Rose era una donna statuaria con braccia robuste. Aveva capelli castani scuri e ricci e grandi occhi nocciola. “E allora?” chiese.
“Lei è stata una delle pazienti di Jill Davent, vero?” disse Agatha.
“Sì.”
“È in grado di dirmi qualcosa?”
“Tipo?”
“Aveva per caso cercato di ricattarla?”
“No,” rispose Rose, “però aveva minacciato di portarmi in tribunale. Avevo un problema di rigidità alla spalla. John gliene aveva parlato. Un attimo dopo Jill si era presentata alla porta della cucina sostenendo di essere in grado di guarirmi. Così avevo fissato un appuntamento e ci ero andata. Lei aveva cominciato a pasticciare, a farmi una specie di massaggio. Il tutto era durato circa cinque minuti. Poi aveva preteso sessanta sterline. La spalla mi faceva male come prima, quindi l’avevo mandata a quel paese. E a quel punto lei aveva detto: ‘Ci vediamo in tribunale’. E io: ‘Faccia pure. Controlleranno tutti i suoi titoli di studio’. Allora Jill aveva cominciato a sbraitare che era pericoloso farla arrabbiare. Me ne ero andata. In seguito ho trovato un agopunturista a Shipston-on-Stour e lui è stato bravissimo. Ho detto a tutti quelli che erano disposti a starmi a sentire che Jill era una truffatrice.”
“Quando è successo?” chiese Agatha.
“La sera prima che lei fosse uccisa.”
“Ha visto in giro qualcun altro?”
“Victoria Bannister. Uscendo, me la sono trovata davanti. Era ferma nei pressi del cancello del giardino. Non ci ho fatto molto caso perché Victoria non faceva altro che spiare la gente.”
“Le ha detto qualcosa?” chiese Agatha.
“No, è scappata via. Povera Victoria. Chi poteva desiderare la sua morte?”
“Si vede che sapeva qualcosa, oppure l’assassino può aver pensato che lei sapesse qualcosa,” disse Agatha. “Se dovesse venire a conoscenza di altri fatti, Rose, mi avverta.”
Lungo la strada del ritorno al cottage di Agatha, il telefono di Roy squillò. Il giovanotto rispose e ascoltò con attenzione. Agatha lo sentì dire: “Sì, sarò lì domani”.
Dopo aver chiuso la conversazione lui si esibì in una piccola danza. “Ce l’ho fatta! Devo essere a Parigi domani.”
“Buon per te,” disse lei, ma sentendosi all’improvviso abbacchiata. Un altro sabato e domenica da sola. Una volta arrivati davanti a casa, Roy disse allegramente: “Meno male che ho lasciato la sacca con la mia roba in macchina. Aeroporto, eccomi che arrivo”.
E nemmeno una parola di ringraziamento, pensò Agatha mentre Roy si allontanava a tutta birra.
Quando entrò nel cottage, stava squillando il telefono. Afferrò il ricevitore. “Salve, Agatha,” disse Mark. “Credo di aver scoperto qualcosa. Le va bene se passo da lei?”
“Ma certo,” disse Agatha e salì di corsa le scale per andare in bagno a togliersi il trucco e rifarselo di fresco.
Benvenuta negli anni della manutenzione, pensò Agatha, rimembrando i giorni della gioventù quando aveva gambe di acciaio e i suoi reggiseni di solito erano delle robette mollicce e deprecabili perché i seni non avevano alcun bisogno di essere sorretti. Adesso la vita era una serie infinita di esercizi per il pavimento pelvico, di lifting non chirurgici, tormentose sedute di pulizia dal dentista, massaggi da Richard Rasdall a Stow, più tutti gli altri dettagli del duro lavoro richiesto per tenere alla larga l’avanzare dell’età.
All’improvviso si chiese perché si stesse sobbarcando tutta quella fatica per un uomo che nemmeno le interessava e si cambiò d’abito optando per un tubino di cotone blu e sandali piatti.
Il campanello suonò mentre Agatha stava scendendo le scale. Quando aprì la porta fu colta di sorpresa e si rese conto di essersi dimenticata dell’avvenenza di Mark.
Gli fece strada fino alla cucina. “Si segga,” disse, “e mi dia queste notizie.”
“Ho parlato con Gwen,” disse Mark. “Lei e Jill erano amiche.”
“Questo non mi sorprende,” notò Agatha. “I criminali si sentono sempre a proprio agio in compagnia dei propri simili.”
“Agatha! Gwen è una donna così dolce e non farebbe del male a una mosca.”
“Okay. Vada avanti. Quali sarebbero queste notizie?”
“Gwen dice che Jill le aveva rivelato che qualcuno l’aveva minacciata di morte.”
“Sì, ma chi?”
“Non lo ha mai saputo.”
Agatha sospirò. “Questo non mi fa fare alcun progresso.”
“Ma non capisce? Dev’essere stato qualcuno dei suoi pazienti di Carsely.”
“Non è detto. Potrebbe essere stato il suo ex marito. Non credo proprio che qualcuno in questo villaggio abbia le competenze necessarie per riempire un cottage di microspie.”
“Ma in questi villaggi dei Cotswolds arrivano di continuo abitanti nuovi.”
“Farò un controllo con la signora Bloxby. Però sono certa che se a Carsely ci fosse un nuovo compaesano con un profilo simile a quello della persona che stiamo cercando, la mia amica Margaret me lo avrebbe detto.”
“Devo scappare,” disse Mark. “Magari ci si vede domani?”
“Mi telefoni,” disse Agatha.
Lui l’abbracciò con trasporto.
Bene, bene, bene, pensò Agatha dopo che Mark se n’era andato. Potrebbe anche funzionare. Potrei diventare la signora Dretter. Vorrei tanto potermi sposare in bianco. Ho sempre desiderato un matrimonio con tutti i crismi. Lanciò un’occhiata all’orologio e giudicò che fosse troppo tardi per andare a far visita alla signora Bloxby e decise di andare a parlare con lei l’indomani dopo la messa.
Agatha era davvero intenzionata ad andare a messa, però dormì fino a tardi e arrivò in chiesa quando la funzione stava ormai volgendo al termine. Cominciò a sciamare fuori un discreto numero di persone. Agatha aspettò pazientemente mentre la signora Bloxby si intratteneva con vari compaesani. Alla fine la moglie del pastore raggiunse l’amica.
“I sermoni di tuo marito sembrano essere diventati popolari,” osservò Agatha.
“È perché ha usato la Bibbia di re Giacomo e il vecchio Libro della preghiera comune,” disse la signora Bloxby. “La gente arriva da un sacco di villaggi del circondario. La lingua antica è così rassicurante in un mondo pieno di incertezze. Ti va di venire in canonica a prendere un caffè o qualcos’altro?”
“Sì. Ho bisogno di un tuo consiglio.”
“Sono comparsi i cartelloni della Fiera agricola di Moreton,” disse la moglie del pastore. “Un po’ triste, perché significa che l’estate è finita. Spero che abbiano bel tempo, stavolta. Certi anni il campo era ridotto a un mare di fango.”
Agatha aspettò e quando finalmente lei e l’amica furono entrambe sedute in canonica con i loro bicchierini di sherry disse: “Mark Dretter è venuto da me ieri sera”.
“Il tizio di Dubai?”
“Sì, lui. Continua a suggerire che l’assassino potrebbe essere qualcuno qui di Carsely. Gli ho detto di essere convinta che nel nostro villaggio non abiti nessuno fornito delle competenze necessarie per piazzare quelle microspie nel mio cottage, e Dretter mi ha chiesto se non ci fossero magari delle persone trasferitesi qui da poco. Te ne viene in mente qualcuna?”
“C’è solo un signore che è venuto a stare qui di recente, un certo Bob Dell.”
“Che cosa fa di lavoro?”
“È in pensione. Credo che fosse un bancario. Indossa dei vestitini.”
“Lui cooosa?”
“Ama vestirsi da donna.”
“Come mai non ne ho sentito parlare?” chiese Agatha. “Un travestito. Mi stupisco che non l’abbiano fatto scappare via da Carsely.”
“In realtà il signor Dell è popolare. Perfino Alf lo vede di buon occhio, perché porta enormi mazzi di fiori per decorare la chiesa. E finanzia un sacco di opere di carità.”
“Dove abita?”
“A Badgers Loan. Quella villa vittoriana in Glebe Street, sul retro dell’emporio. Apparteneva all’anziana signora Dell che è mancata l’anno scorso. Aveva novantaquattro anni ed era molto in gamba per l’età che aveva. Ma il suo cervello aveva cominciato a perdere colpi e così con la motocarrozzella è andata a infilarsi dritta nello stagno. È morta per lo shock, credo. Mi stupisco che questa storia non sia giunta alle tue orecchie.”
“Si vede che ero via,” disse Agatha. “Credo che andrò a parlare con questo Bob Dell.”
“Non farai osservazioni sul suo abbigliamento, spero,” l’ammonì la signora Bloxby.
“Io?” disse Agatha. “Ma se sono il tatto personificato.”
Bob Dell venne ad aprire la porta. Era un uomo alto, sulla sessantina, con un gran naso e la boccuccia piccola. Portava una parrucca bionda, era truccato, e il corpo snello era avvolto in un vestito lungo a motivi floreali. Agatha si presentò e il padrone di casa la invitò a entrare.
Le fece strada facendola accomodare in salotto. La stanza era dominata da un pianoforte a coda coperto da uno scialle a frange. Sui tavolini a muro erano disposte parecchie foto in cornici d’argento, e il pavimento era coperto da un tappeto persiano. Al centro della stanza era collocato un gufo impagliato, in una teca di cristallo. Una parete era occupata da una libreria. Il divano e le due poltrone erano foderate in chintz dai colori vivaci. Agatha si sedette sul divano e Bob Dell si lasciò sprofondare in una poltrona di fronte a lei. Si era dimenticato di lisciare la gonna prima di sedersi, così mise in mostra due gambe lunghe e pelose che terminavano in un paio di scarpe décolleté bianche molto simili a due salsiere.
“È poco che ha cominciato a travestirsi?” chiese quella personificazione del tatto che era Agatha Raisin.
“Ho cominciato appena l’anno scorso,” disse lui. “Perché me lo chiede?”
“Non si è depilato le gambe.”
“Detesto farlo. Ecco perché indosso abiti lunghi. Lei è sempre così maleducata?”
“Mi scusi. La mia era semplice curiosità. Ha saputo di quella serie di omicidi?”
“Sì, eccome.”
“Si intende di elettronica?”
“Riesco a stento a usare il computer. Detesto le macchine.”
Quest’uomo non nasconde nulla. È un’anima gentile. Però gli occorre aiuto.
“Non bisogna mai risparmiare sulla parrucca,” disse Agatha. “Quel nido d’uccelli biondo che ha sulla testa grida: sono finto. Telefoni a una ditta che si chiama Posticci Banbury e si faccia mandare il loro catalogo. Non sta facendo una cura di ormoni femminili?”
“No, per me è tutto nuovo. Ma lei è sempre così diretta?”
“Stavo solo cercando di darle una mano. Dove lo ha preso quel vestito?”
“Era di mia madre. Era una donna molto alta.”
“Non va per niente bene. Aspetti un momento.” Agatha tirò fuori il tablet dalla capiente borsa. “Adesso cerco qualcosina. Ah, ecco qui. In Lower Oxford Street c’è un negozio che si chiama Il Paradiso del Transessuale. Vende ogni genere di abbigliamento e accessori per persone come lei. Adesso le scrivo l’indirizzo.”
“È molto gentile, signora Raisin. Domani andrò in città.”
Agatha si alzò. Avendo stabilito che Bob non poteva essere l’assassino, era improvvisamente smaniosa di andarsene.
Però sulla soglia si girò e chiese: “Ma perché ha scelto di trasferirsi in un villaggio come questo? Non si troverebbe meglio a Londra, dove deve esserci un mucchio di gente con abitudini simili alle sue?”.
Bob sorrise e disse: “Oh, la stupirebbe vedere che cosa si trova nei villaggi dei Cotswolds. Non sono solo”.
Agatha se ne andò e per strada sentì levarsi una brezza fredda. Di lì a breve sarebbe stato autunno. All’angolo con Glebe Street all’improvviso si fermò raggelata. Percepiva la presenza del male. Si guardò freneticamente attorno. Poi scrollò le spalle e riprese a camminare. Il fatto di essere sfuggita per un pelo alla morte l’aveva resa nervosa.
Passando davanti all’emporio, chiuso perché era domenica pomeriggio, ricordò tutto a un tratto di essere venuta nei Cotswolds da bambina, e che i suoi genitori, ubriachi come al solito, nella brutta roulotte che si erano fatti prestare da un amico, si erano lamentati della noia di quella vacanza. La bambina Agatha invece i Cotswolds li aveva trovati incantevoli. Era nato così il sogno di tutta la vita, ovvero andare a vivere tra quelle colline. Ma adesso in questo giardino dell’Eden si nascondeva un serpente.
Si era alzato un vento teso, che stava spingendo i nuvoloni a oriente. Tornata al cottage accarezzò i gatti e li fece uscire in giardino e poi controllò i messaggi sulla segreteria telefonica. Ce n’era uno solo ed era della signora Bloxby. “Mi ero dimenticata di ricordarti che sabato prossimo c’è la gara di torte e pasticci,” disse la moglie del pastore. “So che sarai troppo impegnata per contribuire con qualcosa ma abbiamo un banco dove vendiamo oggetti per beneficenza e non ho nessuno che se ne occupi. Puoi aiutarci?”
Agatha le telefonò e le disse che salvo imprevisti lo avrebbe fatto. Si stava chiedendo come impiegare il resto della giornata. Era stanca e stufa marcia di studiare gli appunti sui casi di omicidio.
Qualcuno suonò il campanello d’ingresso. Agatha prima di tutto guardò ben bene attraverso lo spioncino e vide che era Toni. Aprì la porta. “Accomodati. Qual buon vento ti porta qui?” chiese.
“È solo una visita di cortesia,” disse Toni. “Sono stufa di uscire con uomini solo per il gusto di uscire, non so se mi spiego. Ho sentito dire che nella sua vita c’è un tizio. Che avete cenato insieme al George.”
“Oh, Mark Dretter. È un uomo molto bello e non riesco a capire perché io non me ne senta attratta. Ti andrebbe un caffè?”
“Sì, grazie.”
Il campanello suonò di nuovo. “Serviti,” disse Agatha, “intanto che vado a vedere chi è.”
Era Bill Wong. “Che cos’è successo?” chiese lei.
“Nulla,” rispose lui. “È la mia giornata libera e ho pensato di farti visita.”
“Vieni in cucina. Toni è appena arrivata.”
Ci fu un altro trillo di campanello. “Se è Simon, non gli apra,” disse bruscamente Toni. “Ha ricominciato a tacchinarmi.”
“Là fuori ci sono la mia auto e la tua,” disse Agatha. “Se è lui, dovrò farlo entrare.”
Si trattava però di Phil Witherspoon. “Ho pensato di venire a vedere come se la cavava,” disse.
“Si accomodi. Bill e Toni sono in cucina.”
Agatha rifletté che Phil sembrava sempre imperturbabile. La sua faccia gentile e i capelli argentati facevano miracoli quando si trattava di indurre le persone a parlare. La gente con lui si sentiva al sicuro.
Toni gli preparò una tazza di caffè. “Non abbiamo ancora una svolta nelle indagini sugli omicidi?” chiese Phil a Bill.
“Niente di niente. E tu, Agatha, hai qualcosa?”
“Zero.”
“Wilkes nutriva la folle speranza di poter accollare tutti i delitti a Justin, così la stampa avrebbe smesso di alitarci sul collo, ma al momento dell’omicidio di Tremund, per esempio, Justin era a Londra e stava lavorando per una grossa azienda.”
“E che mi dici di Gwen Simple?” chiese Agatha.
“Mi dispiace. Su quel versante non c’è proprio nulla. Non stiamo nemmeno tenendo sotto controllo il suo telefono. E poi ha un alibi a prova di bomba.”
“Non ho mai creduto che Gwen potesse uccidere qualcuno con le proprie mani, ma che potesse indurre qualcuno a farlo per lei,” disse Agatha.
“Come il suo ultimo spasimante?”
“E chi sarebbe?” chiese Agatha.
“Un tizio di nome Mark Dretter. Reputazione immacolata. È in licenza, lavora all’ambasciata a Dubai.”
“Ma non è il suo spasimante,” disse Agatha. “Ha anche cercato di aiutarmi investigando un po’ per conto mio.”
“Mi sembra molto strano,” commentò Bill. “Girano sempre insieme.”
Agatha si rabbuiò. Forse Mark aveva allacciato rapporti amichevoli con lei solo per poter poi riferire a Gwen a che punto era arrivata l’agenzia Raisin nell’indagine sugli omicidi?
“Comunque,” disse di malumore, “Mark ha questa folle idea che potrebbe trattarsi di qualcuno di Carsely.”
“Agatha, in questo villaggio ci sono persone strane?” chiese Bill.
“Non che io sappia. Un travestito, ma non è gran cosa, di questi tempi.”
“Oh, Bob Dell,” disse Phil. “Che tipo bizzarro. Voleva che ingrandissi una foto di sua nipote. Spesso faccio lavori fotografici per i nostri compaesani. Gli ho telefonato per avvisarlo che stavo arrivando a portargli la foto. Ho bussato e ribussato ma non ho avuto risposta.”
“Ha visto qualcuno aggirarsi lì nei pressi?” chiese Agatha.
“Solo un anziano grande e grosso in bicicletta.”
“Questo mi preoccupa,” disse Agatha. “Vado subito su a vedere. Non mi ha dato l’impressione di essere il tipo d’uomo che ti chiede di portargli una foto e poi non apre la porta.”
“Ci vado io,” disse Bill.
“Vengo con te,” insisté Agatha. “Voialtri restate qui.”
“Sono certo che ci stiamo preoccupando per nulla,” disse Bill mentre lui e Agatha si precipitavano a casa di Bob.
“Non farei che agitarmi per il resto della giornata,” disse testardamente Agatha.
Glebe Street aveva un’aria innocente e tranquilla. Agatha suonò il campanello accanto alla porta della villa di Bob. Non ci fu risposta. “Phil ha accennato al fatto di aver bussato,” disse Bill. “Magari il campanello non funziona.”
Bussò forte.
Una brezza leggera fece frusciare la clematide accanto alla porta, e poi si placò.
“Vedi se riesci ad aprire,” lo incalzò Agatha.
Bill provò a girare la maniglia. “È chiusa a chiave,” disse.
“Facciamo irruzione!”
“Non posso. Non ho un mandato. Proviamo sul retro. Magari è in giardino.”
Percorsero un sentierino che correva lungo il lato sinistro della casa. Il giardino era una profusione di fiori. Nel patio c’era un tavolo con un bicchiere di vino ancora pieno a metà e un libro le cui pagine svolazzavano al venticello. Vicino al tavolo una sedia drappeggiata con uno scialle a motivi cachemire.
Agatha chiuse le mani a coppa e guardò attraverso le portefinestre. Era la stanza nella quale Bob l’aveva fatta accomodare.
“Vedi qualcuno?” chiese Bill.
“No, nessuno.”
“Proveremo più tardi,” disse Bill. “Sono certo che tu non abbia motivo di essere preoccupata.”
Agatha però non aveva intenzione di arrendersi. Il suo respiro aveva fatto appannare il vetro. Lo pulì con un fazzoletto e guardò di nuovo. Poi tentò con la maniglia della finestra.
“È aperta,” disse, e prima che Bill avesse il tempo di fermarla, entrò nella sala, chiamando: “Bob! È qui?”.
Si udì un suono flebile da dietro il divano. Agatha si sporse e poi urlò: “Bill!”.
Bob Dell era a terra. La sua faccia era una maschera di sangue.
Bill arrivò di corsa e si inginocchiò accanto a lui. “Il polso è debole.” Telefonò chiedendo che mandassero un’ambulanza e poi chiamò alla centrale.
Toni e Phil avevano sentito le sirene ed erano corsi in Glebe Street, in tempo per vedere Bob Dell che veniva caricato su un’ambulanza. Toni si preoccupò per Agatha, che aveva la faccia bianca come il gesso.
“Credo che dovrebbe andare anche lei in ospedale, Agatha,” disse Toni. “Ha subito un brutto shock.”
“Sto bene,” fece Agatha. “Ho la sensazione che ci sia un legame con la visita che gli ho fatto.”
Wilkes la raggiunse. “Può andare a casa, signora Raisin, e io verrò da lei tra breve a raccogliere la sua deposizione.”
“Ma guardali!” disse Agatha, indicando la squadra della Scientifica, che stava per entrare nella villa. “Mascherine, teste coperte, tuta intera, stivaletti. Se fossero in televisione avrebbero i capelli lunghi fino alle spalle e i tacchi alti.”
“Andiamo,” la incalzò Toni, circondando con un braccio la vita di Agatha.
Tornati al cottage di Agatha, la ragazza cercò di convincerla a bere del tè caldo e zuccherato, ma lei si intestardì nel chiedere un gin tonic. “Le manca il ghiaccio,” disse Toni.
“Ma porcaccia biscia! E chi se ne frega!” strillò Agatha.
Toni le preparò a malincuore il gin tonic. Agatha lo scolò d’un fiato e ne chiese un altro. “Non pensa che sarebbe meglio aspettare di aver rilasciato la deposizione, prima di bere ancora?” chiese Toni.
“No, non lo penso!”
Con sollievo della sua aiutante, Agatha era ancora relativamente sobria quando arrivarono a raccogliere la sua testimonianza Wilkes e un detective che Agatha non conosceva. Poi toccò a Phil essere interrogato e quindi spiegò di aver visto allontanarsi da Glebe Street un uomo robusto in sella a una bici. “Non sono riuscito a vederlo bene,” si rammaricò Phil. “Aveva un berretto da baseball calato sulla faccia. Portava dei pantaloni della tuta grigi e un giubbotto grigio con la zip. E aveva i guanti.”
“Possiamo solo sperare che il signor Dell sopravviva all’aggressione e sia in grado di dirci chi è stato,” disse Wilkes.
“Accertatevi che ci sia un agente di guardia davanti alla porta della sua stanza d’ospedale,” osservò Agatha.
“Non venga a dirmi come devo fare il mio lavoro,” ribatté seccamente Wilkes. “Lei è come il maledetto angelo della morte. Domattina si presenti in centrale, faremo stilare la sua deposizione così potrà firmarla. Lo stesso vale per lei, signor Witherspoon.”
Andati via i poliziotti, Toni disse a Phil: “Aspetterebbe qui con Agatha? Vado a casa a preparare una borsa. Credo sia meglio che io resti a farle compagnia, questa sera”.
“Non avrò alcun problema,” intervenne Agatha.
“Per una volta nella sua vita da prepotente lei farà quello che le diciamo,” la rimbeccò Toni.
“E allora, prima di andare, preparami un altro gin tonic.”
“Tu vai, Toni,” disse Phil. “Ci penso io.”
Quando Phil rientrò in cucina con il bicchiere per Agatha, la trovò che tremava e cercava di circondarsi il corpo con le braccia. “Fa tanto freddo,” gemette.
“È sotto shock. Subito su in camera e a letto.”
Agatha scolò il gin tonic tutto d’un fiato e poi si lasciò condurre al piano di sopra. Si sedette stordita sul bordo del letto mentre Phil le toglieva le scarpe. Poi lui riuscì a farla infilare sotto il piumone e accese la coperta elettrica.
Quando finalmente tornò di sotto, Phil rifletté che non aveva mai visto Agatha così traumatizzata. Qualcosa di quegli omicidi l’aveva colpita nel profondo. Phil si sentiva molto in debito con lei. Chi altri avrebbe riconosciuto il suo talento di fotografo e assunto un uomo come lui, che viaggiava per gli ottant’anni?
Decise di telefonare a Charles. Agatha aveva una serie di numeri appesa al muro accanto al telefono. C’erano due numeri di Charles: quello del telefono di casa e quello del cellulare. Accanto al numero di cellulare Agatha aveva scribacchiato: NON RISPONDE MAI.
Compose il numero di casa. Rispose il maggiordomo di Charles, Gustav. Chiese a Phil chi fosse e che cosa volesse.
Lui disse che aveva chiamato perché Agatha Raisin aveva un disperato bisogno di aiuto. “Temo,” rispose Gustav, “che sir Charles non sia disponibile,” e riattaccò.
Gustav sobbalzò nervosamente quando Charles gli arrivò alle spalle e chiese: “Chi era al telefono?”.
“Qualcuno che cercava di venderci dei doppi vetri,” disse Gustav. Detestava Agatha e spesso temeva che il suo datore di lavoro potesse sposarla.
Charles sapeva che Gustav quando mentiva alzava gli occhi al soffitto in un modo suo particolare. “Allora, che cosa vuole Agatha?” chiese. “Dimmi la verità o alla tua gratifica puoi pure dare l’addio.”
“Ma non fa altro che crearle problemi,” protestò Gustav. “Era un certo Witherspoon, diceva che la signora Raisin ha bisogno di aiuto.”
Phil si sentì sollevato nel veder arrivare contemporaneamente Toni e Charles. Al baronetto riferirono tutto quello che era successo e i loro vivi timori che i nervi di Agatha stessero cedendo a causa della tensione.
Adesso che Agatha era tenuta d’occhio, Phil decise di tornare a casa. Charles osservò Toni, che sembrava agitata e poi le chiese: “Che c’è?”.
“Avevo un appuntamento per stasera ma l’ho disdetto.”
“Non sarà uno dei tuoi vecchioni?” chiese Charles, che era a conoscenza dell’abitudine di Toni di frequentare uomini assai più anziani di lei.
“No, è uno studente di medicina. Ha solo qualche anno più di me. È simpatico.”
“Richiamalo e digli che ci sarai,” disse Charles. “Non è necessario che restiamo qui in due a fare da baby-sitter.”
Agatha si svegliò un’ora dopo. Aveva mal di testa e la bocca asciutta. Povero Bob Dell, pensò. Poi all’improvviso si tirò su a sedere sul letto. Che cosa le aveva detto Bob mentre lei se ne stava andando? Non sono solo.
Questo significava forse che qualche altro abitante del villaggio si travestiva da donna?
Si alzò piano, con la mente in fibrillazione. Charles la sentì girare per la stanza e salì al piano di sopra. “Hai un aspetto orribile,” le disse senza pietà.
Lei lo afferrò per le spalle. “Hai sentito quel che è capitato a Bob Dell?”
“Sì. Bill Wong ha chiamato mentre dormivi. Il povero Bob è deceduto in ospedale un’ora fa.”
“Oh, che cosa terribile. Ma c’è dell’altro. Bob era un travestito. Quando gli avevo chiesto come mai non avesse scelto di vivere in una cittadina, dove avrebbe potuto incontrare più gente simile a lui, mi aveva risposto: ‘Non sono solo’.”
“E allora?”
“E allora magari qui a Carsely c’è un uomo che tutti sono convinti sia una donna.”
“Puzzi di gin vecchio, tesoro mio. Fatti una doccia e poi torna giù a mangiare qualcosa.”
Quando Agatha alla fine ricomparve, lavata e con abiti puliti, era tornata a essere la stessa di sempre.
“Ti sto preparando del tè e del pane tostato,” disse Charles. “Basta sbevazzare.”
“Vorrei un bicchierone di acqua minerale,” disse Agatha. “Ho la bocca che sa di ascella di gorilla.”
“Certo che sei molto espressiva. D’accordo. Bicchiere d’acqua in arrivo. Però mangia del pane tostato.”
“Chi potrebbe mai essere?” si agitò Agatha. “Devo riguardare i miei appunti.”
“Prima il pane tostato e il tè. Gli appunti dopo.”
Agatha mangiò diligentemente due fette di pane imburrato innaffiate dal tè. “Accidentaccio! Non può trattarsi di Gwen Simple.”
“No,” concordò Charles. “Per quanto a te piacerebbe tanto poterlo pensare. Chi altri abbiamo?”
“Andiamo a parlarne con la signora Bloxby.”
“Si sta facendo tardi, Agatha.”
“Sono solo le dieci.”
“Comunque lasciamola in pace fino a domani. E da quel che mi ha detto Phil tu domattina devi presentarti in centrale per firmare una deposizione. La cosa migliore,” disse Charles, “è che tu la smetta di pensare a questa storia. Guardiamoci qualche programma televisivo stupido e rilassante. Concedi un po’ di riposo ai tuoi neuroni.”
Guardarono NCIS nonostante le lamentele di Agatha sul fatto che gli sceneggiatori evidentemente dovessero avere qualche problema con la figura paterna, dato che c’era già stato un altro episodio nel quale uno dei personaggi aveva problemi con il padre. Poi guardarono un vecchio film con Jackie Chan finché Charles non si addormentò e Agatha si ritrascinò a letto.
Puntò la sveglia. Era certa che non sarebbe riuscita ad addormentarsi e al mattino si stupì quando il suono della sveglia la ridestò.
Quando scese al piano di sotto trovò Charles già sveglio, vestito e in attesa. “Ti ci porto io dalla polizia,” disse. “Tu saresti capace di farti venire in mente un possibile colpevole, gridare ‘Eureka!’ e andarti a schiantare contro un lampione.”
In centrale Charles restò lì ad aspettare mentre Agatha veniva portata a firmare la deposizione per Bill Wong.
“Okay, siamo a posto così,” disse Bill. “Dovresti prenderti un giorno di riposo, Agatha. Perché mi guardi in quel modo?”
“Hai scavato nella vita di tutte le persone che ti risultavano essersi rivolte a Jill?”
“Ma certo.”
“Che mi dici della signora Tweedy?”