31

Quando mi svegliai, appena prima dell’alba, non riuscii a credere di aver dormito così profondamente e di gusto. Era come se non fossi stata sdraiata sulla dura terra, ma nel più lussuoso dei letti.

Non credo che mi sarei svegliata da sola, se non fosse stato per il rumore di una conversazione sussurrata poco lontano.

«Abbiamo fatto più strada di quello che credevo» stava dicendo Hawke a bassa voce. «Dovremmo raggiungere Tre Fiumi prima del crepuscolo.»

«Non possiamo pernottare là» fu la risposta, e io riconobbi la voce di Kieran. «Lo sai.»

I Caduti erano molto attivi a Tre Fiumi, perciò aveva senso. Sbattei le palpebre e aprii gli occhi. Nell’oscurità, li vidi in piedi, a pochi passi da me. Quando sollevai lo sguardo su Hawke, arrossii. Non potevo vedere molto del suo viso, ma ripensai subito a quello che avevamo fatto.

«Lo so.» Hawke teneva le braccia incrociate. «Se facciamo una sosta a metà strada da Tre Fiumi, possiamo cavalcare di notte e arrivare a Nuovo Nido al mattino.»

«E tu sei pronto per farlo?» domandò Kieran. Aggrottai la fronte.

«Perché non dovrei?»

«Credi che non abbia notato quello che sta succedendo?»

Il cuore mi balzò contro il petto. Subito ripensai all’immagine di Kieran che faceva la guardia, mentre Hawke mi sussurrava all’orecchio parole indecenti e audaci. Ci aveva visti?

Oh, dei. La mia pelle formicolò e andò in fiamme, ma sotto l’imbarazzo mi sorprese scoprire che non provavo nemmeno un briciolo di rimpianto. Non avrei rinnegato neanche un istante di ciò che avevo provato.

Hawke non rispose, e subito la mia mente immaginò i peggiori scenari. Si era pentito? Quello che avevamo fatto non era proibito solo per me. Anche se non conoscevo le regole istituite per le guardie reali, ero piuttosto sicura che il comandante non avrebbe chiuso un occhio su quello che Hawke e io avevamo fatto, su quello che facevamo da un po’.

Ma Hawke doveva esserne consapevole.

Proprio come lo ero io. Eppure, lo avevo fatto comunque.

«Ricordati della tua missione» affermò Kieran, visto che Hawke non rispondeva.

Poi lo fissò ancora e ripeté: «Ricordati la tua missione».

«Non l’ho scordata nemmeno per un secondo.» La voce di Hawke si fece più dura. «Mai.»

«Buono a sapersi.»

Hawke fece per voltarsi verso di me e io chiusi gli occhi, perché non volevo che si accorgesse che avevo origliato quella conversazione. Lo sentii fermarsi, per poi posarmi le dita sulla guancia.

Aprii gli occhi, senza la minima idea di che cosa dirgli mentre alzavo lo sguardo su di lui. I miei pensieri si dispersero mentre mi accarezzava con il pollice la curva della guancia e poi il labbro inferiore, suscitandomi un’ondata di brividi.

«Buongiorno, principessa.»

«Buongiorno» sussurrai.

«Hai dormito bene.»

«È vero.»

«Te l’avevo detto.»

Sogghignai, nonostante le guance mi andassero in fiamme, e nonostante la conversazione che avevo origliato. «Avevi ragione.»

«Come sempre.»

«Ne dubito.»

«Devo darti un’altra dimostrazione?»

Il mio corpo si risvegliò, pienamente attratto da quell’idea. Tuttavia, anche il mio cervello iniziò a funzionare. «Non credo che sarà necessario.»

«Che peccato» mormorò lui. «Dobbiamo metterci in marcia.»

«D’accordo.» Mi alzai a sedere, e le giunture irrigidite mi strapparono una smorfia. «Mi servono solo due minuti.»

Dopo che mi fui liberata dalle coperte, la sua mano trovò la mia. Hawke mi aiutò ad alzarmi e lisciò le pieghe della tunica che indossavo. Le sue mani indugiarono sui miei fianchi in una maniera intima e familiare, che mi trasmise una scossa al petto. Sollevai gli occhi sui suoi, e perfino tra le ombre della Foresta di Sangue il suo sguardo intenso mi intrappolò.

«Grazie per la scorsa notte» disse, con voce abbastanza bassa da far sì che solo io potessi sentirlo.

Fui attraversata da una strana sorpresa. «Credo che dovrei essere io a ringraziarti.»

«Anche se il fatto che tu la pensi così soddisfa il mio ego, non è necessario.» Intrecciò le dita alle mie. «La scorsa notte ti sei fidata di me, ma, cosa ancora più importante, so che quello che abbiamo condiviso è un rischio.»

Era vero.

Hawke si fece più vicino, e io non sentii altro odore che il suo, di pino e spezie scure. «Ed è un onore che tu abbia corso quel rischio con me, Poppy. Perciò, grazie.»

Quel gesto dolce mi commosse, ma la sua voce tradiva una strana pesantezza. Mentre le nostre mani erano unite, aprii le mie percezioni, una cosa che non avevo più fatto dopo la notte del Rito.

Percepii la tristezza che lo feriva fin nel profondo, ora affilata come un rasoio, ma c’era anche qualcos’altro. Non era rimpianto, ma aveva un sapore come di limone. Mi concentrai finché le sue emozioni divennero mie, e riuscii a filtrarle e comprendere che cosa stavo provando. Confusione. Ecco che cos’era. Confusione e conflitto, il che non era una sorpresa. Anch’io ne provavo in abbondanza.

«Stai bene?» chiese Hawke.

Recisi la connessione e annuii, lasciandogli andare la mano. «È meglio che mi prepari.»

Mi scostai, ma, sentendo il suo sguardo su di me, alzai gli occhi. Dai rami pieni di foglie filtrava una debolissima luce grigia. Incrociai lo sguardo di Kieran.

Ci aveva osservati per tutto il tempo, e il modo in cui stringeva la mascella diceva che non era contento.

Sembrava preoccupato.

Qualsiasi timore che il dialogo con Kieran potesse modificare il comportamento di Hawke scomparve ancora prima di prendere davvero forma. Il sollievo che mi turbinava dentro avrebbe dovuto avvisarmi che le cose stavano degenerando.

Erano già degenerate.

Non avrei dovuto sentirmi confortata. Anzi, c’era davvero bisogno che ci venissero ricordati i nostri doveri. Eppure, non ero solo sollevata: ero eccitata e speranzosa.

Ma che cosa speravo esattamente? Non esisteva un futuro per noi due. In quel momento potevo anche essere Poppy, ma non avevo mai smesso di essere la Vergine. Anche se durante l’Ascensione fossi stata giudicata indegna, questo non significava che ci sarebbe stato un lieto fine per me e Hawke. Molto probabilmente sarei stata esiliata, e non mi sarei mai aspettata che altri volessero condividere la stessa pena.

Non pensavo certo che ciò che eravamo, ciò che significavamo l’una per l’altro, fosse cresciuto al punto che Hawke si sarebbe fatto esiliare con me. Sarebbe stato sciocco. Sarebbe stato…

Sembrava il tipo di amore che mia madre aveva provato per mio padre.

In ogni caso, la notte precedente mi era parsa un sogno. Non avrei potuto descriverla in altro modo. E non avrei permesso ai se o alle conseguenze di rovinare il ricordo di ciò che aveva significato per me. Ci avrei pensato quando fosse venuta l’ora di farlo.

In quel momento, l’unica cosa su cui riuscivo a concentrarmi era non cadere giù da Setti.

Il vento gelido mi pungeva le guance mentre attraversavamo la Foresta di Sangue, e le rosse foglie d’acero e le cortecce grigio-cremisi formavano una macchia indistinta.

Eravamo giunti nel cuore della foresta, dove gli alberi erano meno fitti e consentivano il passaggio di più raggi solari. Tuttavia, il sole non riscaldava l’aria. Anzi, più proseguivamo e più essa si raffreddava, e gli alberi si facevano ancora più strani.

Tronchi e rami si torcevano, salendo a spirale; le chiome si aggrovigliavano le une alle altre. Non poteva essere per effetto del vento. Tutti gli alberi erano dritti, e la corteccia… sembrava bagnata, quasi come se stesse trasudando linfa.

Avevo avuto ragione a pensare che se avesse piovuto l’acqua si sarebbe trasformata in neve. Poche ore dopo la partenza, fiocchi candidi turbinarono e vorticarono trasportati dal vento, ricoprendo l’erba verde e lussureggiante ai lati del sentiero battuto. Mi ero rimessa i guanti, ma non mi pareva che le mie dita si fossero mai davvero scongelate dalla notte precedente. Assicurai il cappuccio a dovere, anche se poteva proteggermi il viso solo fino a un certo punto, e io non sapevo proprio per quanto ancora avremmo dovuto viaggiare. La foresta sembrava non avere fine.

Spesse radici contorte spuntavano dal suolo e si estendevano sul nostro sentiero, come se stessero cercando di riconquistare il tratto di terra utilizzato dai viventi, facendoci rallentare.

Allentai la presa sul pomolo della sella e abbassai lo sguardo, intimorita dalla forza delle radici. Mentre i cavalli evitavano attentamente l’ostacolo, qualcosa per terra attirò la mia attenzione. Guardai a destra, oltre il destriero di Airrick. Accanto a uno degli alberi c’era un mucchietto di sassi impilati con tanta minuzia che non era possibile che si trattasse di una formazione naturale. Poco lontano, scorsi un altro gruppo di pietre. Questa volta, non erano impilate, bensì sistemate secondo uno schema perfetto. Alla mia sinistra vidi un altro nitidissimo cerchio di sassi. Ce n’erano parecchi, alcuni con una roccia sistemata al centro, altri vuoti, e perfino alcuni in cui i sassi erano stati disposti in modo da assomigliare a una freccia che attraversava il cerchio.

Come lo Stemma Reale.

Un senso di disagio percorse la mia spina dorsale. Non era possibile che le pietre si trovassero in quella posizione per caso. Mi voltai sulla sella per indicarle a Hawke…

All’improvviso uno dei cavalli davanti a noi si impennò, e quasi disarcionò Kieran. Tenendosi alle redini, il soldato massaggiò il collo dell’animale per calmarlo.

«Che succede?» chiese Noah, un Cacciatore che cavalcava di fronte a noi, quando tutti ci fermammo.

Phillips sollevò un dito, mettendo a tacere il gruppo. Trattenni il fiato e mi guardai intorno. Non sentii né vidi nulla, ma avvertii i muscoli di Setti fremere sotto le mie gambe. Iniziò a impennarsi, arretrando. Gli posai la mano sul collo, cercando di calmarlo mentre Hawke tirava le redini. Anche gli altri cavalli iniziarono ad agitarsi.

Senza dire nulla, Hawke picchiettò sul punto in cui era fissato il mio pugnale, e io annuii. Infilai la mano nel mantello, sfoderai la lama e strinsi l’arma. Scrutai gli alberi…

Giunse all’improvviso. Un’esplosione di rosso e nero che balzò in aria e si schiantò contro il fianco di Noah. Spaventato, il cavallo si impennò e Noah cadde a terra. D’un tratto la cosa fu su di lui e tentò di azzannargli la faccia con i denti affilati, mentre il Cacciatore lottava per tenerla lontana.

Era un granratto.

Riuscii a soffocare l’urlo che mi era salito su per la gola. La creatura era enorme, più grande di un cinghiale. Il pelo lucido e oleoso si drizzava lungo la spina dorsale ricurva; aveva orecchie appuntite e un muso lungo quanto metà del mio braccio. Affondò gli artigli nell’erba, strappandola dal terreno, mentre cercava in tutti i modi di mordere il Cacciatore.

Phillips si voltò sulla sella. La freccia incoccata nell’arco sibilò nell’aria quando lui la lasciò andare, e affondò nel collo della creatura. Noah scagliò via il granratto, che rotolò lontano squittendo e scalciando nel tentativo di levarsi di dosso la freccia.

Noah balzò in piedi e sguainò la spada. Il diaspro sanguigno luccicò al sole quando il Cacciatore calò l’arma e mise a tacere la bestia.

«Dei» grugnì, ripulendosi dalla fronte lo spruzzo di sangue. Si voltò verso Phillips, ancora con l’arco in mano e una nuova freccia incoccata. «Grazie, amico.»

«Non dirlo neanche.»

«Se ce n’è uno, ce n’è un’orda» ammonì Hawke. «Dobbiamo rimetterci…»

Da ogni direzione parve che la foresta prendesse vita. Da destra il fruscio arrivava più forte.

L’orda arrivò e io mi scostai di scatto, praticamente schiacciandomi addosso a Hawke. Noah balzò su un ramo basso, imprecando, e tirò su le gambe mentre i roditori sbucavano dagli arbusti e correvano tra gli alberi.

Non attaccarono.

Ci superarono, sfrecciando tra i cavalli agitati. Ce n’erano a dozzine: squittivano ed emettevano versi di ogni sorta, mentre scavalcavano le radici e scomparivano tra alberi e cespugli.

La cosa non mi fece affatto sentire sollevata. Se stavano correndo, era perché scappavano da qualcosa.

Lanciando un’occhiata al terreno, scorsi densi tentacoli di nebbia che si radunavano. Mi si rizzarono i peli in tutto il corpo. L’improvviso odore… di morte.

«Dobbiamo andarcene da qui.» Kieran aveva notato la stessa cosa che avevo notato io. «Subito.»

Noah saltò a terra, atterrando accovacciato, e i suoi piedi scomparvero nella nebbia che si infittiva rapida. Con il cuore in gola mi sporsi in avanti, aggrappandomi al pomolo. Sentii Setti irrigidirsi sotto di me, mentre Noah correva verso il suo cavallo, afferrando le redini dell’animale con una mano e brandendo la spada con l’altra. Sollevò la lama in aria.

Il Craven schizzò fuori dagli alberi, rapido come la freccia che aveva colpito il granratto. Con i vestiti strappati e rovinati che sventolavano, afferrò Noah e si aggrappò al suo collo, affondandogli gli artigli nel petto. Il sangue fluì lungo il corpo del Cacciatore, che urlò e ricadde indietro, perdendo la spada mentre il suo cavallo galoppava oltre le guardie alla testa del gruppo.

Un ululato mi ghiacciò il sangue, e lo stomaco mi si serrò quando un altro gli fece eco, e un altro…

«Merda» ringhiò Hawke, mentre Luddie girava il cavallo e colpiva con una lancia di diaspro sanguigno la testa del Craven che aveva atterrato Noah.

«Se scappiamo non abbiamo possibilità.» Luddie sollevò la lama della sua arma. «Non con queste radici.»

Con il cuore che batteva forte, capii che cosa intendeva. La nebbia aveva già raggiunto le nostre ginocchia, e la nostra fortuna si era esaurita.

«Sai che cosa devi fare» mi disse Hawke. «Fallo.»

Annuii brevemente, poi lui sollevò una gamba e smontò da Setti, atterrando sulle radici. Smontai anch’io e arretrai per non trovarmi in mezzo a quella massa contorta. Airrick scorse il pugnale che reggevo in mano e inarcò le sopracciglia.

«So come usarlo» gli dissi.

Lui mi rivolse un sogghigno da maschiaccio. «Chissà perché, non ne sono sorpreso.»

«Eccoli.» Kieran sollevò la spada.

Aveva ragione.

Volarono fuori dagli alberi, una massa di carne grigia e incavata in abiti marci. Non ci fu il tempo di provare paura. Nonostante fossero pelle e ossa, erano spaventosamente veloci.

«Non permettetegli di arrivare ai cavalli» urlò una delle guardie mentre Hawke avanzava, affondando la spada nel petto di un Craven.

Mi preparai, senza vedere altro che zanne macchiate di sangue, poi uno puntò dritto su di me. Scattando in avanti, lo colpii con la mano alla spalla, ignorando il modo in cui la pelle e l’osso sembrarono cedere sotto il mio palmo, quindi gli conficcai il pugnale nel petto. Liberai la lama con uno schizzo di sangue marcio. Il Craven cadde e io ruotai su me stessa, afferrando la camicia stracciata di un altro Craven che stava per aggredire Setti. Gli cacciai il pugnale alla base del cranio e con una smorfia lo estrassi.

Alzai lo sguardo, trovando quello di Hawke. Mi rivolse un breve sorriso che fece balenare un accenno di fossetta. «Non avrei mai pensato di trovare qualcosa di sensuale in uno scontro con dei Craven.» Con un colpo, mozzò la testa di uno dei più vicini. «Ma guardarti combattere è incredibilmente eccitante.»

«Davvero inappropriato» mormorai, lasciando andare il corpo della creatura. Mi voltai e schivai la presa di un altro nemico, che mi afferrò per il mantello: scattai in avanti e gli piantai il pugnale nel petto. Il Craven crollò a terra e quasi mi trascinò con sé.

La mia lama era efficace. Sfortunatamente, però, richiedeva un combattimento ravvicinato. Lanciai uno sguardo rapido tutto intorno e vidi Kieran muoversi con la grazia di un ballerino, mentre con una spada in ciascuna mano abbatteva un Craven dopo l’altro. Luddie stava facendo un ottimo uso della sua lancia, così come Phillips del suo arco. Airrick rimaneva vicino a me, e adesso la nebbia ci arrivava all’altezza delle cosce.

Un Craven mi corse incontro urlando. Strinsi la presa sull’impugnatura d’osso di Wolven, attesi finché fu abbastanza vicino, poi sfrecciai sulla sinistra piantandogli la lama di diaspro sanguigno sotto il mento. Risucchiando un breve respiro, indietreggiai di un passo e mi sforzai di tenere sotto controllo lo stomaco. L’odore…

«Principessa. Ho un’arma migliore per te.» Hawke raccolse la spada di diaspro caduta a Noah e me la lanciò. Io la afferrai al volo.

«Grazie.» Rinfoderai il pugnale, mi voltai e colpii, trafiggendo il collo del Craven più vicino.

Amavo il pugnale, ma la leggera spada in diaspro rosso era molto più utile in quella situazione. Avendo la possibilità di mantenere un po’ di più le distanze, riuscii ad abbattere un altro Craven, con il cuore che batteva contro le costole. Con la parte posteriore della gamba urtai contro qualcosa e mi scostai verso destra, puntando il piede. Mentre colpivo, scivolai con lo stivale sulle radici, cogliendo il Craven al petto. Non fu un colpo preciso: gli avevo mancato il cuore. Liberai la spada con uno strattone e spostai le gambe per prepararmi, puntando al collo.

Mi ero dimenticata delle radici.

Il piede mi rimase incastrato, inciampai e tentai disperatamente di recuperare l’equilibrio, ma piombai a terra proprio mentre qualcuno mi dava una spinta, liberandomi. Airrick. Mentre cadevo, afferrò il Craven, placcandolo, ed entrambi sparirono nella nebbia.

Anche la mia testa finì sotto la coltre, e per un attimo non vidi altro che una pellicola bianca. Il panico mi divampò nello stomaco. Urtai il terreno con la mano libera: era troppo viscido sotto il mio palmo. Mi trovai riportata indietro di anni, a quand’ero piccola e spaventata, e stringevo disperata mia madre, sentendola scivolare…

Udii nella mente la voce di Vikter. Un ammonimento che mi aveva dato all’inizio del mio addestramento. Mai cedere al panico. Se lo fai, sei morta. Aveva ragione. La paura poteva rendere più acuti i sensi, ma il panico rallentava tutto.

Non ero una bambina.

Non ero più piccola e indifesa.

Sapevo come contrattaccare, sapevo come difendermi.

Con un grido, mi liberai dai ricordi e mi alzai in piedi proprio mentre un Craven senza capelli mi raggiungeva. Gli affondai la spada nel cuore. Non emise nemmeno un mugolio mentre i suoi occhi senz’anima incrociavano i miei: si limitò a tremare e poi cadde all’indietro. Mi voltai per cercare Airrick, rendendomi conto che la nebbia si era ritirata e ora era più bassa e rada: certamente un buon segno. Avanzai verso un Craven ferito, che adesso era visibile e stava strisciando sul terreno verso uno dei cavalli. Gli piantai lo stivale nella schiena, spingendolo a terra ululante. Lo infilzai con la spada e lo misi a tacere. Ormai la nebbia si era praticamente diradata.

Con il respiro pesante, mi voltai per controllare i danni, mentre Hawke affondava la spada nel petto dell’ultimo Craven rimasto. Escluso lui, restavano solo altre cinque guardie. Vidi Kieran e Luddie sopra un Cacciatore senza alcun dubbio morto. Vidi la guardia di cui reggevo in mano la spada: avevo capito che Noah era morto non appena il Craven gli aveva affondato i denti nel collo. Continuai a voltarmi e trovai Phillips. Era inginocchiato accanto a…

Airrick.

No.

Giaceva sulla schiena, con le mani sue e di Phillips premute contro lo stomaco. La pelle pallida faceva sembrare assai più scuri i capelli castani, e c’era… c’era così tanto sangue. Abbassai la spada e raggiunsi il punto in cui si trovava Airrick, aggirando il Craven defunto.

«Sta… sta bene… lei?» Airrick fissò Phillips sopra di lui, con il sangue che gli gocciolava dalla bocca. «La…»

Phillips mi guardò, la sua pelle marrone aveva assunto una sfumatura grigiastra. Annuì con occhi cupi. «Sta più che bene.»

«Bene.» Airrick emise un respiro sibilante. «È… una cosa buona.»

Con il cuore che sprofondava, mi inginocchiai e posai la spada accanto a me. «Mi hai salvata.»

Airrick spostò gli occhi su di me, e tossì sangue in una debole risata. «Non… credo che ti servisse… un salvataggio.»

«Invece sì» gli dissi, guardando il suo stomaco. Gli artigli del Craven lo avevano raggiunto, scavando in profondità… troppo in profondità. Le sue interiora non erano più all’interno del suo corpo. Mentre Hawke si accostava, nascosi un tremito. «E tu c’eri per aiutarmi. Mi hai salvato davvero, Airrick.»

Hawke si inginocchiò accanto a Phillips e incrociò il mio sguardo. Scosse la testa, non che avessi bisogno di sentirmelo dire. Non era una ferita dalla quale si potesse sopravvivere, e doveva essere dolorosissima. Non mi serviva il dono per saperlo, tuttavia aprii le percezioni, rabbrividendo per l’intensa agonia che pulsava attraverso la connessione.

Mantenni l’attenzione concentrata su Airrick, gli presi la mano e la avvolsi con le mie. Non potevo salvarlo, ma potevo fare quello che non ero riuscita a fare con Vikter. Potevo aiutare Airrick, e rendere tutto più facile. Era proibito e non esattamente saggio di fronte a testimoni, ma non mi importava. Non potevo starmene lì con le mani in mano quando sapevo che potevo essere d’aiuto.

Perciò, pensai alle spiagge e a come Hawke mi faceva ridere, a come mi faceva sentire viva, e tramite il collegamento sospinsi quel calore e quella felicità nel corpo di Airrick.

Mi accorsi del momento in cui raggiunse la guardia. Le pieghe del suo volto si rilassarono, e il suo corpo smise di tremare.

Mi guardò, sgranando gli occhi. Sembrava terribilmente giovane. «Non… sento più male.»

«Davvero?» Mi costrinsi a sorridere, mantenendo aperta la connessione e investendo Airrick con ondate di luce e calore. Non volevo che nemmeno la minima traccia di dolore riuscisse a filtrare.

«No.» Mi guardò con soggezione. «So che non è così, ma mi sento… mi sento bene.»

«Mi fa piacere.»

Mi fissò, ed ero consapevole che Phillips e Hawke stavano osservando. Sapevo senza nemmeno guardarli che si erano resi conto che l’improvviso sollievo di Airrick non aveva nulla a che fare con le varie fasi della morte. Con una ferita del genere, nessuno se ne andava in pace.

«Ti conosco.» Il petto di Airrick si sollevava in respiri profondi e si riabbassava lentamente. «Credevo di… non doverlo dire, ma ci siamo incontrati.» Dalla bocca gli uscì altro sangue. «Abbiamo giocato a carte.»

Per la sorpresa, il mio sorriso si fece reale. «Sì, è vero. Come lo hai capito?»

«Per i… tuoi occhi» rispose lui. Passavano troppi istanti tra quando il suo petto si abbassava e quando tornava a rialzarsi. «Stavi perdendo.»

«Esatto.» Mi chinai, tenendo lontano il suo dolore. «Di solito sono più brava, a carte. Mi ha insegnato mio fratello, ma continuavo a ricevere brutte mani.»

Lui rise ancora, un suono perfino più debole. «Sì… erano brutte mani. Graz…» Il suo sguardo si spostò verso la mia spalla. Qualsiasi cosa vedesse si trovava oltre me, oltre tutti noi. Ed era la benvenuta. Le labbra di Airrick tremarono in un sorriso. «Mamma?»

Il suo petto non ricadde. Si sollevò, ma non si abbassò più. Pochi secondi dopo, Airrick spirò, ancora con le labbra incurvate in un sorriso, gli occhi vuoti ma lucidi. Non sapevo se avesse visto sua madre, se avesse visto davvero qualcosa, ma speravo che fosse così. Gli augurai che a prenderlo fosse venuta la madre e non il dio Rhain. Era bello pensare che i nostri cari venissero ad accoglierci in punto di morte. Volevo credere che la moglie di Vikter e il loro bambino fossero stati lì ad aspettarlo.

Lentamente, abbassai la sua mano e gliela posai sul petto. Allora alzai lo sguardo, e vidi sia Phillips sia Hawke che mi fissavano.

«Gli hai fatto qualcosa» affermò Hawke, scrutandomi negli occhi.

Non dissi nulla.

Non ce ne fu bisogno. Phillips lo disse per me. «Sono vere. Le voci. L’ho sentito dire, ma non ci avevo creduto. Dei. Avete il tocco.»