16

Sergio riconette i cavi, collegando l’amplificatore al giradischi e alle casse, un paio di vecchie ma affidabili AR, ancora in buono stato. Quando ha finito, inserisce la spina nella presa di corrente. Per provare se tutto va bene, mette sul piatto Aspettando Godot. Fa calare la puntina sul vinile e, tra fruscii e schiocchi, partono gli accordi di chitarra, a cui si aggiungono gli archi e poi la voce, flebile e leggermente roca, di Lolli. Il Maranz funziona a dovere. Sergio si volta verso Vitaliano, ha l’impressione che gli sorrida.

Passano la mattinata a riascoltare vecchi album. Al termine di I’ll Remember April, di Chet Baker, Sergio si alza per andare a togliere il vinile dal giradischi. Mentre lo sta infilando nella custodia, si ferma e guarda Vitaliano. “Avresti voglia di rivedere il nostro film?”

Vita lo osserva interrogativo.

“A Roma, prima di venire qua, ho recuperato le vecchie bobine e ho chiesto a un amico che lavora in una sala di montaggio di trasferirlo in digitale. Mi ha spedito il dvd qualche giorno fa.”

“Ce l’hai. Con te.”

“Sì.”

E così lo fanno. Sergio spinge Vitaliano sulla carrozzella nel soggiorno, lo sistema vicino al divano, accende il televisore e inserisce il dischetto. Poi si va a sedere accanto a Vita. Fa partire il lettore di dvd. Con il fiato sospeso, vede le prime immagini scorrere assieme ai titoli di testa.

Uno affianco all’altro, in silenzio, guardano il film che hanno realizzato assieme trent’anni prima. Sergio, con la gola stretta dall’emozione, vede le tantissime ingenuità e i piccoli colpi di genio.

Quando il film è finito, e anche le ultime note della colonna sonora si concludono, Sergio spegne il televisore.

La stanza rimane in silenzio, fino a quando Vita dice: “Sarebbe. Bello andare. Alla casa di. Tuo nonno.”

Sergio si volta verso di lui, con il telecomando ancora in mano. Vita, dalla sua sedia a rotelle, lo sta guardando.

“Te la sentiresti?” gli chiede.

“Mi pia. Cerebbe.”

“E allora facciamolo, cazzo” dice Sergio. Si sente così pieno di energia, in questo momento, che porterebbe Vita in spalla fino in cima al Monte Bianco. “Ne parliamo con tua sorella e uno dei prossimi giorni ci andiamo. Okay?”

Vita muove la testa quasi calva in un cenno di assenso, con un senso di dolorosa felicità che gli opprime il petto.

Appena Anna rientra dal lavoro, Sergio la mette al corrente del loro progetto. Lei reagisce con prudenza, non è sicura che sia una buona idea. Sergio non si fa smontare e la rassicura con entusiasmo.

Vitaliano segue la trattativa senza intervenire. Sua sorella gli lancia delle occhiate perplesse, cercando di capire se davvero se la sente di imbarcarsi in un viaggio che, per quanto breve, per lui potrebbe essere molto faticoso.

Anna finisce per accettare. Sergio, soddisfatto, saluta entrambi ed esce per tornarsene al bed and breakfast.

Rimasto solo nella sua camera, nel silenzio rotto soltanto dal ronzio ritmato del compressore che mantiene gonfio il materasso antidecubito, Vitaliano smette di trattenersi e piange. Le lacrime gli scendono dagli occhi, dal naso, dalla bocca. Tenta in tutti i modi di soffocare i singhiozzi, perché non vuole che sua sorella lo senta. A un certo punto lo sforzo è così doloroso che avverte una fitta al torace e crede di avere un arresto cardiaco.

È in quel momento che lo dice.

Lo grida in silenzio, dentro di sé, con una determinazione e una rabbia che credeva di non possedere più: “Non voglio morire!”

Ma se anche lo urlasse con quanto fiato ha in gola, le cose non cambierebbero. I suoi giorni sono a termine e il passato, per quanto Sergio si ostini a rievocarlo, non tornerà.

Mentre lacrime, saliva e muco gli colano sul mento, Vitaliano pensa allo spreco dei suoi ultimi trent’anni. Come vorrebbe poter tornare alla primavera dell’84! Se non avesse reagito così, se non si fosse intestardito nel mandare tutto a puttane e fosse rimasto a Bologna, avrebbe potuto accettare la proposta di quel cialtrone di Treves e affrontare assieme a Sergio e a Elena le opportunità che ne sarebbero derivate e tutto ciò, di buono o cattivo, che la vita avrebbe portato.

Se potesse esprimere un desiderio, adesso, chiederebbe di tornare a quei giorni e fare una scelta diversa.

Stremato dal pianto che continua a squassarlo, pensa con rabbia che rivorrebbe indietro la sua giovinezza, tutta intera e ancora da vivere, oppure niente.

Lentamente, la violenza dei singhiozzi diminuisce, si placa. Smette di piangere. In bocca avverte un sapore salato, denso. Deglutisce, con la gola che gli brucia. Allunga faticosamente un braccio verso il comodino per prendere un fazzoletto. Si asciuga alla meglio il volto e un sorriso amaro gli incurva le labbra. In fondo, non avrebbero tutti lo stesso desiderio? Ognuno ha un momento a cui vorrebbe tornare, per rivivere dei momenti felici o prendere decisioni diverse, sperimentare altre possibilità. E per lui, come per tutti, non è possibile.

Si può andare solo avanti, verso la vecchiaia e la morte, che nel suo caso arriverà molto presto.