“NEW YORK STAR”
una regina detronizzata
di Benjamin Martin
La storia della regina Isabella di Castiglia – la persecuzione da parte di vegliardi assetati di potere, il matrimonio segreto con il suo primo amore, la trasformazione in sovrana spietata e in una delle prime ideologhe dell’imperialismo – mancava da troppo tempo nell’universo delle biografie cinematografiche. Sophie Stark, i cui film sono incentrati da molto tempo su donne forti e insolite, poteva sembrare la regista ideale per allontanare questa storia dalle cianfrusaglie in costume e trasformarla in un’autentica esperienza rivelatrice. Ha ottenuto il primo risultato, ma non il secondo.
Sophie Stark è sempre stata una regista profondamente impermeabile ai sentimenti. Ma c’è un confine sottile tra impermeabile ai sentimenti e apertamente spietato, e Isabella l’ha varcato.
Sembra che il film sia stato girato da un robot. Stark ha sempre un’acuta sensibilità visuale, quindi dev’esserci una ragione per cui sceglie di ambientare Isabella nella New York dei giorni nostri e di mostrarci gli interni piatti e brutti di stanze di motel e appartamenti, e l’apice del grigiore e dello squallore della Brooklyn industriale. È impossibile determinare, però, quale possa essere tale ragione. Stando a quel che si dice Isabella è stato concepito come film con un budget ben più consistente di quanto abbia poi avuto, e forse la versione più costosa sarebbe stata più gradevole, forse la sensibilità di Stark avrebbe sovvertito le logore convenzioni di corsetti e sale del trono. In questo film le ha solo rimosse, sostituendole con il niente.
Gran parte della recitazione è altrettanto vuota. Sembra che Stark non colga l’afflato emotivo della sceneggiatura di Ana Valdivia, o forse non gliene importa niente. Quale che sia la ragione, sembra che gli attori non abbiano praticamente ricevuto nessuna guida e recitino in circa otto film diversi. Gabriel Zielinski interpreta l’avido fratellastro di Isabella, Enrico, e assomiglia a un cattivo della Disney, ovviamente dotato di baffoni a manubrio; il Ferdinando di Sergej Gavrikov sembra un inetto ragazzino al suo primo anno a Cambridge. L’unica eccezione, caso un po’ strano, è Allison Mieskowski, che supplisce alla mancanza di una visione registica da parte di Stark regalandoci un’Isabella che è regale, crudele, amorosa e ammaliante. Salva da sola la scena d’amore con Ferdinando, buttandosi su di lui come una leonessa (o, vista la sua criniera di capelli color rame, un leone).
Per quanto concerne Stark, Isabella potrebbe costituire la prova di un difetto fondamentale. Finora i suoi film hanno raccontato storie di persone strane e sole che cercano di creare una vita per se stesse e solo per se stesse. Ma Isabella deve barcamenarsi tra l’amante, il fratello e il Paese che un giorno governerà; è un film sui rapporti umani, e con i rapporti umani Stark non se l’è mai cavata troppo bene.
Tutti sanno che Stark è riservatissima, a volte quasi una reclusa. Nelle interviste non è tanto evasiva quanto piuttosto semplicemente assente, come se l’interazione umana nel rispondere alle domande non abbia interesse alcuno per lei. Ma i veri lupi solitari non sono i registi migliori. Isabella rivela un’incapacità di fondo di comunicare con gli attori (e forse con la troupe; chi ha pensato fosse una buona idea illuminare il matrimonio di Ferdinando e Isabella come una festicciola da ballo alle medie?). Rivela anche il fraintendimento – o, peggio, il disprezzo – di quello che il pubblico potrebbe pensare e sentire. Il cervello di Stark dev’essere un luogo affascinante, ma la regista sembra incapace di rivolgere lo sguardo al di fuori di esso.