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Quando Denden la svegliò a Nancy parve di essersi appena addormentata, vittoriosa ma esausta.

«Nancy, c’è un problema. Vieni.»

Si rivestì alla bell’e meglio e infilò gli scarponi. Non erano i postumi della sbornia... no, era solo in arretrato di sonno... qualcosa negli occhi le faceva sembrare la luce troppo forte. La base era fin troppo tranquilla. Che diavolo stava succedendo?

«Nancy!»

«Arrivo, un attimo!»

Uscì dalla tenda incespicando mentre Denden si era avviato in direzione della sorgente e le faceva segno di seguirlo. Nancy controllò che la pistola fosse nella fondina. Forse Fournier aveva beccato una spia e volevano che li aiutasse a interrogarla. Oppure Denden voleva far smettere l’interrogatorio... Mentre imboccava il sentiero, le supposizioni si rincorrevano nella sua testa imbottita di ovatta. Adesso sentiva le voci, non capiva le parole ma il tono era rilassato, forse persino allegro. Insomma... cosa diavolo...?

Quando entrò nella radura vide il vecchio autobus che avevano rubato la sera prima.

«Lo abbiamo lasciato prima della salita! Come diamine ha fatto ad arrivare fin quassù?»

C’erano Fournier e quasi tutti i suoi, i tre spagnoli e Tardivat, sudici dalla testa ai piedi e con un’aria molto soddisfatta.

«L’abbiamo spinto fin qui!» rispose Jean-Clair tutto entusiasta.

Fournier si tolse la sigaretta dalle labbra. «Abbiamo pensato che un po’ di privacy ti avrebbe fatto comodo, capitano. Gli abbiamo dato una sistemata.»

Era la prima volta che la chiamava «capitano» senza far suonare il grado come un insulto, e anche la prima volta che la chiamava così da sobrio.

«Grazie.»

Nancy salì e gli uomini la spiarono dal finestrino mentre esaminava l’interno. Avevano eliminato alcune file di sedili, e i pochi rimasti adesso erano disposti come le poltroncine di un salotto. Verso la cabina di guida avevano creato un tavolo a U usando delle casse di legno, disponendo i sedili intorno come in una sala riunioni. Con altre casse avevano creato una libreria lungo una fiancata, e uno di loro aveva completato l’opera mettendo dei fiori di campo dentro una vecchia lattina sull’ultimo scaffale. Verso il fondo dell’autobus altre due file di sedili uniti formavano una specie di branda. Sopra c’erano appoggiate due coperte e una camicia da notte ricavata da lunghe pezze di seta chiara.

Nancy accarezzò le morbide pieghe della camicia da notte e dopo essersela appoggiata su un braccio tornò fuori. Gli uomini la guardavano impazienti come cuccioli.

«Porca miseria, ragazzi, è stupendo!»

La sua reazione fu accolta con grida di esultanza e altre pacche sulla schiena.

«Perfetto... adesso è ora di colazione» dichiarò Denden strofinandosi le mani. «Lasciamo il tempo al capitano di sistemarsi.»

Sorridendo e prendendosi a spintoni come ragazzini al ritorno da scuola, si avviarono verso la radura al centro della base.

«Tardi?» chiamò Nancy.

Tardivat si allontanò dal gruppo e tornò da lei a occhi bassi. Nancy prese la camicia da notte color avorio.

«L’hai fatta col mio paracadute. È perfetta, Tardivat... ma non era per tua moglie?»

Lui alzò gli occhi per vedere Nancy che se la appoggiava al corpo e ne accarezzava le pieghe. Sorrise come un artigiano soddisfatto di vedere che il suo lavoro è apprezzato.

«Come tutto quello che faccio, capitano, però a lei non serve. È morta nel Quarantuno. Sono sicuro che sarebbe contenta di sapere che ce l’hai tu.»

Nancy sentì un nodo in gola. «Ti ringrazio» fu tutto quello che riuscì a dire, con estrema fatica.

Il sole che filtrava tra gli alberi chiazzava il suo volto di luci e ombre. «È un onore, capitano.»

Poi Tardivat girò sui tacchi e riprese la strada lungo il pendio senza aspettare che lei dicesse altro. Nancy rimase a guardarlo. Li aveva conquistati, tutti quanti. L’avrebbero seguita e ascoltata, e per il giorno dello sbarco alleato in Francia lei poteva garantire a Londra una piccola brigata di combattenti e sabotatori disciplinati e ben addestrati.

Il successo doveva avere un sapore dolce, invece Nancy continuava a sentire un retrogusto amaro. Si accorse che stava stringendo la camicia da notte in una mano e ripensò al momento in cui l’addestramento aveva preso il sopravvento su di lei, facendole colpire il tedesco alla gola. Chiuse gli occhi. Basta così. Era necessario. Se voleva combattere per la liberazione doveva accettarne le conseguenze. Eppure... a Londra era stato facile affermare senza esitazione di esser pronta a uccidere i nazisti. Farlo davvero si era rivelato più difficile. Odiava i tedeschi, il loro disprezzo per la vita umana, la loro brutalità, e doveva imparare a disprezzare la loro vita allo stesso modo, rimanere indifferente di fronte al fatto che la guardia ammazzata da lei, o quella di cui Fournier le aveva schizzato il sangue in faccia con una pallottola, fossero uomini come tutti, figli e mariti, catturati dentro un meccanismo che non erano neppure in grado di comprendere. Qual era l’alternativa? Offrirgli una tazza di tè e umana comprensione? Metterli in castigo perché erano stati cattivi e avevano invaso interi Paesi sterminando la gente? No. Doveva accettare almeno una parte di quella brutalità. Doveva sacrificare... Un pezzettino di anima. Va bene. Lo avrebbe fatto.