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Soffocai uno sbadiglio, mentre Tawny mi aiutava a fissare il velo. Mi sembrava di non avere avuto un solo momento di riposo.

La notte precedente, la mia mente non aveva voluto saperne di placarsi. Non riuscivo a smettere di pensare a Malessa e Rylan, alla minaccia dell’Oscuro, e a quello che era successo ai Tulis. La disperazione assoluta che aveva inondato il volto della madre, mentre il marito la scortava fuori dalla sala, mi perseguitava ancora, così come l’immagine degli astanti che si erano divisi lasciando un ampio spazio vuoto per permettere loro di passare. Era come se la loro richiesta li avesse marchiati a fuoco. Mentre se ne andavano, cullando il bambino, la loro sofferenza era diventata un’entità tangibile e persistente. Ma non era quella l’unica parte dell’episodio che continuava a perseguitarmi.

Ricordavo anche l’espressione sul volto di Hawke mentre osservava la coppia distrutta. La rabbia gli aveva fatto serrare la mascella e stringere le labbra in una linea decisa e irremovibile. E non era l’unico dei presenti a mostrare i segni facilmente riconoscibili del risentimento. Pensai all’uomo biondo che avevo visto e a ciò che emanava. Doveva essere un dolore di qualche tipo, visto che era l’unica sensazione che potevo percepire, ma mi aveva ricordato l’ira apparsa sui volti di Hawke e di altri presenti.

Uomini e donne di classi diverse, che non osservavano i Tulis con disgusto, ma avevano invece puntato lo sguardo sulla pedana, incapaci di nascondere malcontento e rancore. Alcuni di loro forse avevano consegnato figli e figlie terzogeniti ai Sacerdoti, o avrebbero presto visto i loro secondogeniti andare a Corte dopo il Rito.

Il duca e la duchessa avevano notato quegli sguardi? Ne dubitavo, ma di sicuro alle guardie reali non erano sfuggiti.

Come aveva detto Vikter, era un periodo di instabilità e l’agitazione si stava diffondendo. Non pensavo che la colpa fosse tutta da imputare ai Caduti. In parte si trattava anche dell’ordine naturale delle cose, di cui facevano parte tradizioni come il Rito, che cominciavano a risultare innaturali quando ignoravano circostanze tragiche come quelle dei Tulis.

Si poteva cambiare il modo in cui si facevano le cose? Quella era un’altra considerazione che mi teneva sveglia. Di sicuro gli dei avevano abbastanza figli e figlie a servirli, e magari quella del Rito sarebbe potuta diventare una pratica da valutarsi caso per caso. Molti genitori si sentivano onorati di votare i propri figli ai numi e per alcuni di certo la vita al servizio delle divinità sarebbe stata migliore di quella che avrebbero avuto se fossero rimasti a casa. Avrei avuto il potere di invertire l’ordine delle cose, quando fossi tornata nella capitale, prima della mia Ascesa? Di sicuro, essendo la Vergine, ne avevo di più delle Lady e dei Lord in Attesa. Potevo intercedere presso la regina per conto dei Tulis, e se dopo avere raggiunto gli dei fossi tornata, avrei potuto continuare a promuovere il cambiamento.

Potevo almeno tentare, il che era più di quanto il duca e la duchessa fossero disposti a fare. Presi quella decisione prima di riuscire finalmente ad addormentarmi e mi risvegliai poche ore dopo per incontrare Vikter.

«Sembra che tu abbia bisogno di un pisolino» commentò Tawny fissando l’ultima catenella del velo.

Sospirai. «Se solo potessi.»

«Non so proprio come mai non riesci a dormire durante il giorno.» Tawny venne al mio fianco e rimboccò gli orli del velo per farlo ricadere fino al centro della mia schiena. «A me basta una poltrona comoda e…»

«E ronferai nel giro di un minuto. Ti invidio molto.» Infilai i piedi nelle pantofole bianche con le suole sottili. «Una volta che sorge il sole, io non riesco più a dormire.»

«È perché non sopporti di oziare» replicò lei. «E dormire richiede un certo gusto per l’ozio, una cosa che non mi manca di certo.»

Risi. «Tutti abbiamo i nostri talenti.»

Tawny mi scoccò un’occhiataccia appena prima che udissimo dei colpi secchi sulla porta, subito seguiti dalla voce di Vikter. Lo stavo aspettando, ma mentre mi avvicinavo per affacciarmi sul corridoio mi lasciai comunque sfuggire un gemito. Dovevo incontrare la Sacerdotessa Analia per le preghiere, tuttavia, in quei momenti che trascorrevamo insieme, lei non faceva altro che criticarmi per ogni cosa, dalla postura alle pieghe del mio vestito.

«Se vuoi tentare la fuga, dirò a Vikter che ti sei buttata dalla finestra» propose Tawny.

Sbuffai. «Ci guadagnerei solo cinque secondi di vantaggio.»

«Vero.» Tawny raggiunse la porta prima di me e praticamente la spalancò. Non appena vidi l’espressione di Vikter, mi irrigidii. Ai lati della bocca aveva profonde rughe di tensione.

«Che è successo?» chiesi.

«Sei stata convocata dal duca e dalla duchessa» annunciò lui, e dentro di me si formarono grumi di paura.

Tawny mi scoccò un’occhiata rapida e nervosa. «Per quale motivo?»

«Credo che riguardi il sostituto di Rylan» disse Vikter. Tawny rilassò le spalle per il sollievo, ma io mi sentii solo più a disagio.

Seguii Vikter in corridoio. «Sai di chi si tratta?»

Lui scosse la testa, e una ciocca color sabbia gli scese sulla fronte. «Non me l’hanno detto.»

Non era una cosa particolarmente insolita, ma poiché avrebbe lavorato a stretto contatto con chiunque avesse sostituito Rylan, pensavo che Vikter sarebbe stato uno dei primi a essere informato.

«E la Sacerdotessa Analia?» chiesi, ignorando le sopracciglia inarcate di Tawny, che si era spostata al mio fianco. Io stessa mi sorpresi della domanda, dato che di norma avrei preferito buttarmi dalla finestra piuttosto che trascorrere il pomeriggio ascoltando l’elenco di tutto quello che non andava bene in me. Ma una brutta sensazione d’ansia mi si era annidata nello stomaco.

«È stata avvisata che il vostro incontro settimanale non si terrà» rispose Vikter. «Sono sicuro che ti dispiace.»

Tawny soffocò una risatina, mentre io facevo la linguaccia alla schiena di Vikter. Raggiungemmo l’estremità dell’ala del castello, deserta, fatta eccezione per noi due, e imboccammo lo stretto corridoio da cui si accedeva alla scalinata principale. Gli ampi gradini di pietra conducevano a un grande ingresso, dove i domestici spolveravano statue di Penellaphe e Rhain. Le sculture di calcare, alte due metri e mezzo, si ergevano al centro di uno spazio circolare e venivano ripulite ogni pomeriggio. Non avevo idea di come potesse esserci anche solo un granellino di polvere o di sporco su una qualsiasi di quelle statue.

L’ingresso conduceva alla parte anteriore del castello, dove si trovavano la Sala Grande, i salottini e l’atrio. Tuttavia, Vikter ci condusse a destra delle statue, attraverso un’arcata adorna di una ghirlanda verde e lussureggiante. Il grande tavolo per i banchetti, pensato per ospitare dozzine di commensali, era vuoto, salvo che per il vaso d’oro al centro, che conteneva diverse rose notturne a stelo lungo. Il respiro mi si bloccò in gola e tenni lo sguardo fisso sui fiori mentre costeggiavamo il tavolo diretti verso una delle porte sulla destra, rimasta socchiusa. La vista delle rose, il loro profumo…

Potevo quasi sentire l’odore del sangue.

Tawny mi toccò lievemente la spalla, attirando la mia attenzione. Feci un sospiro e mi costrinsi a sorridere. Il suo sguardo preoccupato indugiò su di me mentre Vikter apriva la porta che dava su una delle numerose sale ufficiali dei Teerman, in questo caso utilizzata per gli incontri meno intimi. Il mio sguardo percorse la stanza, e il cuore mi si fermò.

Non per il duca, seduto dietro la scrivania dipinta di nero, con la testa pallida china a esaminare i fogli che teneva in mano. Né per la duchessa, in piedi alla destra del mobile, intenta a parlare con il Comandante Jansen. A causare la mia reazione fu il giovane dai capelli scuri, vestito di nero e con l’armatura di cuoio e ferro, in piedi accanto al comandante.

Dischiusi le labbra e sentii il cuore che precipitava fino alla bocca dello stomaco, mentre Tawny si fermava di colpo, sbattendo rapidamente le palpebre come se, entrando nella stanza, si fosse trovata di fronte una divinità. Lentamente spostò lo sguardo su di me, sollevando gli angoli della bocca: pareva incuriosita e divertita, ed ero certa che, se avesse potuto vedere la mia faccia, probabilmente le sarei sembrata sul punto di darmela a gambe.

In quel momento, desiderai averle raccontato della Perla Rossa.

Non riuscivo a immaginare per quale altro motivo Hawke si trovasse lì con il comandante, ma mi aggrappai disperatamente alla speranza che Vikter si sbagliasse, e che questo non avesse nulla a che fare con la sostituzione di Rylan. Ma quale altra ragione avrebbe potuto esserci?

Fui improvvisamente pervasa da una nuova paura. E se Hawke avesse scoperto che ero io la ragazza della Perla Rossa? Oh, dei. Sembrava improbabile, ma non era altrettanto improbabile che Hawke diventasse la mia guardia? Il mio cuore parve ripartire, intenzionato a galoppare più veloce che mai.

Il duca alzò lo sguardo dalle carte e il suo volto algidamente bello non mi diede alcun indizio di quanto stesse per accadere. «Per favore, chiudi la porta, Vikter.»

Mentre Vikter obbediva, i dettagli di quella maestosa stanza apparvero decisamente troppo vividi ai miei occhi. Lo Stemma Reale dipinto in oro su una parete di marmo bianco, alle spalle del duca, era accecante, e i muri spogli creavano un netto contrasto con i rivestimenti di legno nero che correvano lungo tutte le pareti. Oltre alla sedia del duca, c’era solo una soffice poltrona color crema, di solito occupata dalla duchessa. Gli unici altri posti in cui accomodarsi erano panche in pietra calcarea sistemate in tre file ordinate.

La sala era fredda quanto il duca, ma era assai meglio di quella che di solito preferiva. Quella in cui ero stata convocata fin troppo spesso.

«Grazie.» Teerman rivolse a Vikter un cenno del capo, sorridendo a labbra serrate mentre posava il foglio sulla scrivania. I suoi occhi neri e senza fondo guizzarono su di me, appena oltre la soglia, e serrando la bocca mi indicò di avanzare. «Siediti, per favore, Penellaphe.»

Con le gambe stranamente insensibili, mi costrinsi a colmare il breve tratto fino alla panca centrale, nettamente consapevole che lo sguardo di Hawke seguiva ogni mio passo. Non avevo bisogno di controllare per sapere che mi osservava. I suoi occhi avevano sempre quell’intensità. Sedetti sul bordo e giunsi le mani in grembo. Tawny si accomodò sulla panca dietro la mia, mentre Vikter andò a piazzarsi in piedi alla mia destra, in modo da trovarsi tra me e la coppia formata dal comandante e Hawke.

«Spero che tu ti senta bene, Penellaphe» disse la duchessa, sedendosi sulla poltrona accanto alla scrivania.

Augurandomi che mi ponessero solo domande semplici, che non richiedessero altro che un sì o un no, annuii.

«Sono sollevata di saperlo. Temevo che partecipare al Consiglio Cittadino così presto, dopo l’aggressione, sarebbe stato troppo per te.»

Per una volta, fui oltremodo grata per il velo. Perché se la mia faccia fosse stata visibile, non avrei potuto nascondere quanto fosse ridicola quella preoccupazione. Avevo solo qualche livido. Non avevo subito ferite serie, né ero stata trafitta da una freccia, com’era successo a Rylan. Sarei stata bene… Stavo bene. Rylan non sarebbe mai più stato bene.

«Gli avvenimenti verificatisi nel giardino sono il motivo per cui ci troviamo qui» intervenne il duca, e io sentii i muscoli di collo e schiena iniziare a tendersi. «Con la morte di…» Aggrottò le sopracciglia chiare, e io mi sentii travolta dall’incredulità. «Come si chiamava?» chiese alla duchessa, che corrugò la fronte. «La guardia?»

«Rylan Keal, Vostre Grazie» rispose Vikter prima che fossi io a pronunciare d’istinto il suo nome.

Il duca schioccò le dita. «Ah, già. Ryan. Con la morte di Ryan, ti manca una guardia.»

Strinsi i pugni. Rylan. Si chiamava Rylan. Non Ryan.

Nessuno lo corresse.

«Per la seconda volta» aggiunse il duca dopo una pausa. Una lieve contrazione delle labbra diede l’illusione di un sorriso. «Due guardie perse in un anno. Spero che non stia diventando un’abitudine.»

Lo disse come se fosse colpa mia.

«Comunque, con il Rito imminente e la tua Ascensione sempre più vicina, non possiamo aspettarci che Vikter ti sorvegli da solo» continuò Teerman. «Dobbiamo rimpiazzare Ryan.»

Mi morsi l’interno della guancia.

«E questo, come sono certo che tu abbia capito ormai, spiega perché il Comandante Jansen e la Guardia Flynn siano qui.»

Smisi di respirare.

«La Guardia Flynn assumerà l’incarico di Ryan, con effetto immediato» disse il duca, confermando quanto avevo già intuito non appena entrata nella stanza. Ma sentirglielo dire ad alta voce era una cosa del tutto diversa. «Sono certo che sia una sorpresa, dato che è nuovo in città e piuttosto giovane per fare parte della Guardia Reale.»

Era proprio quello che mi stavo chiedendo, e su cui anche il duca pareva interrogarsi.

«Ci sono diverse Guardie dell’Alzata in attesa di promozione, e far passare avanti Hawke non è cosa da poco per loro.» Il duca si appoggiò allo schienale e accavallò le gambe. «Ma il comandante ci ha assicurato che Hawke è la persona più adatta al ruolo.»

Non riuscivo a credere che stesse succedendo davvero.

«La Guardia Flynn sarà anche giunta da poco in città, ma questa non è una debolezza. È in grado di cogliere le possibili minacce con occhi nuovi» intervenne il comandante Jansen a quel punto, quasi ripetendo ciò che Vikter aveva detto in precedenza. «Moltissime guardie avrebbero trascurato il potenziale pericolo di una breccia nei Giardini della Regina. Non per mancanza di abilità…»

«Questo è discutibile» mormorò il duca.

Saggiamente, il comandante continuò senza dare segno di aver udito quel commento. «… ma perché spesso abitare in una città troppo a lungo porta a una falsa sensazione di sicurezza e noncuranza. Hawke non possiede tale familiarità.»

«Inoltre, di recente, ha fatto esperienza dei pericoli all’esterno dell’Alzata» disse la duchessa, e io puntai lo sguardo su di lei. «Alla tua Ascensione manca ormai poco meno di un anno, ma sia che tu venga convocata prima di quanto ci aspettiamo, sia che ti chiamino al momento prestabilito per la cerimonia, una persona con questo tipo di esperienza è preziosa. Non avremo bisogno di ricorrere ai Cacciatori per assicurarci che il tuo viaggio verso la capitale sia il più sicuro possibile. I Caduti e l’Oscuro non sono gli unici pericoli da temere là fuori, lo sai.»

Lo sapevo eccome.

E ciò che aveva detto aveva senso. I Cacciatori erano pochi, e non molte guardie erano adatte agli spostamenti fuori dall’Alzata. Quelle che lo erano eccellevano nel…

Nell’uccidere.

E non era ciò che Hawke aveva detto di essere davvero bravo a fare?

«La possibilità di una convocazione improvvisa ha avuto un peso nella mia decisione» affermò Jansen. «Pianifichiamo i viaggi all’esterno dell’Alzata almeno sei mesi prima, e potrebbe darsi che quando e se la regina richiederà la tua presenza nella capitale, dovremo attendere il ritorno dei Cacciatori. Assegnandoti Hawke, riusciremo a evitare in gran parte tale situazione.»

Gli dei mi odiavano.

E non era esattamente una sorpresa, considerate tutte le cose proibite che facevo regolarmente. Forse mi avevano osservata e questa era la mia punizione. Perché come poteva essere che al comandante non fosse venuta in mente una singola Guardia dell’Alzata più adatta o qualificata?

Hawke era davvero così bravo?

Girai la testa senza che il mio cervello l’avesse ordinato. Guardai Hawke e lo trovai con lo sguardo fisso su di me. Un brivido mi percorse la spina dorsale. Lui inclinò il capo in un cenno di riconoscimento, e io avrei potuto giurare di aver visto un lieve luccichio nei suoi occhi color ambra, come se la situazione lo divertisse. Ma doveva essere di sicuro solo paranoia.

«Essendo un membro della Guardia del corpo Reale della Vergine, è probabile che possa capitare che tu la veda senza velo.» Il tono della duchessa era dolce, perfino un po’ comprensivo, e allora capii. Sapevo che cosa stava per succedere. «Vedere qualcuno in volto per la prima volta può essere una distrazione, soprattutto se si tratta di una Prescelta, e ciò potrebbe interferire con la tua abilità di proteggerla. Ecco perché gli dei concedono questa violazione delle regole.»

Avevo così tanta paura di venire scoperta, che mi ero dimenticata che cos’era successo quando Rylan aveva iniziato a collaborare con Vikter.

«Comandante Jansen, per favore, esca» disse il duca, e io gli lanciai uno sguardo a occhi sgranati. Sul suo volto c’era un sorriso del tutto compiaciuto e per nulla forzato o effimero.

Non mi resi nemmeno conto che il comandante se n’era andato finché lo scatto della porta che si richiudeva alle mie spalle non mi fece trasalire.

«Stai per vedere ciò che solo pochi prescelti hanno visto, una Vergine senza velo» annunciò Teerman a Hawke, ma il suo sguardo era concentrato su di me e sulle mani che mi tremavano visibilmente in grembo. Un sorriso sincero gli fiorì in viso, facendomi rivoltare lo stomaco. «Penellaphe, per favore, mostrati.»