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Martedì 16 dicembre

Alle dieci e mezzo di sera, Roy Grace si sentiva esausto mentalmente e fisicamente mentre accostava fuori dall’elegante ingresso in stile Regency della Limehouse Guesthouse per far scendere Paul Sweetman, l’ispettore capo venuto da Londra su richiesta di Cassian Pewe perché facesse da consulente strategico in materia di serial killer.

Fino a quel momento era andato tutto bene. A Grace piaceva quell’uomo tranquillo dai capelli ricci, affabile e serio ma con un discreto senso dell’umorismo: un gradevole contrasto rispetto ai tanti agenti aggressivi che aveva incontrato nella polizia metropolitana. Sweetman era arrivato a metà pomeriggio, aveva esaminato insieme a Grace il registro delle linee procedurali e aveva partecipato alla riunione delle 18.30. Grace poi l’aveva accompagnato da English’s, a Brighton, un ristorante tipico specializzato in piatti di pesce, ed era rientrato alla Sussex House dov’era rimasto altre due ore.

Erano d’accordo che sarebbe passato a prenderlo l’indomani mattina alle sette, per discutere ancora un po’ prima del briefing mattutino e dell’incontro previsto con lo psicologo forense Tony Balasz nel quale avrebbero messo a punto ulteriori strategie. Come previsto, l’interesse dei media era frenetico, e Grace non si era ancora aggiornato né con Glenn Branson né con Iain Maclean, che presidiavano la sala Reati Gravi. Il call center, allestito con personale di supporto, stava gestendo centinaia di chiamate, e la sua squadra era impegnata a passare al vaglio tutte le informazioni, identificando e stabilendo la priorità delle possibili linee operative.

Grace svoltò a destra su Marine Parade, con le luci del lungomare, la ruota panoramica e il molo più avanti che erano sagome vaghe e indistinte nella pioggerellina fitta. Non era sicuro dell’accoglienza che gli avrebbe riservato Cleo, che nel pomeriggio era stata costretta a rinunciare a un incontro del gruppo per neomamme, perché gli uomini della ditta traslochi erano arrivati con gli imballaggi prima del previsto. Poi il suo telefono suonò.

Rispose con il vivavoce e sentì Andy Anakin, l’ispettore di turno alla stazione di polizia di Brighton, che sembrava in preda al panico come al solito. «Roy, ho pensato che dovessi saperlo: il cadavere di una donna è stato trascinato a riva dalla corrente ed è stato rinvenuto sulla spiaggia da una giovane coppia. Davanti al centro sportivo King Alfred, nel caso in cui volessi andare a darle un’occhiata prima che sia trasferita all’obitorio.»

Una giovane coppia che amoreggia in spiaggia con questo tempo e a quest’ora? pensò Grace con il morale a terra alla notizia. Il King Alfred era poco distante da Hove Lagoon. Il suo primo pensiero fu se quella zona si sarebbe rivelata il luogo di deposito del Marchiatore. «Cosa sai finora su di lei, Andy? Età? Aspetto fisico? In che condizioni è?»

«Sul posto ci sono un sergente e l’agente del coroner di turno. A quanto pare, è già in avanzato stato di decomposizione. Gran parte del viso è stata divorata dai pesci.»

«E i capelli? Di che colore sono? Lunghi o corti?»

«Non l’ho chiesto.»

«Devi scoprirlo e farmelo sapere con urgenza, Andy.»

«Colore dei capelli... e lunghezza? È importante?»

Dio, se riesce a essere irritante certe volte, pensò Grace. «Sì, Andy, potrebbe esserlo. E l’età, per favore, anche solo una stima.»

Anakin disse che l’avrebbe richiamato il prima possibile.

Dieci minuti più tardi, Grace parcheggiò lungo la strada, raggiunse il cancello del complesso abitativo che lui e Cleo avrebbero lasciato alla fine della settimana e digitò il codice di accesso. Accanto era affisso il cartello VENDUTO dell’agenzia immobiliare. Percorse il cortile acciottolato, poi sentì Humphrey che abbaiava dentro casa, mentre lui inseriva la chiave nella toppa.

Aprì la porta e si trovò di fronte Humphrey che gli saltava addosso e un mare di scatole di cartone. Cleo era stesa sul divano con indosso una salopette sformata, un calice pieno di vino rosso in mano, e fissava impietrita in tv una scena di distruzione in Iraq. Normalmente sarebbe saltata in piedi per gettargli le braccia al collo, ma sembrava così costernata che non girò nemmeno la testa.

«Ciao, tesoro», disse Grace. «Scusa se ho fatto tanto tardi.»

«Ti ho lasciato qualcosa da mangiare.»

«Ho già mangiato, grazie. Te l’ho detto, sono rimasto bloccato tutta la sera con quell’investigatore capo di Londra che mi ha imposto Pewe.»

«No, non me l’hai detto», disse lei, fredda. «Mi hai detto solo che saresti tornato a casa per le otto per aiutarmi a fare gli scatoloni.»

«Io... oh, cazzo.» All’improvviso si rese conto che, preso dal lavoro, si era dimenticato di chiamarla. «Dio, scusami tanto, davvero.» La raggiunse in fretta e la baciò su una guancia.

Lei non reagì.

«Tesoro, mi spiace sul serio, ho avuto una giornata da incubo.»

«Quindi tu puoi avere giornate da incubo ed è tutto okay, ma lo stesso non vale per me, vero?»

«Certo che no. Cazzo, ho bisogno di bere qualcosa. Dov’è il vino?»

Lei fece un cenno con la testa in direzione del tavolo. Grace prese la bottiglia e rimase sconcertato nel trovarla vuota. «Hai bevuto tutta la bottiglia?»

«Sì, mi sono scolata tutta quella stramaledetta bottiglia.»

«Pensavo che, allattando, non fosse...»

«Sì, esatto, non dovrei bere mentre allatto. Allora, che pensi di fare?»

«Ehi, non fare così!» Grace si sedette sul divano e le passò un braccio attorno alle spalle, ma lei si allontanò.

«Non ce la faccio, Roy. Come diavolo puoi aspettarti il contrario? Noah ha pianto tutto il giorno.» Indicò la stanza. «Non posso fare tutto da sola.»

«Dobbiamo chiedere aiuto a qualcuno», disse lui. «Che ne dici di tua sorella o dei tuoi genitori?»

Il suo umore si addolcì un poco: non ci aveva pensato. «Proverò anche con Rosie e Caroline.» Erano le sue migliori amiche.

«Pensavo che la maggior parte della roba la imballassero quelli della ditta traslochi.»

«Infatti è così, ma qualcuno dovrà pure supervisionare. Non è per niente facile. Lo so che tu non puoi farci nulla con un caso di questa portata, ma il tempismo fa proprio schifo, è il peggiore possibile!»

Il telefono di Grace suonò ancora. Si alzò e si allontanò per rispondere. Era Anakin.

«Roy, i dettagli che ho raccolto finora sono che la donna ha i capelli grigi corti ed è sulla cinquantina, se non addirittura sulla sessantina.»

«Sono sicuri?»

«Be’, mi pare di capire che lo stato di decomposizione sia parecchio avanzato. A quanto pare, è rimasta in acqua a lungo, ma sono riusciti a darmi l’età approssimativa in base a quel che si vede.»

Grace si sentì sollevato. «Okay, sono buone notizie, Anakin.»

«Buone notizie?»

«Sì, in un certo senso.»

«Sono contento che per te siano buone notizie.»

«Okay, ascolta, mi sembra che per stasera non ci sia altro da fare. Vedremo che cosa emergerà dall’autopsia in mattinata e, se la causa di morte dovesse apparire sospetta, agiremo di conseguenza.»

«Speriamo di avere ancora buone notizie, allora, signore», disse Anakin con una punta di sarcasmo.

Grace sapeva che non era insolito che il mare portasse a riva dei cadaveri lungo la costa di Brighton & Hove. Il ritmo delle maree e le correnti della Manica facevano sì che una grossa percentuale degli annegati, suicidi o accidentali, più a ovest finisse sulle loro spiagge. Ciò non rendeva meno tragico un decesso, ma in quel momento Grace si sentiva parecchio sollevato perché non si trattava di una ragazza con i capelli castani lunghi.

Concluse la chiamata e tornò da Cleo, ma lei se n’era andata. Il bicchiere vuoto era sul tavolino, accanto alla bottiglia.

Grace salì stancamente le scale, pensando a cosa avrebbe potuto dire o proporre per alleggerire quella situazione. Quando raggiunse il pianerottolo, sentì strillare Noah.