Henri stava lavorando tranquillo nel suo ufficio fin dalle sette del mattino. Da quando aveva preso il controllo dell’impresa di famiglia, circa dieci anni prima, aveva sempre trascorso il venerdì mattina smaltendo le scartoffie che durante la settimana gli si erano accumulate sulla scrivania come sedimenti. Le avrebbe trasformate in appunti per Mademoiselle Boyer, la sua segretaria, e in copie da archiviare, documenti da girare agli avvocati e ai contabili, prima che i suoi operai arrivassero nei cantieri alle spalle degli uffici, e che il silenzio di quelle prime ore venisse piano piano riempito dagli squilli dei telefoni, dai passi lenti e dal frastuono dei carrelli nei corridoi. Quel rumore crescente gli dava un senso di conforto.
Viaggiava spesso lungo la costa, per incontrare altri uomini d’affari in alberghi, fabbriche, studi legali, e anche per questo teneva particolarmente alla sua mattina settimanale in ufficio, dove nella quiete ogni piccolo problema poteva essere affrontato e risolto, affinché gli ingranaggi dello stabilimento e dei cantieri non si bloccassero. Nemmeno in guerra aveva cambiato abitudine, sebbene sua moglie, da quando la Francia era stata occupata, non fosse quasi mai libera per pranzare con lui al termine della mattinata di lavoro.
Fu quindi con stupore che sentì la segretaria battere alla sua porta mentre il caffè era ancora caldo nella tazza e le scartoffie ancora intonse. La invitò a entrare.
«Monsieur Fiocca...» Il suo corpo sottile, generalmente rigido come un bastone, sembrava tremare. Stringeva la maniglia della porta in cerca di sostegno.
Lui si tolse gli occhiali da lettura e le rivolse un sorriso rassicurante. «Cosa c’è, Mademoiselle Boyer?»
«Ci sono degli... uomini.»
Henri si alzò di scatto e andò alla finestra. Nello spiazzo davanti all’ufficio si erano fermate tre grosse vetture nere. Uno dei conducenti era in piedi, ma non a riposo o intento a fumare come un soldato qualsiasi, bensì con le mani dietro la schiena, e lo sguardo fisso. Gestapo.
La signorina Boyer era rimasta aggrappata alla porta. «È appena venuto ad avvisarmi Monsieur Callan. Stanno interrogando gli operai. Stanno perquisendo l’archivio. Che cosa devo fare?»
Henri distolse lo sguardo dalle automobili e lo alzò verso il Porto Vecchio, i piroscafi, il molo e ancora più in là la grande distesa azzurra del Mediterraneo.
«Torni al lavoro, signorina» disse. «Arriveranno anche da noi.»
Henri riprese il proprio posto dietro la scrivania e la giovane segretaria si ritirò chiudendosi la porta alle spalle. Arrivò in fondo alla lettura del contratto e firmò entrambe le copie, poi osservò le firme. Nessuno avrebbe sospettato che gli tremavano le mani. Posò i due fogli sulla pila pronta per essere ritirata dalla segretaria.
Poi si dedicò alla lettura di una richiesta di lievi modifiche di un ordine; la richiesta veniva da uno dei suoi fornitori, che lamentava «la sfortunata carenza di materie prime». Henri sentiva che il ritmo intorno a lui, negli uffici e nei cantieri, non era quello solito. Un telefono squillava ininterrottamente, i passi erano frettolosi. I tonfi e i sibili che arrivavano di solito con regolarità dallo stabilimento risuonavano radi, soffocati. Aspettò cercando di leggere, ma ormai non vedeva più. La porta dell’ufficio si riaprì di nuovo e questa volta entrò un tedesco alto con la divisa grigioverde e le mostrine da maggiore delle SS sul colletto della giacca. Lo seguiva, a rispettosa distanza, un capitano. Dietro di loro la signorina Boyer con un’espressione terrorizzata.
Henri si alzò di nuovo. «Prego, signori» disse, come se i due tedeschi fossero stati introdotti nel suo ufficio secondo l’etichetta.
Il maggiore gettò una rapida occhiata dietro di sé come se vedesse la segretaria per la prima volta, poi si rivolse a Henri con un sorriso. «Mi chiamo Böhm, Monsieur Fiocca» disse in un francese perfetto, ma non tese la mano. «Questo è il capitano Heller. Ci dispiace presentarci così, senza preavviso.»
«Si figuri» rispose Henri, accennando un inchino. «Accomodatevi, signori. Come posso esservi utile?»
Böhm ignorò l’invito e si avvicinò alla finestra ad ammirare la stessa vista che poco prima aveva apprezzato Henri. «Non è necessario, Monsieur Fiocca. E fossi in lei non perderei tempo a sedermi. Vogliamo farle qualche domanda. Prenda il cappotto, ci farebbe piacere ospitarla per un po’ in Rue Paradis.» Henri raddrizzò la schiena. «Chieda pure, ma parli con la mia segretaria e con il mio amministratore, io temo di essere troppo occupato, per dedicarvi il pomeriggio.»
Böhm stava ancora osservando il panorama. «Naturalmente parleremo anche con loro. Temo di dover insistere: ci deve seguire, Monsieur Fiocca.»
Così presto? È strano come a volte ci sorprenda quello che in cuor nostro ci aspettavamo da tempo. La sua reputazione e quella della famiglia dovevano pur valere ancora qualcosa a Marsiglia. Henri provò a resistere.
«Perché è venuto fin qui di persona se intendeva interrogarmi al vostro quartier generale? La Gestapo di solito spedisce la soldataglia armata di mandato a prelevare la gente. E nottetempo.»
Una manifestazione d’orgoglio inutile. Henri inspirò lentamente. Sarebbe ricorso alla legge, al suo denaro e alla sua influenza, e se fosse stato necessario avrebbe fatto scudo con il proprio corpo per proteggere la sua gente, per proteggere Nancy da questi uomini. Il maggiore Böhm non sembrò offendersi per la sua battuta. Si allontanò dalla finestra e raggiunta la scrivania diede un’occhiata alle carte, prima di rispondere con un cenno cortese del capo.
«Monsieur Fiocca, anch’io, come lei, sono stato seduto a lungo alla mia scrivania. Avevo bisogno di sgranchire le gambe.» Lesse fugacemente una delle lettere che Henri aveva scritto poco prima. «Lei ha per caso fatto studi di psicologia, Monsieur Fiocca? Io l’ho studiata a Cambridge, prima della guerra. Mi è capitato spesso di pensare che le competenze acquisite in quegli anni di studio della psiche umana, al fine di comprendere comportamenti e motivazioni dei nostri simili, potrebbero essere di grande utilità negli affari. Suppongo che anche lei disponga di tali competenze, a giudicare da come i suoi affari vanno a gonfie vele, nonostante le difficoltà di questi tempi. Sì, penso che avremo molte cose di cui parlare, noi due.»
I loro sguardi si incontrarono e Henri si sentì gelare il sangue nelle vene. In quell’istante capì che né la legge, né i soldi o l’influenza della sua famiglia gli avrebbero offerto la protezione di cui aveva disperatamente bisogno.