Capitolo Trentuno

Adriana

Il ricevimento si teneva in un bar del posto. Mentre raggiungevo l’entrata, m’imbattei nel detective Stone. Avevo visto sia lui che il detective Williams al funerale, ma ero sorpresa di vederlo al ricevimento.

«Ciao, Adriana» disse, tenendomi la porta aperta.

«Detective Stone. Non sapevo che sarebbe venuto.»

«Per favore, chiamami Jeremy.»

Sorrisi. «Certo.»

«Volevo solo porgere le mie condoglianze» disse, camminando dietro di me. «Come va?»

Lo guardai da oltre la spalla. «È dura.»

«Posso solo immaginare.»

«Come procede il caso?» chiesi, mentre si spostava al mio fianco.

«Lentamente.»

«Non riuscite a trovare tracce di DNA o fibre per condannare qualcuno dei Devil’s Rangers?»

Lui fece un gran sorriso. «Guardi CSI?»

«Certo» risposi, sorridendo impacciata.

«Beh, ci stanno lavorando. Non posso dire altro» disse mentre entravamo nella zona riservata al ricevimento. Vidi che Tiffany, Monica e Amber erano già arrivate.

«Grazie per esser venuti» disse la madre di Krystal, Bonnie, che sembrava sul punto di rimettersi a piangere. «A tutti e due.»

«Figurati» dissi abbracciandola.

«Anche lei, detective. Avete già trovato i responsabili?»

«La prego, mi chiami Jeremy. Ci stiamo ancora lavorando. Ma sarà la prima a saperlo se li troviamo.»

«Ci conto» disse, soffiandosi il naso.

«Ciao, Adriana» disse Tiffany, avvicinandosi con due bicchieri. «Tieni, ti ho preso un Rum e Coca. Ho pensato che ne avessi bisogno, dopo quel discorso. A proposito, sei stata fantastica. Ho pianto a dirotto.»

«Grazie, Tiff. Non ho letto l’ultima parte» dissi, prendendo il drink. «Ero troppo emozionata per continuare.»

«Come potrebbe essere altrimenti? Almeno hai avuto le palle di salire lassù. Sono sicura che Krystal sia fiera di te, comunque.»

«Lo spero» dissi, sentendo di nuovo un groppo in gola.

«E lui chi è?» chiese, sorridendo a Jeremy.

Stavo per presentarlo come detective Stone, ma lui mi precedette.

«Chi, io? Sono Jeremy Stone» disse, sorridendo.

«Voi due...?» chiese, indicando entrambi.

«No» mi affrettai a rispondere, capendo cosa intendesse. «Non usciamo insieme.»

Lui rise.

Lei sorrise a Jeremy. «Non ne ero sicura. Non hai l’anello e non ti ho mai visto prima. Me ne sarei accorta.»

Oddio, è interessata a lui, pensai, non sapendo se essere divertita o sconvolta.

«No. Niente anello» disse, alzando la mano sinistra. «Non più, almeno.»

«Oh, sei stato sposato?» chiese.

«Dovevo sposarmi. Si potrebbe dire che è saltato tutto.»

«Beh, sai come si dice: se non è destino, non è destino» commentò Tiffany, bevendo un sorso del suo Screwdriver. «Probabilmente troverai qualcuno di meglio.»

Fu a quel punto che mi accorsi che era un bell’uomo. Non ci avevo pensato molto prima, ma capivo l’interesse di Tiffany. Era alto, con i capelli castani e gli occhi color caramello, e il pizzetto. Stimai che avesse quasi trent’anni e ovviamente si teneva in gran forma.

«Come conoscevi Krystal?» chiese.

Mentre cominciava a spiegare, lanciai un’occhiata al bancone e vidi che Trevor era lì accanto, ad ordinare una birra. Mi si formò un nodo allo stomaco.

Che ci faceva lì?

«Scusate» dissi, superando le mie amiche per raggiungerlo. Quando arrivai al bancone, Trevor si girò verso di me, sorridendo.

«Che ci fai qui?» chiesi, con voce poco amichevole.

«Beh, ciao anche a te» disse, perdendo il sorriso.

Mi guardai intorno. «C’è anche Tanca?»

«No. L’ha presa molto male. Voleva stare da solo.»

Lo fissai per qualche secondo, battendo i piedi per il nervosismo. Dovevo ammettere che era così bello che volevo saltargli di nuovo addosso. Ma ero più arrabbiata che eccitata. «Non dovresti essere qui.»

Lui aggrottò la fronte. «Perché? La conoscevo anch’io. Sono venuto a fare le mie condoglianze.»

«L’hai già fatto al cimitero.»

Lui grugnì e scosse la testa.

«Che c’è?» chiesi.

«Perché fai tanto la stronza?» chiese arrabbiato.

«Come, scusa?» chiesi, sconvolta.

«Mi hai sentito.»

Assottigliai lo sguardo. «Forse perché tiri fuori quel lato del mio carattere.»

«Perché? Non ti ho fatto niente» disse, bevendo un sorso di birra.

«Sei qui, Trevor.»

«Sì? E perché sarebbe un problema?»

Abbassai la voce. «Pensavo che saresti stato lontano.»

Lui rise freddamente. «Ah, capisco. Credi sia per te. Beh, Gattina, non è così. Sto rendendo omaggio a Krystal, di cui ero amico anch’io, che tu ci creda o meno.»

«Davvero?» sbottai. «Non sei qui per qualcos’altro?»

«No. E...» disse con tono di scherno. «Qualora non lo ricordassi, sei stata tu ad avvicinarti, non il contrario.»

Serrai la mandibola. Ero furiosa. Volevo togliergli quel sorrisetto da stronzo con uno schiaffo.

«Perciò, puoi pure allontanarti» disse, distogliendo lo sguardo.

Cercando di non fare una scenata, m girai e tornai dagli altri.

«Quello non è Trevor Larson?» chiese Jeremy.

«Sì» dissi, bevendo un sorso del mio cocktail. «Sì, è lui.»

«Tutto bene?» chiese, avvicinandosi.

Guardai Trevor, che ora stava fissando Jeremy con aria arrabbiata.

«Tutto bene» dissi, distogliendo lo sguardo.

«Adriana, più tardi andiamo al Gibby, dall’altro lato della strada. Vuoi venire con noi?» chiese Tiffany.

«Non credo» dissi, guardando il mio drink.

«Dai» mi esortò. «Per bere un paio di drink e ballare un po’. Sai che Krystal avrebbe voluto questo. Vederci insieme e divertirci. Sarà il nostro grande addio.»

«Non lo so...»

«Dai, ti accompagno a casa» disse. «Se è questo che ti preoccupa.»

«Guidi? Ti conviene smettere subito di bere» dissi con un sorrisetto.

«Facciamo così» disse Jeremy. «Vi porto tutte e quattro a casa, se volete. Domani non lavoro e non ho niente di meglio da fare.»

«Lo faresti?» strillò Tiffany. Gli prese il braccio. «Grazie mille.»

Sospirai. «Non sei obbligato.»

«Lo so, ma voglio farlo» disse. «Come ha detto Tiffany, sarà il vostro tributo a Krystal. Tanto vale che vi divertiate.»

Vidi le occhiate che continuava a lanciare a Tiffany e mi chiesi se lo stesse facendo per altri motivi.

«Beh, allora ci sto» dissi, continuando a guardare Trevor con la coda dell’occhio. Stava parlando con la madre di Krystal, che gli stava sorridendo.

«Vado a prendere una bibita, volete qualcosa?» chiese Jeremy.

«No, siamo a posto» disse Monica, sollevando il suo drink.

«Allora, chi è questo Trevor Larson?» sussurrò Tiffany, mentre Jeremy si allontanava. «È figo.»

«Una persona da cui ti conviene stare alla larga» dissi, bevendo un altro sorso.

«Sicura?» chiese leccandosi le labbra. «Non mi dispiacerebbe invitarlo al Gibby con noi. Qualcosa mi dice che sa muovere i fianchi da Dio.»

Un’immagine di Trevor che muoveva i fianchi su di me mi attraversò la mente e sentii un fremito al bassoventre. Costringendomi ad allontanare quei pensieri intimi, mi schiarii la gola. «È Raptor» spiegai. «Fa parte dei Gold Vipers.»

«Raptor, il motociclista?» chiese. «Ah, sì. Voi due non...?»

«Quasi» dissi, girandomi verso di lei. «Perché mi chiedi di lui quando hai messo gli occhi su Jeremy?»

Lei fece un gran sorriso. «Anche lui è carino. Ma è troppo serio. L’unica cosa seria che voglio stasera è una seria scopata.»

«Pensi sempre a quello?» chiese Monica, scuotendo la testa. «Siamo ad un funerale.»

«Non è il funerale, questo. È la celebrazione della vita della nostra amica. Dobbiamo ricordarla con affetto e divertirci. È quello che avrebbe voluto» disse Tiffany.

«Ha ragione» intervenne Amber, che stava messaggiando. «Anche se non ci credo che stai già pensando con chi fare sesso stasera. Non sono nemmeno le sette.»

«Mi piace fare programmi in anticipo» disse, bevendo un sorso del suo cocktail.

«Ma guardati, Amber. Probabilmente anche tu stai prendendo accordi per fare sesso» disse Monica.

«È diverso. Si tratta di Paul. Il mio fidanzato» rispose. «Il sesso è un dato di fatto.»

«Perché non è venuto?» chiesi.

Lei fece spallucce. «Lavora, come al solito.»

«Vai comunque al Gibby?» chiesi.

Lei annuì e mise via il cellulare. «Sì, sto un po’. Ma non bevo molto.»

«E tu?» chiesi a Monica.

«Mia mamma sta facendo la babysitter. Stasera esco e festeggio alla grande. Soprattutto se guida lui.»

Jeremy tornò con una bibita.

«Allora, com’è fare il detective?» chiese Tiffany, avvicinandosi a lui furtivamente.

Cominciò a parlare del suo lavoro e io ascoltai con un orecchio, mentre tenevo gli occhi su Trevor, che sembrava nel bel mezzo di una conversazione con la zia di Tiffany, Jenna, che faceva la consulente di bellezza per una famosa società di trucchi. Jenna, a cui Tiffany si era sempre riferita con l’appellativo “puma”, era assolutamente interessata a quello di cui stavano parlando.

«Interessante» disse Tiffany, che pendeva dalle labbra di Jeremy. «Come mai sei voluto entrare nelle forze dell’ordine?»

Non sentii la sua risposta, perché Jenna stava ridendo per qualcosa che aveva detto Trevor. Mi sentii ribollire dentro. Di rabbia e gelosia.

Finii il mio Rum e Coca. «Qualcuno vuole un altro drink?» chiesi.

«Certo» disse Tiffany, sollevando il bicchiere quasi vuoto. «Sai cosa mi piace.»

Andai al bancone e ordinai i drink. Mentre aspettavo, Jenna si allontanò da Trevor e venne al bancone. Dovevo ammettere che con i suoi capelli biondi, la pelle perfetta e il fisico agile, non sembrava neanche lontanamente vicina ai trentotto anni. Sembrava una copia ventenne di Pamela Anderson.

«Ciao, Adriana» disse, sorridendomi tristemente. «Come stai, bambina?»

Feci spallucce. «Bene. Tu?»

«È difficile. Davvero difficile. Bonnie resiste a stento. Si dà la colpa per non essere stata una madre migliore con Krystal.»

«Non è per questo che è morta» dissi, anche se sapevo che Bonnie non era stata una grandissima mamma. Krystal non era mai stata in punizione.

«No, ma se fosse stata più severa durante la sua adolescenza, le cose sarebbero potute andare diversamente.» Scosse la testa. «Bonnie gliene lasciava correre troppe.»

«Sì, ma questo non vuol dire che non sarebbe stata lì quella sera.»

«Forse. Forse no. Mi sa che non lo sapremo mai.»

«Già.»

Sospirò e guardò Trevor.

«Conosci quel ragazzo?» chiesi, indicandolo con un cenno del capo.

Lei sorrise. «No, ma mi piacerebbe molto. Sai cosa intendo?»

Assolutamente sì.

«È un motociclista» dissi.

«Lo so. Ne stavamo parlando. Gli ho detto che ho appena comprato una Harley Switchback e lui ne è rimasto colpito.»

«Ci scommetto. Non sapevo che ti piacessero le moto» dissi, cercando di soffocare il mostro verde che mi cresceva dentro. Nel profondo, sapevo che non avevo motivo di essere gelosa. Non potevo avere pretese su Trevor e lei era una brava donna. Se si fossero messi insieme, non erano affari miei.

«Mi sono interessata grazie al mio ex-ragazzo.»

«Che ne è stato di lui?»

Sospirò. «Ho scoperto che era sposato.»

«Non lo sapevi?»

«Beh» sorrise. «Sì. Ma diceva che stavano per divorziare, perciò pensavo fossero separati. Sono venuta a sapere che non era vero niente.»

La barista appoggiò i miei drink. «Eccoti un vassoio. Dubito che riusciresti a portare i quattro drink da sola.»

«Hai ragione. Grazie» dissi, consegnandole i soldi.

«È un open bar» disse la donna. «Per almeno un’altra ora.»

«Oh, beh, tieni la mancia» dissi, dandole un paio di dollari.

«Grazie, tesoro.» Si girò verso Jenna. «Cosa posso servirti?»

«Vorrei due Michelob. Uno per me e uno per quel gran bevitore d’acqua laggiù» disse, girandosi per sorridere a Trevor, che mi resi conto ci stava fissando.

Sentendomi risalire la rabbia, distolsi lo sguardo.

Jenna si girò nuovamente verso di me e sospirò. «Devi pensare che sono una pessima zia.»

«Che vuoi dire?» chiesi.

Lei sorrise cupamente. «Perché faccio pensieri sconci durante il funerale di mia nipote.»

«La gente gestisce le cose diversamente» dissi, sentendomi anch’io un po’ in colpa.

Lei mi circondò con un braccio. «Sono d’accordo. Anzi, ho sempre gestito il dolore ricorrendo ai rapporti intimi. Il tocco di qualcuno a volte può alleviare il dolore della perdita. È anche un bel monito per ricordarci che siamo ancora vivi e che ogni secondo è importante, perché non puoi sapere quando sarà giunta la tua ora.»

«Credo... credo abbia senso.»

«Per me sì. Per questo non mi sento in colpa per aver messo gli occhi su Raptor stasera.» Fece l’occhiolino. «Qualcosa mi dice che potrebbe essere la mia salvezza.»

«E l’hai capito dopo avergli parlato per pochi minuti?»

Lei fece un sorriso malizioso. «Ad essere sincera, non mi importa di quello che gli esce dalla bocca. È quello che si troverà in bocca più tardi ad interessarmi. Grazie, cara» disse alla barista, che poggiò due birre davanti a noi. Le diede una banconota da cinque. «Per te.»

«Grazie» disse la barista, mettendosela nel taschino davanti. Si chinò in avanti. «E buona fortuna con quel giovanotto. Nemmeno a me dispiacerebbe tornare a casa con lui, stasera.»

Jenna rise. «Ti conviene metterti in fila» rispose, prima di ritornare da Trevor.

Sospirando, presi il vassoio con i drink e andai dall’altra parte.