Vedendo che il messaggio arrivava da Nancy, Buckmaster aggrottò la fronte. Garrow riconobbe l’espressione: era l’equivalente di ciò che in alcuni uomini si sarebbe manifestato sotto forma di arresto cardiaco.
«Quantomeno è viva, signore.»
«Sì, come no. Ma le avevo detto di mettersi in contatto con Gaspard... e invece dove va a imbucarsi? Con quegli straccioni sull’altopiano. E l’arresto di Southgate è un brutto colpo.»
Continuava a fissare il foglio.
«Colonnello», disse Garrow, «le richieste di Wake sono esagerate. Non può ragionevolmente aspettarsi che le mandiamo tutti questi rifornimenti per un piccolo gruppo come quello di Fournier. Vediamo se riesco a ridimensionare le pretese.»
Garrow tese la mano per riprendere il messaggio decodificato, ma Buckmaster fece un piccolo cenno di diniego.
«Noi non dubitiamo dei nostri uomini e delle nostre donne sul campo, Garrow. A meno di non avere ottimi motivi per farlo. È possibile che il capitano Wake stia chiedendo troppo, ma è possibile che intenda far colpo sui suoi nuovi amici e anche su Gaspard. Ed è sicuramente una donna che in questo riesce molto bene.»
«Su Gaspard, signore?»
Buckmaster posò il foglio sulla scrivania e si mise a caricare con cura la pipa. «Ha letto i rapporti che Southgate ci ha fatto avere prima del suo arresto? Tutti sanno tutto dei rivali: anche quante volte al giorno pisciano. Se facciamo questa consegna...» Smise di riempire il fornello della pipa e con il cannello indicò il foglio. «Gaspard e la sua gente verranno a sapere della nostra munificenza prima di colazione. Le faccia avere tutto quello che chiede. E aggiunga il pacchetto speciale.»
Garrow riprese il foglio con il messaggio e annuì. Poi si schiarì la gola.
«Mi dica pure, Garrow.»
«Posso insistere sul fattore tempo, signore?»
Buckmaster avvicinò un fiammifero alla pipa e aspirò fino a quando il tabacco prese come voleva lui. «Sì. Le dica di addestrarli il più in fretta possibile. Con qualsiasi mezzo. Ha sei settimane per fare di quella gentaglia una valida forza di combattimento.»
Garrow lasciò l’ufficio con un passo energico, quasi ringiovanito. Era la prima volta dalla sua fuga dalla Francia che provava un moto di entusiasmo. L’invasione era prossima. Era vicinissima. Buckmaster non aveva detto «sei settimane» a caso. Guardò dalla finestra: sotto di lui Baker Street pullulava di vita. Osservò i sacchi di sabbia, le finestre schermate e si chiese che aspetto avrebbe avuto, quella strada, una volta finita la guerra: luci alle finestre, uomini in abiti civili, le donne come Nancy di nuovo in giro a fare la spesa per una buona cena senza ore di coda per le razioni; Hitler con il suo portato di odio e di dolore ormai sfumato in un lontano ricordo. Sperò di poter tornare nel Paese di cui parlava bene la lingua, seppure con accento scozzese. Dopo un anno intero passato in un campo di prigionia, aveva trascorso lunghi mesi nel Sud della Francia a organizzare la fuga di suoi compagni, lui che era riuscito a evadere grazie alla prezzolata negligenza di alcune guardie e a un po’ di fortuna. Quando erano arrivati i tedeschi le guardie compiacenti erano scomparse e la fortuna esaurita. La sua conoscenza del territorio e della lingua tornava comunque utile alla sezione «D», e comprendeva bene quel che spingeva Nancy e gli altri agenti a scendere in campo e combattere. Molto presto tutti i loro piani si sarebbero attuati e tutte le persone che erano riusciti a infiltrare dietro le linee nemiche sarebbero entrate in azione.
«Il dado è tratto» si disse con un sorriso sardonico. «Ma che cosa metto nel pacchetto speciale di Nancy?»
«Parla da solo, capitano?» gli chiese Vera Atkins mentre saliva le scale con la borsetta al braccio. «È il primo sintomo della follia, lo sa?»
«Credevo che il primo sintomo della follia fosse lavorare in questo posto. A proposito, ho bisogno del suo aiuto.»