10 |
Chi poria mai pur con parole sciolte
dicer del sangue e de le piaghe a pieno
ch’i’ ora vidi, per narrar più volte? |
40 |
Ogne lingua per certo verria meno
per lo nostro sermone e per la mente,
c’hanno a tanto comprender poco seno. |
70 |
S’el s’aunasse ancor tutta la gente
che già, in su la fortunata terra
di Puglia, fu del suo sangue dolente |
10 |
per li Troiani e per la lunga guerra
che de l’anella fé sì alte spoglie,
come Livio scrive, che non erra, |
13 |
con quella che sentio di colpi doglie
per contastare a Ruberto Guiscardo,
e l’altra il cui ossame ancor s’accoglie |
16 |
a Ceperan, là dove fu bugiardo
ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,
dove sanz’ arme vinse il vecchio Alardo, |
19 |
e qual forato suo membro e qual mozzo
mostrasse, d’aequar sarebbe nulla
il modo de la nona bolgia sozzo. |
22 |
Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
com’ io vidi un, così non si pertugia,
rotto dal mento infm dove si trulla. |
25 |
Tra le gambe pendevan le minugia;
la corata pareva e ’l tristo sacco
che merda fa di quel che si trangugia. |
28 |
Mentre che tutto in lui veder m’attacco,
guardommi e con le man s’aperse il petto,
dicendo: “Or vedi com’ io mi dilacco! |
31 |
Vedi come storpiato è Maometto!
Dinanzi a me sen va piangendo Ali,
fesso nel volto dal mento al ciuffetto. |
34 |
E tutti li altri che tu vedi qui,
seminator di scandalo e di scisma
fuor vivi, e però son fessi così. |
37 |
Un diavolo è qua dietro che n’accisma
sì crudelmente, al taglio de la spada
rimettendo ciascun di questa risma |
40 |
quand’ avem volta la dolente strada,
però che le ferite son richiuse
prima ch’altri dinanzi li rivada. |
43 |
Ma tu chi se’ che ’n su lo scoglio muse,
forse per indugiar d’ire a la pena
ch’è giudicata in su le tue accuse?” |
46 |
“Né morte ’l giunse ancor, né colpa ’l mena,”
rispuose ’l mio maestro, “a tormentarlo;
ma per dar lui esperienza piena, |
49 |
a me, che morto son, convien menarlo
per lo ’nferno qua giù di giro in giro;
e quest’ è ver così com’ io ti parlo.” |
52 |
Più fuor di cento che, quando l’udirò,
s’arrestaron nel fosso a riguardarmi
per maraviglia, obliando il martiro. |
55 |
“Or dì a fra Dolcin dunque che s’armi,
tu che forse vedrà’ il sole in breve,
s’ello non vuol qui tosto seguitarmi, |
58 |
sì di vivanda che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
ch’altrimenti acquistar non saria leve.” |
61 |
Poi che l’un piè per girsene sospese,
Maometto mi disse esta parola;
indi a partirsi in terra lo distese. |
64 |
Un altro, che forato avea la gola
e tronco ’l naso infin sotto le ciglia,
e non avea mai ch’una orecchia sola, |
67 |
ristato a riguardar per maraviglia
con li altri, innanzi a l’altri aprì la canna,
ch’era di fuor d’ogne parte vermiglia, |
70 |
e disse: “O tu cui colpa non condanna
e cu’ io vidi in su terra latina,
se troppa simiglianza non m’inganna, |
73 |
rimembriti di Pier da Medicina,
se mai torni a veder lo dolce piano
che da Vercelli a Marcabò dichina. |
76 |
E fa sapere a’ due miglior da Fano,
a messer Guido e anco ad Angiolello,
che, se l’antiveder qui non è vano, |
79 |
gittati saran fuor di lor vasello
e mazzerati presso a la Cattolica
per tradimento d’un tiranno fello. |
82 |
Tra l’isola di Cipri e di Maiolica
non vide mai sì gran fallo Nettuno,
non da pirate, non da gente argolica. |
85 |
Quel traditor che vede pur con l’uno,
e tien la terra che tale qui meco
vorrebbe di vedere essser digiuno, |
88 |
farà venirli a parlamento seco;
poi farà sì ch’ai vento di Focara
non sarà lor mestier voto né preco.” |
91 |
E io a lui: “Dimostrami e dichiara,
se vuo’ ch’i’ porti sù di te novella,
chi è colui de la veduta amara.” |
94 |
Allor puose la mano a la mascella
d’un suo compagno e la bocca li aperse,
gridando: “Questi è desso, e non favella. |
97 |
Questi, scacciato, il dubitar sommerse
in Cesare, affermando che ’l fornito
sempre con danno l’attender sofferse.” |
100 |
Oh quanto mi pareva sbigottito
con la lingua tagliata ne la strozza
Curio, ch’a dir fu così ardito! |
103 |
E un ch’avea l’una e l’altra man mozza,
levando i moncherin per l’aura fosca,
sì che ’l sangue facea la faccia sozza, |
106 |
gridò: “Ricordera’ti anche del Mosca,
che disse, lasso! ’Capo ha cosa fatta,’
che fu mal seme per la gente tosca.” |
109 |
E io li aggiunsi: “E morte di tua schiatta.”
Per ch’elli, accumulando duol con duolo,
sen gio come persona trista e matta. |
112 |
Ma io rimasi a riguardar lo stuolo,
e vidi cosa ch’io avrei paura,
sanza più prova, di contarla solo, |
115 |
se non che coscïenza m’assicura,
la buona compagnia che l’uom francheggia
sotto l’asbergo del sentirsi pura. |
118 |
Io vidi certo, e ancor par ch’io ’l veggia,
un busto sanza capo andar si come
andavan li altri de la trista greggia; |
121 |
e ’l capo tronco tenea per le chiome,
pesol con mano a guisa di lanterna;
e quel mirava noi, e dicea: “Oh me!” |
124 |
Di sé facea a sé stesso lucerna,
ed eran due in uno e uno in due;
com’ esser può, quei sa che sì governa. |
127 |
Quando diritto al piè del ponte fue,
levò ’l braccio alto con tutta la testa
per appressarne le parole sue, |
130 |
che fuoro: “Or vedi la pena molesta,
tu che, spirando, vai veggendo i morti:
vedi s’alcuna è grande come questa. |
133 |
E perché tu di me novella porti,
sappi ch’i’ son Bertram dal Bornio, quelli
che diedi al re giovane i ma’ conforti. |
136 |
Io feci il padre e ’l figlio in sé ribelli:
Achitòfel non fé più d’Absalone
e di David coi malvagi punzelli. |
139 |
Perch’ io parti’ così giunte persone,
partito porto il mio cerebro, lasso!
dal suo principio ch’è in questo troncone. |
142 |
Così s’osserva in me lo contrapasso.” |