Hawke non aveva fatto rapporto in merito alla mia presenza sull’Alzata, ma a qualcuno lo aveva detto.
Lo scoprii poche ore dopo che se n’era andato, quando mi svegliai e cercai Vikter per vedere se gli andava di allenarci. Non fui sorpresa neanche un po’ di trovarlo ad aspettarmi e più che disposto a fare esercizio. Avevo intenzione di parlargli dei Craven che avevano raggiunto la cima dell’Alzata.
Vikter voleva discutere di quello che Hawke gli aveva riferito. A quanto pareva, lasciata la mia stanza era andato subito da lui. Non si poteva dire che fossi infuriata per questo. Più che altro irritata, perché Hawke aveva sentito il bisogno di dire tutto a Vikter. Ma confermava il fatto che Hawke aveva capito che Vikter sapeva della mia presenza sull’Alzata, o quantomeno che non ne sarebbe stato sorpreso o arrabbiato.
Ma per quanto riguardava quest’ultima cosa, Hawke aveva sbagliato i suoi calcoli.
Accigliato, Vikter mi girò lentamente intorno, osservando la mia postura. Stava controllando se avessi le gambe salde e i piedi allineati alle spalle. «Non avresti dovuto andare sull’Alzata.»
«Però c’ero.»
«E sei stata beccata.» Vikter si fermò di fronte a me. «Che cosa avresti fatto se fosse stata un’altra guardia a scoprirti?»
«Se fosse stata un’altra guardia, non mi avrebbe scoperta.»
«Non è uno scherzo, Poppy.»
«Non sto scherzando» ribattei. «Sono sincera. Hawke è… è veloce, ed è davvero bene addestrato.»
«Ed ecco perché stiamo lavorando sui combattimenti corpo a corpo.»
Strinsi le labbra. «Nel corpo a corpo non sono affatto male.»
«Se fosse vero, non ti avrebbe beccata. Avanti» ordinò Vikter.
Con il mento basso, sferrai un pugno. Lui lo bloccò con l’avambraccio e io riportai indietro la mano, cercando un’apertura senza trovarla. Perciò, la creai. Mi spostai come se volessi dargli un calcio, e Vikter abbassò le braccia di un centimetro o due. Ecco la mia apertura: colpii, sferrandogli un pugno allo stomaco.
Lui emise un grugnito sommesso. «Bella mossa.»
Abbassai le braccia con un sorriso. «Vero?»
Vikter fece un sorrisetto che svanì subito. «So che probabilmente sei stufa di sentirmelo dire» iniziò, «ma lo ripeterò lo stesso. Devi fare più attenzione. E stai tirando pugni con il braccio, invece che con il torso.»
Ero davvero stufa di sentirglielo dire. «Sono attenta e sto tirando pugni come mi hai insegnato tu.»
«I colpi sono deboli. Molli. Non è così che ti ho insegnato.» Mi afferrò il braccio e lo scosse come se fosse stato uno spaghetto bollito. «Non hai molta forza nella parte superiore del corpo. La tua forza è qui.» Mi piazzò la mano sul ventre. «Infliggerai più danni così. Quando dai un pugno, torso e fianchi dovrebbero muoversi con te.»
Annuii e feci come aveva detto. Lo mancai, ma sentii la differenza nel colpo. «Hawke non mi denuncerà a Sua Grazia.»
«Lo pensi davvero?» Vikter parò il mio colpo successivo. «Meglio.»
«Se avesse voluto parlare, sarebbe andato subito dal duca.»
«Potrebbero esserci centinaia di ragioni per cui non ha ancora detto nulla.»
Pochi giorni prima sarei stata d’accordo, ma ormai non più. Non dopo quello che Hawke aveva confessato la notte precedente. «Non credo che lo farà, Vikter. Non ho nulla di cui preoccuparmi, e tu nemmeno. Non gli ho detto che sei stato tu ad addestrarmi.»
«Poppy» disse lui. Lo disse con lo stesso tono che aveva usato quando gli avevo chiesto se secondo lui avrei potuto nascondere una spada sotto il velo. Credevo ancora che la risposta fosse sì. Dovevo solo sistemarla bene… «Non lo conosci.»
«Questo lo so.» Incrociai le braccia mentre Vikter arretrava. «Ma non lo conosci nemmeno tu.»
«Non sai quali motivazioni abbia… perché dovrebbe stare zitto.»
Sapevo quello che aveva detto sulla Perla Rossa, ed ero sicura che si applicasse anche all’Alzata. Ma c’era di più. Il fatto che Hawke fosse disposto a rischiare un’accusa di alto tradimento per aiutare le persone che erano state maledette, la diceva lunga sul tipo di persona che era. Tuttavia, non mi pareva giusto confidarlo a Vikter: c’era un motivo se non conoscevamo l’identità degli altri membri della rete.
Perciò invece dissi: «Ha detto che se lo facesse, io non mi fiderei mai di lui, e questo renderebbe più difficile il suo lavoro. Devi ammettere che ha senso».
«Sì, ma non vuol dire che tu non debba fare attenzione.» Vikter rimase in silenzio per un istante. «E capisco. Davvero.»
«Capisci cosa?»
«Come ho già detto, è un giovane attraente…»
«Questo non c’entra nulla.»
«E tu hai vissuto circondata da vecchi come me.»
«Non sei così vecchio.»
Lui sbatté le palpebre. «Grazie.» Fece una pausa. «Credo.»
«Non ha niente a che vedere con il suo aspetto. Non dico di non ritenerlo attraente. Certo che lo è, ma non è quello il motivo per cui mi fido di lui.» Ed era la verità. La mia fiducia non derivava dal suo aspetto fisico. «Non sono così sciocca.»
«Non lo stavo insinuando.» Si passò una mano tra i capelli. «Allora, ti fidi di lui?»
«Io… gli ho detto perché sentivo il bisogno di uscire sull’Alzata. Gli ho raccontato della notte in cui la mia famiglia è stata aggredita. Sai come ha risposto? Anche se all’inizio aveva detto che non avrei dovuto trovarmi là, ha ascoltato le mie ragioni, e l’unico commento che ha fatto è stato che dovevo indossare calzature migliori.» Pensai fosse meglio tenere per me la parte sul vestito. «Mi fido di lui, Vikter. C’è qualche motivo per cui non dovrei?»
Vikter fece un sospiro profondo, distogliendo lo sguardo. «Non ci ha mai dato ragione di dubitare. Questo lo so. È solo che non lo conosciamo, e tu sei importante per me, Poppy. Non perché sei la Vergine, ma perché sei… tu.»
Un grumo di commozione si formò nel mio petto e si fece strada nella mia gola. Non diedi a Vikter la possibilità di rendersi conto di quello che stavo facendo: mi lanciai verso di lui, cingendogli la vita con le braccia e stringendolo forte. «Grazie» gli mormorai contro il petto.
Vikter rimase rigido come una guardia inviata sull’Alzata per la primissima volta, ma poi mi posò le mani sulla schiena e mi accarezzò.
Feci un gran sorriso.
«Sai che non rimpiazzerò mai tuo padre, né ci proverei, ma per me sei come una figlia.»
Lo abbracciai ancora più stretto.
Lui mi diede qualche altro colpetto. «Mi preoccupo per te. In parte perché è il mio lavoro, ma soprattutto perché si tratta di te.»
«Anche tu sei importante per me.» Le mie parole risuonarono smorzate contro il suo petto. «Anche se pensi che i miei pugni siano deboli.»
Fece una risatina roca, posandomi il mento sulla testa. «I tuoi pugni sono deboli quando non li sferri correttamente.» Si scostò, prendendomi le guance tra le mani. «Ma, ragazza mia, la tua mira è mortale. Non scordartelo mai.»
«Gli dei non ci hanno delusi. Gli Ascesi non vi hanno delusi.» Quella sera la voce del duca si diffuse dalla balconata alle mura del castello. Sotto di lui, una folla riempiva il cortile aperto, e nel bagliore di lampade a olio e torce, scorsi diverse persone vestite completamente di nero, il tetro colore della morte. Tra loro vi erano anche guardie a cavallo, che sorvegliavano la folla nervosa.
Non avevo mai visto Sua Grazia rivolgersi a una folla in quel modo. Lui e la duchessa non si trovavano mai di fronte a così tanta gente, nemmeno durante i Consigli o il Rito. Non avrei potuto essere più sorpresa quando Vikter e Hawke mi avevano raggiunta, dopo cena, per scortarmi fino al balcone.
D’altronde, da quanti anni un gruppo così numeroso di Craven non raggiungeva l’Alzata?
Troppe case avevano innalzato drappi neri, e all’alba si erano accese molte pire funerarie. L’aria era ancora soffocante a causa della cenere e dell’incenso.
«Grazie alla Benedizione degli dei» continuò Teerman, «la notte scorsa l’Alzata non è caduta.»
Mi trovavo più indietro, accanto a Tawny e con Vikter e Hawke ai lati, e mi chiedevo di preciso in che modo la Benedizione degli dei avesse impedito alla muraglia di cadere. Erano state le guardie, uomini come l’arciere che aveva scelto la morte piuttosto che consentire ai Craven di raggiungerne la sommità, a proteggerci.
«Sono saliti in cima!» gridò un uomo. «Sono quasi riusciti a superare l’Alzata. Siamo al sicuro?»
«Quando succederà di nuovo?» rispose la duchessa, mettendo a tacere i mormorii con la sua voce dolce. «Perché succederà.»
Dietro il velo, inarcai le sopracciglia. Oltre la mia spalla destra, sentii Hawke mormorare sardonico: «Questo sì che allevierà le paure».
Le mie labbra fremettero.
«La verità non è fatta per alleviare le paure» rispose Vikter.
«È per questo che raccontiamo menzogne, dunque?» domandò Hawke, e io strinsi le labbra.
Andavano avanti così fin da quando erano venuti a scortare Tawny e me. Uno dei due diceva qualcosa, una cosa qualunque, e l’altro si trovava in disaccordo: così, il primo ad aver parlato doveva avere l’ultima parola. Aveva iniziato Hawke, commentando che quella serata era straordinariamente calda e che avrei dovuto godermela. Al che Vikter aveva replicato che le temperature sarebbero senz’altro scese troppo rapidamente per poterlo fare. Quindi Hawke aveva chiesto a Vikter dove avesse ottenuto una tale profetica conoscenza del clima.
Nel giro di un’ora, le cose erano peggiorate, e in quella sfida di commenti beffardi, Hawke deteneva il vantaggio con almeno tre repliche.
Anche dopo averlo difeso davanti a Vikter – e non avevo mentito, dicendogli che mi fidavo di lui – c’era ancora una piccola parte di me che non riusciva a credere a quello che Hawke aveva detto. Non mi aveva ordinato di non andare mai più sull’Alzata. Non aveva preteso che rimanessi in camera mia, dove teoricamente ero al sicuro. Aveva invece ascoltato i motivi per i quali sentivo il bisogno di trovarmi lì e li aveva accettati, chiedendomi solo di indossare scarpe più confacenti.
E più vestiti.
L’ultima cosa mi irritava e mi eccitava, il che non faceva che aumentare la mia confusione. Ovviamente non avevo detto nulla di tutto ciò a Vikter, quel mattino.
Il mio sguardo si spostò sulla duchessa, che si stava facendo avanti. «Gli dei non vi hanno deluso» ripeté, posando le mani sulla ringhiera, alta fino alla vita, accanto al marito. «Noi non vi abbiamo deluso. Ma i numi sono scontenti. Ecco perché i Craven sono giunti fino in cima all’Alzata.»
Un brusio sgomento spazzò la folla come una tempesta.
«Abbiamo parlato con loro. Non sono lieti dei recenti eventi, qui e nelle città vicine» disse, passando in rassegna i volti sotto di sé, sempre più grigi e pallidi. «Temono che la buona gente di Solis abbia iniziato a perdere fede nelle loro decisioni e si stia rivolgendo a coloro che desiderano vedere compromesso il futuro di questo grandioso regno.»
I sussurri divennero immediatamente grida d’accusa, che spaventarono i cavalli. Le guardie li calmarono rapidamente.
«Cosa pensavate che sarebbe successo, visto che coloro che sostengono l’Oscuro e complottano con lui sono in mezzo a voi in questo stesso istante?» chiese il duca. «Mentre parlo, in questo preciso momento, vi sono Caduti che mi guardano, esaltati dal fatto che i Craven abbiano posto fine a così tante vite la scorsa notte. Sono coloro che hanno celebrato il massacro di Tre Fiumi e la caduta della Rocca di Crestadoro. Guardatevi a destra e a sinistra, e potreste scorgere qualcuno che ha aiutato a ordire il complotto per rapire la Vergine.»
Spostai il peso da un piede all’altro, a disagio sotto le decine e decine di sguardi che si posarono su di me. Poi, uno dopo l’altro, come se le loro facce fossero tessere del domino in fila, tutti si guardarono a vicenda. Sembrava che vedessero vicini e volti familiari per la prima volta.
«Gli dei sentono e sanno ogni cosa. Perfino quando non viene pronunciata, ma alberga nel nostro cuore» disse il duca, e il mio stomaco si torse per l’inquietudine. «Che cosa possiamo aspettarci» ripeté, «se coloro che gli dei hanno fatto di tutto per proteggere giungono al nostro cospetto a mettere in discussione il Rito?»
Mi irrigidii. Subito pensai al signore e alla signora Tulis. Il duca non aveva pronunciato i loro nomi, ma era come se li avesse urlati dalla cima del Castello di Teerman. Non li scorgevo tra la folla, ma questo non voleva dire che non fossero presenti.
«Che cosa potete aspettarvi quando c’è chi vorrebbe vederci morti?» chiese Teerman, alzando le mani. «Noi siamo numi a cui è stata data una forma fisica, e siamo la sola cosa che si frappone fra voi e l’Oscuro, e la maledizione che la sua gente ha scagliato su questa terra.»
Eppure, pensai, nemmeno un singolo Asceso – non il duca o la duchessa, né uno qualsiasi dei lord e delle lady – aveva mosso un dito per difendere l’Alzata. Ognuno di loro era più veloce e più forte di qualsiasi guardia. Immaginavo che avrebbero potuto abbattere il doppio dei Craven che avevo ucciso io con un arco e, proprio come aveva detto Hawke, avevano probabilità più alte di sopravvivere a un’aggressione.
«Che cosa pensate che sarebbe successo se i Craven fossero giunti in cima all’Alzata?» Teerman abbassò le mani. «Molti di voi sono nati dentro queste mura e non hanno mai vissuto l’orrore di un attacco dei Craven. Tuttavia, alcuni di voi sanno. Provenite da città meno protette o siete stati attaccati in viaggio. Sapete che cosa sarebbe accaduto se anche solo una manciata di Craven fosse riuscita a superare le guardie… se gli dei avessero voltato le spalle alla gente di Solis. Si sarebbe verificato il massacro di centinaia di vite. Le vostre mogli. I vostri figli. Voi stessi. Molti di voi non sarebbero qui ora.» Fece una pausa, e la folla parve gonfiarsi…
E allora successe di nuovo.
Avvertii i miei sensi espandersi verso l’esterno, ma di questo non mi sorpresi: con una folla come quella, era difficile schermarsi. Tuttavia… non sentii solo dolore.
Qualcosa mi toccò il fondo della gola, ricordandomi ciò che avevo percepito nel vestibolo con Loren.
Terrore.
Sentii il terrore gonfiarsi e aumentare, provenire da un numero indefinito di direzioni, mentre il mio sguardo correva da un volto all’altro. Un’altra sensazione mi raggiunse, calda e acida. Non si trattava di dolore fisico. Era rabbia. Il cuore iniziò a battere forte. Non sentivo angoscia, ma… ma sentivo qualcosa e non aveva senso: riuscivo solamente ad avvertirne la pressione contro la pelle, simile a un ferro bollente. Deglutii a fatica, con la gola secca. La gente giunse le mani sotto il mento e pregò gli dei. Io feci un piccolo passo indietro. Altri avevano lo sguardo fisso, l’espressione dura…
Vikter mi toccò la spalla, mormorando: «Tutto bene?».
Sì?
No?
Non ne ero sicura.
Un’adrenalina carica di ansia mi pervase le vene, mentre dita di ghiaccio danzavano sulla mia nuca. Mi sentii schiacciare il petto. Volevo scappare. Avevo bisogno di allontanarmi il più possibile dalla gente. Ma non potevo.
Chiusi gli occhi, mi concentrai sul respiro e lottai per erigere di nuovo le mie barriere mentali. Continuai così, inspirando ed espirando, il più lentamente e profondamente possibile.
«E, se sarete fortunati, mireranno alla gola, e sarà una morte rapida» stava dicendo il duca. «La maggior parte di voi non sarà così fortunata. Vi lacereranno carne e tessuti, banchetteranno con il vostro sangue, mentre voi implorerete divinità in cui ora sentite di non credere.»
«Questo è forse il discorso meno tranquillizzante mai pronunciato dopo un attacco» mormorò Hawke sottovoce.
Il suo commento mi strappò dalla spirale di panico in cui stavo precipitando, tagliando con il puro sarcasmo delle parole il filo che mi collegava alla folla. I miei sensi si riscossero, e fu come se una porta fosse stata sbattuta e richiusa a chiave.
Sentii… Non sentii altro che il battito incessante del mio cuore e una patina di sudore che mi imperlava la fronte. Con il suo commento non era solo riuscito ad allentare la presa che la paura del pubblico aveva avuto su di me, non aveva solo aperto una breccia in quella morsa, l’aveva spazzata via. Le percezioni erano svanite così in fretta, che quasi mi chiesi se le avessi avvertite davvero o se non si fosse invece trattato di un brutto scherzo della mente. Intanto, i volti di fronte a me emergevano di nuovo distinti, in un continuo assalto di sfumature di panico e paura…
Aguzzai lo sguardo, osservando di nuovo la folla e concentrandomi sulle facce che non mostravano emozioni. Innervosita dai loro lineamenti vuoti, avvertii un rivolo di disagio scendermi lungo la spina dorsale. Mi focalizzai su uno degli uomini. Era più giovane degli altri, con i capelli biondi che gli ricadevano sulle spalle. Era di gran lunga troppo lontano per distinguerne il colore degli occhi, ma fissava il duca e la duchessa, e stringeva le labbra con decisione; l’ampia mandibola formava una linea dura, mentre coloro che gli stavano intorno si scambiavano sguardi di terrore.
Lo riconobbi.
Era stato presente al Consiglio Cittadino. Anche allora aveva la medesima espressione, e poi era successa quella cosa… Strane sensazioni mi avevano invaso, sentimenti che non dovevo o non sapevo di essere in grado di percepire.
Controllai di nuovo la folla, individuando facilmente le persone simili a lui. Riuscivo a scorgerne almeno una dozzina.
Riportai lo sguardo sul biondo, pensando a ciò che avevo sentito mentre mi trovavo in presenza di Loren. Adesso quello che lei mi aveva trasmesso acquisiva finalmente un senso. La possibilità che l’Oscuro fosse vicino, per quanto inquietante, la emozionava. E faceva bene a essere spaventata dall’eventualità che io dicessi qualcosa. L’espressione di quell’uomo forse non rivelava emozioni, ma se non era stato d’accordo con quello che la famiglia Tulis aveva subito, non mi sorprendeva che fosse furioso anche in quel momento.
Forse non erano altro che mie fantasie. Forse al mio dono stava accadendo qualcosa. Era possibile che evolvesse permettendomi di percepire emozioni diverse dal dolore? Non lo sapevo e dovevo scoprirlo, ma in quel momento era necessario che dicessi qualcosa, per ogni eventualità.
Mi voltai verso Vikter, sulla destra. «Lo vedi?» sussurrai, descrivendo l’uomo biondo.
Vikter si fece più vicino. «Sì.»
Tornai a voltarmi verso gli astanti. «Ce ne sono altri come lui.»
«Li vedo» disse. «All’erta, Hawke. Potrebbero…»
«Esserci guai?» lo interruppe. «Sono venti minuti che tengo d’occhio il biondo. Si sta lentamente facendo strada verso la prima fila. Anche altri tre si sono avvicinati.»
Inarcai le sopracciglia. Non gli sfuggiva nulla.
«Siamo al sicuro?» chiese Tawny, tenendo l’attenzione puntata sulla folla.
«Sempre» mormorò Hawke.
Quando lo sguardo di Tawny incontrò rapidamente il mio, annuii, sperando che si sentisse rassicurata. Mi sfiorai la coscia con la mano. Sotto la tunica bianca e lunga fino al pavimento celavo il pugnale. Sentirne l’elsa d’osso mi aiutò ad alleviare il panico che aleggiava nell’aria.
Il duca stava ancora ipnotizzando la folla con storie di sangue e orrori, mentre io mi concentravo sull’uomo biondo. Indossava un mantello scuro che gli copriva le spalle larghe, e sotto di esso poteva nascondere chissà quante armi.
Lo sapevo per esperienza personale.
«Ma noi ci siamo rivolti agli dei in vostra vece» risuonò la voce della duchessa. «Abbiamo detto loro che la gente di Solis, soprattutto coloro che vivono a Masadonia, è degna. Non hanno perso fiducia in voi. Ce ne siamo assicurati.»
Si levarono grida d’esultanza e l’umore della folla mutò rapidamente. Tuttavia, l’uomo biondo ancora non mostrava reazioni.
«E noi onoreremo la loro fiducia nel popolo di Solis negando la protezione a coloro che sostengono l’Oscuro, e che desiderano solo distruzione e morte» proseguì la duchessa. «Verrete ricompensati grandemente in questa vita e nella prossima. Questo ve lo possiamo promettere.»
Vi fu un altro scoppio di acclamazioni, poi qualcuno urlò: «Li onoreremo durante il Rito!».
«Sì!» gridò la duchessa, sporgendosi dal balcone. «Quale modo migliore per mostrare agli dei la nostra gratitudine, che celebrando il Rito?»
Il duca e la duchessa si scostarono dal parapetto, fianco a fianco, quasi toccandosi ma senza arrivare a farlo, poi sollevarono le mani e iniziarono a salutare…
«Menzogne!» gridò una voce tra la folla. Era l’uomo biondo. «Bugiardi!»
Il tempo parve fermarsi. Tutti rimasero paralizzati.
«Non fate nulla per proteggerci e ve ne restate nascosti nei vostri castelli, dietro le vostre guardie! Non fate altro che rubare bambini in nome di falsi dei!» urlò. «Dove sono i terzogeniti e i quartogeniti? Dove sono davvero?»
Poi giunse un suono, un respiro brusco che proveniva da ogni dove, sia dentro che fuori di me.
Il mantello dell’uomo biondo si aprì e lui alzò la mano. Dal basso si udì un grido di avvertimento. Una guardia a cavallo si voltò, ma non abbastanza velocemente. L’uomo biondo tirò indietro il braccio e…
«Prendetelo!» gridò il Comandante Jansen.
L’uomo scagliò qualcosa. Non era un pugnale o una pietra: aveva una forma troppo strana per esserlo, mentre squarciava l’aria diretto verso il duca di Masadonia. Lui si mosse con una rapidità incredibile, diventando poco più che una macchia sfocata, mentre Vikter mi spingeva indietro. Hawke mi cinse la vita con il braccio e mi attirò a sé, mentre l’oggetto ci superava, schiantandosi contro il muro. Rimbalzò sul pavimento e si fermò.
Era… era una mano.
Vikter si inginocchiò, la sollevò e si rialzò, con le labbra serrate in una linea tesa. «In nome degli dei, ma che…?» mormorò.
Non era una mano qualsiasi. Era la mano grigia e artigliata di un Craven.
Guardai l’uomo biondo. Una guardia reale lo aveva costretto in ginocchio, con le braccia dietro la schiena. Il sangue gli macchiava la bocca.
«Da sangue e cenere» urlò, mentre la guardia lo afferrava per la nuca. «Noi risorgeremo! Da sangue e cenere, noi risorgeremo!» Continuò a urlare quelle parole, più e più volte, mentre le guardie lo trascinavano tra la folla.
Il duca si voltò verso il pubblico e rise, un suono freddo e ironico. «E così, in un attimo, gli dei hanno rivelato almeno uno di voi, vero?»