QUINDICI

(Siamo nel negozio del cioccolatiere Fernandes. Marianna sta sistemando i barattoli sulle mensole di fianco al bancone mentre canticchia qualcosa. Sembra contenta. Un vicino campanile suona le cinque del pomeriggio. All’ultimo rintocco si apre la porta. Entrano Guillot, Labbé, Delon e Malesherbes.)

 

GUILLOT: Finalmente siete arrivati, signori. Passate, passate. (A Marianna): Cara, vi presento i migliori cioccolatieri di Francia, che sono venuti fino a casa vostra per conoscere il congegno inventato da vostro marito.

MARIANNA (inclinando leggermente la testa): Benvenuti, signori.

DELON, LABBÉ, MALESHERBES: Signora...

MARIANNA (mostrando la cioccolatiera di porcellana bianca che è sul bancone): Gradite un po’ di cioccolata? È appena fatta.

LABBÉ (più rilassato): Non la rifiuterò.

DELON: Nemmeno io. Fa piacere, con questo freddo.

MALESHERBES (a Guillot): Perché non avete detto che ci attendeva una ninfa? Che bellezza! Che fortuna che il marito non sia qui!

MARIANNA: Mi spiace ma ho soltanto una sedia. Dovrete stare in piedi.

MALESHERBES: Resterei qui anche a testa in giù.

MARIANNA (appoggia tre tazze sul bancone e serve la cioccolata. Ce n’è una quantità esatta): Tre tazze giuste. Voi come la volete, monsieur Guillot?

GUILLOT: Ho trascorso delle ore difficili e ho lo stomaco sottosopra, fate voi, andrà bene.

MARIANNA (ai tre cioccolatieri): La cioccolatiera è un regalo di madame Adélaïde, vero che è stupenda?

LABBÉ: Dicevo che mi sembrava...

MARIANNA (con un sorriso incantevole): Assaggiate la cioccolata, cavalieri. Mi piacerebbe molto sapere se la trovate buona.

LABBÉ (beve): Il sapore è interessante.

DELON (beve): È molto buona.

MALESHERBES (la beve tutta): Deliziosa! Sublime! Molto dolce! È la migliore che abbia mai assaggiato!

MARIANNA: E ora che avete rallegrato un po’ i vostri stomaci, immagino vogliate vedere la macchina.

LABBÉ: È per questo che siamo venuti da tanto lontano, cara signora.

MALESHERBES: Sebbene vedervi ripaghi il viaggio.

DELON: Se me lo permettete, vorrei dire due parole alla padrona di casa. Siete molto gentile a volerci mostrare il macchinario in assenza di vostro marito.

MARIANNA: Il signor Guillot vi ha spiegato che...?

DELON: È in viaggio.

MARIANNA: Ah. Meglio. (Andando verso il retrobottega): Da questa parte, signori.

MALESHERBES: Sempre dietro di voi.

GUILLOT: Vengo anch’io.

 

(Marianna e i quattro uomini spariscono nel retrobottega. Proprio a questo punto la porta si apre ed entra Mimó, infuriato come un pazzo.)

 

MIMÓ (gridando): Marianna! C’è qualcuno? Marianna! Esci a ricevermi!

MARIANNA: Chi c’è? (con un’espressione spaventata che cambia non appena lo vede). Ah! Sei tu Mimó, se l’avessi immaginato non sarei uscita.

MIMÓ: Spostati. Sono venuto a prendere la macchina.

MARIANNA: Come dici?

MIMÓ: Me la porto via.

MARIANNA: No.

MIMÓ: È confiscata.

MARIANNA: Niente affatto!

MIMÓ: È meglio che tu non opponga resistenza. Ora quell’apparecchio è nostro.

MARIANNA: Vostro? E di chi?

MIMÓ (tronfio): Dell’illustre corporazione dei cioccolatieri della città di Barcellona.

MARIANNA: Nemmeno per scherzo!

MIMÓ: Non me ne andrò via senza la macchina. La legge è dalla mia parte.

MARIANNA: Abbiamo già parlato molte altre volte di questo. La legge mi ha abbandonata e io ho abbandonato lei.

MIMÓ (con un sorriso ironico): Sapevo che non sarei riuscito a farti ragionare perché hai rifiutato offerte ben migliori. Per questo non sono venuto da solo.

 

(Entra il capitano generale González de Bassecourt.)

 

MARIANNA: Signor González? Voi?

CAPITANO GENERALE: Mi spiace molto. Non ho avuto scelta.

MARIANNA: Ma se nemmeno due giorni fa eravate qui a godervi la mia cioccolata tutto compiaciuto!

CAPITANO GENERALE: Sì, lo so, perdonatemi. Sono un grande ammiratore vostro e della vostra cioccolata.

MARIANNA: Ebbene, avete un modo molto strano di dimostrarlo.

CAPITANO GENERALE: Non posso andare contro la legge. Mimó ha ragione: la legge dice che una donna sola non può gestire degli affari.

MARIANNA: Come devo dirvi che non sono una donna sola? Sono sposata. Mio marito è in viaggio.

MIMÓ (ironico): Deve essere andato alla fine del mondo.

CAPITANO GENERALE: Mi spiace molto, Marianna, ma vi dovrò far chiudere il negozio fino al rientro di vostro marito.

MARIANNA: Capisco. E in più mi rubate la macchina.

MIMÓ: Con-fi-sca-ta! La macchina viene confiscata come garanzia! Quando pagherete i vostri debiti alla corporazione, forse ve la renderemo.

MARIANNA (a Mimó, a bassa voce): Sei un uomo perfido, Mimó. Mio marito l’aveva sempre sostenuto. Ma sei ancora peggiore come cioccolatiere che come persona. L’unica cosa che sai fare è rubare il lavoro altrui.

MIMÓ: Sbaglio o hai parlato di tuo marito al passato? Vedi che anche tu sai che non tornerà?

MARIANNA (al capitano generale): E voi non avete nulla da dire? Queste persone entrano a casa mia, m’investono in questo modo e voi lo consentite? Vi hanno corrotto? Non capite che senza il negozio e senza la macchina non mi resta nulla? Come farò a vivere? A voi non importa? Non avete un cuore? Una coscienza?

MIMÓ: Chiedi la carità. Con un così bel corpo, non farai fatica a trovare qualcuno che ti mantenga.

MARIANNA (serrando i pugni): Esci da casa mia!

MIMÓ: Questa volta no! Questa volta non andrò via. Sono venuto a prendere ciò che mi spetta. Fammi passare.

MARIANNA: No!

MIMÓ: Come preferisci. Mi costringi a fare ciò che non vorrei.

 

(Mimó sposta Marianna in malo modo ed entra nel retrobottega.)

 

VOCE DI MALESHERBES (alterata): Voi? Santi numi! Giusto voi volevo trovare! Prendete e prendete ancora!

 

(Si sentono dei colpi e il rumore di qualcosa che si rompe. Esce Mimó, con la mano sul naso sanguinante.)

 

MIMÓ (d’ora in poi con voce nasale): Cosa ci fa qui quest’uomo? E dov’è la macchina?

MALESHERBES (uscendo dal retrobottega e indicando Mimó): È lui! Il ladro che ci ha derubati di tutto! Maledetto! Imbroglione!

CAPITANO GENERALE (confuso): Cosa state dicendo? Il capo della corporazione?

MALESHERBES (al capitano generale con il pugno pronto a scagliare un altro colpo contro Mimó): Arrestatelo o lo uccido.

LABBÉ (uscendo dal retrobottega, fuori di sé, rivolto a Malesherbes): Amico mio, siate ragionevole. È più piccolo di voi.

MALESHERBES: E allora? Se dovessi far caso a questo non picchierei mai nessuno!

DELON (uscendo): Mio Dio! È uno spettacolo davvero sgradevole.

CAPITANO GENERALE (alzando la voce): Calmatevi, signore, vi prego.

MALESHERBES (dando un secondo pugno a Mimó): Dove sono i nostri soldi? Confessa, idiota, o ti schiaccio come fossi una fava di cacao!

MIMÓ: Pietà! Io non ho fatto niente!

MALESHERBES (dando un terzo colpo nello stesso punto): E per di più siete anche un bugiardo! Vi disintegro!

CAPITANO GENERALE: Signore, vi ordino di fermarvi!

MIMÓ: Aiuto! Signor González, toglietemi di dosso questo animale. Mi ucciderà!

CAPITANO GENERALE (sguainando la spada): Fermi tutti!

 

(Tutti lo ascoltano. Mimó si lamenta, steso a terra con il naso rotto. Marianna osserva la scena nascosta tra le braccia di Guillot. Labbé e Delon sono osservatori in attesa. Malesherbes è rosso come un pomodoro e desideroso di continuare a colpire Mimó.)

 

MALESHERBES: Diteci dov’è quel che ci avete rubato! Dove nascondete i nostri soldi?

MIMÓ: Io non ho niente, signore. Ve lo giuro.

MALESHERBES: Non giurate il falso, ladro! (lanciandosi su Mimó). Lo polverizzo! Lo faccio a pezzetti!

MIMÓ (morto di paura): Vi prego, ascoltatemi! Vi devo dire una cosa, ma non posso se continuate a picchiarmi.

MALESHERBES: Io da voi non ascolto nulla.

CAPITANO GENERALE (a Malesherbes): Signore, vi devo chiedere di calmarvi e di lasciare parlare il ladro... voglio dire, il signor Mimó.

MALESHERBES: A me non interessa quel che ha da dire!

CAPITANO GENERALE: Signore, se non vi calmate vi dovrò fare arrestare.

LABBÉ (trattenendo il compagno infuriato): Malesherbes, amico, calmatevi un po’.

MALESHERBES: Non posso!

DELON: Così capirsi è molto difficile.

MARIANNA (con voce tremula): Per favore, fatelo per me.

MALESHERBES (a malincuore): E va bene. Ma solo perché me lo chiedete voi.

CAPITANO GENERALE (a Mimó): Avete l’occasione di spiegarvi, Mimó. Vi ascoltiamo.

MIMÓ: È vero che due compagni della corporazione e io stesso vi abbiamo sottratto tutti i vostri averi. (Segue una generale esclamazione di rabbia.) Ma l’abbiamo fatto perché ci siamo sbagliati. Un informatore anonimo ci aveva detto che in città c’era un’ambasciata inglese intenzionata a portarsi via la macchina di Fernandes. C’era stato anche indicato il nome della locanda in cui alloggiava, e che era quella di Santa Maria. L’ambasciata inglese è risultata essere francese, ma quando ce ne siamo accorti ormai era troppo tardi. Crediamo che qualcuno abbia voluto truffarci, ma non riusciamo a capire chi. Volevamo soltanto evitare che altri si portassero via la macchina. Gli stranieri si innamorano sempre di tutto e hanno le tasche piene di soldi. Non potevamo permetterlo! Questa macchina la dovevamo avere noi, almeno fin quando Fernandes non avesse pagato i suoi debiti.

MARIANNA (a Mimó, con rabbia): Uomo crudele! Perché non gli spieghi che desideri anche me, che prendi la macchina perché io non mi concedo?

MALESHERBES (saltandogli di nuovo addosso al solo sentire le parole di Marianna): Lo sminuzzo! Lo trito! Lo schiaccio nel mortaio!

 

(Tre uomini trattengono Malesherbes perché Mimó possa finire.)

 

MIMÓ: Vi abbiamo derubati, l’ho ammesso. Dopo avervi ubriacati con della ratafia.16 Ma il giorno dopo qualcuno ha derubato noi e ci ha portato via tutto il bottino. Doveva essere lo stesso informatore anonimo di cui non abbiamo mai più saputo nulla. Ci ha semplicemente usati. Per questo non abbiamo più niente di quel che vi abbiamo preso, signori miei. Che mi crediate o no, questa è la verità.

MALESHERBES (lottando per liberarsi dagli uomini che lo trattengono): Ebbene io non credo a una sola parola! Siete soltanto un topo di fogna!

CAPITANO GENERALE: Un momento, monsieur Malesherbes. Io sì che gli credo. (A Mimó): Quindi state confessando che siete un ladro?

MIMÓ: È un ladro chi ruba una volta sola e per salvare la propria corporazione?

CAPITANO GENERALE: Sissignore, proprio come gli altri.

MIMÓ: Ovviamente no! Quegli inglesi volevano prendersi la macchina! La macchina è per i cioccolatieri di Barcellona, non possiamo permettere che ce la portino via. L’abbiamo fatto in nome dei nostri interessi!

CAPITANO GENERALE: Credo che voi facciate un po’ troppe cose in nome dei vostri interessi, Mimó. Siete in stato di arresto.

MIMÓ: Cosa? Ma non potete...

CAPITANO GENERALE: Eccome se posso. Sono l’autorità, per questo mi avete fatto venire. (Ai suoi uomini): Prendetelo.

MIMÓ: Ma cosa state facendo? Questo non ha senso. Sei stata tu, Marianna? Hai organizzato tutto tu? E poi la macchina non c’è. È scomparsa.

MARIANNA: A me lo vieni a dire? Ieri quando me ne sono andata a dormire era qui. Forse l’hai rubata questa mattina, come tante volte hai minacciato di fare.

MIMÓ: Certo che no.

MARIANNA: Non ti credo. E nessun giudice ti crederà.

MIMÓ: Non dire bestialità

MARIANNA: Hai appena confessato di essere un ladro, Mimó! Chi ti crederà?

CAPITANO GENERALE (assentendo con il capo): La signora ha perfettamente ragione. Quando saprà che avete confessato un crimine davanti a me e a tutti questi testimoni, al giudice non sembrerete affatto innocente. I crimini non sono mai fatti isolati, di solito i criminali ci si abituano. Questo lo sanno tutti i giudici.

MIMÓ: Non avevo mai sentito tante stupidaggini messe insieme! Io non ce l’ho questa maledetta macchina.

MARIANNA: Ah! Allora forse l’hanno rubata gli inglesi. Anche loro la volevano, e non amano negoziare.

MALESHERBES: O potremmo anche essere stati noi, perché anche noi la vogliamo, ci avete pensato?

CAPITANO GENERALE: Ecco un caso di sospetti multipli. Ci mancava solo questo!

MIMÓ (gridando): Marianna, questa te la ricorderai per tutta la vita!

MARIANNA: Guarda un po’, per una volta siamo d’accordo.

CAPITANO GENERALE: Portatevi via questo urlatore, per cortesia. Direttamente alla prigione di plaça de l’Àngel.

 

(I due uomini escono trascinando Mimó in strada e spariscono.)

 

GUILLOT (euforico): Un naso a patata in meno! (Pensieroso): È davvero fastidioso: me ne andrò senza aver scoperto perché la gente di questa terra non vuole mangiare patate. Voi ve lo spiegate, signor González?

CAPITANO GENERALE: Non ci avevo mai pensato. Ma, conoscendo i catalani, non mi stupirebbe che fosse perché i francesi, invece, si ostinano tanto a farlo.

GUILLOT: Ah. Potrebbe essere. È molto interessante.

CAPITANO GENERALE (a Marianna): Mia cara, non sapete quanto tutto questo mi fa star male.

MARIANNA: Volete ancora farmi chiudere il negozio?

CAPITANO GENERALE (stanco): Non voglio, ma purtroppo lo dovrò fare. Ci sono molte denunce a vostro carico. E le accuse sono gravi. Tre delle quattro corporazioni sono sul piede di guerra: cioccolatieri, mugnai e droghieri. Sono tutti contro di voi! E temo che se vostro marito non può metterli a tacere, non avrò altra soluzione. Dobbiamo sbarrare la porta con assi di legno per assicurarci che non entri nessuno.

MARIANNA (pensa): Be’, dovevo immaginarlo. Dovete farlo adesso?

CAPITANO GENERALE: Prima è, meglio è.

MARIANNA: E va bene, allora tenete (gli consegna la chiave). Uscite e chiudete la porta da fuori. Fate quel che dovete.

CAPITANO GENERALE: Credetemi, mi spiace molto...

MARIANNA: Non perdete altro tempo, signor González. Chiudete.

CAPITANO GENERALE: E voi? E i vostri ospiti?

MARIANNA: Usciremo dalla porta sul retro.

CAPITANO GENERALE: Va bene. Allora, con grande dispiacere, compio il mio dovere. Sono già le sette e devo ancora andare al porto per vedere se ci sono movimenti sospetti. Marianna, vi auguro buona fortuna.

MARIANNA: Anche a voi.

CAPITANO GENERALE (muovendo la mano): Arrivederci a tutta la compagnia.

 

(Il capitano generale esce in strada e inizia a chiudere le porte del negozio. Prima si sente la chiave nella toppa. Poi, gli uomini del capitano chiudono tutto con delle assi di legno che piantano con chiodi e martello. Da questo momento in poi, tutta la scena si sviluppa con il sottofondo delle martellate. Dentro, piano piano, diventa sempre più buio).

 

LABBÉ: Non sapevo che il negozio avesse una porta sul retro.

MARIANNA: Non c’è.

LABBÉ: Ma allora... come... siamo in trappola? Si può sapere come faremo a uscire da qui se quest’uomo ci blocca l’unica uscita?

MARIANNA: Usciremo. Non preoccupatevi, è tutto calcolato. Vero monsieur Guillot?

GUILLOT: Fino al più piccolo dettaglio.

MALESHERBES (con faccia da ebete): Io mi fido completamente di voi, Marianna. E trovo tutto questo molto originale e molto divertente.

MARIANNA: Grazie, monsieur Malesherbes, siete davvero molto gentile.

MALESHERBES: Per cortesia, chiamatemi August.

 

(Dal retrobottega arriva all’improvviso una luce. Esce padre Fideu con in mano una scatola piena di lanterne accese.)

 

PADRE FIDEU (apparendo all’improvviso): Buon pomeriggio e che Dio vi benedica. (A Guillot): La commedia è venuta come doveva venire?

GUILLOT: Addirittura meglio! Ci sono state delle sorprese! González ha arrestato Mimó.

PADRE FIDEU: Allora aspettate, che manca ancora il finale. Siete tutti pronti?

GUILLOT: Pronti. Quando volete.

PADRE FIDEU (passando le lanterne ai cioccolatieri): Signori, fate il favore di prendere una lanterna per illuminare i vostri passi. Monsieur Guillot, che conosce già la strada, andrà davanti. Io chiuderò la comitiva, ma prima nasconderò per bene il passaggio segreto che conduce fino al tunnel. Non immaginavate, vero, di finire nelle fogne? Come potete vedere i romani ci hanno lasciato una città tutta bucherellata. Non tanto perché loro volessero tutti questi percorsi segreti, per quanto noi ne traiamo profitto. Tenete, tenete una luce. Prendete le vostre cose, attenti a non inciampare. È meglio che tiriate su i bordi dei mantelli. I passaggi sotterranei spesso sono malmessi e potreste sporcarvi. Non temete: dall’altra parte ci aspetta Beaumarchais con un calesse pronto. Avanti, avanti, vi seguo.

 

(Escono tutti di scena. In quest’ordine: Guillot, Labbé, Delon, Malesherbes. Marianna prende la cioccolatiera e l’avvolge nel velluto turchese in cui l’ha ricevuta. La sorregge con grande delicatezza, come fosse un neonato. Restano soltanto Marianna e padre Fideu.)

 

MARIANNA (sul punto di scoppiare a piangere): Padre... com’è possibile?... Mi state di nuovo salvando la vita?

PADRE FIDEU: Mariannina, tesoro, quante bestialità dici! Questo non può che farlo Dio. Io lo aiuto soltanto un po’.

MARIANNA: Come potrò ricambiare?

PADRE FIDEU: Ti dirò come. Quando vivrai lontano e tutti s’innamoreranno di te e il re loderà le tue virtù e tutti vorranno conoscere la giovane e bella cioccolatiera che ha lasciato Barcellona per Versailles e sarai la più ammirata, desiderata e lusingata di tutte le donne del palazzo, a quel punto ricorda da dove arrivi e che anche in questo angolo di mondo lasci delle belle cose. E ricorda che qui hai avuto il tuo primo ammiratore, io, un povero vecchio rettore con un nome che fa morire dal ridere.

MARIANNA: Oh, padre, cosa dite. Cosa mai può essere migliore di tutto ciò? E chi può essere migliore di voi? Vi ricorderò ogni giorno. E non appena potrò tornare, vi giuro per tutto q...»

PADRE FIDEU: Ssh. Non giurare, che non è bello! Dai, vai avanti che ci aspettano.

 

(Marianna sorride, si asciuga una lacrima ed esce. Padre Fideu resta solo, illuminato dalla luce della lampada a olio. Il suo volto, in mezzo al buio, crea un effetto un po’ fantasmagorico. Gli uomini del capitano generale devono avere finito il lavoro, perché da fuori non arriva più nessun rumore.)

 

PADRE FIDEU: Sono già le sette passate e al porto sta salpando un vascello. Il capitano generale non si è ancora accorto che il negozio non ha una porta sul retro. Alla fine del tunnel sotterraneo c’è un carro ad aspettare tutta la comitiva. Dentro al calesse, smontata in ventidue pezzi, c’è la macchina per fare la cioccolata. Domani a quest’ora, gli uomini e il macchinario saranno sulla via di Versailles. Marianna andrà con loro, ancora convinta che un giorno tornerà. Guillot, il giovane innamorato, sarà un uomo felice. Beaumarchais... di Beaumarchais non oso dire nulla. Mi piacerebbe soltanto chiedergli: «Signor autore, la commedia termina spegnendo le luci o dobbiamo ancora aspettare che capiti qualcosa in mezzo al buio?»

 

(Padre Fideu esce. La luce tenue che arrivava dall’ingresso del passaggio sotterraneo si spegne.)

 

(BUIO)