Capitolo 28

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Parcheggiamo la macchina e corriamo lungo il sentiero che porta verso il teatro illuminato, su per le scale e dentro i camerini dietro il palco.

Tutti sono occupati a prepararsi. Ci sono un brusio, un fermento nella stanza... e una felicità che non ho mai avvertito prima. Butto il mio zaino accanto a quello delle altre ragazze, vado a cercare negli stand dei costumi in fondo alla stanza e trovo il mio costume per il primo atto. Sto correndo. Non c’è molto tempo e mi devo ancora allacciare i miei vecchi stivali, farmi i capelli e truccarmi.

«Ma dov’eri finita?» mi chiede Sophie. «Ero così preoccupata! Sarei morta se avessi dovuto sostituirti nella parte di Mary!»

«Un piccolo contrattempo. Ma ora è tutto a posto.»

Poi arriva il ragazzo che interpreta Dickon, non vede l’ora di dirmi un pettegolezzo. Lo vedo praticamente cadere dalla sua bocca. «Hai sentito cos’è successo? Sembra che Shalini abbia distrutto il copricapo. La scena del sogno non sarà più la stessa cosa, senza quello.»

La ragazza del trucco mi picchietta un po’ di cipria sulle guance, aggiusta il cappello e mi passa un piccolo tubetto di lucidalabbra. Ci metto dentro il dito, me lo passo sulle labbra e mi guardo nello specchio.

«Wow, sei bellissima!» mi dice Sophie. «Io sono così nervosa...»

Fa una risatina, si sgranchisce le dita e si mette a saltare su e giù sulle punte dei piedi. Le falene ricominciano a ronzarmi nello stomaco. Non posso più andare da nessuna parte, solo su quel palco, sotto a quelle luci, davanti a quelle persone.

«Ancora tre minuti!» dice la Signorina Fraser, attraversando il camerino. «Jazmine, come va?»

Viene verso di me, mi aggiusta il colletto e mi dà un colpetto sul cappello. «Bene, direi. Sei pronta?»

«Credo di sì. Ma cosa devo fare per il copricapo?»

«Non devi fare nulla.» Mi sembra un po’ confusa.

«No, voglio dire, per la scena. Crede che il pubblico capirà che Mary sta sognando di essere una principessa, senza quello?»

Mi guarda dritta in faccia. «Jazmine, quel copricapo non c’entra nulla. Il punto sei tu. C’è una principessa, dentro di te, che ha forza, dignità, portamento e, ovviamente, presenza scenica.»

Sorride. «Sei tu che devi tirare fuori quella principessa e fare in modo che stasera tutti la vedano. Non ti serve un costume. Convinci te stessa e convincerai tutti gli altri.»

Mi fa ruotare verso il palco e mi spinge. «Ora vai. Fammi vedere chi sei.»

Vado verso il punto in cui mi devo trovare all’inizio del primo atto. Il palco è buio. Il sipario è chiuso. Mi siedo sul tronco messo al centro della scena, calandomi nel ruolo di un’orfana, portata via da tutti e da tutto ciò che era la sua vita, seduta in una stazione vuota ad aspettare una donna che non conosco che mi porterà in un posto che non mi piace.

Inspiro ed espiro, inizio a sentirmi come Mary: sola, spaventata, ribelle. Stringo i pugni e ripeto tra me e me la prima battuta.

E poi il sipario si apre e le luci sono così forti che non riesco a vedere nessuno nella platea. Il palco è diventato tutto il mio piccolo mondo, il mondo di Mary Lennox che viene trascinata contro la sua volontà nella sua nuova vita. All’inizio cercherà di combattere quella vita, ma poi capirà la verità su se stessa e i suoi genitori e troverà la strada per il suo nuovo futuro.

Resto seduta per un momento, guardando la ragazza che impersona la governante entrare sul palco. I suoi tacchi scandiscono un ticchettio distinto e regolare sulle tavole del pavimento. Viene verso di me, si ferma, si gira leggermente e pronuncia la sua prima battuta. «Come ti chiami, bambina?»

Le parole risuonano chiare e nette sul palco.

Mi alzo. Alzo il mento e la guardo dritta in faccia. «Il mio nome e Mary Lennox. E non ho nessuna voglia di essere qui.»

Il pubblico ride e un brivido mi percorre la schiena. Terminiamo la scena e iniziamo quella successiva, e poi quella dopo ancora. Ogni volta che esco, sono su di giri per l’eccitazione.

«Sta andando benissimo,» dice la Signorina Fraser alla fine del primo atto. Sta parlando a tutto il cast e a tutti gli assistenti. «Rimanete concentrati e non lasciatevi distrarre.» Sottolinea agli assistenti alle luci ancora un paio di dettagli sui faretti e poi torna da me.

«Jazmine, sei fantastica. La prossima scena è la più importante. Ricordati: stai sognando ciò che puoi diventare.» Si batte il petto. «Sentilo qui, e poi tiralo fuori lì,» mi dice indicando il pubblico. «Puoi farcela.»

Corro a cambiarmi. Devo mettermi un sari indiano ricamato, color rosso acceso e oro. E dei braccialetti dorati ai polsi e alle caviglie. Le ragazze mi stanno tirando su i capelli in uno chignon e mi stanno aggiungendo un po’ di ombretto sugli occhi, un rossetto rosso e un gioiello bindi in mezzo alla fronte. Mi guardo allo specchio, un brivido di compiacimento mi percorre dagli occhi alla punta delle dita.

«Sei stupenda!» mi ripete Sophie. «Sembri proprio un’altra persona.»

E lo sono, penso. Una persona completamente nuova.

La Signorina Fraser entra in camerino.

«Non è come doveva essere, ma ho trovato questo.» Mi mostra una piccola tiara di plastica color argento.

«Lo so, lo so,» mi dice, quando vede il mio sorriso. «Ho telefonato alla mia nipotina di cinque anni e le ho chiesto se aveva qualcosa nella sua scatola dei travestimenti. Sono arrivati solo ora. È una cosa stupida, ma aggiungerà qualcosa all’effetto finale.» Me lo sistema sulla testa e il mio costume è completo.

Andiamo alle nostre postazioni per il secondo atto e il cuore mi batte forte. Sembra quasi una palla da tennis che rimbalza dentro a un contenitore vuoto. Guardo di lato, vedo Liam dietro le quinte. Mi fa un cenno di incoraggiamento e io gli sorrido.

Il sipario si apre, le luci entrano e io mi lascio andare. Ogni parola che dico proviene da quello che è un tesoro nascosto dentro il mio petto, fatto di emozioni e sensazioni. Un tesoro che ho tenuto chiuso a chiave per troppo tempo. Sento ciò che sente Mary, so come reagirà e capisco chi è e perché si nasconde. Entro nel suo sogno, a testa alta, e credo fermamente nella mia bellezza, nella mia forza e nell’amore degli altri.

La scena finisce. Il pubblico grida e applaude. In prima fila, nei posti centrali, vedo mia madre con le lacrime che le rigano il viso e le bagnano la giacca. Sta applaudendo e piangendo. Che combinazione strana, penso per un attimo tra me e me, ma questo è ciò che succede nella vita quando le cose diventano complicate. Puoi applaudire e piangere, allo stesso tempo, e non importa affatto, se rimani fedele a ciò che senti.

La guardo e sorrido. Sorrido più che posso, perché mi sento libera e felice, quasi come se potessi volare. Dal suo posto, con le mani mi dice “Sei bellissima, Jazmine. Ti voglio bene”.

Rimane ferma un secondo. Gli applausi sono ancora fragorosi.

E poi si alza in piedi e continua ad applaudire, e io ho solo mezzo secondo per sentirmi in imbarazzo prima che il resto della prima fila si alzi in piedi, e poi le persone dietro a loro facciano altrettanto. Tutti battono le mani, fischiano e applaudono. E lì in mezzo c’è Gabby, in piedi e con in mano il babbuino che le ho regalato e che fa il tifo per me insieme a tutti gli altri.

Sono esausta. Ma sono felice. La Signorina Fraser ha ragione, non mi serve quel copricapo. Non mi è mai servito. E stasera, sotto a tutte queste luci, sono felice che Shalini l’abbia distrutto, perché io non ho più bisogno di nascondermi dietro a nulla. Non ci sono più segreti. Posso lasciarmi guardare, posso essere orgogliosa di me stessa e non ho più bisogno di essere invisibile.