Capitolo 26
Kain
Sloan è nel mio ufficio. Stiamo parlando. Sta parlando. Io guardo fuori dalla finestra mentre quello che dice mi attraversa le orecchie senza lasciarmi niente dentro. Sta dicendo qualcosa su Richmond, sulla nuova attività, su chi potremmo mandarci per gestirla al meglio. Dopo quello che è successo nelle altre due filiali, dobbiamo stare molto attenti a scegliere i nostri collaboratori. Siamo circondati da gente che vuole fregarci.
Dovrebbe importarmi di tutto questo, è la mia attività, ciò per cui ho sempre lavorato sodo, da tutta una vita. Invece, la mente è lontana, altrove. Credevo che col trascorrere dei giorni sarei stato meglio. Credevo che avrei dimenticato, che sarei riuscito a passare oltre, a riprendere la mia vita come ho sempre fatto, voltando pagina. Non ci riesco. Cazzo, io non ci riesco.
Il pensiero di Tess è fisso, impresso in maniera indelebile nella mia mente. Saperla a poche miglia da qui mi fa diventare matto, io…
Devo essere impazzito. È lei. Una figura esile lascia la mia proprietà chiudendo dietro di sé il pesante cancello di ferro. Mi alzo in piedi di scatto.
Sono certo si tratti di lei.
«Che succede?» Sloan è sorpreso.
Non rispondo, volo verso la porta dell’ufficio. La apro e sono pronto a catapultarmi giù, ma qualcosa mi blocca. Qualcuno. È Bonnie che ostruisce la porta. Incazzata.
Mi butta una boccata di fumo in faccia.
«Lasciala stare.»
«Togliti!» Ma lei non si muove. Potrei spostarla di peso, ma qualcosa mi ferma. Il suo sguardo. È dritto nel mio e determinato come poche volte l’ho visto.
«Solo per un motivo potresti avere questa fretta indiavolata e il tuo motivo se ne è appena andato. Lasciala andare, Kain.»
Mi pizzico la radice del naso per recuperare un po’ di calma. Almeno un po’.
«Cosa ci fa qui?»
«Lavora per me, pulisce il mio appartamento. La vecchia a cui badava è morta e non ha come vivere.» Qualcosa mi artiglia le viscere e me le spreme. Non lo sapevo. Mi sento contorcere da un dolore assurdo dentro.
«Non voglio che lo faccia più. Licenziala. Farò arrivare ugualmente gli stessi soldi sul suo conto.»
Gli occhi di Bonnie si accendono di qualcosa che è molto simile alla furia. Mi punta l’indice al petto e lo sbatte contro due volte. «Cosa cazzo credi di fare? L’hai imbrogliata e ti ha scaricato, non hai alcun diritto su di lei, non puoi pensare di fare una stronzata del genere.»
Ingoio la risposta. È vero, ho perso ogni diritto su di lei ma questo non vuol dire che…
«Anzi, sai cosa ti dico? Che le procurerò un appuntamento con un uomo, uno di questi giorni.»
Il sangue mi sale alla testa con una rapidità incredibile. Le prendo il polso e la guardo dritta negli occhi. Esercito una pressione sufficiente a metterla in guardia. Non le farò del male, ma non deve sfidarmi.
«Non osare farlo» la minaccio.
«Non puoi permettertelo.» Bonnie scandisce le parole con calma, anche se le trema la voce. Rimaniamo così per qualche secondo, fino a quando non lascio la presa e le libero la mano. Un leggero colorito torna sulle sue guance improvvisamente pallide.
«Ehi, qualcuno mi dice che cazzo succede?» La voce di mio fratello mi riporta alla realtà.
«Niente» rispondo senza lasciare la presa sugli occhi di Bonnie. Ha ragione e lo so. Ma non posso sopportarlo. Non posso sopportare di sapere che Tess sta sotto il mio stesso tetto e non posso averla. Che deve sgobbare come una serva per mangiare. Che… cazzo, non posso. Sarebbe tanto peggio la sua vita con me? Potrei offrirle un’esistenza agiata, non le mancherebbe niente. Io le darei tutto. Tutto quello di cui ha bisogno. Devo solo trovare il coraggio di chiederle perdono. O morirò.