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Caro papà,
finalmente! Oggi è il giorno che aspettavo da tanto. E ora che è arrivato, tutte le mie preoccupazioni sono svanite, sostituite dalla più grande frenesia e dalla più forte tensione che qualcuno abbia mai sperimentato!
La prima cosa che ho visto quando ho aperto gli occhi stamattina è stato il mio respiro. Fuori si gela. L’ondata di freddo che ci avevano preannunciato alla fine è arrivata. C’è persino la brina. Spero solo che la temperatura risalga durante la giornata e che il pubblico stasera non debba patire il freddo.
Perché... tah-dah!!! Stasera ci sarà il nostro spettacolo e reciterò nel ruolo principale davanti a 350 persone. Sarò Mary. E sarò agitatissima! Ho già le farfalle nello stomaco e l’adrenalina nelle mani. Ma come fanno gli attori veri a mangiare? Io non ho per niente fame!
Sono le 7:00 del mattino. Alle 5:00 di oggi pomeriggio dobbiamo essere in teatro per i costumi e il trucco. Perciò mancano ancora 12 ore prima che si apra il sipario. Come posso sopravvivere fino ad allora?
Augurami buona fortuna.
Un bacio, dalla tua figlia attrice
Jazmine
PS. Oggi non voglio pensare a Shalini. Ho cose più importanti per la testa.
I miei nervi si stanno vendicando su di me, l’hanno fatto tutto il giorno. Non ho solo le farfalle nella pancia, ma enormi falene che stanno sbattendo dappertutto dentro di me fin da quando sono arrivata a scuola. Ogni dieci minuti mi sorprendo a sorridere, al pensiero di ciò che succederà stasera.
Durante l’ora di geografia l’insegnante sta parlando della regione e della popolazione del Guatemala, ma la mia mente è rivolta a Mary e Colin e Dickon, ai giardini e alle sedie a rotelle e alle trasformazioni. E a non dimenticare le mie battute!
Una risatina nervosa mi esce dalla bocca.
Ooops.
Gabby mi dà una gomitata nelle costole, ma è troppo tardi.
«Jazmine Crawford!» mi richiama l’insegnante. «Non credo ci sia qualcosa di particolarmente divertente in questa lezione. Vuoi fare ridere un po’ anche noi?»
Abbasso la testa per l’imbarazzo. «Mi scusi.» Alzo le spalle verso i ragazzi che si sono girati a guardarmi. So che si staranno chiedendo cosa mi prende.
«Devi rimanere concentrata,» mi dice Gabby allegramente mentre attraversiamo insieme il cortile.
«Non ci riesco! Sono nervosissima!»
Durante l’ora di scienze, l’ultima lezione del pomeriggio, tengo d’occhio l’orologio e calcolo che mancano meno di cinque ore. Meno di cinque ore all’inizio della mia carriera di attrice. Meno di cinque ore prima di trovarmi di fronte al pubblico.
Argh! Il pubblico! Non ho più le falene nello stomaco, ma ora sento che sta come esplodendo. Sento che sto quasi per vomitare, ma non perché l’insegnante sta sezionando un occhio di pecora davanti a tutti.
L’ultima campanella mi fa salire a un nuovo livello di tensione. Grazie al cielo, penso. Se dovessi ancora fingere a lungo di prestare attenzione a qualche insegnante, credo potrei mettermi ad urlare.
Il mio piano è di prendere l’autobus per tornare a casa, mangiare qualcosa, rilassarmi un po’ e poi tornare a scuola alle 5:00 per i costumi e il trucco. Ma prima di tutto, devo andare a recuperare uno zainetto che credo di avere lasciato in teatro ieri. Mi avvio velocemente, non ho molto tempo. Poi sento qualcuno toccarmi la spalla: è Liam, che mi si è avvicinato da un lato. Senza volerlo, mi irrigidisco. Sto cercando di evitarlo da quando abbiamo avuto quella conversazione su Shalini, perché ho paura di scoppiare a piangere e mettermi a singhiozzare sulla sua spalla. È meglio rimanere alla larga da lui per ora.
«Ehi, Jazmine!» mi dice in un orecchio, così posso sentirlo. «L’autobus è da quella parte.» Mi indica la direzione opposta.
«Lo so.» Sorrido nervosa. «Ma prima devo andare a recuperare il mio zainetto.»
«Posso venire con te?» Si sta toccando i capelli, anche lui sembra nervoso.
«Certo.» Anche se acconsento, mi concentro sulla strada.
«Sei pronta per stasera?»
«Credo di sì.» Accenno un sorriso. «E tu?»
«Sì.» Sorride. «Un po’ di tensione nello stomaco, ma nulla di cui preoccuparsi.»
«Bene.» Guardo di nuovo da un’altra parte.
«In realtà, vorrei dirti una cosa. Ultimamente mi sei sembrata un po’... non so, diversa. Soprattutto quest’ultima settimana.» Si gratta la testa. «Come se fossi molto preoccupata per qualcosa e avessi dei problemi...»
Sento le parole “preoccupata” e “problemi” e il mio cuore inizia ad accelerare. Mi concentro su queste due parole e tutto il resto si annebbia. Le mie gambe diventano come borse piene di pietre e le punte delle mie dita diventano di sabbia. Liam ha saputo qualcosa. Sa che sono preoccupata. Crede che abbia un problema. Probabilmente sa anche di cosa si tratta. A cosa sta pensando? Mi abbandonerà? Sta cercando di lasciarmi? Non vorrà più vedermi?
Questi pensieri mi stanno girando vorticosamente in testa, stritolandomi il cervello. Vorrei solo scappare via. Appena in tempo, vedo la porta del teatro: una via di fuga!
«Eccoci.» Gli faccio un grande sorriso e sbatto più volte le palpebre per cercare di non tradirmi. «Devo solo andare a prendere lo zaino. Torno subito, ok?»
«Ah.» Sembra confuso. «Ok. Parliamo quando torni. Ti aspetto qui...»
Non c’è nessuno in teatro, quando apriamo la porta. È tutto buio a parte una luce sul palco, probabilmente qualcuno ha dimenticato di spegnerla. La porta è pesante e ha un meccanismo a molla che la fa richiudere automaticamente. Non sono sicura di riuscire a riaprirla dall’interno. E non voglio restare bloccata qui.
Liam intuisce ciò a cui sto pensando.
«Non ti preoccupare.» Si mette in mezzo alla porta e la tiene aperta. «Non lascerò che si chiuda.»
Ancora un po’ inquieta, corro giù per le scale, nel buio, e poi mi avvio verso gli scalini che portano sul palco. Vedo il mio zainetto, è ancora lì dove l’avevo lasciato, accanto al copricapo.
Bene, dico tra me e me. Ma ora, cosa faccio?
Salgo i gradini, facendo scricchiolare rumorosamente le tavole di legno nell’oscurità. Al buio non è semplice capire dove sto andando, perciò guardo in basso per non inciampare. L’ultima cosa che mi aspetto e di sentire tossire. E ancor meno di imbattermi in qualcuno.
«Ops!» esclamo sorpresa, quando mi scontro con una persona che si è messa tra me e il palcoscenico. È una persona grande e grossa, pesante. Alzo gli occhi, pronta a chiedere scusa.
«Mi scusi...» Ma poi all’improvviso capisco di chi si tratta.
Shalini, in tutto il suo metro e ottanta, è davanti a me, ben salda sulle gambe, con le mani sui fianchi e un’espressione torva sul viso. Sembra persino più grossa del solito, con il suo profilo delineato contro la luce sul palco.
Le falene nel mio stomaco iniziano a ronzare di nuovo. Il cuore inizia a battermi nella testa e mi sento come se qualcuno mi avesse accesso un’asciugatrice nel petto. Mi guardo intorno, cerco Rae e Tyra, ma non ce n’è traccia. Faccio un passo indietro. Io e Shalini ci guardiamo, forse solo per due secondi, ma sembrano trenta.
Poi, lei inizia a parlare.
«Ti avevo detto di lasciare lo spettacolo.» La sua voce è ferma, non so se questa è una buona cosa. Fa un passo in avanti. «Ma non mi hai dato retta.»
«Guarda, Shalini...» Cerco di ricacciare giù la paura che sta salendo lungo la mia gola e di sembrare tranquilla. «Non voglio problemi. Voglio solo riprendere il mio zaino.»
«Non mi hai dato retta.» Stavolta suona più minacciosa. «Non capisco perché credi di essere meglio di chiunque altro. Meglio di me. Anche tu eri lì, quando abbiamo distrutto l’aula. Anche tu eri coinvolta. Eppure io sono stata sospesa e tu no. Perché?»
«Se vuoi parlare, sarò felice di farlo.» Mi guardo intorno con cautela, non so se Liam si è accorto di cosa sta accadendo. È ancora fuori. Spero possa sentire le voci e metta dentro la testa per controllare.
«Però non posso farlo ora. Devo riprendere lo zaino e andare a casa.» Mi faccio in avanti, come per passarle accanto.
Shalini mi ignora. Non si muove. «Sono stata via per sette settimane, ragazza sorda. Sai dove sono stata?»
La guardo, inizio ad annoiarmi. Dove vuole arrivare? Per poco non alzo gli occhi al cielo.
«Dove sono le altre? Rae e Tyra, sono qui anche loro?»
Ride. «Non ti preoccupare. Stanno facendo una cosa per me.»
Ma poi la sua voce cambia di nuovo. È impaziente, e fa ancora un passo in avanti verso di me. «Ti ho fatto una domanda. Sai dove sono stata?»
Mi faccio un po’ più piccola, ma non voglio farle vedere che ho paura.
«Uhm. Sei stata sospesa.» Scrollo le spalle. «Non lo so dov’eri. A casa, probabilmente.»
«No,» mi dice con una voce fastidiosa e forzatamente allegra. «Sono stata a trovare mio padre. Sai dove abita?»
«Come faccio a sapere dove abita?» So che in qualche modo tutto ciò finirà male, ma non so ancora come.
«Beh, dovresti, perché è proprio dove vivevi tu un tempo. Mio padre vive a Mudgee. Si è trasferito lì l’anno scorso. Sai, quel paesino dove sei cresciuta? Te lo ricordi? Che peccato che tu te ne sia dovuta andare. Ma c’erano dei motivi validi. Perché lì tutti sapevano di te e della tua tragedia.»
«Di che stai parlando?» Sono ancora confusa.
«Non fare la stupida con me, ragazza sorda!» Improvvisamente, inizia a gridare, tanto che devo sistemarmi l’apparecchio acustico. «So tutto di te. Hai cercato di cancellare tutte le tracce, ma non puoi nasconderti da me. Mi hai venduta per leccare il culo agli insegnanti, perciò ora dirò a tutti il tuo piccolo segreto.»
«Quale segreto?» Ora sono seccata e alzo la voce. «Sì, ok, mio padre è morto. È stata una tragedia se vuoi chiamarla così. Sì, vivevo a Mudgee, ma non è un segreto e non me ne vergogno, semplicemente non mi viene spesso voglia di parlarne.»
Ricordo all’improvviso ciò che ho saputo di lei. «Comunque, ho sentito che anche tu hai perso tuo fratello in un incidente. Quindi entrambe abbiamo perso qualcuno della nostra famiglia.»
Provo ancora ad essere ragionevole. Forse questa è la mia opportunità per parlare con lei. «Se sei ancora arrabbiata per la morte di tuo fratello, potrebbe aiutarti parlare con qualcuno. Io...»
Ma prima di finire la mia frase, lei ricomincia a urlarmi addosso, pestando i piedi e tremando per la rabbia.
«Non. Devi. Parlare.» Il suo viso è deformato dalla rabbia. «Devi ascoltarmi!»
Faccio un passo indietro, un po’ scossa.
«Sì, piccola stronza ossuta. Mio fratello è morto in un incidente d’auto. Ma quello è stato un incidente, e mio fratello mi voleva bene.» Poi, ferocemente, mi sussurra: «Quindi c’è una bella differenza: un incidente non è affatto un suicidio.»
Ora ha un’espressione vittoriosa sulla faccia, ma non capisco perché crede di avere vinto. Devo sembrarle confusa, perché la sua espressione di trionfo sta diventando sempre più netta.
«Oh, splendido!» Sta gongolando. «Non lo sapevi, vero? Tuo padre non è solo “morto”. Lui si ucciso. Si è suicidato.»
Si porta un dito alla gola mentre dice la parola “ucciso”. Lo stomaco mi salta in gola.
Sta ridendo. «Tu credi di essere come me perché tuo padre è morto, come mio fratello. Ma noi due non abbiamo nulla in comune. Il motivo per cui tuo padre si è ucciso è perché non sopportava di vivere con te. Ogni volta che ti guardava, vedeva solo uno scherzo della natura, un mostro.»
Sono completamente bloccata a terra. Mi sento come se ogni forza mi stesse scivolando via dalle dita dei piedi e delle mani, sciogliendosi sulle tavole del palco. Vorrei perdere i sensi, ma il mio corpo non me lo permette. Posso solo restare lì e ascoltare le sue vili parole di scherno. E vedere tutto l’odio che la sua bocca mi sta riversando addosso. C’è solo una cosa a cui riesco a pensare: NO! Non è vero!
Riesco a sussurrare tra i denti solo una parola: «Bugiarda!»
«Pensi che stia mentendo?» Fa una risatina, piena di soddisfazione. «In paese è un fatto risaputo. Basta fare una passeggiata sulla via principale e chiedere a una persona qualsiasi cosa è successo a Matty Crawford. Ti dirà che un bel sabato mattina ha preso un po’ troppe pillole. Vai a casa e chiedilo alla tua mammina, o non hai più nemmeno quella?»
Inclina la testa di lato. «Cosa pensavi? Ti hanno detto che si era ammalato? Ti sei solo accontentata delle balle.»
«Ha avuto un attacco di cuore.» Spingo fuori a forza le parole. «Succede.»
«Sì, ma ti hanno detto perché? Sei un’idiota, se non l’hai immaginato. C’è sempre una ragione. E nel caso di tuo padre, la ragione è che ha preso troppe pillole perché era troppo depresso per vivere con te e la tua stupida mamma. Che sfigato.»
Non si ferma più. «Non posso crederci. Ma poi, tu chi diavolo saresti? Solo una ragazzina sorda, una nullità. Hai avuto questa parte solo perché hai fatto pena alla Fraser, ma la verità è che sei una vergogna.»
Sta scuotendo la testa. «Sai qual è la cosa più divertente? È che tu credi davvero di essere normale, solo perché ti sei fatta i capelli in quel modo stupido. Beh, non lo sei. Sei un fenomeno da baraccone. Nessuno ti vuole bene, nessuno l’ha mai fatto e nessuno mai lo farà.»
«Quando il tuo ragazzo» - solleva le dita a indicare due virgolette - «sentirà cos’hai fatto tu e cosa ha fatto il tuo amato papà, ti scaricherà all’istante. Lo racconterò a tutta la scuola, e non ti resterà nemmeno un amico.»
Liam! È ancora là fuori? Ha sentito qualcosa? Giro la mia testa velocemente verso la porta. Non riesco a vedere nulla nell’oscurità, anche perché ho la luce del palco dritta negli occhi. Di sicuro avrà sentito. E Shalini ha ragione. Una volta che sarà venuto a sapere questa cosa, non vorrà più avere nulla a che fare con me. Nessuno vorrà più avere nulla a che fare con me.
Mi giro di nuovo per guardare Shalini, la ragazza di cui un giorno avevo pensato di potere essere amica, ma che ora è diventata la mia più acerrima nemica e che mi sta ancora bloccando il passaggio. Si sta avvicinando. Il mio mondo mi sta andando in pezzi davanti agli occhi e io non riesco nemmeno a muovermi.
Ho paura che possa picchiarmi. È molto più grossa di me e potrebbe spezzarmi un braccio quasi senza sforzo. In fondo alla mia mente c’è ancora una voce che continua a dirmi prendi lo zaino ed esci, prendi lo zaino ed esci... Ma sento i piedi pesanti e i muscoli bloccati, e l’interno della bocca sembra di cuoio.
«Avevo intenzione di riempirti di botte. Ma non mi sarei nemmeno divertita.»
Mi afferra il retro del collo tra il pollice e l’indice e schiaccia con forza. Ho un sussulto.
«Vieni qui, ragazza sorda.» Mi tira quasi al centro del palcoscenico.
«Ti darò ancora una possibilità. Non te la meriti, ma sai, io ho un gran cuore.»
Si dirige verso il copricapo dello spettacolo, posato sul palco. «Puoi scegliere: o lo distruggi, o dirò a tutti chi sei realmente e cosa stai nascondendo.»
Abbasso gli occhi verso il copricapo. La vernice dorata e le gemme finte brillano catturando la luce. È così bello che mi viene da piangere. Vorrei raggiungerlo e toccarlo, sfiorarlo con le dita. Conosco il suo peso, la sensazione che mi dà quando è posato sulla mia testa, so come il mio collo deve rimanere fermo per sostenerlo. Mi sono vista con quel copricapo sulla testa: alta, dritta, regale. La prima volta che l’ho messo, mi ha cambiata. Mi sono sentita cresciuta, mi sono sentita come se avessi trovato il mio posto nel mondo. Mi sono sentita vera. Mi sono sentita messa alla prova e in grado di vincere ogni prova. Shalini mi sta spingendo verso il basso, esortandomi. «Forza, distruggilo. Dimostra un po’ di forza, vigliacca.»
Mi divincolo dalla sua presa e mi giro per affrontarla. «Forza? Vuoi proprio parlare di forza? Tu non sai cosa sia, non hai idea di cosa significa essere forte.»
Sbatte gli occhi per la sorpresa e mi guarda, scimmiottandomi. «Cosa?»
Ne ho abbastanza. «Credi di potere venire qui e distruggermi completamente? Beh, non puoi.»
La mia voce sta tremando, ma sta anche diventando più forte, nonostante stia piangendo. «Mi è già stata data la possibilità di scegliere, l’ho fatto, ed è stata una cosa fantastica. Ho scoperto quanto posso essere forte, e lasciatelo dire... non potrai mai sconfiggermi. Puoi diventare ancora più grossa, più dura e più cattiva, ma ho già fatto la mia scelta. E questa scelta non comprende te, né distruggere qualcosa.»
Scivolo sotto di lei, afferro il mio zaino e mi metto a correre. Veloce. Spero che il fatto che il teatro sia buio giochi a mio favore, se Shalini dovesse seguirmi. So muovermi molto meglio di lei qui dentro, dopo quattro settimane di prove. Ora l’adrenalina si è impadronita di me e sto piangendo, correndo e arrancando più veloce che posso. Per mia sorpresa, Shalini non mi sta correndo dietro. È rimasta sul palcoscenico.
E poi mi chiama: «Jazmine!»
Mi fermo, sorpresa e confusa. La vedo chiaramente, al centro del palco, sotto la luce. Ha in mano il copricapo e lo tiene sopra la testa.
«Ci penserò io, a distruggerlo. E dirò a tutti che sei stata tu. Non avrai nessuna prova contro di me.» Urla. «Ti sei già messa nei guai. Ora ci finirai di nuovo. Scommetto che l’altra volta ti hanno dato una “ultima possibilità”. Ora sei finita. Non vedranno l’ora di liberarsi di te.»
Vedo tutto come al rallentatore, con le sue mani che si abbassano verso il palcoscenico. Vedo il copricapo cadere, colpire il pavimento e rotolare, andare in pezzi e rimbalzare lentamente come gli schizzi che fa una pietra gettata nell’acqua.
Non sento nemmeno lo schianto. Non sento nulla, tranne la mia voce che grida e piange, e poi vedo Shalini ridere e guardarmi cattiva e andarsene via, lasciando sul palco quei poveri frammenti a luccicare inconsapevolmente sotto la luce.
Sono sicura mi abbia urlato qualcosa mentre scappava dal teatro attraverso la porta del palcoscenico, ma non la sento, perché tutto ciò che riesco a fare è tenermi lo stomaco e dondolarmi avanti e indietro come se mi avesse riempita di pugni con qualsiasi cosa.
Ora so che devo andarmene da qui. Ha ragione, nessuno crederà mai che non sono stata io, se lei andrà in giro a dire che è colpa mia. Sono nel panico, mi trascino dietro i miei due zaini e inciampo nei gradini, mentre corro verso la porta. È ancora aperta, ma solo in parte. C’è solo una sottile fessura di luce. La tiro con forza e la spalanco. Fuori Liam non c’è.
«Liam!» Mi guardo intorno, disperata. «Liam, dove sei?»
Ma Liam se n’è andato. Probabilmente ha sentito tutto, tutto ciò che ho fatto, e tutto ciò che riguarda mio padre. Sono sicura che se ne sia andato per il disprezzo. Comunque, voleva rompere con me già da prima, quando siamo venuti qui. E dopo quello che ha sentito so che non vorrà più nemmeno vedermi. Devo andare via. Mi metto a correre, i miei occhi lottano con la luce fuori dal teatro buio e le lacrime mi rigano le guance.