Ci sono storie rimaste per sempre chiuse nel ricordo di un uomo o di una famiglia, come nel cassetto di un comò che si fatica ad aprire per via dell’umidità e del tempo passato. Qualcuno magari le avrà anche ascoltate, quando erano storie giovani e gli anni non le avevano ancora sbiadite, ma poi sono state dimenticate, per caso o perché parlavano di un tempo talmente lontano che la gente nemmeno più ricordava fosse esistito. Molte di queste storie sono andate perdute, sprofondate per sempre in certe piccole valli senza eco delle nostre montagne, calcinate sui muri delle cannoniere di fortezze diroccate, o dimenticate tra i misteriosi solchi che furono trincee e si possono ancora riconoscere su qualche avvallamento degli altipiani più desolati. Altre aleggiano sommessamente tra le mura delle casere in inverno, quando gli ultimi malgari hanno già sprangato porte e finestre e sono discesi a valle attraverso il bosco.

Altre ancora hanno aspettato pazientemente che, cent’anni dopo, qualcuno finalmente si prendesse la briga di scriverle, prima che il ricordo sbiadisse del tutto e delle loro parole non restasse più nulla. Se poi queste storie sono uscite dalla fantasia di uno scrittore, questo non conta.