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Ainsley saltò fuori del letto, coperta da sudore freddo che le faceva attaccare il pigiama di seta alla pelle. Un brivido le corse lungo il corpo per la brezza di fine estate che entrava dalla finestra aperta della camera da letto. Le decorazioni familiari della propria gioventù la circondavano.

I suoi genitori non avevano mai tolto i poster dei gruppi musicali che le piacevano una volta, o impacchettato le mensole piene di trofei. Stare seduta lì la faceva sentire di nuovo al liceo, con i suoi addormentati dall'altra parte del corridoio, come se potesse correre nella loro stanza, accoccolarsi tra loro due e tutto sarebbe andato a posto.

Naturalmente non era così.

I suoi genitori erano morti; era per quello che si trovava lì a rivivere i vecchi incubi nella sua cameretta.

Ainsley era una persona molto pratica, ma questo particolare sogno, che aveva continuato a fare negli ultimi dieci anni, la faceva sempre sentire impaurita e sola. E ora era realmente sola, a Tarker’s Hollow e da qualsiasi altra parte, se doveva essere onesta.

Decise di scendere in cucina e farsi un tè per dare sollievo alla gola. Si infilò un accappatoio e andò giù per lo stretto corridoio della vecchia e scricchiolante casa vittoriana.

La mano istintivamente cercò il cellulare nella tasca dell'accappatoio, ma restò vuota; a New York avrebbe trovato un'email di un cliente o di un altro agente per tenersi occupata, non importava l'ora, ma il telefono era collegato alla spina giù di sotto, aveva giurato di non toccarlo e aveva consegnato la lista dei clienti a quel giovane agente, l'ultimo arrivato nella sua azienda, per tutta la durata del viaggio.

Ainsley sapeva di doversi concentrare in ogni momento in cui fosse stata sveglia a svuotare la casa, in modo da poter tornare a New York alla sua vita reale, ai suoi clienti.

E da andare via da Tarker’s Hollow prima della luna piena.

L'acqua bollente colpì con un sibilo la bustina di tè alla menta nella tazza. Ainsley si portò l'infusione fumante al viso e inalò.

La riportò indietro alle volte che dopo scuola aveva preso il tè con la sua migliore amica, Grace Kwan-Cortez, proprio in quella cucina. Ainsley mise la tazza sul rotondo tavolo di quercia, sopra a una macchia circolare fatta da molte altre prima di quella.

Quando i suoi erano morti nell'incidente, i genitori di Grace le avevano scritto un biglietto; sembrava che non fosse passato nemmeno un giorno da quando era andata via da Tarker’s Hollow a diciassette anni, senza guardarsi indietro.

Nel biglietto, la signora Cortez le diceva che le voleva bene e che avrebbe sempre pensato a lei come a una figlia, e che sperava che ora lei pensasse a loro come a dei genitori. Spiegava anche che le avevano preparato una camera e che sarebbe potuta tornare a casa quando e per quanto tempo avesse voluto.

Tornare a casa.

L'onestà della frase aveva spezzato il cuore congelato di Ainsley e lei aveva immediatamente messo il biglietto in fondo al cassetto della biancheria, senza riuscire a buttarlo via.

La casa della famiglia Cortez e la sua le riportavano alla mente così tanti ricordi felici della sua infanzia e si sarebbe potuta perdere crogiolandosi nel passato, se non fosse stata attenta.

Era per questo che praticamente si stava nascondendo in casa.

Se non avesse incontrato per caso qualcuno dei suoi vecchi insegnanti o compagni di scuola e se non avesse chiamato la signora Cortez, non avrebbe potuto essere risucchiata e avrebbe potuto arrivare lì e andarsene come previsto.

Era quello che contava per Ainsley; sin dai tempi delle superiori, era quello che la gente chiamava una personalità di Tipo A: le piaceva fare domande e fare le cose bene al primo tentativo. Lei e Grace erano come gocce d'acqua.

Fino a quella notte con Brian che le aveva rovinato la vita e aveva messo fine a quella di lui.