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Il gruppo di Nancy era rientrato in tempo per costituire almeno un diversivo e tenere aperte alcune vie di fuga a valle, ma con il passare delle ore la dimensione delle perdite divenne palese in tutta la sua gravità. I maggiori nascondigli delle armi erano stati svuotati, come l’ospedale da campo e l’infermeria, l’autobus di Nancy e il magazzino, tutto distrutto. E molti caduti.

Il cambio di Nancy era sul camion e al loro ritorno, appena si erano resi conto che la base era sotto attacco, lei si era levata la tenuta da prostituta per sostituirla con i pantaloni e gli scarponi. Ebbero solo il tempo di allontanarsi quando il fuoco di una mitragliatrice colpì il serbatoio. Nancy sentì il calore in faccia, simile a un rossore di vergogna. Il camion diventò la pira funeraria di Franc, e lei e René tornarono sul luogo poco prima dell’alba per seppellirne i resti carbonizzati sul ciglio della strada. Marcarono il luogo con una croce fatta di pietre.

Quando spuntò il giorno, i sopravvissuti rientrarono in gruppi sparsi dai boschi su entrambi i lati del fiume, evitando le strade e seguendo percorsi tortuosi in direzione della base di appoggio vicino a Aurillac. Di tanto in tanto, sopra di loro passava un Henschel che lanciava a casaccio tra il fogliame raffiche di mitragliatrice, sperando di colpire qualcuno. Senza successo. Quando Nancy e René raggiunsero la base di appoggio, Tardivat e Fournier non riuscirono a guardare lei in faccia. Questo era molto diverso dalle conseguenze dell’attacco alla base di Gaspard. Nessuno stava festeggiando, raccontando storie vivaci di eroismo e audacia. L’aria aveva l’odore della sconfitta e i sussurri tra gli uomini riguardavano soltanto le armi perse, le probabili rappresaglie sui villaggi vicini ai nascondigli, e le sofferenze della popolazione civile di Montluçon a causa dell’attacco al quartier generale della Gestapo.

Nancy si sistemò nell’angolo del fienile in rovina, e lì dormirono anche Fournier e Tardivat, esausti e parlando soltanto tra loro a bassa voce; Nancy guardava fisso davanti a sé e non scambiò parola con nessuno. Pensava a Henri... a quello che avrebbe potuto fare per riaverlo, per scoprire se era davvero vivo o morto. All’arrivo di Denden, avrebbero potuto richiedere per radio altri rifornimenti, e forse entro pochi giorni lei sarebbe tornata da Böhm, a offrirsi su un piatto d’argento. Prima, però, doveva aggiustare le cose. Li aveva lasciati per ore a cavarsela da soli dopo che avevano trovato una spia nelle loro file. Il dolore sordo di non sapere che fine avesse fatto Henri, una compagnia familiare dal giorno del suo arresto, da quella notte a Courçais, era ormai diventata un’angoscia sempre presente. L’aveva portata alla pazzia, una pazzia che i suoi uomini avevano pagato a caro prezzo. E lo sapevano.

Passarono due giorni prima che potesse rivedere Denden. Era finito in fondo a un gruppo sbandato guidato da Gaspard. Quando vide la sua faccia, temette che fosse stato ferito, tanto era cerea per la fatica e il dolore.

«La radio non c’è più, Nancy.» Fu la prima cosa che le disse quando la trovò nel fienile. «L’ho distrutta io quando è iniziata l’invasione.»

«Perciò adesso non hai niente» disse Gaspard lasciandosi cadere per terra di fronte a lei. «Senza i tuoi ricconi di Londra, non hai niente. Niente viveri, niente armi, e niente soldati.»

Lei guardò il gruppo, quello che era rimasto dei suoi ufficiali. Sembravano distrutti, e amareggiati.

«Avresti dovuto essere qua» disse Gaspard, poiché ci teneva a ricordarglielo. «Invece hai lasciato che quella bastarda rivelasse la nostra posizione e poi sei partita per una missione folle. Hai portato via i nostri uomini migliori proprio quando ne avevamo più bisogno.»

Nessuno, non Tardivat, non Fournier, nemmeno Denden tentò di contestare l’affermazione.

«Va bene. Non sono nessuno. Sono una merda» disse Nancy con freddezza. «Ma abbiamo ancora un lavoro da fare. Quel gruppo di militari...»

Denden iniziò a togliersi gli stivali con una smorfia di dolore. «L’operazione è stata annullata, Nancy. Stiamo riprendendo le solite missioni di saccheggio, o almeno lo faremmo, se non avessimo appena perso uomini e armi.»

«Cento morti, duecento feriti...» continuò Gaspard.

«Oh, per l’amor del cielo, Gaspard» gli urlò Denden. «Ha capito benissimo qual è il punto, cazzo.»

Gaspard si voltò a guardarlo e Nancy si chiese se alla fine non si sarebbero uccisi a vicenda, qui e ora, risparmiando a Böhm la fatica. Gaspard che aggredisce Denden, Nancy che litiga con Gaspard, Fournier che litiga con lei. Gaspard fece per parlare, per dire qualcosa di odioso a Denden, ma si trattenne. In quel momento era troppo sfinito per avere ancora uno spirito combattivo. Erano tutti distrutti, per colpa sua.

Mentre si teneva la testa tra le mani si sentì toccare sulla spalla. Alzò lo sguardo. Era Tardivat; le stava offrendo una bottiglia d’acqua. La prese e lo ringraziò. Lui non rispose. Doveva risolvere quella situazione. Doveva. Era più importante del dolore, più importante, in quel momento, anche di Henri. Nel riconoscerlo le venne voglia di fermarsi, di rannicchiarsi e morire. Non esistevano facili vie d’uscita; impossibile svignarsela e presentarsi come una martire nell’ufficio di Böhm. Toccava a lei farlo, e andava fatto.

«Hai ancora il libro dei codici, Denden?»

Lui annuì, senza guardarla.

«Allora andrò io a cercare una radio. Sbaglio o hai detto che ne hanno una di scorta a Saint-Amand? Che apparteneva a quella ragazza catturata in marzo?»

«Non ci riuscirai mai» disse Gaspard, alzandosi in piedi. «Vado a occuparmi dei miei uomini.»

Denden aspettò che Gaspard fosse uscito dal fienile prima di rispondere. «Sì. Mi ero fermato lì con il mio amico motociclista per bere qualcosa. E lì ci hanno detto che Bruno, il titolare del caffè sulla piazza, ne aveva una di scorta nascosta. Ma non abbiamo mezzi con cui muoverci, Nancy. Non ci sono più camion.»

«Allora ci andrò in bicicletta» disse lei in tono deciso.

«Sono più di cento chilometri da qui a Saint-Amand.»

«Un po’ meno, se si passa tra le colline.» Nancy non aveva bisogno delle carte geografiche perse per dimostrarglielo. Conosceva strade e sentieri della zona quasi quanto Gaspard. Denden, Fournier e Tardivat si scambiarono occhiate prudenti.

«Posso procurarti la bicicletta» disse Fournier alla fine.

«Ma devi proprio andarci tu, Nancy?» chiese Denden. «Non puoi mandare uno dei ragazzi? Devi scoprire quali dei nostri depositi di armi sono ancora sicuri, e quindi rifornire di nuovo i gruppi.»

«Hai ancora il mio taccuino, Denden?»

Lui infilò la mano nella tasca posteriore e glielo mostrò.

«Con questo puoi gestire tutto. Tu, con Fournier e Tardivat. E io riuscirò a superare i posti di blocco. Sono l’unica qui a poterlo fare.»

Lui le mise il taccuino in tasca e le prese le mani fra le sue. «Nancy, c’è la tua faccia dappertutto.»

«Ai controlli non vedranno la mia faccia. Vedranno una casalinga. Sentite, so di essermi comportata come una pazza e di aver fatto casino. Adesso devo rimediare.»

Rovistò nella borsa e tirò fuori il vestito messo per il raid alla Gestapo. La stoffa era irrigidita per via del sangue secco. «Tardi, riesci a renderlo presentabile? A farmi sembrare una vedova di guerra? Dio, che cosa non darei adesso per avere la stoffa di quella camicia da notte.»

Tardivat accese una sigaretta. «Nel mio zaino ho ancora un paracadute.»

«Ce la fai, Tardi?»

Sentendola fare il suo nome, Tardi sussultò. «Sì. Ce la faccio, mon colonel. Mi ci vorrà tutta la notte. Dovresti dormire, lavarti. Sembri una strega uscita da una fiaba, non una casalinga.»

Le tolse dalle mani quello straccio di vestito insanguinato e uscì dal fienile. Lei lo seguì con lo sguardo, pensando alla camicia da notte. Era stato un gesto di ammirazione nei suoi confronti, di spirito cameratesco e di amicizia, e lei l’aveva persa. E molti suoi compagni erano morti per colpa sua. Doveva riconquistare ammirazione e amicizia.

Si alzò anche Fournier e diede un colpetto sulla spalla di Denden. «Dovremmo cominciare subito, Denis.»

Denden annuì. «Un momento» disse; aspettò che Fournier fosse uscito dal fienile con la sua andatura dinoccolata prima di chiederle: «Hai ucciso Böhm? Adesso so che cosa ti aveva proposto a Courçais, che cosa ha detto Anna».

In qualche modo questo le rese la cosa più facile. «No. Ha detto che Henri è ancora vivo, ma so che prima devo sistemare le cose qui. Non potrò andare a cercarlo prima di aver finito qui.»

Lui si alzò, e la toccò sulla spalla. «Mi dispiace, Nancy.»

«Jules è sopravvissuto? Non l’ho visto.»

Lui guardò da un’altra parte. «Sì, ma non osa parlare con me dopo che Gaspard... adesso cerca di dormire un po’.»

E se ne andò anche lui.

 

 

L’indomani mattina Nancy si svegliò dolorante per aver dormito per terra e per i lividi che si era procurata durante il raid. Il vestito era steso di fianco a lei. Andò a lavarsi in uno degli affluenti ghiacciati che dalla montagna correvano nel fiume a fondo valle. Una volta qualcuno le aveva detto che ci volevano centinaia di anni perché la pioggia penetrasse nel terreno, per riemergere purificata e arricchita in queste sorgenti. Si tolse il sangue dalle unghie e si strofinò la pelle energicamente, poi infilò il vestito che Tardivat aveva lavato e riparato, reso più adeguato e più semplice con la seta del paracadute recuperato. Adesso le andava un po’ largo, ma Tardi aveva recuperato una fascia simile a quelle che aveva visto addosso alle donne di Chaudes-Aigues... un tentativo molto francese di rendere un indumento accettabile e alla moda nonostante la mancanza di risorse. Si lisciò i capelli dietro le orecchie e infilò le scarpe. Non gli scarponi dell’esercito, non i tacchi, ma quelle modeste, con il tacco basso, che portava quando doveva passare dai posti di blocco.

Gli uomini, sparsi intorno alla radura a preparare i fuochi di cottura del mattino, le gettarono occhiate sorprese. Erano abituati a vederla in pantaloni e giubbe militari, e la sua ricomparsa improvvisa nelle vesti di una comune francese li stupì. Denden e Tardi aspettavano vicino al fienile, con una bicicletta.

«Fournier ti manda questa» disse Denden mentre lei si avvicinava, cercando di mostrarsi allegro. Però non si era trattenuto per vederla partire, pensò lei. «E io ho trovato questi» aggiunse lui passandole un paio di occhiali da lettura. «Li avevo portati nel caso i miei si fossero rotti, e ho cercato di ricordarmi il nome della piazza con il caffè e Bruno... ma per quanto mi sforzi non mi viene in mente.»

Cominciò a descrivere la piazza, il modo in cui nel pomeriggio la luce creava disegni sui muri delle case e come erano stati tutti ospitali con lui, fino a quando Nancy gli appoggiò una mano sul braccio per zittirlo.

«La troverò, Denden.»

Tutte quelle chiacchiere. Aveva paura per lei, era palese.

Tardi si staccò dal muro e tirò fuori qualcosa da una tasca. Un crocifisso appeso a una catenina. Glielo mostrò, poi senza dire nulla gliela mise al collo. Per un secondo lei temette che le avrebbe bruciato la pelle, invece no, il metallo era freddo.

«Sei credente, Tardi?» gli chiese.

Lui non la guardò negli occhi, ma dalla voce non sembrava arrabbiato. «Ci ho provato. Non sempre ci sono riuscito. Ma se vuoi sembrare una vedova di guerra... devi chiedere l’aiuto di Dio.»