey una sera: avevamo tante cose da dirci e naturalmente non ci riuscimmo. Mi propose di andare a lavorare in banca con lui, ma l’idea non mi piaceva. C’era anche un’altra ragione che mi spingeva a partire. Wyn mi stava assillando perché mi voleva portare all’Assembly, come sua partner. Non so come pensava che potesse funzionare. Anche se ne avesse parlato direttamente al comitato femminile, non avrebbe provocato altro che guai. Non si possono fare certe cose all’Assembly di Philadelphia, neppure se si è Wyn Strafford; non si sono più fatte dai tempi di Benedict Arnold, senza contare che avrebbe significato torturare sua madre, che ovviamente faceva parte del comitato.
Cercai di spiegarlo a Wyn ma non volle sentire ragioni, fin quando non gli feci considerare la cosa dal mio punto di vista. Dissi: «Sei veramente molto egoista, anche se non te ne accorgi. Vuoi fare un gesto di sfida e servirti di me come di un’arma». Immagino che molti uomini si sarebbero arrabbiati, ma lui si comportò molto bene. «Non ci avevo mai pensato» rispose. Fu tutto ciò che disse. «Senti, caro» aggiunsi «la sala da ballo del Bellevue non è stata concepita per dei gesti di sfida; e neppure tu».
Sistemammo tutti i conti della rivista e chiudemmo l’ufficio. Wyn mi aveva dato una buonuscita di 100 dollari oltre lo stipendio e non ci trovai niente di male ad accettarla. Sapevo che gli avrei dato un dispiacere se avessi rifiutato. Quei soldi li usai per comprarmi degli abiti, ma Wyn era convinto che la mia idea di Chicago fosse solo un capriccio. Pensava che sarebbe stato molto carino partire per una vacanza, lui e io, in South Carolina, e la cosa mi fece ridere di cuore. Mi misi d’accordo con Myrtle perché restasse a Griscom Street anche la notte, e partii senza neppure avvertirlo.
Appena mi fui sistemata nel vagone, iniziai a scrivergli una lunga lettera. Ricordo che ero indecisa se attaccare con “amore” o con “al ragazzo più dolce del mondo”, e stavo per usare tutt’e due quando il treno passò per St. Davids. Ebbene, c’era il vecchio furgone, rimasto lì in attesa, proprio dove Wyn l’aveva lasciato. La vita a volte fa degli scherzetti di questo tipo. Perché non avrei potuto parcheggiarmi anch’io da qualche parte, come la vecchia macchina, e aspettare tranquilla il suo ritorno?
Stavo per far spedire la lettera alla fermata del treno, ma mentre la consegnavo al facchino mi accorsi che eravamo a Harrisburg. Riaprii la lettera e vi aggiunsi qualche parola. Non volevo assolutamente che ricevesse quella lettera col timbro di Harrisburg.