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L’aria della sera era umida e claustrofobica. Saturava la vettura, era acre sulla lingua. Romy continuava ad arrovellarsi sulle parole di Florence. Quanto di ciò che le aveva detto era verità? O era tutta menzogna, di nuovo?

Seduta accanto a Martel sul sedile posteriore, la mano sul suo torace, lo sentiva sollevarsi e abbassarsi mentre sfrecciavano a tutta velocità per le strade buie di Parigi. La ferita alla spalla la preoccupava. Léo avrebbe dovuto tenerla a riposo, ma ogni volta che glielo faceva notare lui la liquidava con noncuranza. L’unica concessione era stata tenere il braccio ad armacollo, e Romaine sapeva bene quanto gli pesasse pure quello. Per quell’uomo era come se gli avessero tarpato un’ala. Il ritmo regolare del respiro di Léo, la forza contenuta in quella gabbia toracica immensa, la gentilezza della mano appoggiata sulla sua coscia la calmavano.

Romaine era in fuga. Con un abito preso a prestito e neanche la più pallida idea su dove scappare. I tentacoli di Müller si allungavano per tutta la Francia. L’aveva fatta tenere d’occhio sul Treno azzurro e l’aveva fatta smontare quando gliene era saltato il ghiribizzo. Doveva avere un vero e proprio stuolo di gendarmi francesi corrotti in tasca, il che significava che lei non poteva fidarsi di nessuno. Persino in quell’istante, la loro auto poteva essere seguita. Romy si girò a studiare il traffico alle loro spalle, in cerca di un paio di fanali che restassero in zona un po’ troppo a lungo. Ma era un’impresa impossibile. Chiunque poteva portare guai.

Guai che l’avrebbero separata da Martel. Il pensiero le mandò in tilt le emozioni. Basta, devi chiederlo. Si fece forza preparandosi ad affrontare la risposta.

«Dove stiamo andando?»

Quello che voleva chiedere davvero era: dove mi state portando? A quale angolo di strada mi lascerete? Martel lo comprese. Sporgendosi in avanti, diede un colpetto sulla spalla a Noam. «Accosta.»

L’altro ubbidì. Fatta eccezione per il ticchettio del motore che si raffreddava, il silenzio si diffuse per l’abitacolo soffocante, e Romy comprese che era l’inizio della fine. Lei era costretta a lasciare Parigi, o Müller l’avrebbe trovata. E Léo non poteva lasciare la città, perché la sua impresa era lì, e perché non era il tipo di persona che potesse sopravvivere lontano dagli aerei. E lei lo sapeva bene. Sapeva fin dall’inizio che l’avrebbe sempre dovuto dividere con il suo aereo, e che non avrebbe mai dovuto costringerlo a scegliere. Dunque, il momento era arrivato. Le strade si dividevano.

Aveva perso tutto. Sua sorella. Chloé. La casa. La madre. Il lavoro. Il volo. Il suo amore. Müller l’aveva derubata di tutto. Persino del padre. Il tedesco era là, nello studio, ed era stato lui la causa della colluttazione che aveva portato alla morte di suo padre. La rabbia la soffocò.

O invece è colpa mia, se ho perso tutto?

«Romy?»

Non voleva rendergliela difficile.

Alzò la testa e vide che Noam era davanti a lei, sul marciapiede, le teneva aperta la portiera.

«Romy, sai guidare?»

«Certo.»

«Perfetto. Allora mettiti al mio posto. Io ho da fare.»

Svanì nella notte, lasciando la portiera spalancata.

Martel la sollecitò. «Allora, cosa aspetti? Vai, vai. Al campo d’aviazione.»

La strada si allontanò dai marciapiedi della città per tuffarsi nel mondo più scuro che si dipanava oltre i lampioni di Parigi. Lì un’auto si notava di più, i fanali scavavano gallerie nella notte. Eppure, fuori dall’agglomerato urbano Romy si sentiva più libera, l’aria più fresca nei polmoni, la mente più limpida. Teneva d’occhio tutti i fanali alle sue spalle, ma nessuno sembrava attardarsi troppo, o avvicinarsi troppo.

Quanto tempo le restava?

Sul sedile del passeggero, Martel era silenzioso, immerso in pensieri cupi, dritto come un fuso per sentire meno il dolore alla spalla. Di tanto in tanto si girava a guardarla e la fissava senza proferire parola, quasi se la stesse imprimendo nella mente. Quasi le stesse dicendo addio.

Nei pressi del campo d’aviazione, le chiese di spegnere le luci.

Romaine lo assecondò e subito vennero inghiottiti dall’oscurità. Per un istante non videro niente e nessuno. Il che significava che niente e nessuno poteva vedere loro.