Introduzione

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Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O anche solo per essere protetto da una storia, per scivolare in una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile.

(Fabrizio De André

www.fondazionedeandre.it)

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Il motivo principale che mi ha spinto a scrivere un libro su Fabrizio De André è quello di avvicinarmi con equilibrio alle sue canzoni: prima di tutto, infatti, ho agito da ricercatrice e, solo in secondo luogo, da sostenitrice appassionata. Spero che la mia iniziale sprovvedutezza mi abbia aiutata a compiere un lavoro distaccato e approfondito allo stesso tempo.

Questo libro ha lo scopo di accostarsi alle canzoni di Fabrizio De André da un punto di vista diverso da quello puramente musicale come, la maggior parte di noi ascoltatori è abituata a fare. Credo, infatti, che per poter apprezzare al meglio una canzone – per quanto possa essere piacevole dal punto di vista melodico – non si debba prescindere dalla sua analisi testuale. Molti brani di De André, come generalmente accade per gli scritti degli autori impegnati, difficilmente possono essere compresi pienamente a un primo ascolto e necessitano di uno studio approfondito. Come per ogni analisi letteraria che si rispetti, infatti, anche per le composizioni del cantautore genovese è necessario scoprire il significato recondito che vi si cela dietro. Prima di addentrarmi nell’opera di De André e pormi delle domande riguardanti i suoi testi, anch’io ho beneficiato dell’ascolto delle sue canzoni in modo passivo, senza chiedermi cosa vi fosse dietro le metaforiche locuzioni utilizzate da questo “falegname della parola”. Per dare una risposta al mio desiderio di conoscere, ho quindi deciso di analizzare parte dei suoi testi, divisi per tematiche principali.

Dopo un breve excursus biografico, il libro si soffermerà su due argomenti fondamentali dell’opera del cantautore genovese: la morte e la donna, nelle loro varie sfaccettature. Si parlerà quindi di madri e amanti, prostitute e guerre, con tocchi delicati o sarcastici ai quali De André ha ben abituato i suoi ascoltatori.

Un capitolo particolarmente ampio è dedicato agli echi musicali e letterari che hanno influenzato la produzione di Faber: dalla letteratura greca a quella latina e medievale, dalla letteratura francese quattrocentesca agli autori contemporanei italiani e non. Brassens, Aristofane, Masters, Amado, Angiolieri, Mutis, Calvino, Baudelaire, Pasolini e tanti altri autori, quindi, rivivranno in queste pagine grazie alle citazioni e alle rielaborazioni di Fabrizio De André.

È stato interessante, inoltre, trovare delle similitudini tra l’album del cantautore genovese Non al denaro non all’amore né al cielo e l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters alla quale De André si è ispirato, ma anche riferimenti meno scontati come il Giorno del giudizio di Salvatore Satta e La leggenda di Redenta Tiria di Salvatore Niffoi, che seguono lo stesso percorso tematico.

L’ultima parte del libro è dedicata alle lingue e ai dialetti utilizzati da Fabrizio De André per la composizione delle sue canzoni, con un’attenzione particolare per il sardo e precisamente per il gallurese, impiegato dal cantautore per comporre diversi testi. All’interno di questo capitolo, si farà inoltre riferimento al rapporto culturale e umano che De André ha instaurato con il popolo sardo, che ancora oggi continua a considerarlo un suo “figlio” prediletto.

La finalità della mia ricerca è di avvicinare anche le persone meno esperte di letteratura all’opera di quello che – giustamente – è considerato il cantore degli “ultimi”, nella speranza di riuscire a far apprezzare a più persone un grande poeta qual è Fabrizio De André.

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Io, se non vivo di emozioni mi sento inutile.

(Fabrizio De André – in C. G. Romana Amico fragile)