26

Il mattino dopo, Sam e Remi si alzarono presto e raggiunsero in macchina il Jamaica Archives and Records Department, facendo in modo di trovarsi lì all’apertura. Sam lasciò Remi davanti all’ingresso principale e andò a dare una rapida occhiata nei dintorni prima di seguirla nel palazzo.

Lei entrò, consultò la mappa dell’edificio e trovò la sezione archivistica, notando il fermento degli impiegati che si aggiravano frettolosi nei saloni, chiaramente troppo occupati per prestarle attenzione. Una donna vestita di giallo canarino, con un foulard turchese legato intorno ai capelli scuri, appoggiò sul bancone una pila di cartelline portadocumenti e fece per allontanarsi.

«Mi scusi, lei lavora alla sezione archivistica?» chiese Remi.

La donna alzò lo sguardo. «Sì. Nessuno l’ha aiutata?»

Remi le sorrise. «Non ancora.»

«Le chiedo scusa. I danni provocati dalla tempesta ci hanno colti di sorpresa. Gli allarmi hanno suonato per tutta la notte, è entrata la pioggia. Come può immaginare siamo tutti piuttosto impegnati, ma cosa posso fare per lei?»

«Speravamo di poter dare un’occhiata a vecchi manifesti di carico.»

«Speravate?»

«Io e mio marito... Appena arriva.»

La donna allungò una mano sotto il bancone e tirò fuori un modulo. «Siete ricercatori?»

«Sì.»

«Se compila questo con le informazioni richieste, sarò da lei appena possibile.»

«Grazie.»

Quando Remi ebbe finito, Sam l’aveva raggiunta. «Sembra tutto in ordine là fuori. Come va qui?»

«A rilento. Per i danni di una tempesta, a quanto pare.»

«Per lo meno, l’aria condizionata funziona. Le piogge abbondanti della notte scorsa stanno trasformando l’isola in una sauna.»

Quando la donna tornò, diede un’occhiata al modulo. «Manifesti di carico, diceva?»

«Sì», confermò Remi.

«Sa per caso se è venuto qualcun altro a chiedere di quel particolare periodo storico?»

«No. Siete i primi.» Li condusse quindi agli archivi, indicando la corsia da cui avrebbero dovuto avviare la loro ricerca. «È tutto catalogato in base all’anno. Direi che non dovrebbe essere troppo difficile individuare quello che cercate, ma a volte certe cose vengono archiviate male.»

«Grazie», disse Remi, sperando che non fosse così. C’erano centinaia di volumi: se qualcosa era fuori posto, sarebbe stato difficile trovarlo.

Remi partì dall’inizio della corsia, Sam andò all’estremità opposta, e procedettero l’uno verso l’altra. Alla fine, si incontrarono nel mezzo.

«Vieni qui spesso?» disse Sam.

«Hai fatto bene a non usare la frase con cui mi hai abbordata quando ci siamo conosciuti al Lighthouse.»

«Pensavo che fosse proprio quella, la frase che ho usato.»

«Per fortuna no, altrimenti non credo che ci sarebbe stato un secondo appuntamento.» Gli girò intorno. «Non sto avendo fortuna.»

Lui tornò a concentrarsi sugli scaffali. «Quante probabilità ci sono che il libro che ci serve...»

«Stavo pensando la stessa cosa.»

«Riguardo alla parte che hai controllato. Fallo anche tu con la mia.»

Il risultato non cambiò.

Sam passò alla corsia successiva, anche se gli anni archiviati non erano quelli giusti. Remi passò in rassegna i volumi già controllati, estraendoli dallo scaffale e dando un’occhiata all’interno per essere certa che la data sul dorso non fosse stata contrassegnata erroneamente.

«Niente», disse Sam. «Questa cosa fa pensare, non trovi?»

«Decisamente sì.» Rimise un libro sullo scaffale e ne estrasse un altro. Pur avendo passato in rassegna diversi secoli, nessun volume corrispondeva al periodo storico in questione. Trascorsa un’ora, un pensiero le s’insinuò nella mente. «Sam... Perché i tirapiedi di Avery non sono qui a cercare?»

«Aspettano che siamo noi a trovare le informazioni per sottrarcele un’altra volta.»

«E se...» S’interruppe perché l’impiegata che li aveva aiutati entrò, spingendo un carrello.

La donna alzò gli occhi, sorpresa di vederli. «State ancora cercando?»

«Non c’è», disse Remi.

«Strano. Mi ricorda l’anno?»

«Dal 1694 al 1696.»

La donna si avvicinò agli stessi scaffali che avevano passato in rassegna loro. «Spero che i volumi non siano stati archiviati male...» Dopo qualche istante, raddrizzò la schiena. «Aspettate. Ho notato una pila di libri sul tavolo di ricerca. Pensavo che qualcuno li stesse consultando, quindi li ho lasciati dov’erano. Magari è lì in mezzo.» Indicò loro la direzione.

In effetti, sul tavolo c’erano diversi volumi. Uno era discosto dagli altri.

Sam si avvicinò, ne studiò la copertina e poi il dorso. «Sembra quello giusto.»

«Finalmente.» Remi si accostò al marito e lo osservò mentre voltava le pagine, senza osare esprimere la propria preoccupazione sul perché proprio quel libro si trovasse in disparte.

Subito dopo, Sam individuò i documenti che cercavano. «C’è stata un’inchiesta.»

«Per cosa?»

«La denuncia del furto della Mirabel nel giugno del 1696.»

«Bene. Questo dovrebbe dirci chi era l’armatore.»

«Se riusciamo a districarci tra le deposizioni.» Fece scivolare il libro verso di lei.

Era difficile leggere quel corsivo elaborato. «Roba da farti apprezzare i caratteri moderni.»

«Guarda qua», disse Sam, indicando un paragrafo in basso. «È la deposizione di un membro dell’equipaggio che sostiene di essere stato catturato in Madagascar e portato a bordo della Fancy dal capitano Henry Bridgeman, arrivando prima in Giamaica, poi sull’isola di New Providence... Giunti a Nassau, si sono spacciati per trafficanti inseguiti dalla Compagnia delle Indie Orientali e sono stati fatti entrare in porto.»

«Trafficanti?»

«Se ricordo bene quello che ho studiato, dovevano essere mercanti di schiavi senza licenza», disse Sam. «Era un modo per eludere il monopolio della schiavitù, che era detenuto dalla Compagnia delle Indie Orientali.»

«Bridgeman era un mercante di schiavi.»

«E un pirata.»

«Quindi è lui l’armatore che cerchiamo?»

«No», disse Sam, studiando la pagina. «Bridgeman ha consegnato la Fancy al governatore Trott come parte di una tangente in cambio di un porto sicuro. Trott ha negato di aver mai saputo della nave e di Bridgeman, ma quel membro dell’equipaggio sosteneva che una parte del carico era stata rubata prima che Trott potesse rivendicarla e che il ladro era fuggito a bordo della Mirabel prima che s’inabissasse al largo dell’Isola dei Serpenti.» Fece una pausa mentre procedeva con la lettura. «Questo è interessante...»

«Cosa?»

«Bridgeman è stato inseguito dalla Royal Navy... il capitano...» Voltò la pagina. «Sparito», disse.

«Nel senso che è sparito o nel senso che lì non c’è?» gli chiese, avvicinandosi. «È il libro giusto, vero?»

«Mancano diverse pagine.»

Fece scorrere un dito al centro del volume. Al posto delle pagine restavano solo margini frastagliati.

Remi guardò Sam, mentre il seme del sospetto cresceva. «L’impiegata ha detto che gli allarmi hanno suonato tutta la notte.»

«Di certo non avevano nulla a che fare con la tempesta.»

«Tutto questo tempo sprecato.»

«Portiamolo all’ingresso. Vediamo se qualcuno ricorda qualcosa di questo libro o di chi possa essere venuto a consultarlo.»

L’impiegata al bancone alzò gli occhi dalle sue scartoffie. «C’è qualcosa che non va?»

Sam fece scivolare il libro verso di lei. «È quello giusto, però mancano le pagine che ci servono.»

«Mancano?» La donna studiò il volume. «Non capisco.»

«Qualcuno le ha strappate.»

«E perché avrebbero dovuto fare una cosa del genere? Si possono fotocopiare.»

«È sicura che non sia venuto nessuno a richiedere questo volume?»

«Non negli ultimi tempi», disse, mentre il suo telefono iniziava a squillare. «È venuto uno storiografo a cercare un manifesto di carico per inserirlo nel museo del King’s Royal Naval Dockyard, ma è stato anni fa. Un momento, per favore.» Rispose al telefono. «Archivi... Certo.» Poi, rivolgendosi a Sam e Remi, disse: «C’è altro? Devo rispondere a questa telefonata».

«No. Grazie ancora.»

Se ne andarono. Appena fuori, Sam si fermò bruscamente e Remi per poco non andò a sbattergli contro la schiena. «Abbiamo compagnia», disse, indicando il parcheggio.

Lei scorse il SUV bianco, accanto al quale c’era uno degli uomini del capannone. Stava guardando il telefono mentre si avvicinava alla portiera del guidatore zoppicando vistosamente.

Sam trascinò Remi su un lato dell’ingresso dell’edificio, fuori dal campo visivo dell’uomo.

«E adesso?» chiese lei.

«Vediamo se c’è un’altra uscita.» C’era un’uscita laterale. Sam aprì la porta. «Via libera, direi.»

Puntarono nella direzione opposta rispetto al parcheggio, svoltarono all’angolo e si ritrovarono faccia a faccia con Jak Stanislav, l’uomo della rapina nella libreria. Aveva le mani nelle tasche del giubbotto di pelle e un sorriso malefico stampato in faccia.

Sam si bloccò di colpo, frapponendosi tra Jak e Remi. «Che piacere incontrarti qui.»

«Piacere mio», disse Jak. Estrasse una pistola dalla tasca destra e gliela puntò contro. «Che ne dite di fare dietrofront e tornare alla macchina, dove mi aspettano i miei amici?»

«E se non mi andasse?»

«Alza le mani, se non vuoi che ti ammazzi subito.»

Sam alzò lentamente le mani, poi in un’unica mossa fulminea abbatté la mano destra sulla faccia di Jak e la sinistra sulla pistola, facendola schizzare verso l’alto, quindi la afferrò e sbatté l’uomo contro il muro, colpendolo alla testa con la canna.

Remi non ebbe nemmeno il tempo di reagire, che avvertì la dura canna di un’arma contro la schiena. Si girò. Una specie di gigante le rivolse un’occhiataccia dall’alto. «Di’ a tuo marito di smetterla», le disse.

Erano arrivati i rinforzi.

«Sam...»

Lui si voltò, vide l’uomo che puntava la pistola contro Remi e abbassò l’arma, riconsegnandola a Jak. Poi alzò le mani sopra la testa.

Jak sogghignò. «Sapevo che avresti visto le cose a modo mio. E Ivan è un tipo dal grilletto facile. A buon intenditore...»

Un attimo dopo, il SUV bianco accostò al marciapiede.

Jak indicò il veicolo. «Salite.»

La situazione si era fatta più complicata, ma Sam rifiutò di muoversi.

«Non ho nessun problema a spararvi qui in pubblico», disse Ivan. «A cominciare da tua moglie.» Puntò la pistola contro Remi, avvicinandosi ulteriormente. «Sul sedile posteriore, Fargo. Subito.»

«Fino in fondo», disse Jak, e Sam scivolò fin sul lato opposto. «E ora tu. In mezzo», aggiunse rivolto a Remi.

Lei salì a bordo.

Jak le si sedette accanto, premendole la pistola contro la schiena. «Cinture di sicurezza.»

Remi si agganciò la cintura e Sam fece altrettanto.

«Avete paura che l’assicurazione vi chieda i danni se ci succede qualcosa?» commentò Sam.

Ivan si sistemò sul sedile del passeggero e si voltò a guardarli. «Quale assicurazione?»

«Dove ci state portando?» chiese Sam.

«A fare un giro.»

Remi allungò una mano fino a quella di Sam e le loro dita s’intrecciarono.

La strada a un certo punto si biforcava e il conducente prese a sinistra, un percorso chiaramente meno trafficato. Ben presto la carreggiata ripida si trasformò in una serie di tornanti e l’auto dovette rallentare fino a procedere quasi a passo d’uomo lungo la strada stretta.

Jak allungò il collo. «Va bene. Fermati qui.»

Il conducente silenzioso accostò in una piazzola sul ciglio della strada. Scese, aprì la portiera di Sam e, con la pistola, indicò ai coniugi di scendere a loro volta dall’auto.

Il calore della giungla avvolse Remi non appena mise piede a terra. La vegetazione lussureggiante grondava acqua per via della pioggia della notte precedente e l’umidità era troppa per consentirne l’evaporazione. L’acqua stillava, addensandosi e formando un rigagnolo che attraversava la strada e scendeva lungo il pendio.

Jak indicò con la pistola. «Sul ciglio della strada, tutti e due.»

«Ascolta, se proprio dovete ucciderci, permettimi almeno di dare un bacio d’addio a mia moglie», disse Sam.

«Sbrigatevi.»

Sam si strinse a Remi, infilando una mano nel giubbotto da pescatore. «Credo che quella vacanza dovrà aspettare.»

Lei abbozzò una risata.

Sam si girò su se stesso, prese la mira velocemente e, stringendo la pistola a due mani, sparò al conducente in piena fronte.