Capitolo 15
Kain
È ufficiale, mi sono giocato il cervello. Quello vero, quello che sta in testa, non quello che proverbialmente noi uomini abbiamo tra le gambe.
Se avessi dovuto dare retta al mio pacco, l’avrei messa sotto di me, ribaltata sul sedile posteriore della macchina. E invece no. Ho avuto un momento di debolezza o di coscienza, non so neanche io come chiamarlo. Voglio scoparla. Mi spetta di diritto, l’ho già programmato, su questo non ci piove. Il fatto che Big Bear si sia ripreso non cambia di una virgola il mio programma Ma, cazzo, voglio che in quel momento sia presente a se stessa e che si gusti la cosa come me. Voglio che abbia una prima volta come si deve. Quindi, no, non sono pentito di aver fermato le cose ieri sera sul sedile posteriore della macchina. Era sotto choc e voleva solo un corpo solido e caldo al quale stringersi e dal quale trarre conforto.
Ma essendo, nonostante tutto, un bastardo, ho trovato il modo di approfittare comunque della situazione. Mi diventa duro come la roccia se penso al mio naso infilato tra le sue pieghe e al suo odore. Mentre veniva sulla mia bocca potevo sentire il battito nella fica, ed è stato qualcosa che mi ha mandato su di giri. Sono venuto con tre semplici gesti, ma per poco non lo avrei fatto anche senza toccarmi, mentre bevevo da lei.
Mi passo la mano sulla faccia.
Mi sono giocato il cervello.
Me lo ripeto almeno tre volte di seguito mentre le guardo il culo. Proprio adesso. Ci siamo fermati a comprare qualcosa da mangiare in un supermercato e Tess sta trafficando con la cassa automatica per uscire dal parcheggio. Ok, più la guardo e più credo di essere stato un vero coglione ieri. Un emerito e assoluto coglione. Ma ormai è andata. Giuro che non mi farò mai più prendere da questi scrupoli di coscienza. Ieri sera, dopo essere rientrati all’appartamento ho dovuto masturbarmi ancora sotto la doccia, dopo averla lasciata a letto.
Ne sono uscito che era già addormentata. Da quando Tess è entrata nella mia vita, il solo piacere me lo regala la mia mano destra e sinceramente non sono abituato così.
«Ce l’ho fatta!»
Si volta vittoriosa verso di me, con lo scontrino del parcheggio appena sputato dalla macchinetta tra le dita e il sacchetto coi panini in mano. Sembra felice e non so proprio perché. Praticamente abbiamo un rapporto sequestrato/sequestratore ma pare non importarle. Ora conosciamo rispettivamente le nostre parti intime, solo che le mie lei le ha solo guardate. Io no, ho fatto ben altro e non riesco a togliermelo dalla testa. Insomma, siamo in un casino che non avevo preventivato.
Ma la cosa prioritaria per Tess in questo momento sembra il pranzo. E anche per me dovrebbe essere così. Dovrebbe, perché la fame mi è completamente passata da un po’.
«Dobbiamo mangiare per strada?»
Guardo l’orologio. «Sì, ho in programma di spezzare il tragitto, voglio arrivare in Arkansas nel pomeriggio, non troppo tardi.» Questo viaggio si sta rivelando un vero inferno, tra il tentativo di omicidio scampato a Houston e quello che è accaduto ieri sera, mi sento una bomba a orologeria pronta a esplodere. Mentre io sono sull’orlo di una crisi di nervi, Tess sembra quasi rifiorita. E questo, se possibile, mi fa incazzare ancora di più.
Metto in moto appena chiude lo sportello, praticamente le do appena il tempo di salire su in macchina e vado via quasi sgommando. Sembra indifferente al mio nervosismo, scarta il suo panino e mangia tranquilla guardando fuori dal finestrino.
«Non mangi?»
«Dopo» rispondo sbrigativo. Non ho fame, ho un altro tipo di fame alla quale non posso, per qualche insano motivo, porre rimedio. E sono incazzato.
«Se vai così veloce ci schianteremo.»
Ha ragione, cazzo, ma non voglio darle soddisfazione. «Ho fretta» rispondo.
Fretta di arrivare da qualche parte e mettere un po’ di distanza tra noi. La sua presenza, il suo profumo, mi sta facendo impazzire, non so di quanto autocontrollo sarò ancora capace. Quello che è sicuro è che voglio che la nostra prossima tappa arrivi il più presto possibile.
***
Abbiamo dovuto spezzare il viaggio e ci siamo fermati nei pressi del lago Ouachita. Il lago è circondato da una foresta, una distesa incontaminata di boschi rigogliosi. È uno dei miei posti preferiti in Arkansas e, quando posso, cerco sempre di passarci, anche se per poco tempo. La tranquillità del lago e il paesaggio da cartolina hanno il potere di rilassarmi, di riconciliarmi con me stesso anche quando mi sento scombussolato dentro. Come adesso.
Ho fermato il SUV nei pressi della riva del lago. Di solito, quando sono qui, dormo in macchina al riparo di questi magnifici alberi. Chiudo gli occhi guardando la luna che scompare tra le cime, coperto con il plaid che tengo nel baule. È uno dei modi che preferisco per addormentarmi.
«È un posto magnifico…» Tess è scesa dalla macchina e si è avvicinata alla sponda del lago. Il suo viso è l’essenza della sorpresa, di quel genuino stupore che non vedevo da tanto, tantissimo tempo. Forse da mai.
«Dormiremo qui?» Mi guarda raggiante. Da quando è cambiata? Da quando si è trasformata da sprezzante a felice?
«Sì» rispondo. Non mi aspettavo tanto entusiasmo per una sistemazione così precaria. Tess è una fonte continua di sorprese e questa scoperta non dovrebbe piacermi così tanto. Non dovrebbe piacermi niente di quello che sta accadendo tra noi, devo assolutamente strapparmi questo sorriso ebete dalla faccia e portare tutto nuovamente sul piano fisico. Il mio cuore o quello che è, deve rimanere al sicuro sotto la corazza che lo ha sempre circondato. Non permetterò mai a nessuno di arrivarci, in nessun modo, neanche in prossimità. È una promessa silenziosa che ho fatto a me stesso ogni giorno della mia vita, non ci rinuncerò proprio adesso per fare uno stupido salto nel buio. «Lo faccio sempre, non vale la pena andare a cercare una stanza in paese quando c’è tutto questo a disposizione.»
«È semplicemente meraviglioso. Se non facesse così freddo mi piacerebbe fare un bagno.»
Lo dice e ho già iniziato a spogliarla con gli occhi. La immagino mentre sfila la maglietta. Già solo questo gesto mi manderebbe in confusione. Resterei incantato a guardare la sua schiena nuda segnata solo dall’elastico del reggiseno. Non avrei più fiato nei polmoni quando si volterebbe per sorridermi. La immagino calciare via le scarpe, mettere mano ai pantaloncini e abbassarli, rivelare solo un paio di mutandine semplici a coprirle il culo.
La immagino camminare verso il lago.
È il momento più strano della mia vita. Il cuore mi scoppia di qualcosa che non so definire cosa sia. Mi sto rincitrullendo del tutto. Nel mio sogno a occhi aperti sfilo la maglietta, calcio le scarpe e abbasso i pantaloni. In mutande non potrò nascondere quello che mi sta accadendo. Immagino di arrivare all’acqua, dove mi immergo velocemente fino alla vita. Tess è già dentro e sta nuotando. Ma è solo un sogno.
Questa cosa mi sta mandando al manicomio, devo assolutamente trovare una soluzione e anche al più presto, prima di impazzire completamente.
Mi passo la mano sulla faccia, devo smetterla. Fa un cazzo di freddo e mi sento pronto a esplodere da un momento all’altro. Non guardo cosa stia facendo Tess, non lo voglio neanche sapere.
«Ho fame» grida alle mie spalle. Si stringe nella sua pelliccetta. Quando sarà buio farà freddo. Freddo vuol dire stare vicini sotto la coperta.
«Anch’io» rispondo guardandomi intorno. La prospettiva di andare a cercare un posto per mangiare non mi fa certo impazzire. Sono stanco.
«Potremmo andare al primo centro abitato a cercare qualcosa…»
«Oppure potremmo andare lì.»
Tess si volta e guarda nella direzione in cui sto guardando anch’io. C’è un capanno poco distante da noi e un gruppo di persone che ha acceso un falò. Saranno una decina, alcuni seduti, altri in piedi. Entrano ed escono dal capanno, sicuramente stanno cucinando qualcosa. Di sicuro si divertono.
«Vorresti andare lì?» mi chiede quasi sconcertata. Che devo rispondere? La verità è che in questo momento l’unico posto dove vorrei stare è dentro di lei, ma non come un maledetto stupratore del cazzo, come un uomo che la desidera follemente. Come il suo uomo.
Pensarlo fa paura anche a me stesso, devo togliermi dalla testa questa ossessione assurda. Allora rispondo con una mezza verità. «Se tu non ci fossi, lo farei.»
«Stai dicendo che sono io che ti ostacolo?»
«A parte il fatto che non mi lascio ostacolare da nessuno, figuriamoci da te…»
«Allora, andiamo, forza» ribatte fiera e piccata. Marcia con determinazione verso il falò con me dietro. Forse era meglio se stavo zitto, sono certo che non ne caveremo niente di buono.