Agatha Raisin, investigatrice privata residente a Carsely, villaggio dei Cotswolds, avrebbe dovuto essere una donna appagata e felice. Gli affari della sua agenzia andavano bene. Era un autunno inglese insolitamente piacevole. Ma il serpente della gelosia le stava sibilando in un orecchio. In passato era già stata gelosa di altre donne, ma mai e poi mai avrebbe immaginato di poter essere gelosa di Margaret Bloxby, la sua migliore amica, la moglie del pastore.
Nel villaggio si era trasferito di recente un tizio, Gerald Devere, investigatore di Scotland Yard in pensione, e tu guarda un po’ chi era andata a prendersi una cotta per lui: proprio la signora Bloxby. Si era tinta i capelli di un bel color castano intenso e aveva cominciato a mettersi dei vestiti graziosi invece dei soliti capi vecchi e sformati.
Gerald doveva aver passato da poco i cinquanta. Era snello e atletico, aveva una faccia intelligente ed espressiva, begli occhi grigi e strane sopracciglia nere inclinate all’insù. Agatha era determinata a conquistarlo. In fondo era nubile e la signora Bloxby era sposata con il pastore. Le farei un piacere, altro che storie, pensava Agatha. Sono certa che Margaret non voglia mandare all’aria il suo matrimonio.
Però Gerald aveva colto Agatha in flagrante mentre di nascosto cercava di sbirciare che cosa stesse succedendo dentro il suo cottage, e si era infuriato. Si era convinta che sarebbe stato difficile anche solo riconquistare la simpatia del nuovo compaesano.
Agatha telefonò all’amico, il sergente di polizia Bill Wong, e disse: “A Carsely è arrivato un tizio da fuori. Sostiene di essere un detective di Scotland Yard in pensione. Sai qualcosa di lui?”.
“Sì. Era un ispettore con un curriculum impeccabile. Avrebbe potuto fare una carriera più prestigiosa, ma ha deciso di andare in pensione. Temi la concorrenza?”
“Non ho bisogno di temerlo,” disse Agatha. “Adesso il mio lavoro si svolge esclusivamente a Mircester. Robe cittadine. Niente questioni paesane.”
Era una bella mattinata domenicale. Agatha era irrequieta. Aveva preso in considerazione l’idea di andare in chiesa ma si era trattenuta dal farlo, sapendo che la visione della signora Bloxby tutta in tiro e radiosa avrebbe rischiato di portarla a dire cose capaci di mettere fine a un’amicizia preziosa.
Poi si sovvenne che la signora Bloxby le aveva chiesto un aiuto per sostenere la causa delle persone che prendevano in affitto gli orti fuori Carsely. I loro mezzi acri di terra erano minacciati. Quei terreni erano appartenuti a un fondo fiduciario, ma adesso erano di proprietà di lord Bellington, che li voleva vendere a un costruttore intenzionato a farne un quartiere residenziale. Gli appezzamenti per gli orti erano stati creati nell’Ottocento, perché le classi alte vittoriane li consideravano utili per i poveri, che così avrebbero potuto coltivarsi in proprio frutta e verdura. Nel corso degli anni la loro popolarità era decresciuta, finché all’improvviso erano diventati di nuovo molto richiesti, ma questa volta da un numero sorprendente di appartenenti alla borghesia.
Agatha accese il computer e lanciò una ricerca su lord Bellington. Era un barone. Un elemento di peso, pensò. I baroni nelle favole sono sempre malvagi. La sua dimora e le tenute si trovavano fuori Mircester. Decise di andare a parlare con lui e di tentare di persuaderlo a non vendere gli orti. Ricacciò indietro un brividino di paura, ricordando l’ultimo caso, quando per poco non era stata sepolta viva in uno di quegli appezzamenti di terra. Però il fatto che la signora Bloxby potesse aver chiesto aiuto anche a Gerald la spinse a raddrizzare la schiena. Glielo avrebbe fatto vedere lei, a quello, che cos’era capace di fare un’investigatrice privata.
“Sei straordinaria, Agatha,” le disse Gerald durante una cena a lume di candela. E si sporse per prenderle la mano.
Il suono del campanello la ridestò bruscamente dal sogno. Sulla soglia del cottage c’era l’amico Charles Fraith. “Stavo per uscire,” disse Agatha.
Il baronetto la seguì dentro casa. Per quanto in abiti informali – camicia azzurra sbottonata sul collo e pantaloni chino blu – era come sempre impeccabile, dai capelli chiari ben tagliati alle scarpe tirate a lucido.
“Sei tutta truccata e in ghingheri,” disse Charles, scrutandola. “È il tuo tipico abbigliamento da caccia al maschio. Se questa cosa ha a che fare con Gerald Devere, lascia perdere. Ti ho già chiesto di non calpestare i sogni della signora Bloxby perché Margaret è una brava donna e i suoi sogni resteranno tali.”
“Beh, ti sbagli,” disse Agatha. “Sto facendo un favore alla signora Bloxby. Gli orti attorno a Carsely sono minacciati.”
“Oh, il perfido lord Bellington.”
“Lo conosci, Charles?”
“Ogni tanto lo incontro.”
“Sto andando a vedere se riesco ad addolcirlo, a far breccia nel suo cuore.”
“Verrò con te,” disse lui. “Quello non ha un cuore. Ha una pietra.”
La magione di lord Bellington, Harby Hall, si trovava a poche miglia da Mircester. Sembrava ben sorvegliata. Furono subito fermati al casotto della portineria, prima di essere autorizzati a imboccare il viale d’accesso. A un certo punto furono bloccati da un guardacaccia che volle sapere per quale motivo fossero lì. “Una semplice visita,” disse Charles, ripetendo la spiegazione data al custode all’ingresso.
Rimisero in moto e finalmente arrivarono alla villa padronale. “È perfino più brutta della mia,” constatò Charles.
Era una mostruosità turrita, costruita da qualche architetto vittoriano all’epoca in cui impazzava lo stile neomedievale. Le finestre erano piccole, con i vetri a losanghe. La facciata era dominata da un grande portico. Raggiunsero una massiccia porta d’ingresso in quercia, con borchie di ottone.
Charles suonò il campanello. La porta fu aperta da una giovane donna in bikini. Aveva la faccia tonda e pallida e occhietti neri piccolissimi. I capelli mori erano bagnati. Il bikini succinto metteva in mostra rotoli di adipe bianchicci e le gambe erano coperte di peli neri.
“Che volete?” chiese.
“Vorremmo parlare con lord Bellington,” disse Charles.
“Papà è in piscina. Vi conosce?”
“Sì,” disse Charles.
“Okay. Seguitemi.”
L’atrio era molto buio e alle pareti erano appoggiate armature intere. Dal soffitto pendevano laceri vessilli di battaglia. La ragazza trotterellava davanti a loro, sgocciolando. Fece strada attraverso una porta in fondo all’atrio, scese delle scale in pietra e finalmente arrivarono in una grande stanza umida con una grande piscina.
Un omone peloso, nudo come un verme, era seduto su una sdraio accanto alla piscina e si stava asciugando i piedi con una salvietta.
“Amici tuoi, papà,” disse la figlia e si tuffò in acqua.
Il barone aveva una faccia da attaccabrighe e occhietti colmi di sospetto sotto le sopracciglia cespugliose e incolte. “Non vi conosco,” disse.
“Sono sir Charles Fraith. Ci siamo conosciuti l’anno scorso al ballo della caccia.”
“Ah, ecco chi è. E questa è sua moglie?”
“No. Le posso presentare Agatha Raisin?”
Adesso si sta asciugando le parti intime, pensò Agatha. Se solo si mettesse addosso qualcosa.
“Andiamo di sopra, vi offro qualcosa da bere.” Lord Bellington si alzò e con sollievo di Agatha si avvolse in un’ampia vestaglia.
Lo seguirono su per le scale e attraverso una stanza al piano terreno. “Questo è il mio studio,” disse, aprendo un armadietto dei liquori. “Che veleno preferite?”
Agatha chiese un gin tonic e Charles un whisky con soda. La stanza era ingombra di stivali da caccia, borse da caccia e canne da pesca. Un grosso salmone li osservava mesto da una teca di cristallo. Una volpe impagliata su un tavolino aveva i denti scoperti, come se volesse fare un balzo in avanti e mordere le carni degli ospiti. Una fitta cortina di edera fuori dalla finestra lasciava filtrare bagliori di sole.
Charles e Agatha si accomodarono vicini su un divano malconcio che cigolò in modo allarmante. Lord Bellington si sedette dietro una scrivania dagli intarsi elaborati, bevve una sorsata di un liquido indefinito color porpora e chiese: “Perché siete qui?”.
“Si tratta degli orti del villaggio nel quale abito,” disse Agatha. “Se lei permetterà alle case di prendere il posto degli orti, Carsely potrebbe perdere lo status di villaggio e diventare una cittadina. Da noi ci sono già due persone che da anni cercano di costruire quartieri residenziali, adesso si sentiranno autorizzate a farlo.”
“Pensate che me ne freghi qualcosa dei desideri di una manica di villici seccatori?” chiese.
“Ha proprio bisogno di quei soldi?” chiese Charles.
“Lei lo dovrebbe sapere bene che le tenute succhiano soldi come vampiri. Dite a quella gentaglia di Carsely che non hanno nessuna speranza di farmi cambiare idea.”
“Chi eredita, se lei muore?” chiese Agatha.
“Sta pensando di farmi fuori? L’eredità spetta a mio figlio Damian. Per quanto sia uno smidollato tale che sto meditando di modificare il testamento. E adesso cavatevi dai piedi. Voglio pranzare.”