76.

Uscita dal cinema, Vanessa continuò a commentare rapita il film. Chiacchierava di ottimo umore di ciò che avevamo visto ed era raggiante come una bambina che ha scartato un enorme regalo di Natale.

Io le stavo vicina e l’ascoltavo tesa. Avevo un groppo in gola e il cuore mi rimbombava nelle orecchie.

Era contenta adesso?

Sembrò leggermi nel pensiero e di colpo si fece seria e assentì. «Bene, Nikka. Ho ancora un desiderio. L’ultimo. Vorrei bere qualcosa di alcolico. C’è un bar o un locale nei paraggi?»

Dovetti fare uno sforzo per trattenermi e non gridarle in faccia. Avevo i nervi tesi allo spasimo. La mia amica del cuore rischiava di morire rinchiusa chissà dove e sua sorella voleva andare a bere! Ma poi pensai al suo sguardo di prima davanti al cinema.

Abbiamo un accordo, maledizione!

«In piazza c’è l’Old Nick’s» risposi riuscendo a stento a trattenere il tremito nella mia voce. «È un pub irlandese. Fanno anche musica dal vivo.»

Vanessa sgranò gli occhi entusiasta. «Hanno anche la Guinness?»

«Ovvio.»

«E vai! Ho sempre voluto assaggiarla! È buona come sembra?»

Contai fino a tre e cercai di calmarmi. «A chi piace.»

«Andiamo a provarla, allora» disse prendendomi per mano.

Avrei voluto scuoterla, ma se era davvero il suo ultimo desiderio per la serata, non mi restava che accontentarla.

Imboccammo una stradina secondaria e da lì sbucammo sulla piazza principale. Già da lontano ci giunsero dal pub le note di una band. A me non piaceva particolarmente il folk irlandese, ma Vanessa ne sembrava entusiasta. Camminava con piccoli passi di danza senza mai lasciarmi la mano.

Sulla veranda del pub un gruppo di persone era radunato sotto una stufa a fungo. Erano circondate da una nuvola di fumo di sigaretta e le loro risate riecheggiavano sulla piazza.

Quando ci avvicinammo all’ingresso, uno di loro si staccò dal gruppo e ci venne incontro barcollando.

«Ehi» biascicò. «Ma guarda che bella sorpresa!»

Mi mancò quasi il respiro quando lo riconobbi. Era Rob, lo zombi che avevamo incontrato davanti al club, che stando a quanto aveva detto Pinhead era sempre sbronzo e molto aggressivo. Al nostro primo incontro mi era sembrato un tipo figo, perché era alto e muscoloso, ma quella sera era solo ubriaco e aveva un aspetto rivoltante.

«Guardate un po’ chi abbiamo qui!» esclamò verso gli altri. «La donna gatto e la sua amica che vomita. Catwoman e Vomitwoman!»

Scoppiò in una risata fragorosa e i suoi amici lo imitarono.

«Ignoralo» dissi a Vanessa e feci per superarlo trascinandomela dietro. Ma lui ci si parò davanti con un ghigno e agitò il boccale con tanta energia da rovesciare la birra.

«No, no, carine, non vorrete scappare via, vero? Abbiamo ancora un conto in sospeso. Ve lo siete scordato?»

«Lasciaci in pace!» gli ordinai, mettendomi davanti a Vanessa per proteggerla. Era pazzesco, ma avevo paura per lei. Era come un fragile contenitore che custodiva la cosa più preziosa che avessi in quel momento.

Lui mi lanciò un’occhiata sprezzante. «Non sei molto carina, Vomitwoman!»

Vanessa si staccò da me, fece un passo avanti e lo afferrò per il giubbotto.

«Chiudi la bocca, stronzo, e vaffanculo!» gli gridò. «Questa è la mia serata!»

Per un attimo Rob rimase perplesso quanto me. Non avevo mai visto un’esplosione di odio tanto violenta in una persona, e probabilmente nemmeno lui. Indietreggiò, ma poi scagliò via il boccale che andò in frantumi sul selciato, e afferrò Vanessa per il polso.

«Come mi hai appena chiamato, puttana?»

«Stronzo!» sibilò lei. «E ora lasciami!»

Gli sputò in faccia e cercò di dargli un calcio. Rob però fu più rapido di quanto si sarebbe potuto immaginare nel suo stato. Prima che potessi intervenire, spintonò via Vanessa.

L’impeto la fece indietreggiare di alcuni passi, poi lei scivolò sulle pietre bagnate e cadde a terra.

Con un grido mi avventai su Rob. Lo presi a pugni sul petto, ma era come colpire un armadio. Lui mi afferrò e gettò a terra anche me.

«Ehi, Rob, adesso basta!» gli gridò uno degli amici, ma Rob si scagliò su di me.

«Maledetta puttana! Ti farò vedere io chi...»

Poi si bloccò, il pugno a mezz’aria, fissando inebetito Vanessa.

«Cazzo, che cosa fa?»

Vanessa si dimenava per terra premendosi entrambe le mani al petto. Boccheggiava e ansimava, scalciando in aria.

Io spintonai Rob da una parte, balzai in piedi e corsi da lei. Anche Rob si alzò e si fermò dietro di me.

«Ehi, le ho dato solo una spintarella» biascicò. Qualcuno dei suoi amici rise piano.

«Ha un infarto, idioti!» gridai. «Chiamate un’ambulanza! Presto!»

Mi chinai su Vanessa cercando di calmarla. Aveva smesso di scalciare, ma i suoi occhi erano spalancati e la sua cassa toracica si alzava e si abbassava freneticamente. Dalla gola le usciva un rantolo agghiacciante.

«Resisti!» la implorai. «Stanno per arrivare i soccorsi!»

Lei alzò la testa dal selciato. Aveva i capelli appiccicati alla fronte e il trucco in parte sbavato. Vidi le profonde occhiaie che aveva coperto con il fondotinta.

«È stata... una bellissima serata» ansimò con un sorriso tormentato. «Gran... divertimento!»

Le tenni la testa con le mani e me la posai in grembo.

«Dov’è Zoe? Per favore, Vanessa, dimmelo! Dove l’hai portata?»

Vanessa ansimò e mi afferrò il braccio. «La vita... è così... merdosa e ingiusta!»

Rovesciò gli occhi all’indietro e si aggrappò alla manica del mio giubbotto. Poi ebbe un ultimo spasmo e il braccio le ricadde inerte a terra.