XIX

LA PASSIONE

Il quarto inno, composto tra il 3 marzo 1814 e l’ottobre 1815, è dedicato al momento centrale della liturgia cristiana, la Passione subita da Gesù fino alla crocefissione. Come notò il Tommaseo, Manzoni affronta il tema luttuoso in una prospettiva volta a «insistere sui tormenti morali più che su quelli corporei» (Ispirazione e arte o lo scrittore educato dalla società o educatore, Le Monnier, Firenze 1858, pp. 313 ss.).

La scelta metrica cade qui sul decasillabo anapestico, cioè con accenti fissi di 3a-6a-9a, che impone un andamento martellante e ripetitivo, sempre uguale, produttivo di un ritmo cupo, militante e insieme mortuario, strettamente funzionale al tema. Una scelta che ben poco concede alla consueta piacevolezza di cui è investita la poesia, che qui Manzoni attua per la prima volta, e che poco dopo sarà del Coro che conclude l’Atto II del Conte di Carmagnola, imponendole una parentesi fortemente politica, e quindi dell’inno politico Marzo 1821. Ma il Manzoni ben sapeva che a inizio secolo il decasillabo risuonava nella pubblicistica poetica rivoluzionaria (cfr. l’introduzione a Marzo 1821); sull’esempio del Monti, nella «canzone» La tomba di Sebenico ossia la prigionia di 131 patrioti cisalpini nelle casematte del castello a mare di Sebenico, letta dal mantovano Ferdinando Arrivabene il 4 settembre 1800: «Son pur crudi son pur senza core / Que’ Ministri Politici oscuri, / Che alla libera patria spergiuri / Son or sacri ai delitti dei re! […]».

A differenza dei tre inni precendenti e di contro alla compattezza e autonomia della singola stanza, l’inno ha una struttura non facilmente schematizzabile. Molti segnali testuali compattano le stanze senza soluzione di continuità in una fitta rete di richiami tematici, fino a sfociare nella preghiera conclusiva, equilibrata tra il Padre (vv. 81-88) e la Madre (vv. 89-96). Un’amalgama testuale che non offre pause al lettore. Alle interrogative della strofa 3 (vv. 17-24) Chi è costui…?, rispondono nelle successive tre strofe (vv. 25-48) i testi evangelici; le str. 7-8 introducono la responsabilità degli uomini (lo stuol de’ beffardi), di Giuda traditore, del superbo Romano e del protervo Giudeo (vv. 49-64); le str. 9-10 introducono, infine, l’ira divina che colpirà gli uomini, muovendo la preghiera delle ultime due.

Particolare è la natura di queste strofe. Il discorso sui versi parisillabi, fatto per la Risurrezione, vale a maggior ragione per quest’inno, in cui pari è anche il numero dei versi (8) della strofa e il numero di queste (12). Si aggiunga che la rima tronca, che nella Risurrezione, nel Natale, e in maniera più libera nella Pentecoste si presentava identica a concludere una coppia di stanze, abbinandole, nella Passione è invece ribattuta entro ogni strofa, che risulta in tal modo scandita in coppie tetrastiche, conferendo compattezza al singolo individuo metrico. Se poi si nota che la pausa metrica è qui sempre pausa sintattica forte (il punto fermo, tranne qualche caso di punto e virgola), si coglie la completa autonomia di queste stanze e con essa una ragione dei limiti artistici imputati dai critici a quest’inno in particolare.

In questo procedere, che non sfugge alla sensazione di una ripetitività un po’ meccanica (poco conta se volutamente ricercata), importano le eccezioni date dai forti richiami formali (str. 4-5 e 6-7) o tematici (str. 11-12). Nel primo caso, le due coppie rispondono entrambe alla domanda centrale espressa a inizio della strofe precedente Chi è costui, che… (v. 18), talmente centrale da imporre la prima infrazione alla martellante prosodia anapestica (vv. 19-20); mentre la solidarietà della coppia delle strofe è indicata dapprima dalla triplice ripresa anaforica Egli è… (vv. 25, 27, 29) e dalla ripresa pronominare Quei… (v. 33) e Ei… (v. 40), quindi dalla duplice esclamazione dello spontaneo orrore del fedele Oh spavento! (vv. 43 e 49), che anticipa la serie delle ingiurie subìte dal Cristo.

Altri due casi di infrazione prosodica si incontrano al v. 42, imposta da pausa sintattica forte, e ai vv. 87-88, nella penultima strofa, tematicamente unita all’ultima in quanto preghiera indirizzata, con perfetta bipartizione, a Dio (O gran Padre! v. 81) e alla Vergine (E tu, Madre, che… v. 89). In questo caso l’altezza sublime della materia, centrata sulla speranza nata dal sacrificio di Cristo, è segnata da un enjambement che spezza l’aggettivo composto, dando luogo all’unica rima franta manzoniana (Contini). L’infrazione ritmica è qui chiamata ad esaltare quel sacro / Santo Sangue di Cristo (vv. 87-88) che – atto d’amore – purificherà anche coloro che lo hanno versato.

Anche la scelta stilistica di una «energica sostantivazione dell’aggettivo […] trova in questo inno la sua più intensa applicazione» e ha portato Contini a concludere che «nella Passione è un vertice dell’alto manierismo manzoniano» (p. 38).

1.  
O tementi dell’ira ventura,  
Cheti e gravi oggi al tempio moviamo,  
Come gente che pensi a sventura,  
Che improvviso s’intese annunziar.  
Non s’aspetti di squilla il richiamo; 5
Nol concede il mestissimo rito:  
Qual di donna che piange il marito,  
È la vesta del vedovo altar.  
2.  
Cessan gl’inni e i misteri beati,  
Fra cui scende, per mistica via, 10
Sotto l’ombra dei pani mutati,  
L’Ostia viva di pace <e> d’amor.  
S’ode un carme: l’intento Isaia  
Proferì questo sacro lamento,  
In quel dì che un divino spavento 15
Gli affannava il fatidico cuor.  
   
3.  
Di chi parli, o Veggente di Giuda?  
Chi è costui, che dinanzi all’Eterno,a  
Spunterà come tallo da nuda  
Terra, lunge da fonte vital? 20
Questo fiacco pasciuto di scherno,  
Che la faccia si copre d’un velo,  
Come fosse un percosso dal cielo,  
Il novissimo d’ogni mortal?  
4.  
Egli è il Giusto che i vili han trafitto, 25
Ma tacente, ma senza tenzone;  
Egli è il Giusto; e di tutti il delittob  
Il Signor sul suo capo versò.  
Egli è il Santo, il predetto Sansone,  
Che morendo francheggia Israele, 30
Che volente alla sposa infedele  
La fortissima chioma lasciò.  
   
5.  
Quei che siede sui cerchj divini,  
E d’Adamo si fece figliuolo;  
Nè sdegnò coi fratelli tapini 35
Il funesto retaggio partir.  
Volle l’onte, e nell’anima il duolo,  
E le angosce di morte sentire,  
e il terror che seconda il fallire,  
Ei che mai non conobbe il fallir. 40
 
6.  
La repulsa al suo prego sommesso,  
L’abbandono del Padre sostenne:  
Oh spavento! l’orribile amplesso  
D’un amico spergiuro soffrì.  
Ma simìle quell’alma divenne 45
Alla notte dell’uomo omicida:  
Di quel Sangue sol ode le grida;  
E s’accorge che Sangue tradì.c  
   
7.  
Oh spavento! lo stuol dei beffardi  
Baldo insulta a quel volto divino, 50
Ove intender non osan gli sguardi  
Gl’incolpabili figli del ciel.  
Come l’ebro desidera il vino,  
Nelle offese quell’odio s’irrita;  
E al maggior dei delitti gl’incita, 55
Del delitto la gioja crudel.  
   
8.  
Ma chi fosse quel tacito reo,  
Che dinanzi al suo seggio profano  
Strascinava il protervo Giudeo,  
Come vittima innanzi a l’altar, 60
Non lo seppe il superbo Romano;  
Ma fe’ stima il deliro potente  
Che giovasse col sangue innocente  
La sua vil sicurtade comprar.  
   
9.  
Su nel cielo in sua doglia raccolto 65
Giunse il suono d’un prego esecrato:  
I celesti copersero il volto:  
Disse Iddio: qual chiedete sarà.  
E quel Sangue dai padri imprecato  
Su la misera prole ancor cade, 70
Che mutata d’etade in etade  
Scosso ancor dal suo capo non l’ha.  
   
10.  
Ecco appena sul letto nefando  
Quell’Afflitto depose la fronte,  
E un altissimo grido levando, 75
Il supremo sospiro mandò,  
Gli uccisori esultanti in sul monte  
Di Dio l’ira già grande minaccia;  
Già dall’ardue vedette s’affaccia,  
Quasi accenni: fra poco verrò. 80
   
11.  
O gran Padre! per Lui che s’immola,  
Cessi alfine quell’ira tremenda;  
E dei ciechi l’insana parola  
Volgi in meglio, pietoso Signor.  
Sì quel Sangue sovr’essi discenda;d 85
Ma sia pioggia di mite lavacro:  
Tutti errammo; di tutti quel sacroe  
Santo Sangue cancelli l’error.  
   
12.  
E tu, Madre, che immota vedesti  
Un tal Figlio morir su la croce, 90
Per noi prega, o regina dei mesti,  
Che il possiamo in sua gloria veder;  
Che i dolori, onde il secolo atroce  
Fa dei buoni più tristo l’esiglio,  
Misti al santo patir del tuo Figlio, 95
Ci sien pegno d’eterno goder.  

METRO: 12 strofe di otto versi di decasillabi anapestici, con schema a b a ctr b d d ctr

1-8. O tementi… altar: si rivolge direttamente alla comunità dei fedeli unita nel giorno di maggior lutto.

1. tementi: l’aggettivo sostantivato caratterizza qui il popolo cristiano nel timore del castigo divino. ira ventura: latinismo, ‘il castigo divino che verrà’, cfr. Il Natale, v. 18; così Lc. 3, 7 «quis ostendit vobis fugere a ventura ira» [“chi vi ha insegnato a fuggire l’ira che verrà”], Mt. 3, 7, e Paolo, I Tess., 1, 10 «qui eripuit nos ab ira ventura» [“che ci ha sottratto all’ira che verrà”] (Leri).

2. Cheti e gravi: dittologia, ‘in silenzio e in riflessione’; il silenzio è in Manzoni sempre segno di profondità spirituale e importa il rispetto reverenziale della parola. tempio: latinismo scritturale, ‘la chiesa’. moviamo: esortativo (Polvara).

3. Come… sventura: rimemora Dante, Purg. II, 11 «come gente che pensa a suo cammino». a sventura: privo di articolo, assoluto.

4. improvviso: con valore avverbiale.

5. Non… richiamo: la forma impersonale del verbo realizza la trepidazione di una comunità tesa e partecipe. di squilla: per metonimia, ‘delle campane’, «che durante la settimana santa tacciono da giovedì alla domenica» (Gavazzeni2).

6. Nol: con assimilazione del pronome oggetto lo, ‘il suono delle campane’ (v. 5). il mestissimo rito: ‘la memoria liturgica della Passione’.

7-8. Qual di… altar: la similitudine tra la vesta dell’altar parato di viola a lutto (dunque vedovo) nella settimana santa e l’abito di una donna che ha perso il marito si sostiene sulla metafora liturgica della Chiesa sposa di Cristo.

9. Cessan… beati: il silenzio additato ai fedeli (v. 2 e nota) è in quei giorni anche della Chiesa, che rinuncia agli inni di gioia in lode del Signore e alla «consacrazione eucaristica che nel Venerdì Santo non si celebra, consumandosi durante la messa il pane e il vino consacrati il giorno prima» (Accame Bobbio2).

10. Fra cui scende: ‘in mezzo ai quali scende tra i fedeli’. per mistica via: ‘per una via imperscrutabile’.

11. Sotto l’ombra: ‘sotto le veci’. dei pani mutati: plurale per singolare; la transustanziazione del pane in corpo di Cristo.

12. viva: l’epiteto si lega a Ostia (latinismo, ‘vittima’, dunque con figura di ossimoro), ma ha sfumatura verbale, ‘vivente’, per il rinnovarsi del sacrificio eucaristico (Polvara); cfr. Gv. 6, 41 «Ego sum panis vivus, qui de coelo descendit» [“Io sono il pane vivo, che scende dal cielo”] (Venturi2); di… d’amor: mediale.

13. S’ode un carme: il silenzio liturgico imposto dalla ricorrenza è rotto solo dal sacro lamento del profeta. l’intento Isaia: latinismo, ‘l’assorto Isaia’, cfr. v. 16.

14. questo… lamento: preciso riferimento all’ufficio del Venerdì Santo che prevede la recita di Is. 53, 1-12.

15. un divino spavento: soggetto, ‘un timore di origine divina’.

16. Gli affannava: «Fattitivo, “faceva affannare”» (Contini); l’imperfetto dilata il tempo della angustia. il fatidico cuor: ‘profetico’, perchè ispirato da Dio, il quale parla in lor parole (La Risurrezione, 48).

17. Di chi… Giuda?: l’interrogativa retorica si rivolge direttamente al profeta (veggente) Isaia, della tribù di Giuda.

18-24. Chi è… mortal?: le due interrogative retoriche sono entrambe rette da Chi è, con variazione del pronome che identifica Cristo (costui…. Questo…).

18-20. Chi è… vital?: la risposta all’interrogativa del verso precedente è in forma di perifrasi e insieme di un’ulteriore interrogativa retorica per antonomasia, mentre lo statuto eccezionale del soggetto (Cristo) importa la prima infrazione al ritmo anapestico per il forte enjambement dei vv. 17-18; cfr. il passo di Isaia citato nella nota del Manzoni.

19. come tallo: ‘come virgulto’, è ripresa alla lettera, secondo la liturgia ambrosiana del venerdì santo, di Is. 53, 2 «Et ascendet sicut virgultum coram eo, et sicut radix de terra sitienti» [“Sicché spunterà dinanzi a lui come un virgulto, e quasi tallo da arida terra”] (Venturi2).

20. lunge da: ‘lontano da’, senza l’articolo.

21. Questo fiacco: aggettivo sostantivato con determinativo, soggetto della seconda interrogativa retto ancora da Chi è, v. 18; fiacco è ‘debole’, ma per antifrasi. pasciuto di scherno: mediale, ‘nutrito con lo scherno’, ‘saziato dalle offese’, cfr. Lam. 3, 30 «saturabitur opprobriis» [“si sazierà di umiliazioni”] (Venturi2); Manzoni ritorna sul concetto della derisione subita da Cristo ai vv. 49-50, e cfr. Il nome di Maria, v. 9.

22. Che la… velo: ‘oscurò il suo volto luminoso con il velo corporeo’; l’immagine raffigura la modestia e la dissimulazione cui è informata l’incarnazione di Cristo; si veda la nota del Manzoni.

23. Come… dal cielo: cfr. Is. 53, 5 «et percussum a Deo, et humiliatum» [“e percosso da Dio e umiliato”].

24. Il novissimo: latinismo, ‘l’infimo’; anche qui l’aggettivo sostantivato e la semantica sono di origine biblica, cfr. Is. 53, 3 «despectum et novissimum virorum» [“disprezzato e infimo degli uomini”].

25-80. Egli… verrò: «Esposte le profezie, viene ora il Poeta a descrivere con questa e con le sei seguenti strofe la storia della Passione, la quale è il soggetto di tutte le preci della Chiesa nel Venerdì Santo» (Venturi2); la conclusione del segmento è affidata eccezionalmente alla parola di Dio registrata in discorso diretto (fra poco verrò), che annuncia la nuova vita, insieme speranza per il buono e minaccia per il tristo.

25-32. Egli… lasciò: l’intensa climax ascendente con triplice anafora verbale e gradatio (Giusto… Giusto… Santo…) prepara il confronto con Sansone, leggendario eroe biblico «che per amore si dona» (Accame Bobbio2), svolto nella seconda parte della strofa; la variatio impressa da Santo introduce perciò un distinguo antitetico e fondamentale tra le due figure; le due strofe sono assimilate dalla ripresa pronominale (Egli è… Quei che… Ei che…).

25. i vili: l’aggettivo sostantivato riunisce tutti coloro che ebbero parte al martirio, in antinomia a Giusto.

26. Ma… ma…: «solo perché Egli stesso volle» (Venturi2); «la congiunzione spesseggia nella Passione: vv. 45, 57, 62, 86» ed è due volte negli altri inni (Gavazzeni2). tacente: con valore verbale, ‘perché taceva’. senza tenzone: ‘senza resistenza’; sostituisce la lezione anteriore querele, cioè ‘senza lamentarsi’.

27. Giusto: la pausa sintattica, che isola il secondo termine dell’anafora, lo evidenzia e lenisce il ritmo anapestico del verso.

27-28. e di… versò: complemento oggetto, anastrofe; cfr. Is. 53, 6 «Et posuit Dominus in eo iniquitatem omnium nostrum» [“E il Signore pose su di lui l’inquità di tutti noi”] (Venturi2).

28. Il Signor: Dio. sul suo capo: di Cristo.

29-32. Il Santo: latinismo, ‘l’inviolabile’. Egli… lasciò: la similitudine richiede la lettura allegorica del raffronto tra il mondo antico raffigurato da Sansone e quello nuovo di Cristo.

29. il predetto Sansone: secondo la Bibbia (Giudici 13-14, donde predetto, ‘profetizzato’) è l’eroe che sacrificò se stesso per il proprio popolo, distruggendo sé e i Filistei, l’unico assimilabile per generosità a precursore di Cristo, sia pure con una certa forzatura.

30. morendo: mediale, ‘tramite la propria morte’ (riferito a Cristo, che). francheggia: ‘rende libero’, ‘affranca’, con presente narrativo; frequentativo rarissimo, usato una volta da Dante, Inf. 28, 116 «la buona compagnia che l’uom francheggia».

31. Che volente: ripresa anaforica del verso precedente, ma riferito a Sansone; il participio richiama tacente v. 25.

31-32. alla sposa infedele… lasciò: la moglie (sposa) Dalila, cui Sansone (soggetto) aveva confidato che il segreto della propria forza risiedeva nei capelli (fortissima chioma complemento oggetto, con ipallage), lo tradì (dunque infedele), tagliandoglieli (lasciò, lett. ‘abbandonò’) e condannandolo in tal modo alla prigionia.

33-40. Quei… fallir: con costrutto circolare, strutturato dal soggetto Quei… ad apertura della strofa, al centro il predicato Volle, e all’ultimo verso la ripresa del pronome Ei.

33. Queidivini: Cristo; ‘sfere celesti’, cfr. Is. 40, 22 «qui sedet super gyrum terrae» [“Egli siede sopra la volta del mondo”] (Boggione), con rinvio anche alla raffigurazione della Rosa mistica dantesca, in particolare a Par. XXXI, 115 «ma guarda i cerchi infino al più remoto» e i «cerchi superni» di Par. XXVII, 144 (Venturi2).

34. E: ‘tuttavia’; «enfatico» (Polvara). d’Adamo… figliolo: ‘si fece uomo’, cioè ‘si incarnò’.

35-36. coi fratelli tapini: ‘con gli uomini’, divenuti fratelli per la discendenza da Adamo comune al Cristo fatto uomo; tapini (‘miseri’) è usato tre volte da Dante nella Commedia, per es. Inf. XXXIV, 9 «come ’l tapin che non sa che si faccia». Il funesto retaggio: ‘la funesta eredità’, cioè ‘il peccato originale’, funesto (latinismo) perchè da esso discendono le miserie umane. partir: ‘condividere’.

37. Volle: soggetto è Quei v. 33, cioè Cristo, e complemento oggetto l’onte, ‘le ingiurie’ (con trasferimento dell’accezione di ‘vergogna’ sui carnefici); poi tramite coordinazione volle è piegato a verbo servile.

37-39. e nell’anima… terror: Cristo volle conoscere (sentire, latinismo) con tre complementi oggetto in climax ascendente (duolo… angosce… terror…).

39. seconda: predicato, ‘segue’, d’uso dantesco, Par. I, 34 «Poca favilla gran fiamma seconda» (Venturi2).

40. Ei… fallir: ripresa di Quei v. 33; risente di S. Paolo, 2 Ad Cor. 5, 21 «Eum, qui non noverat peccatum» [“Egli, che non aveva conosciuto il peccato”] (Venturi2), con equivalenza dunque tra il fallir e il peccato; il concetto dell’infallibilità divina è marcato dalla ripresa del verbo sostantivato in posizione di rima.

41-56. La repulsa… crudel: dopo il distico che riassume le sofferenze affrontate nella Passione l’anafora dell’esclamative Oh spavento (vv. 43 e 49) lega le due strofe, intessute di richiami da fonti bibliche; nella prima con il tradimento da parte di Giuda, nella seconda con le ingiurie inflitte a Cristo, azione che, in quanto frutto di insania, attira la similitudine biblica dell’ubriaco caduto in un circolo vizioso.

41-42. La repulsa… sostenne: costruito con la prolessi dei due complementi oggetto, che uniscono due citazioni evangeliche, e verbo a fine del secondo verso.

41. prego sommesso: quello di Gesù prima della cattura, cfr. Mt. 26, 39 «Pater mi, si possibile est, transeat a me calix iste» [“Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice”] (Venturi2).

42. L’abbandono… sostenne: è l’invocazione fatta sulla croce, cfr. Mt. 27, 46 «Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me?» [“mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato”] (Venturi2). sostenne: ‘sopportò’.

43. Oh spavento!: l’esclamativa anticipa e riassume l’orrore narrato nei versi che seguono.

43-44. l’orribile… soffrì: ‘sopportò l’osceno abbraccio (orribile amplesso) di Giuda’; la perfidia è evidenziata dal duplice ossimoro in chiasmo. amico spergiuro: quasi un ossimoro, ma Gesù lo chiamò tale ancora nell’attimo della cattura, cfr. Mt. 26, 50 «Amice, ad quod venisti» [“Amico per questo sei venuto qui”] (Bertoldi).

45-46. Ma simìle… omicida: la similitudine è tratta da Giobbe 24, 14 «Mane primo consurgit homicida; interficit egenum et pauperem; per noctem vero erit quasi fur» [“di mattina presto si alza per primo l’omicida, per uccidere il misero e il povero; di notte si aggira il ladro”] (Venturi2). simìle: in diastole. quell’alma: di Giuda. Alla notte… omicida: ‘all’oscurità della notte che tormenta l’uomo, reo di un assassinio’; «l’orrore del misfatto è interiorizzato» (Russo).

47. Di quel sangue: che ha sparso; la fonte evangelica è dichiarata dal Manzoni. ode le grida: soggetto è l’alma personificata; risente dell’episodio di Caino, di Gen. 4, 10 «vox sanguinis fratris tui clamat ad me de terra» [“la voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra”] (Venturi2).

48. E s’accorge… tradì: il presente attualizza gli ultimi due versi, mentre la congiunzione sottolinea la repentina presa di coscienza di Giuda. che Sangue: ‘quale sangue’, quello del Giusto, cfr, la nota del Manzoni.

49. Oh spavento!: l’esclamazione è amplificata dall’anafora al v. 43. lo stuol dei beffardi: sono i soldati e gli ebrei che insultarono il Cristo; l’aggettivo sostantivato riprende il concetto di scherno del v. 21

50. Baldo: avverbiale, ‘con audacia’, ‘con arroganza’; cfr. Parini, Mezzogiorno, v. 831 «E l’Amor di sé sol baldo scorrendo». insulta a: costruito col dativo.

51. Ove: ‘in cui’. intender… gli sguardi: ‘affiggere…’, giusta il biblico «in quem desiderant Angeli prospicere» [“nelle quali bramano gli Angeli penetrare con lo sguardo”] di I Petr. 1, 12 (Venturi2), ma il costrutto è di Petrarca, Tr. Mortis I, 55 «Chi ‘n cosa nova gli occhi intende» (Boggione).

52. Gl’incolpabili… ciel: soggetto, ‘gli Angeli cui non si può addossare colpe’.

53-56. Come… crudel: la similitudine biblica dell’ubriaco raffigura il circolo vizioso che inghiotte chi cade nel peccato; cfr. Ps. 106, 27 «Turbati sunt, et moti sunt sicut ebrius» [“ondeggiavano e barcollavano come un ubriaco”] (Venturi2).

54. s’irrita: latinismo, ‘si eccita’, ‘aumenta’, naturalmente in diastole.

55-56. E al… crudel: soggetto posposto la gioja crudel (Del delitto, in anastrofe); con i determinanti a corona del predicato e chiasmo. al maggior: ‘al più grave’, cioè all’uccisione di Cristo. la gioja crudel: quasi un ossimoro per un fedele; ricorda Virgilio, Eneide VI, 278 «mala mentis gaudia» [“Le inique gioie della mente”] (Venturi2) e sarà ripreso nel Carmagnola II, Coro, v. 96 «Vede i forti che mordon la polve / E li conta con gioia crudel».

57-64. Ma chi… comprar: strofa suddivisa in due parti di cinque e tre versi, i primi circolarmente segnati a inizio verso dalla complettiva e dalla reggente (Ma chi fosse… Non lo seppe…); la ripresa in anafora di Ma dà luogo a raffigurare la grettezza dei calcoli fatti dal potere politico.

57. Ma chi fosse: dipende da Non lo seppe v. 61. tacito reo: Cristo, cfr. v. 26; reo, nella prospettiva di chi lo condannava.

58. seggio profano: ‘il tribunale di Pilato’, pagano (profano), con epiteto antinomico a divino.

59. Strascinava: con s- intensivo, usato dal Parini in Meriggio, v. 476 «strascinar su gli aurei cocchi» e nelle Odi (La caduta, 36, La musica, 3 ecc.). il protervo Giudeo: soggetto, ‘sfacciatamente ostinato’ nell’errore (Contini); designa Caifa, il sacerdote che condannò a morte Gesù.

60. Come… altar: similitudine d’origine biblica, cfr. Jer. 11, 19 «Et ego quasi agnus mansuetus, qui portatur ad victima» [“Ero come un agnello mansueto che viene portato al macello”] (Venturi2).

61. Non lo… Romano: reggente, con pronome anaforico. superbo Romano: soggetto, Ponzio Pilato che decretò la condanna; superbo con duplice valore semantico, latinismo, ‘ingiusto’.

62. fe’ stima: regge Che giovasse. il deliro potente: soggetto, ‘il potente in preda al delirio’, cioè Pilato; l’epiteto latino è d’uso dantesco, Par. I, 102 «che madre fa sovra figlio deliro» (Gavazzeni2); qui accompagna l’aggettivo sostantivato (potente) che qualifica l’uomo identificatosi nella propria funzione.

63. Che giovasse: ‘che gli fosse più utile’; regge l’infinitiva comprar. col sangue innocente: quello di Cristo; capovolge l’affermazioni di Pilato, che si disse innocente, riportate da Mt. 27, 24 «Innocens ego sum a sanguine iusti huius» [“Io sono innocente dal sangue di questo giusto”] (Bertoldi).

64. La sua vil sicurtade: complemento oggetto ‘la propria sicurezza’, vil perché frutto di un atto di viltà per il timore di una probabile rivolta popolare di fronte all’assoluzione del Cristo.

65. Su nel… raccolto: in antitesi alle nequizie del mondo terreno le creature celesti (cielo, per metonimia) sono raccolte nel proprio dolore (sua doglia) per l’offesa recata a Dio.

66. prego esecrato: ‘preghiera dannosa a sé’, con riferimento all’invocazione del popolo in risposta a Pilato, secondo Mt. 27, 25 «Et respondens universus populus, dixit: “sanguis eius super nos et super filios nostros”» [“E rispondendo tutto il popolo disse: ‘Il sangue di lui sopra di noi e sopra i nostri figli’”] (Venturi2); esecrato è «in senso attivo alla latina, che imprecava a se stesso l’ira divina (“execrata civitas”, Orazio, Epodi XVI, 18). Non è infatti nel senso passivo di aborrito o maledetto, perché l’imprecazione è stata anzi raccolta» (Accame Bobbio2).

67. I celesti: ‘gli angeli’, aggettivo sostantivato. copersero il volto: in segno di orrore; non pronominale.

68. Disse… sarà: Dio accolse il prego esecrato, cfr. nota al v. 66; è forzatura estranea alla scrittura.

69-72. E quel… l’ha: alla seconda parte della strofa sono consegnate le terribili conseguenze della minaccia divina.

69. quel Sangue: soggetto. dai padri: ‘dai maggiori’, ‘dagli antichi’. imprecato: ‘invocato in modo blasfemo’ (da in- negativo); ribadisce il senso di esecrato v. 66.

70. Su la misera prole: ‘sul popolo ebraico’, l’epiteto separa le responsabilità indiretta dei discendenti in antitesi alla responsabilità diretta dei padri (il protervo Giudeo, 59).

71. Che… etade: ‘rinnovata di generazione in generazione’; drammatica l’impotenza di mutata (latinismo) riferito a chi è ancorato in eterno a colpe ataviche. Che: ‘la quale’ (prole); soggetto di Scosso.

72. Scosso… l’ha: anastrofe, con pronome oggetto (il Sangue), ma più «si addice al concetto di “maledizione”, che gli è legato» (Polvara).

73. Ecco: deittico attualizzante a inizio strofe, come in La Risurrezione, v. 17, Il Natale, v. 29, Il nome di Maria, v. 36. appena: avverbio, ‘con pena’, ‘con dolore’. sul letto nefando: ‘la croce’; il latinismo nefando, ‘empio’, ‘scellerato’, è sintagma di Parini, Meriggio, v. 815; ma l’immagine della croce come letto è di origine patristica.

74. Quell’Afflitto: aggettivo sostantivato con determinativo. depose: ribadisce l’accettazione della morte come atto di volontà (cfr. Volle l’onte, 37). la fronte: latinismo, ‘il capo’, per diffusa sineddoche, come in Dante, Inf. XII, 109 «quella fronte c’ha il pel sì nero» (Bertoldi).

75. E: congiunzione iniziale, secondo l’uso dei Vangeli.

75-76. altissimo grido… mandò: concordi i Vangeli sulle modalità della morte di Cristo, per es. Mt. 27, 50 «Jesus autem iterum clamans voce magna, emisit spiritum» [“Ma Gesù di nuovo gridando a gran voce, spirò”]. supremo sospiro: latinismo, ‘l’estremo respiro’, ‘l’ultimo’; sospiro ribadisce i tratti umani assunti dalla divinità.

77. Gli uccisori…. monte: «il particolare non è nei vangeli» (Gavazzeni2). Gli uccisori: complemento oggetto. esultanti: la sguaiata manifestazione di giubilo per il delitto commesso (che riprende Prov. 2, 14 «Qui laetantur cum malefecerint, et exultant in rebus pessimis» [“I quali si rallegrano del male che hanno fatto ed esultano delle azioni pessime”]) è in antitesi al dolore silenzioso degli angeli celesti al v. 65 (Venturi2).

78. Di Dio l’ira: soggetto, in anastrofe, con richiamo all’oscurarsi del sole e al terremoto che seguirono la morte di Cristo. grande: avverbio.

79. Già… vedette: ‘dall’alto dei cieli’; l’anafora di già sottolinea l’imminenza della minaccia.

80. Quasi accenni: ‘come suggerisse agli uomini’. fra poco verrò: riprende l’Apocalisse 22, 12 «Ecce venio cito» (Accame Bobbio2).

81-96. O gran Padre!… goder: chiusa in forma di preghiera, rivolta, con perfetto equilibrio strutturale, a Dio, Padre (str. 11), affinché perdoni le colpe di chi ha commesso il delitto, e alla Vergine, Madre (str. 12), affinché preghi per la gioia eterna dei credenti (cfr. La Risurrezione, v. 84 «sia legge il tuo pregar»).

81. s’immola: ‘si sacrifica’, con presente narrativo.

82. alfine: ‘finalmente’. quell’ira tremenda: che colpì gli uccisori, cfr. l’ira già grande del v. 78; il determinativo assolutizza, e l’attributo è nel Dies irae, v. 22 «Rex tremendae maiestatis» (Mancini, p. 118).

83. dei ciechi: gli Ebrei, per metonimia, ciechi perché incapaci di vedere la luce divina, cioè ‘privi della grazia’. l’insana parola: complemento oggetto, è il prego esecrato del v. 66; ma qui marcata è l’equazione tra l’incredulità e l’insania (cfr. anche i vv. 53-56 e note).

84. Volgi in meglio: ‘muta nel bene’.

85. Sì… discenda: l’affermativo oratorio auspica l’avverarsi di quanto imprecato dagli ebrei (cfr. v. 78 e la nota del Manzoni).

86. Ma sia… lavacro: l’avversativa segnala la correctio indotta dalla pietà cristiana, tramite la quale anche il sangue di un omicidio può farsi atto di rigenerazione. di mite lavacro: latinismo, ‘di indulgente purgazione’; cfr. S. Paolo, Ad Titum 3, 5 «secundum suam misericordiam salvos nos fecit per lavacrum regenerationis et renovationis Spiritus sancti» [“per la sua misericordia ci salvò mediante la lavanda di rigenerazione e di rinnovamento dello Spirito santo”] (Venturi2).

87-88. Tutti… error: la sintassi e lo straordinario ricorso alla rima franta (sacro / Santo), «caso unico in Manzoni» (Contini), impongono una seconda (cfr. vv. 19-20 e la nota), infrazione al ritmo anapestico, a sottolineare l’eccezionalità di una preghiera che sancisce la solidarietà dei credenti nel comune peccato (Tutti errammo) e la corale richiesta dell’amnistia divina.

87. Tutti errammo: di fonte biblica (cfr. la nota del Manzoni), ha però valore causale rispetto alla richiesta del mite lavacro.

87-88. quel… Sangue: l’epiteto, senza la sottolineatura manzoniana della rima franta, è anche di Dante, Purg. VI, 32 e XXIX, 37 (Gavazzeni2). cancelli l’error: ‘annulli il peccato’ (Gavazzeni2).

89. immota: ‘impietrita’ (Venturi2), implica che l’assenza di reazione di fronte a un simile dolore (la morte di Un tal Figlio) sia qualità superiore alle capacità umane, una manifestazione già della divinità della madre.

90. Un tal Figlio: l’insistenza sui dimostrativi marca costantemente nell’inno l’eccezionalità di Cristo (quel Sangue: vv. 47, 69, 85; quell’alma, v. 45; quel tacito reo, v. 57; quel volto, v. 50; Quell’Afflitto, v. 74).

91. Per noi prega: già in La Risurrezione, v. 83. o regina dei mesti: unisce Regina afflictorum delle Litanie Lauretane a consolatio mestorum di alcune Litanie dei Santi.

92. il: cfr. v. 90. in sua gloria: ‘nella gloria celeste che gli è propria.

93-96. Che… goder: la seconda parte della strofa ha costrutto circolare con soggetto a inizio del verso (i dolori) e predicato nella stessa posizione nell’ultimo (Ci sien pegno).

93. onde: ‘con i quali’. il secolo atroce: «ha il senso del biblico mondo, cioè il complesso de’ perfidi e de’ malvagi» (Bertoldi); atroce per ovvie ragioni anche attuali.

94. Fa… esiglio: la vita nei secoli, equivale per il cristiano a un esilio dalla sua vera patria, il cielo, cfr. La Risurrezione, 34 e nota; i buoni vale ‘i giusti’, cioè i cristiani. più tristo: ‘più doloroso’.

95. Misti: i dolori degli uomini giusti (dei buoni) si uniscono (Misti) al patir di Cristo (tuo Figlio).

96. Ci sien: il pronome ribadisce in chiusura la coralità della preghiera. d’eterno goder: ‘della gioia eterna’.

a «Et ascendet sicut virgultum coram eo, et sicut radix de terra sitienti… Despectum et novissimum virorum, virum dolorum, et scientem infirmitatem: et quasi absconditus vultus eius… et nos putavimus eum quasi leprosum et percussum a Deo» Is. 53, 2, 3, 4. [“E spunterà davanti a lui come germoglio e come tallo nella terra arida… Disprezzato e infimo degli uomini, uomo dei dolori che conosce il patire e il suo volto era come nascosto… era disprezzato e non ne facevamo conto”, Is. 53, 2-4].

b «Posuit Dominus in eo iniquitatem omnium nostrum» Is. 53, 6. [“Il Signore pose in lui le iniquità di tutti noi”, Is. 53, 6].

c «Peccavi, tradens sanguinem justum» Matth. 27, 4. [“Ho peccato perché ho tradito sangue innocente”, Mt. 27, 4].

d «Sanguis ejus super nos et super filios nostros» Matth. 27, 25. [“Il suo sangue ricada sopra noi e sopra i nostri figli”, Mt., 27, 25].

e «Omnes sicut oves erravimus» Is. 53, 6. [“Tutti noi errammo come pecore”].