XXIV

IL V MAGGIO

La notizia della morte di Napoleone, avvenuta il 5 maggio 1821 sull’isola di S. Elena, in mezzo all’oceano Atlantico, fu diffusa dalla «Gazzetta di Milano» n. 197, del 16 luglio, con un articolo di nessun rilievo: essa colpì vivamente il Manzoni, che secondo l’ipotesi del Sanesi poté ricevere il giornale a Brusuglio il 17. La «Gazzetta» del giorno dopo, n. 198, ch’egli ebbe soltanto il 18, si soffermava invece su diversi aspetti degli ultimi mesi di vita di Napoleone e in particolare sulla volontà del prigioniero di avvicinarsi alla religione cattolica. L’ode fu iniziata quello stesso 18 luglio e fu conclusa nel giro di tre giorni il 20. L’aneddoto consegnato dallo Stampa (p. 10) e ribadito dal Fabris (pp. 107 ss.) secondo cui il poeta chiese alla moglie per due giorni di suonare ininterrottamente il pianoforte per favorirgli l’ispirazione, attiene a una diffusa dimensione agiografica, vista la difficile gravidanza della Blondel, conclusa il 12 agosto con la nascita di Clara. Con queste parole il Manzoni ne parlava al Fauriel a metà giugno: «Henriette se trouve dans son septiême mois d’une grossesse assez pénible, qui laisse expérer une fin heureuse, mais qui doît s’acheter par beaucoup de repos, et de patience» (Carteggio, p. 305).

Il Manzoni spedì all’Ufficio di Censura una bella copia autografa dell’ode il 26 luglio, come si legge in calce al manoscritto (B.N.B., Manz. XX. 5), per ottenere il visto per la stampa, che venne, naturalmente, rifiutato. Un possibile sotterfugio dell’autore, che invece di una copia ne aveva inviate due alla Censura, la notorietà del Manzoni e il tema, la morte di Napoleone il cui ricordo era ancora molto sentito a Milano, garantirono al componimento una immediata diffusione manoscritta iniziata paradossalmente nell’Ufficio di Censura e che subito superò i confini nazionali, già con la traduzione in tedesco fatta da Goethe (1822).

La scelta di proiettare la gloria terrena raggiunta da Napoleone sullo sfondo dell’immensa e immortale gloria che solo la fede assicura, e così di obliterare la caducità della prima in quanto conseguenza della maggior volontà della seconda; e l’euforia della rappresentazione della vicenda napoleonica quale vasta orma non cosciente del volere di un Massimo Fattor, si comprendono bene, indipendentemente dalla realtà dei fatti, con i termini di quanto Manzoni poté leggere. Il dispaccio riprodotto era datato «Sant’Elena 25 aprile 1821» e questo il passo che conta riguarda la compagnia di un prete altro dai due che aveva presso di sé: «Quanto all’ecclesiastico, Bonaparte domandava un uomo che conoscesse la società, e che avesse esperienza, un dotto teologo in istato di discutere punti di religione, di rispondere alle sue domande, di togliere i suoi dubbj e di leggere seco lui la sacra scrittura; un uomo dai 40 ai 50 anni, ma profondamente instrutto. “Quantunque”, diss’egli, “le mie forze diminuiscano, non istò per anco tanto male per chiamare i soccorsi della chiesa; ma se mi trovassi in tal caso avrei d’uopo d’un ecclesiastico diverso da quelli che sono ora presso di me, e uno de’ quali sente tuttora dello scolastico. Voltaire stesso nei suoi ultimi momenti si gettò nelle braccia della religione”» («Gazzetta di Milano», 17 luglio 1821).

Il condottiero non smentiva se stesso. A un uomo della sua tempra non un don Abbondio qualsiasi serviva, ma un «uomo che conoscesse la società», «un dotto teologo» in grado «di discutere punti di religione, di rispondere alla sue domande», certo non facili, «di togliere i suoi dubbj», insomma di dialogare con un interlocutore rimasto intellettualmente onesto e forte anche nella miseria. E del resto sarà causale, ma l’anno dopo l’Innominato chiarirà i propri dubbi di fede con il teologo Borromeo (Fermo e Lucia, t. III, I).

La fierezza che trapela dalle parole del Bonaparte (o comunque a lui attribuite) si accompagnava a un manifesto, superiore disprezzo circa un immediato e meschino tornaconto personale, per la propria anima. Quello spirto anelo non necessitava come un comune mortale di un confessore che chiudesse quella grande vicenda terrena con un’assoluzione formale, per timore o per calcolo, ma di un teologo che doveva essere uomo per poterlo aiutare. Da morto, Napoleone riappariva nell’Europa che aveva posseduto, da una breve sponda dell’Atlantico non indossando facili vesti penitenziali del convertito all’ultimo momento, ma in quelle del grande combattente che pianificava l’ultima sua battaglia, la più difficile da affrontare. Una forza spirituale nuova, da lui mai manifestata prima, stava spingendolo verso i floridi sentier della speranza, a riscatto di un’esistenza trascorsa a inseguire una gloria non vera. La serietà con cui aveva avviato la ricerca della fede ribadiva l’eccezionale tempra di cui era fatto. La conclusione di una simile e inaudita parabola terrena suonò per il giansenista Manzoni la definitiva conferma del proprio credo.

La struttura del V maggio è parlante per il calibrato equilibrio che la determina. Aperta da quattro strofe, unite dalla rima tronca in -à (str. 1-4), è chiusa circolarmente da altrettante, unite dalla rima tronca in -ò (str. 15-18). Entro i due segmenti si sviluppano otto strofe, riunite a coppia dalla rima finale (in - ar str. 5-8, in -or str. 9-10, in an str. 11-12, in ir str. 13-14). A uno sguardo più attento, l’articolazione binaria indicata dal sistema metrico evidenzia ragioni tematiche. Nel primo segmento, all’affermazione del grande evento e dell’incredulità della terra alla notizia della morte (str. 1-2) segue l’orgogliosa affermazione della indipendenza del poeta («il mio Genio») da ogni servilismo e da ogni viltà (str. 2-4). Nel secondo segmento raffigura in successione la immensa gloria terrena di Napoleone (str. 5-6, 7-8), nel contrasto passato-presente, data dalla funzione storica avuta da Napoleone di contro all’«ozio» subìto «in sì breve sponda» (str. 9-10); dilatata dalla similitudine di ascendenza virgiliana con la situazione di un naufrago privo di speranze (str. 11-12), l’antitesi viene ripresa nelle strofe successive con struttura a chiasmo, dove l’attuale «giorno inerte» innesca i ricordi dell’azione militare passata (str. 13-14). Il terzo e ultimo segmento sviluppa dapprima lo «strazio» che «disperò» l’uomo e insieme «la man del cielo» che lo soccorse (str. 15-16), per poi introdurre le due strofe conclusive che sono a tutti gli effetti un inno alla Fede (str. 17-18).

Edita per la prima volta in Cinque inni ed un’ode di Alessandro Manzoni, milanese, Torino, presso Giacinto Marietti, 1823.

 

Ei fu. Siccome immobile,  
Dato il mortal sospiro,  
Stette la spoglia immemore,  
Orba di tanto spiro,  
Così percossa, attonita 5
La terra al nunzio sta,  
Muta pensando all’ultima  
Ora dell’uom fatale;  
Nè sa quando una simile  
Orma di piè mortale 10
La sua cruenta polvere  
A calpestar verrà.  
   
Lui folgorante in solïo  
Vide il mio Genio, e tacque;  
Quando, con vece assidüa, 15
Cadde, risorse e giacque,  
Di mille voci al sonito  
Mista la sua non ha:  
   
Vergin di servo encomïo,  
E di codardo oltraggio, 20
Sorge or commosso al subito  
Sparir di tanto raggio;  
E scioglie all’urna un cantico  
Che forse non morrà.  
   
Dall’alpe alle piramidi, 25
Dal Manzanarre al Reno  
Di quel Securo il fulmine  
Tenea dietro al baleno;  
Scoppiò da Scilla al Tanaï,  
Dall’uno all’altro mar. 30
   
Fu vera gloria? Ai posteri  
L’ardua sentenza: nui  
Chiniam la fronte al Massimo  
Fattor che volle in lui  
Del creator suo spirito 35
Più vasta orma stampar.  
La procellosa e trepida  
Gioja d’un gran disegno,  
L’ansia d’un cor che indocile  
Serve, pensando al regno, 40
E il giunge, e tiene un premïo  
Ch’era follia sperar,  
   
Tutto ei provò: la glorïa  
Maggior dopo il periglio,  
La fuga e la vittorïa, 45
La reggia e il tristo esiglio;  
Due volte nella polvere,  
Due volte in sull’altar.  
Ei si nomò; due secoli,  
L’un contro l’altro armato, 50
Sommessi a lui si volsero,  
Come aspettando il fato;  
Ei fe’ silenzio, ed arbitro  
S’assise in mezzo a lor.  
   
E sparve, e i dì nell’ozïo 55
Chiuse in sì breve sponda,  
Segno d’immensa invidïa,  
E di pietà profonda,  
D’inestinguibil odïo  
E d’indomato amor. 60
   
Come sul capo al naufrago  
L’onda s’avvolve e pesa;  
L’onda su cui del misero  
Alta pur dianzi e tesa  
Scorrea la vista a scernere 65
Prode remote invan;  
   
Tal su quell’alma il cumulo  
Delle memorie scese:  
Oh quante volte ai posteri  
Narrar se stesso imprese, 70
E sull’eterne pagine  
Cadde la stanca man!  
   
Oh quante volte, al tacito  
Morir d’un giorno inerte,  
Chinati i rai fulmineï, 75
Le braccia al sen conserte,  
Stette, e dei dì che furono  
L’assalse il sovvenir!  
   
   E ripensò le mobili  
Tende, e i percossi valli, 80
E il lampo dei manipoli,  
E l’onda dei cavalli,  
E il concitato imperïo,  
E il celere obbedir.  
   
Ah! forse a tanto strazïo 85
Cadde lo spirto anelo,  
E disperò; ma valida  
Venne una man dal cielo,  
E in più spirabil aëre  
Pietosa il trasportò; 90
   
E l’avviò sui floridi  
Sentier della speranza,  
Ai campi eterni, al premïo  
Che i desiderj avanza,  
Ove è silenzio e tenebre 95
La gloria che passò.  
   
Bella Immortal! benefica  
Fede ai trionfi avvezza!  
Scrivi ancor questo, allegrati;  
Che più superba altezza 100
Al disonor del Golgota  
Giammai non si chinò.  
   
Tu dalle stanche ceneri  
Sperdi ogni ria parola:  
Il Dio che atterra e suscita, 105
Che affanna e che consola,  
Sulla deserta coltrice  
Accanto a lui posò.  

METRO: 18 strofe di 6 vv. settenari alternati tra sdruccioli e piani, chiusi da un verso tronco, secondo lo schema xsdr. b ysdr. b zsdr. ctr; la rima tronca collega le strofe, 1-4 (-à), 5-8 (-ar), 9-10 (-or), 11-12 (-an), 13-14 (-ir), 15-18 (-ò).

1-24. Ei… morrà: circoscritto dalla rima finale in -à, il primo segmento è perfettamente calibrato in due periodi di uguale dimensione, il primo (vv. 1-12) centrato sulla similitudine tra la fissità del corpo del Napoleone e lo smarrimento dei popoli alla notizia della sua morte; il secondo (vv. 13-24), con soggetto il mio Genio, 14, sull’estraneità del Manzoni sia al coro servile dei lodatori durante il trionfo, sia a quello dei detrattori dell’ultimo momento.

1. Ei fu: l’avvio perentorio, affidato ad una proposizione minima, riduce il nome del grande personaggio a un pronome e l’eccezionalità della sua biografia terrena al monosillabo di un predicato remoto dagli uomini, a sottolineare che ad essi pertiene solo l’immanenza del presente, non la dimensione definitiva e assoluta della verità.

1-12. Siccome… verrà: similitudine, introdotta dal meno comune Siccome (cfr. Pentecoste, 103), tra il corpo esamine di Napoleone, e l’incredulità dei popoli per l’improvvisa notizia della sua morte, cui segue la coordinata negativa ( 9).

1-4. Siccome… spiro: ‘così come… ‘; il predicativo immobile, anticipato rispetto al predicato stette 4, crea attesa. Dato: assoluto, ‘emesso per sempre’. la spoglia immemore: soggetto, ‘il corpo ormai incurante di sé’; per l’irriducibilità qui alla superiore salma (cfr. La Pentecoste, 18 e nota). Orba… spiro: latinismo, ‘privata di un alito vitale tanto grande’, la relatività di tanto è circoscritta da mortale, 2; spiro in rima inclusiva, e orbo nell’accezione di Monti, Bassvilliana I, 238 «All’orbo padre intanto ahi! non rimane / Chi la cadente vita gli sostegna».

5-8. Così… fatale: alla prolessi di due apposizioni, con dittologia quasi sinonimica, segue una terza (Muta), in rilievo a inizio della seconda stanza, perché solo il silenzio consente la riflessione (cfr. La Risurrezione, v. 1 e nota); la successiva coordinata negativa (, 9) introduce quale certezza (sa, con rima interna) un interrogativo corale.

5-6. percossa: metaforicamente, ‘frastornata’, ma «rende l’impressione quasi fisica della notizia» (Russo). La terra: ‘gli uomini’, per sineddoche. al nunzio: latinismo, ‘alla notizia’. sta: ‘rimane’. attonita: risente di Monti, Prometeo I, 762-63 «A te dinnanzi attonita / Tace la terra».

7-8. all’ultima / Ora: lo storico trapasso è sottolineato dall’enjambement. fatale: ‘che ha inciso sul destino’, cioè ‘che ha fatto la storia’; il sintagma richiama Virgilio, Eneide XI, 232 «fatalem Aeneam» (Bertoldi).

9-10. una… mortale: metaforicamente, ‘un tanto grande segno di presenza umana’, per sineddoche e con sottile antitesi tra la grandezza espressa da simile (in enjambement; vd. tanto 4) e il piè mortale (cfr. v. 2), per il quale cfr. «vestigia […] pedis» Virgilio, Eneide V, 566-67 e Ovidio, Metamorfosi II, 852-53 (Azzolini).

11-12. La sua: della terra. cruenta polvere: ‘insanguinata’, riprende Virgilio, Eneide II, 272-73 «aterque cruento / polvere» [“sporco di sangue e di polvere”] (Bertoldi); il sintagma è in Monti, Iliade XIII, 508. verrà: ‘tornerà a manifestarsi’.

13-24. Lui… morrà: il secondo segmento presenta un’unica campata sintattica, con soggetto il mio Genio, che procede per distici, incardinata su tre coordinate, con i predicati al presente posti a inizio di verso.

13-14. Lui… tacque: la prolessi del complemento oggetto e verbi al perfetto che consegnano l’immagine a un tempo lontano, in cui il poeta poté vedere Napoleone (Lui) trionfante sul trono (solïo, latinismo che consente la dieresi) e non lo adulò (tacque). il mio Genio: per metonimia ‘la mia intelligenza creativa’, cfr. Parini, Il messaggio, 85-86 «A me desse il mio genio / Allor ch’io nacqui» (Gaspari). folgorante: ‘strabiliante’, ‘che suscitava ammirazione’. tacque: sul tacere manzoniano durante l’epoca napoleonica cfr. Aprile 1814, vv. 1-13.

15-18. Quando… non ha: con anticipazione temporale e la reggente a fine strofa. con… assidüa: ‘con avvicendamento continuo’ (latinismo, assiduo); rarissimo in poesia l’impiego di vece fuori del costrutto con in + aggettivo. Cadde… giacque: «Cadde con la campagna di Russia e la battaglia di Lipsia, risorse con la fuga dall’Elba e i Cento giorni, giacque, cioè cadde per sempre, a Waterloo» (Ulivi); la vece è dunque raffigurata dal tricolon verbale.

17-18. Di mille voci: l’iperbole si giustifica per l’alto numero di poeti proni a Napoleone. sonito: latinismo, ‘suono’, qui per ragioni metriche; cfr. Monti, Mascheroniana II, 155 «Col sonito che fan cadendo i fiumi» (Bertoldi). Mista: ‘unita’. la sua: quella del mio Genio.

19-20. Vergin… oltraggio: apposizione di mio Genio (Vergin, è ‘immune’), con costrutto speculare e antitesi; di servo encomio, ‘d’elogio servile’ quando Napoleone trionfava o di codardo oltraggio, ‘di vile offesa’ nella disgrazia.

21-24. Scorge… morrà: distici con predicati a inizio verso; Sorge: forte accento di prima. commosso: è l’unica nota soggettiva. al subito / Sparir: l’improvvisa scomparsa è segnata dall’enjambement, cfr. anche i vv. 7-8 e nota. di tanto raggio: formulare, cfr. v. 4, 9-10 e note.

23-24. scioglie… cantico: cfr. Panerigirico di Trimalcione, v. 147 e nota; all’urna, cioè ‘alle ceneri’, per sineddoche, non all’uomo. Che… morrà: è topos della tradizione, qui manzonianamente lenito dalla litote, cfr. Orazio, Carmi III, 30, 1 ss., Ovidio, Metamorfosi XV, 871 ss., e Amori I, 15, 7 e 32, Properzio, Elegie III, 2, 23 (Bertoldi).

25-84. Dall’alpe… obbedir: il segmento centrale dell’ode ripercorre l’eccezionale vicenda terrena di Napoleone, dapprima il potere assoluto e la gloria ottenuta, quindi la caduta e la prigionia; avviato dall’interrogativa retorica Fu vera gloria? v. 31 e dalla constatazione che Tutto ei provò, v. 43 è scandito a inizio di strofa dalla ripresa del pronome iniziale in Ei si nomò… e in Ei fe’ silenzio (al centro dell’ode, vv. 49, 53) e dalle coordinazioni E sparve, 55 e E ripensò, 79 che circoscrivono la similitudine dei vv. 61-72.

25-48. Dall’alpe… sull’altar: le quattro strofe sono collegate tra loro dalla identità della rima tronca finale.

25-30. Dall’alpe… mar: la vastità dell’impero napoleonico è imperniata sul distico centrale, contornato da altri due strutturati sul parallelismo dei nomi geografici con iterazione binaria ad ogni verso (da-al).

25-26. Dall’alpe… Reno: per sineddoche, l’elevazione dei riferimenti stabilisce i confini settentrionali raggiunti nelle campagne del 1796-1800, e meridionali dell’Egitto (1798-1799); quindi, tramite i fiumi, quelli orientali del Manzanarres, piccolo fiume che tocca Madrid (1808-1809) e di Germania (Reno, 1805-1806).

27-28. Di quel… baleno: la solidarietà della coppia fulmine-baleno (manifestazione sonora-luminosità) è iperbole per la stupefacente velocità delle sue conquiste; notevole la designazione di Napoleone tramite l’aggettivo sostantivato Securo (etim. sine cura, ‘fuori di pericolo’) che, come scrive il Manzoni, fu «traslato a significare anche ardito», Fermo e Lucia, pp. 517-18 (Azzolini).

29-30. Scoppiò: conclude l’immagine del distico precedente. da… mar: parallelismo speculare alla rappresentazione dei vv. 25-26, con cui forma un chiasmo nell’antinomia terra-mare. Scilla: il promontorio sullo stretto di Messina, ma anche riferimento topico in quanto secondo Omero vi abitava un mostro marino; Tanaï è il nome latino del Don, dieretico, come in Inf. XXXII, 27. Dall’uno… mar: iperbole, vale dall’Atlantico al Pacifico; sarà ripreso alla lettera nella Pentecoste, v. 8 (per l’ascendenza biblica, cfr. la nota del Manzoni).

31-36. Fu… stampar: evidenziata dall’inarcatura appare al centro della strofa la figura di Dio (Massimo / Fattor), e si chiarisce la reticenza manzoniana alla domanda iniziale; per il Manzoni Napoleone fu soprattutto un segno della potenza creatrice divina, donde il Chiniam la fronte.

31. vera: l’epiteto dichiara l’interrogativa come retorica, vera (cioè fautrice di Verità) essendo per Manzoni solo la gloria divina. Ai… posteri: con predicato sottinteso ‘è affidata’.

32. nui: ‘noi’, plurale per singolare; è forma letteraria e arcaica di rima siciliana, attiva anche nel Monti (Mascheroniana I, 75) e nel Leopardi (Il primo amore, 81).

33. la fronte: ‘il capo’, sineddoche.

33-34. Massimo / Fattor: inedita la giuntura che perfeziona «l’alto Fattore» di Inf. III, 4 e Gerusalemme liberata XIV, 45, 4, il «sommo Fattore» di Orlando furioso XXXI, 90, 5, e l’«eterno fattor» di Alfieri, Rime XC, 1. volle: da legare a stampar, ma privo di valore modale. in lui: nell’eccezionalità dell’uomo eletto per volontà divina.

35. creator: aggettivo, in rima interna con Fattor.

36. Più vasta orma: con valore assoluto; «il termine orma richiama l’immagine iniziale, proponendo un’eco, sottile ma insistente, tra l’orma cruenta che Napoleone ha lasciato sulla terra e l’orma divina che era nel suo spirito» (Azzolini). stampar: nel senso petrarchesco, Canzoniere XXXV, 4 «ove vestigio human l’arena stampi».

37-48. La procellosa… sull’altar: le strofe trovano una sintesi a inizio della seconda in Tutto ei provò, v. 43, insieme compendio dei versi precedenti (37-42) e annuncio dei cinque complementi oggetto nei successivi (vv. 43-46), e sono chiuse da un distico fortemente anaforico.

37-40. La… regno: sintassi nominale, con antinomia (Gioja-ansia) posta a inizio verso; l’enjambement isola la dittologia aggettivale (‘tumultuosa’ e ‘palpitante’), primo indizio (con l’ansia d’un cor, 39) dell’attenzione manzoniana alla dimensione interiore dell’uomo Napoleone, che diventerà centrale ai vv. 73-84. d’un… disegno: la sottomissione di tutta l’Europa’; l’entusiasmo di conquista del grande condottiero, realtà del più vasto disegno divino, si manifesta in quanto parte di un proprio gran disegno umano. indocile / Serve: quando come generale e agli ordini del Direttorio ma già pensava a conseguire l’impero (Ulivi); quasi un’antitesi, se chi serve ‘non può essere tenuto a freno’ (indocile, latinismo), con l’aggettivo esposto a fine verso come il Parini, Per l’inclita Nice, v. 95 (Azzolini).

41-42. E il… sperar: coordinate polisindetiche in assenza di verbo reggente, con effetto enfatico. il: pronome oggetto, può riferirsi tanto a disegno quanto a regno, l’uno derivante dall’altro. tiene un premio: latinismo, ‘ottiene una ricompensa’. Ch’: complemento oggetto.

43-46. Tutto… provò: cioè ‘quanto umanamente possibile’. la glorïa… esiglio: i cinque complementi oggetto procedono prima per antitesi (glorïa-fuga-vittoria) quindi formano un chiasmo marcato dalla congiunzione (fuga e vittorïa-reggia e esiglio). periglio: letterario, ‘pericolo’. esiglio: prima all’Elba, poi a S. Elena nell’Atlantico.

47-48. Due… altar: «l’opposizione polvere-trono è la metafora di un avvicendamento di umiliazioni e riscatto» già della Pentecoste, v. 23 e poi dell’Adelchi I, 193 (Azzolini); il ricordo, speculare anche per l’anafora di Due, indica le sconfitte (polvere) di Lipsia (16-19 ottobre 1813) e di Waterloo (18 giugno 1815), e l’elevazione massima (altar) dell’autoincoronazione a Imperatore in Notre-Dame di Parigi (2 dicembre 1804) e a Re d’Italia nel Duomo di Milano (26 maggio 1805); la sintassi nominale somma all’anafora l’antinomia.

49-60. Ei… amor: calibrato sulle due strofe, Napoleone è prima arbitro tra i due secoli che gli appartennero, il XVIII per il mondo antico in contrasto violento (L’un contro l’altro armato) con il XIX nel mondo reso nuovo dalla Rivoluzione (vv. 49-54), quindi, con coordinata apparente, lo stratega ormai sconfitto, relegato in breve sponda (vv. 55-60); notevole la ripresa del tema passato-presente, con inversione degli elementi e forma di chiasmo, ai vv. 73-84.

49-54. Ei… lor: bipartizione asimmetrica della strofa scandita dall’anafora del soggetto Ei.

49. Ei si nomò: con reciprocità tra la potenza dell’atto verbale e l’effetto di imporre se stesso, perché Napoleone eccezionalmente si autoincoronò Imperatore nel 1804 consentendo al Papa il ruolo di spettatore, come raffigura la tela di Louis David oggi al Louvre (Botta).

49-50. due… armato: ‘due epoche in aperto e duro conflitto tra loro’; irriducibili le ragioni ideologiche dell’Ancien Régime e quelle della Rivoluzione che lo ha scardinato in perpetuo.

51-52. Sommessi… fato: quasi concordi nell’avvertire la loro inferiore debolezza di fronte all’uom fatale, v. 8; il concetto che l’eccezionalità umana di Napoleone risponda a un disegno divino è già dei vv. 34-36. Sommessi: ‘sottomessi’. aspettando il fato: remissivi a una forza che appartiene al destino.

53. Ei fe’ silenzio: ‘Egli impose il silenzio’ (Bertoldi); causativo con ellissi dell’infinito. ed arbitro: dunque con funzione superiore.

54. S’assise… lor: ‘troneggiò’; in mezzo palesa la superiore equidistanza.

55-60. E sparve… amor: per il momento della caduta Manzoni trova i termini intimi di sentimenti umani, calibrati per antitesi (invidia, pietà, odio, amor), che preparano lo sviluppo successivo (vv. 73-87).

55. E sparve: fulminante anche lo sparire; la coordinazione ha valore concessivo (Polvara).

55-56. e i dì… Chiuse: la condanna all’inattività (ozio) per chi agì sempre come il fulmine (vv. 27-28) e tutto provò suggerisce una punizione da contrappasso dantesco. in… sponda: S. Elena (sponda, per sineddoche) misura una superficie di 122 km2; anche le dimensioni del luogo (breve) e il suo isolamento nell’Atlantico (dista 1560 km dalla costa dell’Africa) rappresentano un contrappasso per chi governò Dall’uno all’altro mar (vv. 25-30).

57-60. Segno: con ellissi del verbo; fatto ‘oggetto di’ (Venturi2). d’immensa… amor: le contrastanti emozioni suscitate da Napoleone hanno un costrutto binario, marcato nel secondo elemento dalla coordinazione, che procede per antitesi tra sentimenti negativi (invidïa-odïo) e positivi (pietà-amore), impreziosito nel primo distico dal chiasmo aggettivo-nome, nel secondo dalla stessa formazione degli aggettivi (in-). indomato: sottolinea il valore durativo che distingue amor da odïo.

61-72. Come… man: fine la struttura della similitudine bilanciata da Come e da Tal posti a inizio delle strofe, ma rispondenti a un più complesso e distinto movimento sintattico.

61-68. Come… invan: il primo elemento della similitudine, cui segue la diffusa, ma compatta per l’iperbato, apposizione dei vv. 63-68, marcato dalla figura dell’epanalessi (onda) con funzione ritardante e enfatica.

61. al naufrago: l’immagine cara al Manzoni (ricorre due volte anche nel romanzo), oltre a richiamare la destinazione di S. Elena, ha un valore metaforico, rappresentando la fine dell’epopea di Napoleone un vero e proprio naufragio.

62. s’avvolve e pesa: dittologia verbale, ‘avviluppa’, ‘grava’ sulla testa del naufrago; rarissimo il primo, che ha il precedente di Monti, Bassvilliana IV, 104 «altri s’avvolve / Nel nembo genitor della saetta».

63. del misero: il naufrago, 61, va unito a la vista, 65.

64. Alta… tesa: apposizione di vista, con dittologia aggettivale agli estremi del verso; cfr. Virgilio, Eneide VI, 357 «prospexi Italiam summa sublimis ab unda» [“vidi l’Italia davanti, alto dalla cima di un’onda”] (Venturi2).

65. Scorrea: con s- intensivo; va unito a invan. a scernere: ‘per individuare’, cfr. Marzo 1821, v. 20 e nota.

67-72. Tal… man: il secondo elemento della similitudine è risolto nel primo distico; la seconda parte (vv. 68-72) collega la memoria soggettiva dell’uomo al genere letterario dell’autobiografia che anche Napoleone praticò quale estrema difesa del proprio operato di fronte alla storia; alla mancanza di speranze del naufrago che non individua prode remote risponde lo sconforto dello scrittore cui viene meno la stanca man, marcato da un’esclamativa.

67. il cumulo: ‘il peso’, è hapax in Manzoni, come, anche in fine verso, di Parini, Per l’inclita Nice, 31; cfr. supra, v. 40 e nota.

69. ai posteri: quelli cui spetterà L’ardua sentenza, 31-32 (perché privi del coinvolgimento emotivo di cui ai vv. 57-60), coi quali Napoleone scrittore avrebbe inteso dialogare; la sua autobiografia dettata ai generali che lo seguirono in esilio fu stampata a Parigi nel 1823.

70. imprese: lett. ‘cominciò’, regge narrar, senza preposizione.

71. eterne: ‘dal valore eterno’, ma in accezione terrena, cioè limitativa.

72. Cadde… man: ‘si arrestò’, con sineddoche; probabile eco di Virgilio, Eneide VI, 32 «bis patriae cecidere manus» [“due volte caddero le mani del padre”] (Venturi2).

73-84. Oh quante… obbedir: equilibrato sulle due strofe, il tema della memoria procede con moto centripeto verso l’interiorità dell’uomo; la ripresa anaforica del v. 69, qui con costrutto appena variato dalla virgola, collega l’indugio dello scrittore dei Mémoires ai sentimenti mossi di una memoria profonda, mentre la seconda strofa, apre al lettore la mente di Napoleone, svelando l’istantanea di sei momenti che riassumono nel tema della guerra la vita del condottiero (cfr. vv. 49-60 nota).

73-78. Oh quante… sovvenir: ripresa anaforica dell’esclamativa, con analogo costrutto coordinato della strofa precedente; i predicati posti a fine della strofa (vv. 77 e 78) rilevano la raffigurazione icastica dell’esiliato.

73-74. al tacito… inerte: ‘sul far della sera’, ma la rappresentazione è dal punto di vista soggettivo; tacito in enjambement sottolinea la continuata riflessione sul passato (cfr. 5-8 e la nota), inerte ribadisce la sofferenza per la condanna all’ozio (v. 55 e nota), e il Morir del giorno prefigura il lento spegnersi del condannato.

75-76. Chinati… conserte: modali in forma di chiasmo a raffigurare l’umiliazione e la pensosità. Chinati… fulmineï: antitetica l’auto-umiliazione (Chinati) di occhi ancora fulminei (‘lampeggianti, cfr. anche vv. 27-28 e nota), espressione di un animo che non aveva perso la propria forza. Le… conserte: stereotipo nell’iconografia napoleonica, ma qui tratteggia la pensosità.

77. Stette: la prolessi delle modali dà forza assoluta al predicato (con accento di 1a).

77-78. e dei… sovvenir: il perfetto furono dichiara la coscienza della propria situazione, mentre il ricordo è dal punto di vista del condottiero, come suggerisce il tecnicismo assalse (insieme “assalire” e “assaltare”), per il quale cfr. In morte di Carlo Imbonati, 236.

79-84. E ripensò… obbedir: collegamento semantico tra ripensò e il sovvenir con successivo accumulo di ricordi esauriti da immagini di ambito militare.

79. E ripensò: ripresa del modulo del v. 55, ma qui la coordinazione implica un avv. temporale (‘E allora’); rarissimo l’uso transitivo (con ri- intensivo) che richiama la consuetudine di Oh quante volte…, vv. 73 ss.

79-84. le mobili… obbedir: i sei complementi oggetto polisindetici hanno struttura binaria (aggettivo-nome, vv. 79-80 e 83-84; nome e determinante, vv. 81-82) e dichiarano la perfetta sinergia tra i soldati e il generale.

79-80. le… valli: gli accampamenti (tende, per sineddoche) mobili a notare la fulminea velocità di spostamento di Napoleone di contro alla staticità delle fortificazioni (valli) nemiche. percossi: latinismo, ‘abbattuti’, rarissimo l’aggettivo. valli: latinismo, ‘fortificazioni’, ricorre nell’Adelchi V, 6, 1 «Al cenno tuo, dai valli / Calar le insegne».

81-82. E il… cavalli: ‘la fanteria’ e la ‘cavalleria’, con inversione dei determinati, perché lampo (che fa sistema con fulmine-baleno, vv. 27-28, fulminei, v. 75, mobili, v. 79) sembra congruo a cavalli, mentre onda alla fanteria (manipoli, latinismo); per il Polvara lampo è delle baionette, e per Venturi2 onda esprime «il correr qua e là della cavalleria, simile ad onda di mare». manipoli: tecnicismo rarissimo in poesia, del solo Monti, Iliade XI, 99 «e in un momento ingombra / di manipoli tutta è la campagna».

83-84. E… obbedir: la conclusione del ricordo dichiara la forza di Napoleone, nel vincolo che legò l’esercito (obbedir) al generale (imperïo), segno di stima e affetto. il concitato imperïo: latinismo, ‘il convulso e rapido comando’ dato durante le battaglie, e la celerità della sua attuazione.

85-108. Ah!… posò: l’ultimo segmento, collegato dalla rima in -ò, è dedicato alla fede cristiana, trionfante su tutti i trionfatori terreni, di fronte alla quale anche Napoleone è ridimensionato a pronome (lui).

85-96. Ah!… passò: le strofe prima che dalla coordinazione del v. 91 sono collegate dall’essere la seconda dimostrazione di quanto affermato, suggellata anche dalla rima interna.

85-87. Ah!… disperò: coordinate con identica posizione del verbo a inizio verso; Cadde: ‘si prostrò’. a… strazïo: latinismo, ‘a tanto grande’, è lo strazio della memoria. lo… anelo: soggetto, ‘l’animo affannato’, cioè ‘tormentato’, che identifica l’uomo straziato; anelo è hapax di Dante, Par. XXII, 5 «soccorre / sùbito al figlio pallido e anelo», in rima con cielo (: zelo). E disperò: assoluto, anticipa la rima tronca del v. 90.

87-88. ma… cielo: l’avversativa sottolinea l’evento inaspettato. valida: latinismo, ‘salda’, ‘potente’. una… cielo: ricordo di S: Agostino, Confessioni III, 11, 19 «Et misisti manum tuam ex alto» [“E tu stendesti la tua mano dall’alto”] (Azzolini); ricorda la virtude amica del Natale 13.

89. più spirabil aëre: ‘respirabile’; epiteto inedito in poesia.

90. il trasportò: in senso etimologico, ‘lo portò oltre’, verso la superiore dimensione espressa ai vv. 91-97.

91-96. E… passò: al predicato in prima posizione seguono quattro complementi di luogo che definiscono l’oltre verso cui la mano divina indirizzò lo spirto anelo.

91. l’avviò: lett. ‘lo pose sulla via’, ‘lo indirizzò’. pei: ‘attraverso’. floridi: ‘rigogliosi’, esposto a fine verso.

92. Sentier… speranza: sintagma innovativo, di tipo catechistico, in antitesi a disperò, 87.

93. Ai… eterni: l’epiteto rinnova cristianamente il classico campi elisi.

94. avanza: ‘supera’.

95-96. Ov’è… passò: retto da l’avviò, 91. silenzio e tenebre: endiadi predicativa. La gloria: soggetto. che passò: cioè quella umana, transeunte, non la vera gloria (cfr. v. 31 e nota).

97-108. Bella… posò: l’inno alla potenza della fede si eleva nel segno della personificazione e nel tono allocutorio della II p. sing., familiare e affettiva, negata a Napoleone in tutta l’ode, e ritrova clausole che negli Inni sacri saranno, poco dopo, soprattutto della Pentecoste.

97-98. Bella… Fede: l’esclamazione (Immortal è sostantivo) rileva la centralità semantica di benefica (lett., ‘che fa del bene’) in enjambement. avvezza: ‘solita’.

99. Scrivi ancor questo: ‘segna anche questo tuo successo’, cioè la conversione di Napoleone. allegrati: due volte il verbo è usato da Dante, in Inf. VII, 122 e XXVI, 136.

100. superba altezza: soggetto, con ellissi dell’articolo; superbo è un francesismo che esprime grandeur, ‘un uomo eccezionale’.

101. Al… Golgota: la crocefissione di Cristo, avvenuta sul Golgota presso Gerusalemme, ricade come disonore sul genere umano; Manzoni iscriverà più tardi (1838) l’ossimoro nel segno scritturale di S. Paolo, «l’improperium Christi» Ebr. 11, 26 e I Cor. 18 e 23 (Venturi2), cfr. Lettere II, p. 93.

102. Giammai: rafforzativo, alla francese (jamais). si chinò: ‘si umiliò’ (Polvara).

103-104. Tu… parola: il pronome affettivo Tu (con forte accento di prima) si materializza al centro dell’inno alla Fede. dalle… ceneri: per metonimia il corpo morto è ridotto alla sua essenza, in conformità con le Scritture (cfr. creata argilla, e polve di Il Natale, vv. 51 e 111; La Pentecoste, v. 23 e note); stanche perché affaticate a inseguire la gloria terrena. Sperdi: ‘allontana’. ria parola: giuntura inedita, (latinismo improba verba) ‘parola sconveniente’, cioè di ‘riprovazione’, ‘condanna’; per il cristiano la verbalizzazione di un giudizio post mortem è ‘sconveniente’ in quanto atto di superbia.

105-106. Il… consola: la struttura binaria dei predicati procede per dittologie antitetiche a sottolineare la potenza del soggetto (Dio). atterra e suscita: a riscontro di cadde, risorse 16; cfr. Tobia 13, 2 «ipse flagellat et miseretur, deducit usque ad inferos deorsum et reducit a perditione maiestate sua, et non est qui effugiat manum eius» [“perché colpisce e usa misericordia, fa scendere negli abissi della terra e per sua grandezza risalire dalla perdizione, e nulla sfugge alla sua mano”] (Venturi2). affanna e consola: come appunto provato infine da Napoleone, cfr. vv. 85-90.

107-108. deserta coltrice: ‘il letto di morte’ (per sineddoche), dove Napoleone si trovò abbandonato da tutti; coltrice (latinismo), propriamente ‘materasso’, è hapax di Parini, Mattino I, 85 «Ti sprimacciò le morbidi coltrici» (con diastole, eliminata in Mattino II, 53 «Ti sprimacciò di propria man le còltrici»). Accanto a lui: denota affettuosa famigliarità; singolare il valore oggettivante del pronome che riprende circolarmente Ei, v. 1, ma contrasta con il Tu dato alla Fede (103). posò: assoluto; suggella l’ode la quiete che finalmente, tramite Dio, raggiunge anche un animo vissuto sempre in azione e mai pacificato.