Capitolo 17

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Sparso sul mio letto c’è il contenuto di tre grosse buste che abbiamo portato a casa dal nostro giro di shopping. Vestiti e trucchi. Io e mamma siamo appena tornate da quello che doveva essere un giro veloce dopo le prove di lunedì, e che invece ci ha occupato l’intero pomeriggio. Ora, voglio proprio provare tutti i miei nuovi acquisti.

Non è una cosa per niente normale, per me. Di solito evito di andare a fare shopping e i vestiti non mi interessano più di tanto. Ma credo di essere stata ispirata in qualche modo strano da Angela, anche se non vorrei mai e poi mai essere come lei.

Non sono vanitosa, affatto, ma non mi piace sentirmi fuori posto. Per andare alla festa di Gabby, ad esempio, non sapevo bene cosa mettere, e quando sono arrivata là mi sono resa conto di essere vestita in modo diverso dalle altre, coi loro leggings e le magliette luccicanti. Non voglio essere una reginetta della moda, ma in qualche modo ho bisogno di avere un aspetto migliore di quello che ho.

Di sicuro i vestiti nuovi mi daranno una mano. Dovevamo andare a prendere solo un nuovo paio di jeans (la zip mi si è rotta la settimana scorsa), ma poi abbiamo speso un sacco di soldi per un sacco di altre cose.

Siamo partite dai jeans. Ne stavo cercando un paio normalissimo, ma poi mamma mi ha fatto provare un modello elasticizzato e dopo ha trovato tantissime altre cose carine sugli scaffali lì accanto, come ad esempio una gonna con delle bretelline. Le ho provate tutte ed in effetti mi sono sentita estremamente bene. Credo di essere cresciuta ultimamente, perché mi sembra di riempire molto meglio i vestiti rispetto a qualche mese fa. L’anno scorso mi sarei definita pelle e ossa, quest’anno invece mi vedo più alta e non così malaticcia.

Poi ci siamo lasciate prendere un po’ la mano e abbiamo trovato un paio di camicette, una grigia e una viola, e anche un paio di pantaloncini, dato che presto farà piuttosto caldo. A quel punto mi sono guardata intorno in cerca di qualcosa di più interessante anche per mamma, che si è provata una maglietta a righe blu e dei pantaloni bianchi di lino. Anche lei stava benissimo con quelle cose addosso. Ricordo quanto ci teneva a vestirsi bene, un tempo. A volte, da piccola, le chiedevo se potevamo metterci le stesse cose. Aveva un vestito a fiori dello stesso rosa di un completino gonna e maglietta che avevo io, e quando ci vestivamo entrambe così pensavo proprio che sembrassimo gemelle. Mentre io mi provavo le camicette, mamma ha iniziato ad arrossire e a dire che forse mi serviva anche un reggiseno.

«Stai crescendo. Probabilmente molte delle tue compagne di scuola portano già anche quello, non solo le magliette corte. Perché non ne proviamo qualcuno?»

«Mamma!» Speravo che nessuno l’avesse sentita. Volevo darle l’impressione di essere un po’ scocciata, ma in realtà ne ero abbastanza compiaciuta. Più che altro, non sapevo come tirare fuori l’argomento con lei, perché quando passi quattro anni a non parlare di cose personali, trovarsi a farlo all’improvviso non è semplice.

Siamo passate accanto alla sezione con la biancheria intima più imbarazzante, quella con le camicie da notte in pizzo e seta lasciate in bella vista, che per quanto mi riguarda sono anche un po’ eccessive, e sono stata accompagnata a provare un reggiseno in un camerino dietro una tenda a strisce rosa da una signora molto sorridente che continuava a chiamarmi tesoro. Mamma me ne ha comprati tre, uno sportivo e due da portare tutti i giorni. Uno ha dei pois, e quando lo indosso mi sento davvero carina. L’altro è più semplice e a tinta unita, più nel mio stile.

Non so cosa sia successo a mamma, sembrava che proprio non volesse tornare a casa. L’ultima volta che eravamo state a fare shopping, per comprare le scarpe per andare a scuola, era uscita dal negozio alla velocità della luce. Aveva detto “Prendiamo queste!” al primo paio che mi era entrato, anche se io non volevo delle altre scarpe col cinturino.

Stavolta è stata tutta un’altra cosa. E anche se per parte del tempo ho fatto finta di non essere troppo interessata alla cosa, in realtà lo ero davvero. Credo di essermi addirittura divertita.

Appena finito con lo shopping, siamo passate accanto a uno di quei posti in cui ti fanno le unghie. Mamma si è fermata e mi ha guardato.

«Facciamoci un regalo. Sono anni che non mi concedo una pedicure.»

Io non sapevo nemmeno cosa fosse, una pedicure. Ma poi siamo entrate e ci siamo sedute su due sedie una accanto all’altra, con i piedi immersi in un liquido profumato, a leggere delle riviste e a chiacchierare... come le persone normali! Ci siamo messe a confrontare le foto sui giornali e a discutere di quali persone famose fossero più belle. Poi abbiamo scelto lo stesso colore di smalto per i nostri piedi: il rosa pastello.

Finito con la pedicure, abbiamo cercato qualcos’altro da fare. Perciò siamo andate ad ammirare le nostre unghie dipinte in un bar, dove ci siamo prese una cioccolata calda e abbiamo mangiato la schiuma che c’era sopra. Un po’ della schiuma è finita sul naso di mamma e ha cercato di leccarla via con la lingua, facendomi ridere. Sono stata io poi a togliergliela con un tovagliolino.

«Ehi mamma, ti ricordi quando ero piccola e tu ti leccavi il dito per pulirmi la faccia? Io pensavo fosse una cosa così schifosa...»

«Aspetta!» mi ha detto, sorridendo e fingendo di sputarsi sul dito, «Hai qualcosa sulle guance...»

«Smettila!» Con le mani le ho detto che era una cosa disgustosa, che la odiavo! Ridevo. «Non farò mai una cosa del genere ai miei figli.»

«Certo. Aspetta e vedrai! Diventerai tale e quale a me.»

L’ho guardata con gli occhi sgranati, scuotendo la testa e fingendo di esserne terrorizzata. Lei ha ricambiato il mio sorriso, poi ha inclinato la testa di lato ed è diventata silenziosa.

«Sai, Jaz, spero che il tuo futuro non sia poi così simile a ciò che ho fatto io. A volte credo di non essere stata un granché come madre.» La sua voce si è affievolita. «Vorrei avere fatto molte cose in modo diverso.»

Sapevo a cosa si riferiva, ma mi sono sentita confusa. «Davvero? Forse vuoi dire che avresti voluto che le cose andassero in modo diverso. Tu non hai fatto nulla di sbagliato.»

«No. Cioè, sì...» Parlava lentamente. «Entrambe le cose. Vorrei che le cose fossero andate diversamente, e vorrei anche io avere fatto le cose in modo diverso. Ciò che voglio dire probabilmente è che mi dispiace che gli ultimi tempi siano stati così duri. Vorrei averti protetto di più da... beh, da tutto.»

Ho alzato gli occhi verso di lei. Ho guardato dritto dentro ai suoi. «Mamma, va tutto bene. Non potevi sapere che papà sarebbe morto. È stato difficile per tutte e due.»

Lei ha distolto lo sguardo. «Sì, ma non ti ho detto tutto. Tutto ciò che è successo...»

«Ovvio che non mi hai detto tutto. Ero piccola, non avrei capito. E comunque, non dici sempre che non dobbiamo parlare dei nostri problemi alle altre persone?»

Ancora non mi sembrava convinta. «Davvero, mamma. Non devi darti delle colpe. Davvero.»

«Sì...» Era pensierosa. «Non avresti capito. Non potevo dirti tutto... Ok. E ora le cose... stanno migliorando. Sei cambiata così tanto nelle ultime settimane, da quando... beh, da quando è successa quella cosa.» Non voleva nominare l’aula di teatro. «E anche io ora voglio cambiare. O almeno ci proverò.» Si è fermata, incerta su cosa dire.

Mi sono allungata verso di lei e le ho preso la mano, lei mi ha stretto le dita. «Credo che ormai il peggio sia passato. Le cose andranno meglio.»

Sul suo viso, è scesa una lacrima. «Sì, lo penso anche io.» Si è messa a cercare un fazzoletto nella borsa. «Dobbiamo fare di tutto per andare avanti. Felici. Ok?»

«Sì,» le dico. «Credo di sì.»

Abbiamo finito le nostre cioccolate e ci siamo messe a passeggiare tra i negozi. Io tenevo la mano di mamma. È una cosa che non facevo da tempo. Dopo qualche minuto, lei ha lasciato andare la mia mano e mi ha messo un braccio intorno alle spalle, abbracciandomi. Poi mi ha baciata sulla testa. «Sei proprio una brava figlia.» Per tutto il tragitto verso casa, ho avvertito distintamente il punto in cui ero stata baciata. Era caldo e buono.

Sento ancora quel bacio, e con la mano torno a sfiorarlo, sotto i capelli. Uhm. I miei capelli. Ora ho un argomento per un’intera pagina di diario. La scriverò stanotte...

Caro papà,

ecco cosa sento riguardo ai miei capelli: noia, fastidio, disperazione, delusione... Dov’è il dizionario dei sinonimi, quando serve?

Sì, la lista potrebbe andare avanti ancora e ancora. Anche se mamma in passato ha detto che ho dei bei capelli, io penso che siano noiosi. Per quanto riguarda il colore, mi viene in mente solo la definizione di castano sbiadito. Bleah. Lunghezza media, appena sotto le spalle, senza frangia. Stanno lì, semplicemente. Non dicono niente. Non hanno carattere.

Ad essere onesta, credo che in passato mi siano tornati piuttosto utili. Prima volevo essere invisibile, a volte quando non c’era nessuno mi scioglievo la coda e agitavo i capelli sulla mia faccia, lasciando scoperto solo il naso. Ora, invece, mi serve un cambiamento.

Scivolo giù dal letto, mi infilo i nuovi jeans elasticizzati, la maglietta viola e il reggiseno a pois. Mi avvicino allo specchio dell’armadio e giro la testa di lato, facendo il possibile per guardare il retro della mia testa. Giro la testa dall’altra parte e scuoto di nuovo i capelli, come fa Angela, ma è una cosa da principessa snob. Non è questo ciò che voglio.

Mi rifaccio la coda, prima una coda alta, poi una più bassa. Nessuna delle due mi soddisfa, perciò la sciolgo di nuovo. Tiro fuori la lingua e mi faccio una boccaccia allo specchio. Poi, come se stessi facendo un esperimento, sorrido a me stessa. È una cosa che non ho mai fatto prima. E a dire la verità, con mia sorpresa, il mio sorriso non mi sembra così male. Anzi, mi tira un po’ il viso.

So bene che non sarò mai come Angela, o come Erin, che è così carina coi suoi occhi enormi, ma forse posso non sembrare più così noiosa come al solito. Cioè, almeno ho i denti dritti. E gli occhi verdi.

Gli occhi. Da una delle buste tiro fuori l'eye-liner e il mascara che mamma mi ha comprato. Faccio un esperimento. Metto un po’ di mascara sulle mie ciglia. È una cosa un po’ complicata, ma funziona. Con l'eye-liner è più difficile, ma poi mi rendo conto che posso stenderlo un po’ con le dita e ottenere un aspetto più sfumato. Mi fa piangere gli occhi, ma sono più belli.

Sorrido nello specchio. Niente male. E poi mi viene un’idea per i capelli. Forse una mezza coda potrebbe funzionare. Prendo delle ciocche di capelli dalla fronte e le tiro indietro. Mi guardo da entrambi i lati.

Meglio.

Scompiglio un po’ gli altri capelli intorno alle orecchie.

Decisamente meglio.

Scuoto la mezza coda verso lo specchio, tiro fuori le mie unghie smaltate e osservo me stessa che si guarda nello specchio, strappando un timido segno di approvazione con la testa.

Benvenuta, nuova Jazmine.