Allison

Per molto tempo non seppi che fare delle ceneri di Sophie. Non volevo averle e non volevo che le avesse nessun altro. Non volevo che esistessero, naturalmente, perché la volevo viva, ma non la volevo neanche vicino a me. Ero arrabbiata con lei perché era morta. Ero arrabbiata con lei perché era morta quando ero ancora tanto arrabbiata, prima che riuscissi a chiederle scusa.

Robbie ebbe un terzo delle ceneri e le sparse sui binari nella città dov’erano nati. Jacob ne ebbe un terzo e le versò nel lago. Ma io conservai il mio terzo durante tutte le riprese di Vita e morte. Le conservai quando il film uscì e dovetti rispondere alle domande dei giornalisti su Sophie e sulla nostra vita insieme e su quando ci eravamo lasciate e sulla sua morte e su com’era a letto, e pensai che avrei strappato loro gli occhi con le unghie, ma poi ricordai che avevo una carriera e non lo feci. Le conservai quando il film era già nelle sale da un po’ e le richieste perlopiù finirono, e tutto quello che ricevevo era un’email occasionale da un blogger o da uno studente di cinema, come un colpo alla nuca. Le conservai ma nascoste, in una scatola dentro un’altra scatola sotto una valigia nel mio armadio a muro.

Erano ancora lì quando Jacob venne a cena. Robbie e io ancora non riusciamo a stare insieme nella stessa stanza; non è che ci odiamo, è solo che davvero, fisicamente, non riusciamo a stare nella stessa stanza. Uno di noi costringe sempre l’altro a uscire a causa della propria tristezza, dei sensi di colpa e del biasimo. Io e Jacob però siamo amici. Ci assomigliamo un po’ fisicamente, e lo troviamo buffo. Alleggeriamo il dolore l’uno dell’altra; non lo acuiamo.

Jacob venne una sera in cui il mio ragazzo, Christian, non c’era; anche lui e Christian sono amici, e quando siamo tutti insieme parliamo di musica e ci raccontiamo storie sul Bigfoot, sul Windigo e sugli alligatori giganti. Ma quella sera Christian era in viaggio per lavoro; doveva controllare l’acqua in un cantiere nel New Hampshire, e quando io e Jacob terminammo le storie sul Windigo cominciammo a parlare di Sophie.

“Qualcuno mi ha chiesto perché l’ha fatto,” confessò. “Non mi capitava da un po’.”

“Ah, sì?” chiesi. “Chi?”

“Un tizio del gruppo spalla l’altra sera. Come se fosse semplicemente curioso. Cosa rispondi tu quando te lo chiedono?”

Sorseggiai il mio tè. Di solito io e Jacob beviamo bourbon, ma adesso sono incinta, quindi sto imparando ad apprezzare la camomilla. Io e Christian abbiamo deciso che era il momento giusto; non è mio marito e non lo diventerà, ma staremo insieme fino a quando saremo felici insieme, e lui sarà il padre di mio figlio per sempre, e questo è l’unico tipo di promessa che voglio in questo momento.

“Rispondo che vadano a farsi fottere,” dissi. “A meno che non sia una persona con cui devo essere gentile. In quel caso rispondo che era depressa.”

“È questo che pensi?”

Mi strinsi nelle spalle. Non voglio sempre discutere in profondità delle cose come fa Jacob. Nel film non volevo parlare di Veronica. Sophie non sapeva che c’era il mio zampino nella sua decisione di lasciare il film. Non era nelle istruzioni. Avrei potuto scartare l’episodio, e forse ormai avrei perfino dimenticato che fosse successo. Ma l’avevo già detto a Jacob, e lui aveva sentenziato che dovevamo raccontare tutta la storia; sostenne che il nostro lavoro era fare in modo che la vita di Sophie avesse senso. Pensai che significasse chiedere troppo a chiunque, ma poi riflettei che forse se avessi spiegato tutto nel film in qualche modo sarei riuscita a sentirmi meno in colpa, come se potessi scoprire che nulla era colpa mia. Non era accaduto. Dopo il film mi ero sentita come prima di girarlo: non ero sicura che Veronica sarebbe rimasta se non l’avessi provocata; non ero sicura che il film avrebbe avuto successo se fosse rimasta, e non ero sicura che se il film avesse avuto successo Sophie sarebbe stata ancora viva. Ma ognuno di quegli scenari sembrava una possibilità, abbastanza da far sì che tutte le volte che pensavo a Sophie alla fine facevo qualcosa di brutto, come bere un’intera bottiglia di gin schifoso o rompere tutti i nostri bicchieri coprendo di schegge le cucina; quella volta il cane si tagliò una zampa e dovetti estrargli i frammenti di vetro dai cuscinetti con una pinzetta mentre lui si contorceva e guaiva, e pensai di tagliarmi i piedi anch’io come punizione ma sapevo che un gesto simile non sarebbe servito a nessuno.

Dopo l’uscita del film mi arrivarono lettere piene di insulti, in effetti; mi parve una punizione, da un certo punto di vista. Pensai che avrei anche perso delle parti. Pensavo che avrei dovuto perderne qualcuna; se c’era giustizia nel mondo la mia carriera sarebbe finita. Ma anche se il film mi costò delle parti sul serio, probabilmente me ne procurò di più. Rese tutti noi più famosi; agli occhi di qualcuno mi rese eccitante. Un regista mi disse che voleva lavorare con me perché gli serviva un’attrice inquietante, un po’ cattiva.

“So che non era felice verso la fine,” confidai a Jacob. “Ancor prima che il film andasse male. Quando l’ho conosciuta aveva questa forza dentro, come se nulla potesse farle del male. Era scomparsa quando abbiamo cominciato a girare Isabella. Forse depressione è un modo per definire questo fenomeno, non lo so. Ma è una cosa facile da dire e impedisce agli altri di fare altre domande.”

Jacob non parve soddisfatto.

“Beh,” gli chiesi, “perché l’ha fatto secondo te?”

“Forse ha solo rinunciato. Essere una persona normale e fare cose da persona normale le veniva così male, e forse voleva solo smettere di provarci. È quello che penso il più delle volte.”

“E le altre volte?”

“Forse credeva che il film avrebbe funzionato solo se fosse morta, e ha deciso che ne valeva la pena. È questo in realtà che non mi fa dormire la notte, che per lei si sia trattato solo di un’altra, diciamo, scelta artistica.”

Ci avevo pensato anch’io, ma non mi faceva impazzire come le altre possibilità: se si era uccisa perché il film avesse successo, perlomeno non si era trattato di un giudizio nei miei confronti.

“Forse è stato per via del film,” commentai. “Non so se sarebbe la cosa peggiore.”

“Non ti darebbe fastidio?” chiese. “Che fosse disposta a lasciare tutte le persone che l’amavano solo per far funzionare un film?”

“Ci sono cose che mi danno più fastidio,” dissi.

Mi alzai per preparare dell’altra camomilla. Non c’ero abituata, a non bere con i miei amici. Ero solo di quattro mesi, ma già sentivo il mio corpo cambiare, le ossa del bacino allargarsi. Mi mancava il bourbon, ma mi piaceva la sensazione di qualcosa di nuovo che lasciava il segno su di me.

Quando tornai, Jacob stava fissando il liquore nel suo bicchiere.

“Questa è cattiva…” disse.

“Non potrà mai essere peggio di me.”

“Desideri mai di non averla mai conosciuta? Credo che se non fosse mai comparsa avrei semplicemente superato la faccenda di mia madre. Sarei andato in analisi, non so. Sarei una persona calma. Invece ho tutta questa merda che mi si agita nel cervello. Fa bene alla musica, ma a volte vorrei riuscire a dormire la notte.”

Non ci avevo pensato, a come sarebbe stata la mia vita senza Sophie. La sentivo inevitabile, come qualcosa con cui si è nati. Ma naturalmente avevo vissuto vent’anni senza conoscerla. Se non fosse venuta ad ascoltare la mia storia, probabilmente avrei provato a raccontarne qualche altra, per esempio quando le mie sorelle e io trovammo il mio patrigno svenuto così profondamente sul tavolo della cucina che gli mettemmo in testa una corona da principessa in plastica e lui non si mosse, così gli mettemmo una sciarpa rosa con le paillettes sulle spalle, una collana di strass intorno al collo e una margherita raccolta in cortile dietro ciascun orecchio; a quel punto mia madre rientrò dal lavoro e pensammo che ci avrebbe sgridate, invece scoppiò in una risata silenziosa con una mano davanti alla bocca, poi tirò fuori il rossetto dalla borsa e cominciò ad applicarglielo in faccia, ma alla fine lui si svegliò e sentì la corona e la sciarpa, ed era così abbattuto e pieno di vergogna, ma la mamma e io e le mie sorelle ridevamo tanto forte che ci dovemmo aggrappare l’una all’altra per non cadere a terra. E la volta che mi venne la scarlattina e stavo così male che vedevo i troll saltare di nuvola in nuvola sul soffitto sopra il mio letto, e una notte la mamma pensò che sarei morta, quindi mi disse che ero sempre stata la sua preferita; mi tenni stretto quel ricordo per anni, mi fece desiderare di stare con la mia famiglia e prendermi cura di loro, e poi un giorno chiesi a mia madre se l’aveva detto sul serio, e lei rispose di sì, ero la sua preferita perché ero come lei, e questo mi fece desiderare di andarmene e di non tornare più. Poi però alla fine avrei finito le storie, tutti vogliono sentire racconti sul West Virginia, ma tutti sanno già come si sta a essere in bolletta a Brooklyn a venti, venticinque, ventotto anni. So che me la sarei cavata – se non altro adesso so procurarmi quello che mi serve – ma non avrei mai pensato di poter diventare un’attrice. Se Sophie non mi avesse voluta in un film non avrei mai pensato che mi avrebbe voluta qualcun altro. Avrei un lavoro e una vita di qualche tipo, ma so che non li amerei quanto amo ciò che ho adesso.

Se Sophie non mi avesse mai conosciuta, però, avrebbe conosciuto qualcun altro. Ci sono molte cose che ancora non so di lei, ma so che aveva dentro una certa grandezza che si sarebbe manifestata a prescindere. Aveva bisogno di altre persone per aiutarla a mostrarsi, è vero, ma non aveva bisogno di me. Se non fosse stata in quel club quella sera sarebbe comunque diventata una regista famosa, l’unica differenza è che forse sarebbe ancora viva.

“Qualche volta,” dissi a Jacob. “A volte vorrei che non ci fossimo mai conosciute.”

Ma non era vero. Sapevo che non avrei scambiato la vita di Sophie con la mia. La mia vita mi piace troppo. Penso spesso che sia una fortuna che le cose non dipendano da me.

Parlammo per un’altra ora circa, poi Jacob tornò a casa e io rimasi a bere camomilla e a riflettere per molto tempo.

Il mattino seguente sapevo cosa volevo fare delle ceneri di Sophie. Le tirai fuori dall’armadio a muro e le sistemai sul caminetto accanto alla foto dei genitori di Christian. Quando mia figlia sarà abbastanza grande, voglio che le veda e mi chieda cosa sono. Voglio che sappia da dove vengo.