Partenza

Il giovane George Willard si alzò quella mattina alle quattro. Era aprile e le foglie nuove spuntavano dai germogli sui rami degli alberi. Gli alberi lungo le strade di Winesburg sono aceri e i semi volano col vento. Quando tira vento, i semi fanno vortici in aria e formano tappeto sotto i piedi.

George scese la scala dell’albergo con una valigia di cuoio scuro in mano. Il suo bagaglio era pronto per la partenza. Dalle due era sveglio, pensava al viaggio che stava per iniziare e si chiedeva che cosa avrebbe trovato alla fine del viaggio. Il ragazzo che dormiva nell’ufficio era disteso sulla branda accanto alla porta. Aveva la bocca aperta e russava sonoramente. George passò accanto alla branda e uscí nella strada deserta. L’alba colorava di rosa l’est e lunghe strisce di luce salivano in cielo, dove ancora brillava qualche stella.

Dietro l’ultima casa di Winesburg c’è una grande distesa di campi. Questi campi appartengono a contadini che abitano in paese e rincasano la sera su carri cigolanti. Sono coltivati a fragole. All’imbrunire dei giorni d’estate, quando la strada e i campi sono coperti di polvere, una foschia afosa alita sulla grande distesa piatta di terreno. Guardarla è come guardare il mare. In primavera, quando la terra è verde, l’effetto è un po’ diverso. La terra diventa un vasto e verde biliardo sul quale si affaccendano minuscoli insetti umani.

Fin da bambino George Willard aveva l’abitudine di passeggiare da quelle parti. Era stato in mezzo a quella grande distesa nelle notti d’inverno, quand’era coperta di neve e c’era soltanto la luna a fargli compagnia; c’era stato d’autunno, con il vento che soffia gelido, e d’estate, con l’aria che vibra al canto degli insetti. Quella mattina d’aprile voleva tornare là e passeggiare in silenzio. Arrivò fin dove la strada attraversa un ruscello, a due miglia dal paese; poi si voltò e, sempre in silenzio, tornò indietro. Quando arrivò a Main Street i commessi stavano spazzando il marciapiede davanti ai negozi. – Ehi, George, – chiesero. – Come ci si sente a essere di partenza?

Il treno dell’Ovest parte da Winesburg alle sette e quarantacinque di mattina. Il capotreno è Tom Little. Il treno proviene da Cleveland e arriva fino alla coincidenza con la linea di grande traffico che va a Chicago e a New York. Quella di Tom, in gergo ferroviario, è una «corsa buona». Tutte le sere Tom è a casa sua. In autunno e in primavera va la domenica a pescare sul lago Erie. Ha una faccia tonda e occhietti azzurri. Conosce la gente dei paesi lungo la ferrovia meglio di quanto un uomo di città può conoscere la gente che abita nel suo stesso caseggiato.

George arrivò dalla discesa dell’albergo alle sette in punto. Tom Willard gli portava il bagaglio. Il figlio era diventato piú alto del padre.

Sotto la pensilina della stazione, tutti strinsero la mano al giovane. C’erano piú di una dozzina di persone ad aspettarlo. Poi si misero a parlare dei casi loro. Era venuto persino Will Henderson, che era un dormiglione e di solito non si alzava mai prima delle nove. George era imbarazzato. Gertrude Wilmot, una donna di una cinquantina di anni che lavorava all’ufficio postale, comparve sotto la pensilina. Non aveva mai badato a George prima di allora. Si fermò e gli tese la mano. In due parole espresse quello che era il pensiero di tutti. – Buona fortuna, – disse bruscamente; poi si voltò e se ne andò.

Quando il treno arrivò in stazione George si sentí sollevato. Si affrettò a salire. Di corsa da Main Street arrivò Helen White, sperando di scambiare un saluto con lui, ma George aveva trovato un posto e non la vide. Quando il treno partí Tom Little gli forò il biglietto, fece un cenno di saluto e, per quanto conoscesse bene George e sapesse benissimo per quale avventura stesse partendo, non fece alcun commento. Tom aveva visto migliaia di George Willard partire da quei paesi verso le città. Per lui era un avvenimento abbastanza comune. Nel vagone fumatori c’era uno che aveva proprio allora invitato Tom a pesca alla Baia di Sandusky. Tom voleva accettare l’invito e discuterne i particolari.

George si guardò intorno nel vagone, per essere certo che nessuno lo vedesse, poi tirò fuori il portafoglio e contò il denaro che aveva. Era preoccupato al pensiero di far la figura dello zotico. Quasi le ultime parole che gli aveva detto il padre riguardavano il suo comportamento in città. – Cerca di essere in gamba, – Tom Willard aveva detto. – Stai attento al tuo denaro. Stai sveglio. Ecco il biglietto. Fa che nessuno pensi che sei uno zoticone.

Contato il denaro, George rimise in tasca il portafoglio e guardò fuori del finestrino. Fu sorpreso al vedere che il treno era ancora a Winesburg.

Il giovane che lasciava il paese per tentare l’avventura della vita cominciò a pensare, ma non pensò niente di troppo importante né di troppo drammatico. Non gli vennero in mente cose come la morte della madre, la sua partenza da Winesburg, l’incertezza della sua vita futura in città, gli aspetti piú seri e vasti della sua esistenza.

Pensò a piccole cose: Turk Smollet che portava le tavole sulla carriola per la via principale del paese; una donna alta e elegantissima che s’era fermata una notte nell’albergo del padre; Bull Meeler, l’uomo che accendeva i lampioni e girava per le strade nelle sere d’estate con una torcia in mano; Helen White alla finestra dell’ufficio postale di Winesburg mentre incollava il francobollo su una busta.

La mente del giovane era trascinata via dalla sua crescente passione per i sogni. A guardarlo non aveva l’aria molto in gamba. Mentre il ricordo di quelle piccole cose gli occupava la mente, chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale. Rimase a lungo cosí e quando si mosse, e tornò a guardare dal finestrino, il paese di Winesburg era scomparso, e tutta la sua vita in quel luogo era diventata nient’altro che uno sfondo per dipingervi sopra i sogni della sua gioventú.