Lettera a Sergio

Scrive Bergman in Lanterna Magica: “Siccome non voglio immaginarmi un’altra vita, una sorta di vita dall’altra parte del confine, la prospettiva è agghiacciante. Vengo trasformato da qualcuno a nessuno. Questo nessuno non conserva nemmeno la memoria di un’intimità.”

L’unica intimità a cui abbia mai tenuto (di fatto l’unica che ho sperimentato da quando sono uscito dall’infanzia, e forse anche da prima) è quella con te. Ma anche quell’intimità era ormai perduta. Avrei voluto – anche se sono consapevole di quanto sia inutile – che il ricordo del legame che ci ha uniti mi sopravvivesse: e l’unico luogo in cui poteva accadere era la tua memoria. Però avevo il timore che tu, in tutti questi anni, avessi fatto il possibile per soffocare questo ricordo, e che per risvegliarlo non sarebbe bastata la mia morte, sempre ammesso che tu ne fossi venuto a conoscenza.

In fondo si tratta solo di egoismo: l’unica ragione che muove sempre le azioni degli uomini (so che non sei d’accordo, ne abbiamo discusso tante volte quando eravamo ragazzi, ma io continuo a pensarla così). Non sopportavo l’idea che, dopo la mia morte, tu avresti preferito non pensare a me. Forse, se ci fossimo rivisti, le cose avrebbero potuto andare diversamente.

Il solo modo che mi è venuto in mente per farti tornare è stato fare leva su una vecchia promessa che siamo scambiati da ragazzi.

Ti ricordi Il settimo sigillo? In quel film il cavaliere riesce a guadagnare un altro po’ di tempo sfidando la morte a scacchi. Il nostro vecchio patto sarebbe stata la mia partita a scacchi.

Ho rimuginato a lungo su questa idea. A volte mi sembrava buona, più spesso una fesseria. Alla fine ho deciso di tentare.

Con un bluff ti ho agganciato la prima volta, con un bluff ti ho riportato da me.

Ma tu hai fatto molto di più che rispondere alla mia chiamata e venire a trovarmi. Hai deciso di starmi vicino, nonostante le pochissime cose che ho potuto darti (di quello che ero non rimane quasi più nulla, e quel poco è sepolto dentro questo ammasso di pelle guasta e carne spolpata, che ha ormai più ostacoli che strumenti per ogni possibile forma di comunicazione). Ti sei sforzato di ignorare il ribrezzo che certamente ti provoco e hai trascorso accanto a me molto più tempo di quanto avevo sperato.

Ti ringrazio per questi giorni passati assieme. Adesso però è giusto che tu ti occupi della tua vita e che io abbandoni la mia.