34

Alcune ore dopo, un rumore mi strappò al sonno. Ero sdraiata su un fianco, e un lungo corpo caldo mi avvolgeva, cingendomi tra le braccia, con una gamba infilata tra le mie. Anche se ero mezza addormentata, ogni parte di me fu immediatamente consapevole della sensazione insolita che il risvegliarmi nell’abbraccio di qualcuno mi provocava. La sensazione della pelle sulla pelle, i corti, ruvidi peletti sulla mia carne, i bicipiti sotto la mia testa, e il caldo respiro che mi sfiorava la guancia. Tutto sembrava nuovo e meraviglioso. Perfino con le ragnatele del sonno che ancora annebbiavano i miei pensieri, sapevo che non sarebbe stato facile allontanarsi da quella sensazione.

L’ultima cosa che ricordavo era Hawke sdraiato di fronte a me, che giocherellava con i miei capelli mentre raccontava come si era procurato alcune delle cicatrici più piccole. La maggior parte se le era guadagnate combattendo, ma alcune derivavano dai suoi anni da bambino avventuroso e incauto. Avevo avuto intenzione di raccontargli la verità su alcune delle mie, ma poi dovevo essermi addormentata.

Il rumore si ripeté e alle mie spalle Hawke si mosse, sollevando la testa. Era un leggero bussare alla porta. Liberò con attenzione la gamba dalle mie e si fermò per un istante, poi sentii le sue dita su di me. Scivolarono verso il basso e sopra l’incavo del mio fianco, dov’era posata la coperta. La sollevò fin sopra al mio petto e si liberò dal nostro intreccio, assicurandosi che il cuscino rimpiazzasse il suo braccio sotto la mia testa. Un sorriso compiaciuto e sonnolento mi incurvò le labbra.

Sentii il letto muoversi mentre si alzava, e Hawke fermarsi ai piedi del mobile. Sbattei le palpebre e aprii gli occhi. Una delle lampade a olio bruciava ancora, gettando un morbido bagliore burroso sulla stanza. Oltre la piccola finestra era ancora buio pesto, ma riuscii a vedere Hawke rialzarsi e tirarsi su i calzoni, che lasciò sbottonati. A quella vista, il mio stomaco si contorse. Andò alla porta così, senza camicia e mezzo svestito. Non avrebbe reso evidente che cosa era successo in quella stanza a chiunque si fosse trovato oltre la soglia?

Attesi che panico, preoccupazione e paura di essere scoperta in una situazione proibita e assai compromettente prendessero il sopravvento.

Ma non giunsero.

Forse perché non ero ancora del tutto sveglia. O forse perché il piacevole languore dei muscoli si era in qualche modo insinuato nel cervello e aveva dissolto il mio buonsenso.

Ma più probabilmente non mi importava di essere scoperta.

Hawke aprì la porta di una fessura, e chiunque fosse all’esterno parlò a voce troppo bassa perché potessi sentire. Non colsi la risposta di Hawke, ma lo vidi accettare qualcosa che gli veniva porto. Rimase sulla soglia per un paio di secondi, poi la richiuse, posando ciò che aveva in mano sulla sedia.

Vedendo che ero sveglia, venne accanto a me. Senza una parola, allungò la mano e mi scostò una ciocca di capelli dal viso.

«Ciao» sussurrai, chiudendo gli occhi e premendo la guancia contro il suo palmo. «È ora di alzarsi?»

«No.»

«Va tutto bene?»

«Sì. Devo solo occuparmi di una faccenda» rispose. Aprii gli occhi. Fissandomi dall’alto, mi passò il pollice sulla guancia, subito sotto la cicatrice. «Non c’è ancora bisogno che ti alzi.»

«Sicuro?» sbadigliai.

Apparve un debole sorriso. «Sì, principessa. Dormi.» Mi rimboccò ancora una volta la coperta e si alzò. «Torno appena posso.»

Avrei voluto dire qualcosa, riconoscere in qualche maniera ciò che era successo tra noi, e ciò che aveva significato per me, ma non sapevo bene che cosa dire, e le mie palpebre stavano diventando pesanti. Tornai a dormire, ma non per molto. Mi svegliai una seconda volta, con la lampada che bruciava ancora e il letto al mio fianco vuoto.

Stiracchiando le membra, avvertii uno strano, sordo dolore tra le gambe. Serrai le labbra. Non mi serviva un promemoria della notte precedente, eppure eccolo. Mi guardai intorno e mi soffermai sulla sedia. Sopra c’erano ripiegati i miei vestiti. Era stata Magda la persona alla porta? O qualcun altro? Chiunque fosse, presentandosi così discinto alla porta, Hawke aveva rivelato tutto.

Mi morsi il labbro e rimasi sdraiata a fissare la piccola finestra. Come prima, non provai né panico né timore. La gente parlava. In un modo o nell’altro, quello che era successo avrebbe viaggiato ben oltre quelle strade acciottolate. Alla fine la voce sarebbe giunta nella capitale, e poi alla regina. E anche se per qualche caso fortuito e improbabile non fosse accaduto, gli dei dovevano sapere che non ero più effettivamente vergine. E se nonostante questo ero ancora la Vergine ai loro occhi, non mi era dato sapere.

Di sicuro non lo ero più ai miei, di occhi.

Non potevo tornare a quella vita.

Un fugace lampo di paura mi trafisse il petto, ma andava bene, perché un’ondata di determinazione lo spense rapidamente come l’acqua con le fiamme.

Non sarei tornata a quell’esistenza priva di diritti, una vita passata a nascondere il mio dono senza poter aiutare la gente, a permettere agli altri di fare quello che volevano con me, e a me, perché non avevo scelta o venivo costantemente messa nella posizione in cui dovevo accettare qualsiasi cosa per paura che altri soffrissero. Perché anche se sapevo che la regina non mi avrebbe mai trattata male, avrei comunque dovuto nascondere il mio dono, rimanere in silenzio e velata, docile, amichevole. Ognuna di quelle cose andava contro la mia vera natura.

Non potevo ascendere.

E questo voleva dire che avevo due opzioni davanti a me. Potevo tentare di scomparire e nascondermi e, in tal caso, l’aver vissuto dietro un velo per così tanto tempo sarebbe stato un vantaggio, visto che pochissime persone conoscevano il mio aspetto.

Tuttavia, ce n’erano alcune che avrebbero potuto fornire una descrizione piuttosto precisa, ed ero sicura che ogni città e villaggio avrebbe ricevuto l’ordine di tenere gli occhi aperti per trovarmi, anche se sapevo come rimanere invisibile.

Sì, ma dove sarei mai potuta andare? Come sarei sopravvissuta? E che cosa sarebbe successo a Hawke se fossi scomparsa mentre ero sotto la sua protezione?

Non davo per scontato che il mio futuro, ora del tutto sconosciuto e incerto, includesse anche lui. Tuttavia, avvertivo ancora un tremolio dentro il petto. Ciò che avevamo condiviso la notte precedente doveva significare qualcosa di più che la semplice ricerca di piacere fisico. Quello poteva trovarlo ovunque, eppure aveva scelto me.

E io lui.

Doveva significare qualcosa oltre la semplice notte passata insieme… qualcosa che non avrei mai pensato di poter provare.

Che Hawke fosse parte della mia vita o meno, l’unica altra opzione era andare dalla regina ed essere sincera. E questo mi spaventava, perché… perché non volevo deluderla. Ma doveva essere comprensiva. Lo era stata con mia madre, e io ero la sua favorita. Doveva capire che non potevo essere ciò che volevano loro. E se non l’avesse capito, avrei fatto in modo che almeno ci provasse.

Mi alzai a sedere, tenendo la coperta intorno al corpo.

Sapevo quello che dovevo fare, ma non che cosa avrebbe significato sul lungo periodo per il regno o per me. Fuori dalla finestra, il cielo iniziò a illuminarsi. Ne avrei parlato con Hawke, e non avrei aspettato. Doveva esserne al corrente, e io volevo sapere che cosa ne pensasse.

Che cosa avrebbe detto.

Consapevole che l’alba si avvicinava rapida, mi alzai e mi preparai, usando l’acqua rimasta per lavarmi velocemente. Era fredda, ma dato che non avevo idea di quando avremmo potuto usufruire di nuovo di acqua pulita, non mi lamentai. Lieta di avere addosso vestiti immacolati, fissai il pugnale alla coscia. Stavo finendo di legare i capelli in una treccia quando udii bussare.

Immaginando che Hawke sarebbe semplicemente entrato, mi avvicinai alla porta con cautela. «Sì?»

«Sono Phillips» disse una voce familiare.

Aprii e lui si precipitò dentro, costringendomi ad arretrare mentre chiudeva la porta dietro di sé. Si voltò, e il suo mantello si scostò rivelando che aveva la mano sull’elsa della spada.

Indietreggiai di un passo, sentendo un campanello d’allarme.

«Siete sola?» domandò, spostando lo sguardo sulla stanza da bagno.

«Sì.» Il cuore prese a battermi forte. «È successo qualcosa?»

Si voltò a guardarmi con occhi sgranati. «Dov’è Hawke?»

«Non… non lo so. Che succede?»

«In questo posto c’è qualcosa di strano.»

Inarcai le sopracciglia.

«C’è qualcosa di strano in tutta la dannata missione. Avrei dovuto dare retta al mio istinto. Mi ha tenuto in vita tutto questo tempo, ma stavolta non gli ho dato ascolto» disse parlando a raffica. Si spostò vicino a una piccola sacca da sella. «Mi sono guardato un po’ intorno. Non ho visto un singolo Asceso. E Lord Halverston? Non ho visto traccia di reali.»

«Mi hanno detto che è andato a caccia con i suoi uomini» lo rassicurai. «Ieri ho chiesto a Magda dove fosse.»

Con la mia sacca in mano, si voltò a guardarmi inarcando le sopracciglia scure. «Conoscete qualche Asceso che va a caccia?»

«Nessuno, ma non conosco tutti gli Ascesi.»

«Sapete chi non conosciamo? Quel Kieran.» Phillips si fermò di fronte a me. «Di lui non sappiamo niente.»

Confusa su dove volesse andare a parare, scossi la testa. «Io non conosco nessuno di voi.»

A parte Hawke. Lui, lo conoscevo.

«Non capite che cosa sto dicendo. Non ho mai visto Kieran. Non fino a quando un mattino è comparso sull’Alzata. Da lui non ho cavato nessuna informazione, a parte che aveva prestato servizio nella capitale. Tutto il resto sono state risposte brevi e vaghe.»

Ricordai di averli visti parlare spesso nel corso del viaggio. Tuttavia, il fatto che Kieran non avesse voluto rispondere alle domande di un estraneo non significava niente. «Sull’Alzata ci sono molte guardie. Le conosci tutte?»

«Ne conosco abbastanza da considerare sospetto che una guardia appena trasferita sia parte della squadra incaricata di scortare la Vergine» affermò. «La sua presenza è stata richiesta personalmente da Hawke, un’altra guardia trasferita relativamente da poco che, chissà come, nel giro di qualche mese è diventata una delle persone più importanti nella guardia reale dell’intero regno.»

Inspirai bruscamente. «Di che stai parlando?»

«Hawke è un’altra guardia di cui nessuno sa quasi nulla. E a poca distanza dal suo arrivo avete perso non una, bensì due Guardie del corpo Reali.»

Spalancai la bocca. «Ero presente quando sono stati uccisi Rylan e Vikter…»

«Non è normale che diversi uomini che avrebbero potuto diventare la vostra guardia personale siano stati scavalcati da un ragazzo che è a malapena un uomo» mi interruppe. «Non mi importa con quali raccomandazioni sia giunto a Masadonia, o quello che il comandante ha detto di lui. Hawke ha richiesto che venisse anche Kieran, ed eccoci qui, in una fortezza dove non si riesce a trovare un Asceso.»

«Che cosa stai cercando di dire, Phillips?»

«Sto cercando di dire che questa è una trappola. Siamo usciti dalla città con loro per finire dritti in una maledetta trappola.»

«Loro?» sussurrai.

«Kieran» rispose. «Hawke.»

Per un momento, non riuscii a fare altro che fissarlo.

«So che non volete sentirlo. Voi e Hawke sembrate… legati, ma ve lo dico io, Vergine, c’è qualcosa di sbagliato in questo posto o in loro, e…»

«E che cosa?»

«Evans e Warren sono scomparsi.» Mentre pronunciava i loro nomi, si guardò alle spalle, verso la porta. «Né Luddie né io li abbiamo più visti da circa un’ora dopo il nostro arrivo. Sono andati nelle stanze loro assegnate, e adesso sono svaniti. I loro letti sono intatti, e non sono stati visti da nessuna parte nella fortezza.»

Questo… se era vero, non era un buon segno. Ma ciò che Phillips stava suggerendo era incredibile. Non conoscevo Kieran, ma conoscevo Hawke, e se Hawke si fidava di Kieran, allora mi fidavo anch’io. Perciò, che cosa aveva Phillips da guadagnarci a dire quelle cose?

L’unica opzione possibile mi si formò nella mente, facendomi gelare la pelle. Phillips doveva essere un Caduto. Sgomenta, non volevo crederci, ma ricordavo come si erano vestiti i Caduti per la celebrazione del Rito. Si erano mescolati agli altri per tutto il tempo. Non era impossibile.

Perché nulla lo era.

E se Phillips era un Caduto, allora… allora la situazione era grave. Era eccezionalmente ben addestrato. Peggio ancora, sapeva che ero armata e addestrata anch’io, perciò non godevo dell’elemento sorpresa. Inoltre non mi piaceva l’idea di trovarmi in quella stanza da sola con lui, soprattutto non sapendo chi fosse presente nelle vicinanze.

Avevo bisogno di stare tra la gente.

«D’accordo. Tu… tu vivi a Masadonia da molto tempo. E Vikter… non aveva che belle parole per te» gli dissi. Per quanto ricordavo, Vikter non aveva mai menzionato Phillips, ma avevo bisogno che mi credesse. Allora aprii le mie percezioni. «Che cosa dovrei fare?»

«Grazie agli dei, siete sveglia. Temevo che avrei dovuto trascinarvi via.» Lanciò un’altra occhiata alla porta, mentre le sue emozioni filtravano attraverso di me. «Dobbiamo andarcene da qui e in fretta.»

«E poi?» Mi ci volle un momento per comprendere che cosa stavo percependo. Non c’era un dolore degno di nota, ma sentii il sapore pungente… della paura.

«Venite.» Mi fece cenno di andare alla porta, ancora con la mano sull’elsa della spada. Aprì di una fessura e controllò fuori, troppo rapido perché potessi avvantaggiarmi del fatto che mi avesse dato le spalle. «Via libera.» I suoi occhi incrociarono i miei. «Voglio credere che sappiate che sto dicendo la verità, ma non sono stupido. So che probabilmente siete armata, e so che sapete come combattere. Perciò voglio che teniate le mani dove posso vederle. Non voglio farvi del male, ma vi metterò in condizione di non nuocere, se questo significa farvi uscire da qui e portarvi in un luogo sicuro.»

Essere minacciata non mi faceva sentire precisamente al sicuro, ma Phillips era spaventato.

Era terrorizzato. Questo almeno lo sapevo. Si fece da parte, e io mi resi conto che voleva che lo precedessi. La mia mano fremeva dalla voglia di afferrare il pugnale. Di che cosa aveva paura Phillips? Di farsi beccare?

«Luddie e Bryant ci aspettano nelle stalle. Stanno preparando i cavalli.»

Annuii, uscendo dalla camera proprio mentre la porta all’altra estremità del corridoio si apriva.

Ne uscì Kieran, insieme a un soffio d’aria fredda che attraversò l’ambiente. Senza il mantello, non sarei andata lontana. Non se ne era reso conto, Phillips? Oppure non era così importante? Kieran si fermò, inarcando le sopracciglia. «Che ci fate qui fuori?»

Prima che potessi rispondere, sentii Phillips sguainare la spada. Il cuore iniziò a martellarmi.

«E tu che ci fai qui fuori?» domandò Phillips. «Non è ora di partire.»

Kieran iniziò ad avanzare. «Stavo andando nella mia stanza.» Spostò lo sguardo oltre me. Non credevo si fosse reso conto che Phillips aveva la spada pronta in mano. «E tu non hai risposto alla mia domanda.»

Phillips era dietro di me, e sapevo di dover essere prudente. Forse voleva tenermi in vita, ma sarei stata un messaggio altrettanto efficace da morta. Mi sarei trovata con la spada nella schiena prima di poter afferrare il pugnale.

Fissai Kieran in silenzio, pregando gli dei che riuscisse a vedere quello che non potevo dire.

Lui avanzò, spostando con noncuranza la mano sulla spada che portava al fianco. «Che sta succedendo qui?»

Phillips mi afferrò per il braccio, tirandomi indietro, e affondò la spada, rapido. Ma anche Kieran fu veloce. Parò il colpo e la punta mortale della lama fu solo deviata. Anziché penetrargli nel petto, gli squarciò lo stomaco e una gamba. Gridai, mentre Kieran abbassava lo sguardo…

Indietreggiai incespicando, e il suono che Kieran emise mi fece rizzare ogni singolo pelo del corpo. Mi bloccai. Era iniziato come un basso ruglio che non assomigliava neanche lontanamente a un suono che potesse uscire da una gola mortale. Lo avevo già sentito… la notte in cui Rylan era stato ucciso nei Giardini della Regina. Il Caduto aveva emesso lo stesso suono.

Il brontolio si fece più forte, trasformandosi in un basso ringhio che mi tolse il fiato. Quando Kieran sollevò la testa, il mio cuore quasi si fermò.

I suoi occhi azzurro pallido…

Brillavano iridescenti nella luce fioca.

«Non avresti dovuto farlo.» La sua voce era alterata, suonava del tutto sbagliata, come se avesse avuto la gola piena di ghiaia. «Proprio no.»

Kieran gettò da parte la spada, che cadde sferragliando sulle assi di legno del pavimento. Non riuscii a capire perché avesse buttato la sua arma, ma poi capii.

Era cambiato.

La sua pelle parve farsi più sottile e più scura. La mascella si allungò insieme al naso. Le ossa schioccarono e si riformarono, mentre un pelo fulvo spuntava da ogni centimetro di pelle visibile. La tunica che indossava si divise in due lungo il petto. Le brache si strapparono mentre le ginocchia si piegavano. Si lanciò in avanti, mentre le sue dita crescevano e gli artigli rimpiazzavano le unghie. Le orecchie si allungarono e la bocca si aprì in un freddo ringhio aggressivo. Dalla mandibola emersero zanne e le sue mani – le sue zampe – sbatterono a terra.

Erano bastati secondi – solo secondi – e di fronte a noi non c’era più un uomo. C’era invece un’enorme creatura a quattro zampe, alta quasi quanto Phillips e con una solida massa di muscoli e pelo lucido. Quello che vedevo era impossibile, era una creatura estinta da secoli, sterminata durante la Guerra dei Due Re.

Eppure sapevo ciò che era Kieran.

Oh, dei.

Kieran era un Wolven.

«Scappate!» gridò Phillips, afferrandomi per il braccio.

Non avevo bisogno di farmelo dire due volte.

Phillips si sbagliava completamente su Hawke, ma non su Kieran. Era evidente che c’era qualcosa di incredibilmente sbagliato in lui.

Gli artigli di Kieran grattarono il legno e lui si lanciò verso di noi, mancando per un pelo il mantello di Phillips. Corsi più veloce di quanto avessi mai fatto nella vita e quando Phillips spalancò la porta lanciai un’occhiata dietro di me. L’istinto mi gridava di non farlo, ma non riuscii a impedirmelo. Guardai.

Il Wolven saltò, torcendo il corpo a mezz’aria. Atterrò sulla parete, affondando gli artigli nella pietra. Poi balzò di nuovo, piombando a metà del corridoio.

Phillips mi tirò verso il pianerottolo di fronte a lui. «Andate!»

La tromba delle scale era buia e solo una debolissima luce permetteva di muoversi. Scivolai sui gradini di pietra e quasi caddi, ma mi aggrappai alla ringhiera. E non mi fermai.

Volammo giù per l’ultima rampa e schizzammo fuori dalla porta. Finalmente il mio cervello tirò fuori qualcosa di utile, ricordandomi che avevo un’arma. Diaspro sanguigno. Poteva uccidere un Wolven proprio come un Craven, se lo si colpiva al cuore o alla testa.

Corsi sul terreno gelato, estraendo il pugnale.

«Le stalle.» Phillips corse, con il mantello che si gonfiava alle sue spalle come onde d’acqua nera.

Hawke.

Kieran gli aveva forse fatto qualcosa? Il mio cuore tremò…

L’ululato che giunse dall’alto infranse il silenzio dell’alba, facendomi sollevare di scatto la testa proprio mentre il Wolven scavalcava la ringhiera.

Atterrò alle nostre spalle ed emise un altro raccapricciante ululato.

Dai boschi o dalla fortezza, udii una risposta. Un ruggito che mi raggelò per il terrore.

Ce n’era più di uno.

«Dei» ansimai, correndo più di quanto avessi mai fatto. Non me ne sarei mai andata da lì senza Hawke, ma dovevo allontanarmi il più possibile da quella cosa. Non riuscivo a concentrarmi su altro, perché, se avessi rallentato anche solo per mezzo secondo, Kieran mi sarebbe saltato addosso.

Girammo l’angolo e Phillips scivolò, ma ritrovò l’equilibrio. Corremmo verso le stalle senza vedere una sola guardia, e anche quello fu strano. A quell’ora avrebbero dovuto esserci.

Scorsi Luddie e l’altro membro della mia scorta.

«Chiudete le porte!» urlò Phillips quando irrompemmo nelle stalle, spaventando i cavalli già sellati. «Chiudete le maledette porte!»

Mi fermai con uno scivolone e ruotai su me stessa. Gli uomini si voltarono, e io assistei all’istante in cui videro il Wolven.

«Merda» sussurrò Bryant, perdendo ogni colore dal viso.

Kieran si stava avvicinando.

Mi buttai sulla porta proprio mentre Luddie e Bryant si stavano liberando dallo sbigottimento. Afferrai un battente insieme a Luddie e lo chiudemmo un attimo prima che Bryant e Phillips facessero lo stesso con l’altro.

«Sbarratela!» gridò Luddie, e gli altri due si voltarono, afferrarono il pesante sostegno di legno e lo tirarono giù con uno scricchiolio.

Ansimando, indietreggiai… e continuai a indietreggiare finché urtai uno dei pali. L’impugnatura del pugnale mi premeva contro il palmo. Abbassai lo sguardo a guardarla, a guardare l’osso di Wolven…

Le doppie porte tremarono, scosse dal Wolven che vi si era lanciato contro, e io sobbalzai.

«È quello che credo che sia?» chiese qualcuno, forse Bryant. «Un Wolven?»

«A meno che tu non conosca altre grosse creature simili a lupi, sì.» Phillips si voltò, mentre Kieran colpiva di nuovo la porta, facendone tremare i battenti di legno. «Questa porta non durerà. C’è un’altra via d’uscita?»

«C’è la porta sul retro.» Luddie si fece avanti. «Ma i cavalli non ci passeranno.»

«Fanculo i cavalli.» Bryant raccolse la spada. «Andiamocene da qui.»

«Avete visto Hawke? È stato chiamato a notte fonda» dissi io. Tre paia d’occhi si posarono su di me, ma di quello che pensavano non mi importò. «Qualcuno di voi lo ha visto?»

Un’asse di legno si scheggiò e una mano artigliata e coperta di pelo la attraversò con un pugno. Kieran afferrò il frammento di legno e lo strappò via.

«Dobbiamo filare.» Phillips fece per avvicinarsi a me.

Ma io mi scostai. «Non me ne vado finché non trovo Hawke…»

«Avete visto quello che ho visto io?» domandò Phillips, con le narici che si dilatavano. «Pensavo aveste capito quello che vi stavo spiegando. Hawke è uno di loro.»

«Hawke non è un Wolven» obiettai. «Non è come quello.» Indicai la porta, da cui il Wolven strappò via un altro pezzo. «Avevi ragione su Kieran, ma non su Hawke. Qualcuno di voi lo ha visto?»

«L’ho visto io.»

A quelle parole mi voltai di scatto. Tra le ombre c’era un uomo, e qualcosa… qualcosa dentro di me si ritrasse.

La figura si fece avanti. Capelli castani e disordinati. Un filo di barba. Occhi di un azzurro pallido come l’inverno. Un fiotto di rabbia pura e assoluta mi palpitò dentro.

Era lui.

L’uomo che aveva ucciso Rylan era lì davanti a me, e sorrideva. «Te l’avevo detto che ci saremmo rivisti.»

Le tre guardie gli puntarono contro le spade e io lo fissai, inarcando le sopracciglia. «A quanto pare ti manca una mano. Vorrei esserne stata io la causa.»

L’uomo sollevò il braccio sinistro, che terminava in un moncherino appena sopra il polso. «Me la cavo.» Quegli occhi pallidi e inquietanti si spostarono su di me, mentre i suoni prodotti da Kieran cessavano. Potevo solo sperare che fosse successo qualcosa che ci avrebbe aiutato a sottrarci a quella situazione. «Ti ricordi quello che ti avevo promesso?»

«Che avresti fatto il bagno nel mio sangue. E mi avresti divorato le budella» dissi. «Non l’ho dimenticato.»

«Bene» disse in un brontolio, avanzando di un passo. «Perché sto per mantenere la promessa.»

«Stai indietro!» ordinò Phillips.

«È un Wolven» lo avvertii, consapevole ora che nella fortezza ce n’erano almeno tre.

«Ragazza sveglia» commentò l’uomo.

Phillips non vacillò. «Non mi importa quale empia creatura tu sia, fai un altro passo e sarà l’ultimo.»

«Empia?» L’uomo gettò indietro la testa e rise, alzando le braccia. «Veniamo creati a immagine degli dei. Non siamo noi gli empi.»

«Raccontati pure qualunque cosa ti serva a stare meglio» replicai, stringendo la presa sul pugnale. «Alla testa o al cuore, vero, Phillips?»

«Sì.» Phillips chinò il mento. «Entrambi andranno…»

Dietro di noi le assi si spaccarono e le porte vennero scardinate, schiantandosi contro le pareti del fienile. I cavalli indietreggiarono, ma erano legati e non potevano andare da nessuna parte. Mi voltai per metà, tenendo il pugnale puntato contro il Wolven, e guardai, convinta che avrei visto Kieran precipitarsi sulla paglia.

Ciò che vidi mi fece quasi crollare in ginocchio.

«Hawke!» gridai, troppo sollevata per provare imbarazzo di fronte agli altri, e mi mossi verso di lui. «Grazie agli dei stai bene.»

Phillips mi afferrò il braccio. «State lontana da lui.»

Feci per liberarmi dalla sua presa, quando vidi che Hawke reggeva in mano qualcosa: sembrava un arco ricurvo, ma montato su una strana impugnatura e con un dardo incoccato, già in posizione. Non importava. Qualunque cosa avrebbe funzionato. «Uccidilo!» gridai, liberandomi da Phillips. «È stato lui a…»

Una forma gigantesca apparve alle spalle di Hawke, così grande da arrivargli quasi al petto. Kieran si stava avvicinando. Il mio cuore perse un battito. «Hawke, dietro di te!» gridai.

Phillips mi afferrò per la vita, trascinandomi indietro, mentre Hawke sollevava quello strano arco. Kieran gli era quasi addosso, e sul dardo non vedevo diaspro. Non avrebbe ucciso il Wolven.

Hawke mi fissò negli occhi. «Va tutto bene.»

Senza preavviso, Phillips fu strappato via da me. Caddi in avanti, piombando sulle ginocchia. Mi guardai alle spalle, con la treccia che mi scivolava oltre la spalla, aspettandomi quasi di vedere Phillips nella presa del Wolven.

Il Wolven che avevo incontrato nei Giardini della Regina non si era mosso, ma Phillips…

Phillips era appoggiato contro uno dei pali, la sua spada giaceva sulla paglia. Un attimo. I suoi piedi non toccavano terra e qualcosa di scuro gocciolava sotto di lui. Alzai lo sguardo.

Mi si rivoltò lo stomaco, nemmeno riuscii a gridare. Hawke aveva scoccato il dardo. Non glielo avevo nemmeno visto fare, ma era successo. E il dardo aveva trafitto Phillips alla bocca, penetrando dentro di lui e inchiodandolo al palo.

Tremante, udii Luddie gridare. Spostai lo sguardo da Phillips a Hawke.

In forma di lupo, Kieran lo oltrepassò, annusando l’aria con la testa bassa sulla paglia. Luddie lo caricò, ma inciampò e cadde in avanti.

Inspirai, ma l’aria mi fu strappata dalla pressione che sentivo.

Luddie non era inciampato.

Un dardo nero lo aveva raggiunto alla schiena. Da dietro uno dei cavalli spuntò la guardia che ci aveva accolti sulla porta il giorno prima. Delano. Anche lui aveva quegli occhi pallidi. Occhi che, adesso lo sapevo, appartenevano ai Wolven. Abbassò l’arco.

Bryant scattò.

Si voltò e tentò la fuga, ma non andò lontano. Kieran si accovacciò e poi fece un balzo. Agile e rapido come una freccia, e altrettanto preciso. Atterrò sulla schiena di Bryant, inchiodandolo sulla paglia. La guardia non ebbe nemmeno la possibilità di urlare. Il Wolven scoprì i denti e si chinò…

Uno schiocco umido risuonò nel fienile e io voltai la testa.

Poi vi fu silenzio.

Vidi l’uomo che aveva ucciso Rylan avanzare sulle lunghe gambe, lento e rilassato. Mi guardò sorridendo. «Sono così felice di poter assistere a questo momento.»

«Sta’ zitto, Jericho» ribatté Hawke in tono piatto.

Lentamente, mi voltai a guardarlo. Era rimasto immobile, il vento sollevava e scostava le ciocche di capelli scuri dal suo splendido volto. Aveva lo stesso aspetto di quando aveva lasciato la camera nel cuore della notte, lo stesso aspetto di quando, ore prima, mi aveva baciata, toccata e tenuta tra le braccia.

Ma era lì, con un Wolven insanguinato accanto.

«Hawke?» sussurrai, stringendo con la mano libera la paglia sotto di me.

Lui mi fissò, e il mio dono si risvegliò. Il filo invisibile si tese verso di lui, formando una connessione, e io… io non sentii nulla. Niente dolore. Niente tristezza. Nulla.

Mi ritrassi, con il petto che si alzava per il respiro ansimante. C’era qualcosa che non funzionava nel mio dono. Solo gli Ascesi non provavano emozioni. Non i mortali. Non Hawke. Ma era come se la mia connessione con lui avesse urtato contro un muro di mattoni spesso quanto l’Alzata.

Formidabile come il muro che avevo costruito intorno a me stessa quando avevo cercato di trattenere il dono dentro di me. Hawke mi stava… mi stava bloccando? Era possibile?

«Ti prego, dimmi che posso ucciderla» disse Jericho. «So esattamente quali pezzi voglio tagliare e rispedire indietro.»

«Toccala e questa volta perderai più che una mano.» La freddezza del tono di Hawke mi fece rabbrividire fin nel profondo dell’anima. «Ci serve.» Il suo sguardo non lasciò mai il mio. «Viva.»