Marzo. Preparare i letti di semina; seminare gli ortaggi primaverili a ciclo breve; ripicchettare al riparo quelli estivi; rincalzare le fave e i piselli; raccogliere gli ultimi cavoli dell’anno precedente (verze, cappucci, cavolini di Bruxelles, cavolo nero toscano) prima che vadano a fiore. Ultimo termine per la piantagione e la potatura degli alberi da frutto e dei piccoli frutti, oltre che per l’innesto di susini e albicocchi.
Aprile. Raccogliere asparagi, insalatine nuove, piselli, fave, cipollotti, gli ultimi carciofi; cominciare a trapiantare in piena terra gli ortaggi estivi; piantare o rincalzare le patate; seminare le erbe aromatiche, i fagioli e i fagiolini.
Maggio. Diserbare le parcelle almeno una volta alla settimana; annaffiare, meglio di mattina, le semine e le piantine, quasi quotidianamente quando la temperatura supera 18-20 °C; legare i pomodori e gli altri ortaggi estivi di taglia alta a tutori di bambù o di metallo; fare una concimazione di copertura delle piante che produrranno in estate; raccogliere fragole, piselli, insalate, cipolle bianche precoci, fave.
Il proverbio sul quale meditare. Eranu folthe, trigu a clothe, proverbio sardo tradotto: «Primavera piovosa, grano a iosa», ma nessuno conosce la traduzione letterale. In Sardegna, regione d’Italia a clima mediterraneo, i contadini salutano con ottimismo le primavere piovose, presupposto per buoni raccolti in estate. Nell’orto delle zone climatiche piuttosto aride l’umidità primaverile della terra, unita a temperature miti, garantisce la nascita da seme di tutto, favorisce l’attecchimento delle piantine appena trapiantate e consente alle radici delle piante di assorbire come concime i sali minerali presenti nel terreno.
Carissime amiche, se non volete mettere le mani nelle parcelle dell’orto perché a voi piacciono i fiori e pensate di stancarvi troppo a stare chine giornate intere sulle zolle (e concima, e zappa, e semina, e trapianta, e sarchia e raccogli: sempre con la schiena piegata), vi hanno passato le informazioni sbagliate. In quanto ai fiori, l’orto giardino ne prevede a volontà, da godere sul posto o da recidere e allestire in casa.
Sul fatto di spaccarvi la fragile schiena che vi ha messo a disposizione la natura, suvvia: gli amici esperti non vi hanno detto niente? Potete fare aiuole rialzate, da coltivare ad altezza d’occhi; potete decidere che a casa vostra l’orto non si vanga più, come molti stanno facendo dopo aver sentito che rivoltare la terra significa disperdere l’equilibrio benefico che si è creato nei dieci centimetri superficiali del terreno. Insomma, non avete alibi. E, d’altronde, di questi tempi i salotti apprezzano molto le signore con la schiena fragile e le unghie ancora un po’ nere di terra che raccontano, tra un biscottino e un sorso di tè, gioie e dolori delle ultime semine e la scoperta che un broccolo appena colto a casa propria è mille volte più ricco di vitamine e di sapore di quelli surgelati e già spadellati del supermercato, che vi sembravano eccellenti prima della conversione.
Fate tesoro di ciò che il terreno destinato a diventare orto vi può offrire: saprete anche come muovervi per preparare le parcelle ad accogliere le prime semine. Ma allora dovete conoscere qualche decina di piante della flora spontanea italiana.
Le piante indicatrici che si trovano nel terreno non ancora dissodato vi dicono infatti le cose necessarie da sapere.
• L’ortica, il sambuco, il caglio, il centocchio o stellaria, il lamio o falsa ortica vivono tutti in terreni con una buona disponibilità di azoto; vi dicono, insomma, se quel terreno è già ricco di humus e di uno dei tre elementi chimici fondamentali per coltivare piante. Nella preparazione dovrete usare una maggiore quantità di fosforo e potassio; in ogni caso ci cresceranno bene, anche senza alcuna concimazione, le cicorie, le lattughe, gli spinaci.
• La presenza di felci, ginestre, eriche e castagni vi dice che andate incontro a qualche problema di acidità del suolo, da correggere subito, e poi una volta all’anno, con un piccolo apporto di granitello di calce per riequilibrare il pH. Nel terreno francamente acido poche piante saranno veramente contente: ribes, fragole, mirtilli americani, mentre in un terreno debolmente acido potrà crescerci di tutto, ma con minore forza che in un terreno neutro. Al contrario, alcuni ortaggi hanno una netta preferenza per il terreno calcareo, sicché asparagi, fagioli, cipolle e tutti i cavoli saranno ospiti preferenziali di terreni in cui crescono spontanei i sambuchi, le primule, la cicoria selvatica.
• Osservate le piante indicatrici anche per conoscere le necessità idriche di quel terreno. La presenza di margherite e carote selvatiche è l’informazione migliore che vi possa venire: queste piante spontanee infatti crescono solo in terreni ben bilanciati dal punto di vista idrico: né troppo bagnati, né troppo asciutti. Vuol dire che il vostro orto troverà presto un suo equilibrio senza affannose somministrazioni di acqua in estate. Attenti invece se tra le piante spontanee ci sono equiseti, ranuncoli, giunchi, olmaria e consolida. Vuol dire che il terreno è decisamente umido e qualche ortaggio non sarà affatto contento, per esempio carciofo, pomodoro, melanzana, aglio e cipolla (e con questo avete imparato che questi ortaggi meno sentono l’acqua e meglio stanno).
• Concimazione organica di fondo. Distribuite in superficie uno strato leggero di letame o compost (entrambi molto maturi) oppure qualche manciata di stallatico disidratato e pellettato. Meglio sarebbe che il letame rimanesse sul posto durante l’inverno.
• Vangatura. Interrate verticale la vanga nel terreno facendo forza con un piede, sollevate la zolla e fatela ricadere rivoltata. Il concime in superficie sarà così interrato. Agite allo stesso modo sulla fila e poi per file, sempre arretrando per non comprimere la terra già vangata.
• Divisione delle parcelle. Dividete lo spazio in riquadri non più larghi di 1 m (diventerebbero difficili le operazioni manuali al centro) e lunghi circa 2 m. In terreno argilloso e in clima piovoso fate in modo che le parcelle siano rialzate di una decina di centimetri rispetto al piano di campagna per favorire il drenaggio.
• Livellatura. Andate avanti e indietro con il rastrello di ferro, sino a quando la terra è perfettamente in piano, ben affinata e priva di sassi in superficie.
• Falsa semina. Annaffiate leggermente e lasciate riposare la terra 10-12 giorni. In questo modo germineranno i semi di eventuali erbe infestanti. Vi basterà trascinare il rastrello nel senso della lunghezza e poi in quello della larghezza per scalzare le piantine e radunarle (buttatele nel compostaggio). Se le erbacce sono numerose, attendete altri 8 giorni prima di usare la terra.
• Semina. In piena terra solo quando il terreno è in tempra, cioè né asciutto né troppo bagnato.
1) Gli ortaggi estivi a ciclo lungo e tutti quelli che subiscono senza problemi il trapianto vanno seminati a metà febbraio nelle seminiere. Le più comode e coibentate sono quelle di polistirolo, tipo cassette per il pesce, meglio se divise in alveoli per garantire autonomia alle radichette di ogni nuova plantula. A semina avvenuta avvolgete le seminiere in teli di tessuto non tessuto, sollevatele da terra tramite due assicelle ed esponetele in pieno sole in una zona dell’orto riparata dai venti freddi. Oppure conservatele in casa o in un locale non troppo riscaldato, ma molto ben illuminato.
2) Seminate direttamente nelle parcelle gli ortaggi che non necessitano di trapianto solo quando la temperatura durante il giorno raggiunge almeno 12-15 °C, segnale questo che la terra si sta riscaldando. Può succedere a metà febbraio al sud, ma anche in pieno aprile ai piedi delle Alpi e della dorsale appenninica. Ortaggi come ravanelli, rucola, piselli, porri e spinaci non temono il freddo, ma i loro semi non attivano la germinazione sino a quando l’aria non è in temperatura.
3) I semi sono piccoli e fragili, abbiate cura di offrire loro come letto di semina una terra accogliente, cioè fine, setacciata, priva di sassi, fertile ma non troppo. Se necessario, farete una concimazione minerale con le piantine ormai in pieno sviluppo, quando non rischieranno più di bruciarsi a contatto con il concime.
4) Meglio seminare a file, distanziate diversamente in base allo sviluppo successivo dell’ortaggio. Solo così non sarà un’impresa sarchiare e zappare per mantenere la terra arieggiata e priva di erbacce. Se preferite, potete però seminare anche a spaglio, cioè esprimendovi in un gesto libero che consegna i semi alla terra in posizioni casuali. In questo caso: a) mescolate i semi a un po’ di sabbia fine per aiutare la distribuzione; b) prima di ricoprire la terra controllate che i semi siano ben distanziati e uniformi su tutta la superficie.
5) La profondità non deve essere superiore a 2 cm per la stragrande maggioranza dei semi, molto meno per quelli finissimi, da ricoprire solo con un velo di terra, non più di 3 cm per carota, sedano, prezzemolo, finocchio e per gli ortaggi a semi grossi.
6) Prima della semina, lasciate a bagno in acqua tiepida per qualche ora i semi grossi e duri, come quelli dei piselli, delle fave, dei fagioli. La germinazione avverrà più velocemente e in modo più uniforme.
7) Armatevi di un’assicella di 20 x 20 cm, spessa 5-6 cm, e dotatela di una sorta di manico in tela o cuoio: vi servirà per comprimere il terreno dopo la semina. Operazione da non sottovalutare, perché, se rimangono nel terreno sacche di aria, non nasceranno piante.
8) Dopo la semina è buona norma procedere a una leggera annaffiatura a pioggia fine per favorire la germinazione dei semi.
9) Essendo ancora scarso il cibo, gli uccelli tengono d’occhio le semine: copritele con un velo di tessuto non tessuto sino allo spuntare delle prime due foglie.
10) Non tutti i semi germinano nello stesso tempo. Bastano 7-10 giorni (o un po’ di più se arriva una perturbazione che raffredda l’aria) per ravanelli, rucola, lattughe, cicorie, spinaci, bietole, mentre per altri come carote, prezzemolo, sedani, cardi, carciofi, porri occorre almeno una settimana in più, ma la prima plantula di prezzemolo può farsi attendere oltre un mese!
Che ci crediate o no, da sempre i contadini guardano il cielo notturno e, in base alla fase lunare, decidono i lavori da fare in campagna. Provate a mettere d’accordo nel segreto di voi stessi le diverse anime, quella razionale e quella emotiva, quella scientifica e quella creativa, e intanto leggete e decidete se nella coltivazione del vostro orto vi sarà utile, come hanno ritenuto sino a qui i contadini.
• Da seminare in luna crescente: gli ortaggi da frutto (zucchini, pomodori, peperoni, melanzane, cetrioli, meloni) e quelli da bulbo o da radice (cipolle, carote, ravanelli ecc.). Oltre che la crescita vigorosa delle piante, sarà favorita la loro precoce entrata in produzione.
• Da seminare in luna calante: tutti gli ortaggi da foglia (lattughe, endivie, cicorie, bietole, cavoli, rucola, spinaci ecc.) e quelli da granella, quali piselli, fave e fagioli. Servirà a indurre una buona radicazione e uno sviluppo uniforme delle plantule, oltre che a evitare, soprattutto in primavera, che le piante vadano a fiore e a seme precocemente.
Se vi resta il dubbio, fate nell’orto un piccolo esperimento: seminate una parcella di rucola (oppure lattughino da taglio o bietole) e una di ravanelli (o carote parigine) a due riprese, lasciando un intervallo di 15 giorni e prelevando i semi dalla stessa bustina. A voi il piacere di scoprire se, dopo 30-40 giorni, si noteranno significative differenze…
La rotazione delle colture è un metodo di coltivazione delle piante in uso sin dal Medioevo, nei campi come nell’orto. Lo dice il nome stesso: le piante non tornano nello stesso appezzamento due anni di fila, ma «ruotano» secondo una tecnica ben definita, con l’intento di sfruttare in modo dolce la fertilità del terreno e, se possibile, migliorarla a favore delle colture successive e reintegrarla prima di riprendere il ciclo.
In genere si segue un ritmo di tre anni più uno di pausa; si comincia con piante forti consumatrici (lo sono tutti gli ortaggi da frutto: pomodori, zucchini, cetrioli, fragole, oltre a sedano e cavoli) coltivate in un terreno ben lavorato e concimato con letame e compost maturi, seguite l’anno successivo da colture da rinnovo (patata, barbabietola, mais, cipolle, carote, finocchi, ravanelli). Il terzo anno nello stesso terreno troveranno posto piante deboli consumatrici (fagioli, piselli, fave, aromatiche, rucola) e il quarto sarà concessa una pausa lasciando incolto l’appezzamento o, meglio ancora, seminando nel terreno non più lavorato una pianta da sovescio per migliorare la fertilità della terra.
Se vi sembra molto complicato ragionare in termini di consumo di fertilità da parte delle piante, avete un’alternativa. Una formula altrettanto valida insegna a coltivare nella stessa parcella, con ritorno ciclico di quattro anni, nel primo anno gli ortaggi da frutto, compresi quelli da granella come fagioli e fave, nel secondo quelli da fiore (cavolfiori, broccoli e aromatiche), nel terzo ortaggi da foglia e nel quarto quelli da radice o bulbo (cipolla, porro, aglio, scalogno, carota, scorzonera, pastinaca, barbabietola, rapa, patata).
• Carota parigina ‘Paris market’. La più precoce e piccola dell’orto, produce in breve tempo eccellenti radici sferiche e dolci, che però verso l’estate tendono a indurire.
• Cicoria da taglio ‘Bionda di Trieste’. Tenerissima e amarognola, si semina presto in primavera e si raccoglie tutto l’anno.
• Cicoria da taglio ‘Spadona’. Nota anche come «lingua di cane», ha foglie strette e lanceolate, amare ma deliziose. Dopo il taglio, in un paio di settimane è di nuovo raccoglibile.
• Cipollotti «fatti in casa». Per ottenere ottimi cipollotti basta piantare in febbraio-marzo le cipolle germogliate in cucina o in cantina. In 40-50 giorni ogni cipolla dà un mazzetto di 3-6 ottimi cipollotti.
• Crescione. Nell’orto vuole terreno decisamente umido e ombroso, ma è coltivabile anche in casa in vasi, seminiere, o in ogni altro contenitore purché alla luce non diretta. Si può cominciare a raccoglierlo venti giorni dopo la semina.
• Lattuga da taglio ‘Bionda ricciolina’. La più veloce insalata di primavera (3 settimane), gustosissima con ravanelli e cipollotti, cresce anche in vaso sul balcone, ma più la si taglia e più ricresce.
• Lattuga da taglio ‘Catalogna’. Con foglie croccanti e tenere, molto rustica: si taglia alla base e rivegeta sino a tre volte.
• Ravanello ‘French Breakfast’. Tenerissimo, di forma uniforme cilindrica, rosso scarlatto con apice bianco. Apprezzato dai buongustai, si può coltivare ogni mese dell’anno.
• Ravanello ‘Rosso tondo precocissimo’. Una varietà tra le più precoci, croccante, speciale anche per aperitivi.
• Rucola. Con i primi tepori fa foglie tre giorni dopo la semina e si lascia raccogliere già dopo tre settimane. In primavera tende ad andare a fiore facilmente, meglio riseminarla di tanto in tanto.
• Valeriana ‘Valgros a seme grosso’. Varietà da primizia molto produttiva con foglie tenerissime verde carico. Rustica e squisita, si adatta a tutti i terreni fertili e freschi.
Si comincia a diventare ortolani coscienti e sapienti quando si impara a trattare le piante ortive con il pizzico di cinismo previsto da alcune operazioni. Voi seminate mille e, a germinazione delle plantule avvenuta, dovrete lasciare cento o poco più. La pratica si chiama dirado (o diradamento) ed è indispensabile per almeno due motivi: concedere a ogni nuova piantina lo spazio vitale per intraprendere lo sviluppo delle prime foglie e garantire alle piccole radici il nutrimento sufficiente. Dovrete conservare solo le piantine più vigorose, che mostrano maggiore energia.
Il dirado è sempre necessario, che la semina sia avvenuta in seminiera o direttamente nell’orto, a file (facile il dirado con le pinzette, lasciando una piantina ogni 2-4 cm), a postarelle (delle 3-4 piantine nate in ogni buchetta si conserva solo la più forte), oppure a spaglio, nel qual caso il dirado serve anche a uniformare la distribuzione casuale delle piantine.
Le plantule di lattuga, cicoria, ravanello, spinacio, prezzemolo, bieta, barbabietola, cipolla, cardo hanno assoluta necessità del dirado, senza il quale deperiscono e, nei casi peggiori, vengono attaccate dai funghi del marciume dei semenzai, richiamati dal ristagno di umidità e dalla scarsa circolazione di aria tra i fragili fusticini.
Soffrono meno le cocurbitacee come meloni, cocomeri, cetrioli, zucche e zucchini, ma solo perché hanno semi grossi, in grado per un po’ di supportare la crescita delle plantule. In seguito però, essendo forti consumatori di nutrimento, se non diradati o concimati a dovere non troveranno più nel terreno ciò che serve per proseguire lo sviluppo.
Potete andare tranquilli con leguminose come fagioli, piselli, fave e fagiolini, sia perché la semina avviene direttamente a dimora ed è facile intervallare i semi il giusto, sia perché le radici nella terra non avranno motivo di accapigliarsi per chi arriva prima al nutrimento: saranno loro a produrne!
Se buttare le piantine diradate vi sembra un sacrilegio, potete provare a trapiantare altrove le migliori. Avrete successo con le insalate e in generale gli ortaggi da foglia, meno con tutti gli altri ortaggi, ma ci avrete provato.
Una tecnica di coltivazione prevede di piantare nella stessa parcella ortaggi diversi per fare in modo che integrino le reciproche esigenze, occupino minor spazio e si proteggano dai parassiti gli uni con gli altri, sfruttando l’effetto repellente di sostanze secrete dalle radici o essenze aromatiche delle foglie. Si chiama consociazione. Tra le alleanze più facili ed efficaci: cipolle e lattughe; fagioli e insalate e/o cavoli cappucci; carote e porri e/o menta o ravanelli; zucchino e cetriolo e/o cipolla; finocchio e pisello e/o salvia; patate e sedano e/o prezzemolo e fagiolino.
Sapete che cosa dovete fare? Presto detto. Prevedete di seminare o trapiantare questi ortaggi a file intercalate, cioè una fila dell’uno e una fila dell’altro. Tra gli ortaggi che meno abbisognano di questo modus operandi dell’ortolano, segnatevi il pomodoro: va d’accordo quasi con tutti, esclusi cetrioli, fragole e cavoli, e ha rapporti «tiepidi» con ravanelli e cipolle. Più o meno socievole è la lattuga, un vero passe-partout nell’orto: dove la trapiantate è contenta di stare, meglio se non la costringete a far salotto con carote, prezzemolo e patate.
Ricordate a questo punto tre dettagli di non poco conto: 1) non devono essere ortaggi con l’apparato radicale della stessa lunghezza, così andranno a scandagliare il terreno a diverse profondità, trovando ognuno sufficiente nutrimento; 2) non devono appartenere alla stessa famiglia botanica: per quanto possano sembrare diversi per comportamento e bisogni, zucca, zucchino, cetriolo, melone (per parlare degli ortaggi appartenenti alla famiglia delle cocurbitacee) devono crescere in parcelle diverse; 3) non devono assorbire dal terreno, se possibile, la stessa quantità di azoto.
Dunque una discriminante semplice è la seguente: se piantate un ortaggio da foglia (sono tutti forti consumatori di azoto, al pari di patate, zucchini, sedano) bisognerà consociarlo con uno che assorbe poco azoto, quali le erbe aromatiche, oppure con i legumi (fagioli, fave, piselli) che addirittura provvedono a fissare nel terreno l’azoto atmosferico e per questo sono da considerare alla stregua di un concime azotato!
• Albicocco ‘Cremonini’. Varietà precoce sia in fioritura sia nella maturazione dei frutti. I fiori bianchi a calice rosato sono uno spettacolo di inizio marzo. Da coltivare in zone non soggette alle brinate primaverili tardive, che compromettono l’allegagione dei frutti.
• Asimina triloba ‘Sun Flowers’ o banano di montagna. I fiori a campanella, rosso mattone a quattro petali, appaiono a metà marzo prima delle foglie. Diventano gustosi frutti dal sapore esotico di banana e vaniglia sul finire dell’estate.
• Biricoccolo ‘Gigante di Budrio’. Ibrido naturale tra susino e albicocco, ha fioritura precoce, simile a quella dell’albicocco, ma un po’ meno copiosa. Questa varietà, selezionata trent’anni fa dal vostro maestro giardiniere, produce frutti sferici più grossi del comune.
• Mandorlo ‘Santa Caterina’. Varietà abruzzese antichissima dalla straordinaria fioritura rosa già a metà febbraio, primo segnale di primavera. I frutti sono tra i migliori sul mercato.
• Pesca piatta ‘Platiblanc’. Straordinaria fioritura rosa a fine febbraio-inizio marzo. Una delle pesche «tabacchiera» più aromatiche e rustiche, a polpa bianca e nocciolo spicco.
• Susino ‘Agostano’. Una varietà emiliana di susino a frutti aromatici e dolci, poco più grandi di un’oliva, che maturano a metà agosto. La fioritura bianca, copiosissima, appare come una nuvola sin dalla fine di febbraio, un vero ornamento dell’orto in qualsiasi clima.
Coltivare un orto prevede capacità tattiche e strategiche contro eserciti di guastafeste, ovvero i parassiti che mettono a rischio tanto lavoro e aspettative di ricchi raccolti. Prendete nota: quelli nominati qui di seguito in primavera sono i più temibili, ma se leggete con attenzione scoprite che l’ottimismo del vostro maestro giardiniere non per questo viene meno. La natura in genere dà da mangiare a tutti, dunque, se ce n’è per i guastatori, ce ne sarà anche per chi controlla le loro popolazioni, cioè i predatori dei parassiti. E con qualche piccola astuzia si può favorire questi ultimi o aver la meglio con l’uso del proprio intelletto. Dormendo così sonni tranquilli, unici beneficiari dei raccolti, o quasi.
• Ferretti o elateridi. Sono le larve terricole dure e dorate, simili a vermetti di 1-2 cm, di coleotteri inoffensivi da adulti, mentre allo stadio di larva, per ben cinque anni, seviziano le radici e i tuberi dell’orto, forandoli e rodendoli dall’interno. Difficile vincerli, ma se presto in primavera, quando il loro appetito si risveglia, tagliate a metà qualche patata e la interrate infilzata in bastoncini lunghi 20-30 cm, avrete inventato una trappola formidabile. Nell’orto ancor privo di piante ci saranno elateridi disposti a gare di corsa per raggiungere il banchetto e voi non dovrete fare altro, dopo 2-3 settimane, che individuare dal bastoncino emergente dal terreno le patate infestate, estrarle e buttarle via con il loro carico di commensali sgraditi.
• Afidi. Se la terra è stata concimata da poco con letame (soprattutto se non è non abbastanza vecchio), in primavera non c’è lattuga o fagiolino che non abbia la sua popolazione di pidocchi delle piante. Siete fortunati se sono afidi verdi, più tonti; vi va male quando, giusto sui fagiolini, compaiono quelli neri che deformano vistosamente la vegetazione. Non resta che andare a pietire l’aiuto delle coccinelle, i migliori predatori di afidi. Trasportatene quattro o cinque sull’ortaggio infestato e state a vedere. Se c’è abbastanza da mangiare per sé e per la prole, una coccinella si sente rassicurata e lì, proprio in mezzo agli afidi, andrà a deporre le sue uova che si trasformeranno presto in voracissime larve. Potete stare certi che per tutta la stagione avrete ottimi collaboratori nell’orto: gravi attacchi di pidocchi non ne vedrete. Se avete la vista corta per accorgervi del primo attacco di afidi, ma non vi sfugge la presenza svolazzante di qualche rossa coccinella nell’orto, seguitela: vi porterà alle sue prede. Alcune specie di coccinella sono altrettanto utili contro le cocciniglie, guastafeste più nel frutteto che nell’orto.
Lumache, limacce e chiocciole, chiamatele come vi pare. Escono di notte, se piove si fanno vedere impunemente anche in pieno giorno. Divorano con foga inaudita soprattutto, ma non solo, gli ortaggi da foglia. Per le lattughe hanno una vera predilezione: non è raro lasciarle integre la sera e trovarle rase a zero la mattina. In primavera non bisogna sottovalutare questi gasteropodi: se si riproducono e dilagano, poi diventa quasi impossibile la lotta senza uso di prodotti chimici come la metaldeide, che nell’orto non dovrebbe entrare per alcun motivo.
E allora: mettete sul loro percorso, segnato da una bava traslucida, gusci di uovo spezzettato, oppure cenere di legna (non riescono a trascinarsi su superfici taglienti e le sostanze polverose disidratano la loro epidermide); interrate raso suolo qualche scodellina di birra e proteggetela dal sole e dalla pioggia con una tegola rovesciata (ci cascheranno dentro e moriranno ubriache); raccoglietele manualmente la sera dopo aver annaffiato l’orto (con un bastoncino fatele cadere dentro a un barattolo che contiene un pugno di sale grosso); evitate pacciamature di paglia (dentro la quale si nascondono di giorno) e preferite le foglie di pomodoro (che loro odiano).
Soprattutto, favorite i vostri migliori alleati: i rospi, divoratori di limacce; gli uccelli, che si divertono a «stanare» le chiocciole dal guscio; le galline e le anatre, lasciate in libera uscita nell’orto sotto sorveglianza per breve tempo, sennò da coadiuvanti si trasformano in guastatrici. In un orto governato con l’intento di creare equilibrio tra coltivato e naturale, tra ciò che vi spetta di diritto per aver tanto lavorato e ciò che invece va lasciato alla natura perché state agendo in un angolo di mondo che non è mai vostro anche se al catasto risulta tale, scoprirete di avere dalla vostra parte molti più complici di quanto non vi sembri. Quei carabidi (coleotteri) che stanno correndo sulla terra nella loro lucente corazza (e che voi con un brivido chiamate genericamente e impropriamente bacherozzi), quel millepiedi dall’aspetto marziano che si è infilato sotto i vostri piedi rovinandovi la mattinata in realtà sono magnifici sterminatori di uova di lumaca, e dei vostri ortaggi non sanno che farsene. E se, dopo aver schiacciato per anni con rabbia certe larve nere allungate e sottili con minuscole macchie gialline o rosa ai lati, vi accorgeste che sono doppiamente amiche? Si tratta di femmine di lucciola, poetiche luci di giugno nell’orto e divoratrici di lumache e limacce, per quanto siano impari le loro dimensioni. A riprova che nell’orto vale più l’astuzia che la forza, le lucciole paralizzano le lumache iniettando una sostanza liquefacente e nutrendosi di quanto resta!
Senza la chimica non si coltiva l’orto, ma sarà pure il caso di dire che gli elementi chimici somministrati alla terra sotto forma di concimi passano agli ortaggi e da questi al nostro stomaco. Ma non è per questo motivo che non dobbiamo consumare tanta verdura, al contrario. Concordate? E allora l’augurio del maestro giardiniere è che i suoi allievi possano diventare presto a loro volta maestri nell’uso parco e controllato delle sostanze. Sulle confezioni dei prodotti commerciali correnti potete leggere il contenuto di azoto, fosforo e potassio (NPK) e la presenza di altre sostanze fertilizzanti.
• Azoto (simbolo chimico: N). Serve soprattutto in primavera per dare lo spunto di crescita alla vegetazione ed è necessario per gli ortaggi da foglia. La carenza si manifesta con foglie giallognole e non verde intenso. Nei concimi è formulato come nitrati, facilmente dilavabili (se in eccesso inquinano la falda). Per coltivare bio, meglio usare cornunghia e sangue secco.
• Fosforo (P). Favorisce la formazione dei fiori (broccoli, cavolfiori ecc.) e dei semi (piselli, fagioli ecc.). Quando è carente, la produzione cala. Si trova in buona quantità nelle scorie Thomas (residui delle lavorazioni siderurgiche) e nella farina di ossa.
• Potassio (K). Rende colorati e gustosi gli ortaggi da frutto (pomodori, peperoni ecc.), favorisce la formazione delle radici commestibili (rape, scorzonere ecc.) e di tuberi e bulbi (patate, cipolle ecc.). La sua carenza limita in particolare la conservabilità dei prodotti dell’orto. La cenere di legna ne contiene una buona quantità.
• Calcio (Ca). Interviene in diversi processi e nella formulazione dei concimi minerali complessi (cioè con più di un elemento fertilizzante, per esempio nitrato di calcio), ed è utile in particolare come ammendante dei terreni acidi. Può essere somministrato in autunno-inverno sotto forma di granitello di calce, ma si trova anche in buona quantità nella farina di ossa, nelle scorie Thomas e nella cenere.
• Magnesio (Mg). Microelemento, interviene cioè in quantità modestissima, e tuttavia importante nel corretto metabolismo delle piante. Si somministra come ammendante sotto forma di carbonato di magnesio, cornunghia o farina di ossa.
• Zolfo (S). Importante per la salute delle piante, soprattutto cavoli, legumi, cipolle, aglio e porri.
• Febbraio per le pomacee. Può capitare di avere nell’orto o nel frutteto alberi da frutto di cui ci si è stancati del sapore o varietà che non corrispondono ai desideri. È anche possibile che sia nato, pur se indesiderato, un selvatico di melo o di pero, buona occasione questa per farlo crescere un anno, sino al febbraio successivo. Allora lo si potrà usare come portinnesto, sul quale innestare a triangolo la marza di una varietà di nostro gradimento. Ovviamente è necessario rispettare l’affinità tra portinnesto (cioè la parte della pianta che fornisce le radici e quasi sempre il tronco), e la marza (cioè il rametto che dà vita alla chioma e determina le caratteristiche della varietà). In ogni caso la natura sa essere molto «elastica», ma lasciate gli esperimenti fuori da questo ambito ai frutticoltori professionisti, sicché limitatevi a «maritare» il melo con il melo, il pero con il pero.
Altri fruttiferi come nespolo, azzeruolo e sorbo si possono innestare a triangolo a febbraio su giovani piante di biancospino (Crataegus oxyacantha).
• Marzo per le drupacee. Anche nelle drupacee (frutti con nocciolo) è possibile lo stesso trattamento. Un esemplare selvatico di susino mirabolano (lo riconoscete per i frutti sferici) cresciuto nell’orto può essere usato come base per innestare buone varietà di susino, biricoccolo e albicocco. Marzo è anche il mese migliore per l’innesto a spacco della vite.
• Aprile per il limone. Potete innestare una varietà di limone che vi interessa acquistando, in un vivaio di piante ornamentali, un giovane esemplare di Poncyrus trifoliata: è un «agrume» spinoso, vive all’aperto in tutti i climi e piace tanto perché in autunno si copre di «limoni» magnifici ma non commestibili. Per raccogliere invece limoni aromatici e buoni usatelo come portinnesto.
• Maggio per l’olivo. Potete innestarlo a corona, semplicemente prelevando al momento la marza da una varietà che vi interessa moltiplicare.
• Agosto per il pesco e il ciliegio. Capita che un nocciolo di pesca o di ciliegia finito per caso nel terreno dell’orto dia vita a marzo a una piantina vigorosa. In questo caso la si lascia sviluppare un anno e nell’agosto successivo la si innesta con la tecnica della gemma dormiente.
Se poi ci prendete gusto, sappiate che è possibile praticare l’innesto di due o tre varietà sulla stessa pianta e, potendo disporre di spazio sufficiente per coltivare solo due alberi di melo, da questi si possono raccogliere frutti di sei varietà diverse.
L’attecchimento di un innesto è subordinato alla corretta esecuzione. Occorre la massima adesione delle superfici di marza e portinnesto, entrambe perfettamente lisce e mantenute in posizione con alcuni giri dell’apposito nastro adesivo o rafia e mastice specifico per innesti, per evitare l’esposizione all’aria.
Da parecchi anni nell’orto venivano coltivate certe zucche senza nome, o meglio: ne avevano trovato un paio nel lessico familiare. Il primo era «zucca da riso», in quanto ideale per farci il risotto: una zucca per 4-5 porzioni. Quando c’erano ancora i figli piccoli, la mamma diceva al più svelto: «Per favore vai a prendermi una zucca da riso, che sono in ritardo con il pranzo!» e il bimbo saliva le scale del soppalco e su in cima, allineate sui primi scalini alla luce e al caldo, sceglieva quella che gli sembrava la più bella e grossa, pregustando il piacere di infilarci dentro la manina per cavare i semi non appena la mamma l’avesse divisa a metà. Il secondo nome era «potiron doux», probabilmente perché la prima volta era arrivata da certi parenti francesi in visita: così chiamano Oltralpe la zucca giapponese ‘Verde d’Okkaido’. Dolce era dolce davvero, deliziosa: piccola, verde scuro, schiacciata ai poli, con la polpa arancione soda. Una pianta era capace di maturarne sette o otto, conservabilissime, con le stesse caratteristiche di quelle dell’anno prima. Le zucche da riso, come poche altre, avevano infatti la particolarità di non ibridarsi con le altre varietà. Un giorno la mamma chiese a quel suo figlio, che ormai frequentava il liceo, di aiutarla a imbustare i semi in attesa della primavera. E il ragazzo, mostrando più confidenza con il latino che con il francese, scrisse sul sacchetto di carta: «potiron dux».
Le morali di questa storia? 1) Potete sbagliare la grafia di un nome e, senza troppo allontanarvi da quello giusto, far diventare condottiero ciò che è soltanto dolce, purché ci sia la possibilità di risalire alla specie e alla varietà da cui avete tratto i semi. 2) Ci sono tante varietà che, una volta sperimentate, diventano leitmotiv del proprio orto. Nessuno si può sostituire a voi nel fare l’esperienza, perché è quel misterioso mix di clima, esposizione, tipo di terreno, metodi agronomici da voi praticati che determina l’eccellenza di una varietà proprio nel vostro orto. 3) Anche in un piccolo orto si dovrebbe trovare posto per una zucca generosa e virtuosa come la ‘Verde d’Okkaido’: occupa poco spazio, produce molto, è squisita, dopo il primo anno non richiede investimenti neppure per l’acquisto della bustina di semi, perché basta ricavarli dalle zucche prodotte. Lì per lì una nota per l’ortolano: semina al riparo in aprile interrando tre semi in ogni vasetto, conservando dopo la germinazione solo la piantina più forte. Interrare all’aperto, in terra arricchita di letame e compost, da fine aprile a metà maggio.
Il perimetro dell’orto va protetto, d’accordo, dalle incursioni altrui. Ma non vorrete lasciare la rete metallica a losanghe in bella vista, come una volta il filo spinato (un orrore anche come simbolo) che in campagna si opponeva al transito di uomini e mandrie attraverso i terreni di proprietà. Pensate invece a una siepe mista che chiuda l’orto in un abbraccio di fiori per attirare gli insetti impollinatori e di frutti per provare la soddisfazione di raccogliere la frutta anche se non disponete di un frutteto. Non dovrà essere troppo alta per non proiettare ombra all’interno, né troppo impegnativa da curare. Ecco qualche pianta ideale per questo uso.
• Piselli odorosi. Si seminano ogni anno a fine autunno o a inizio primavera a intervalli di 10 cm e a 3 cm di profondità, dopo aver lasciato a bagno i semi, del tutto simili a quelli dei piselli da orto, circa 24 ore in acqua tiepida per facilitare la germinazione. Che avverrà in pochissimi giorni, a patto che la temperatura non sia inferiore a 15 °C. Il pisello odoroso (Lathyrus odoratus) è una specie mediterranea che odia però il gran caldo e i terreni troppo asciutti e mal drenati; cresce al massimo sino a 2 m (ma ci sono varietà più compatte) e regala tanti fiori per profumare l’orto e i bouquet per la casa. Non ripiantatelo due anni nello stesso posto, al contrario sfruttate l’azoto che le sue radici fissano nel terreno per coltivare piante da foglia oppure fiori che sono grandi consumatori di nutrimento.
• Ribes, uva spina, yosta, mirtilli americani. Sono piccoli frutti prodotti da cespugli mai più alti di 1,5-1,8 m, generosi di fiori in primavera, di frutti in giugno, di foglie sino all’autunno. Nell’orto sono i benvenuti: non portano via troppo spazio e, per 10-15 anni, producono chili di frutti con spiccate virtù antiossidanti, ottimi sia freschi sia conservati. Vogliono terreno fresco, ricco di humus, tendenzialmente acido (il mirtillo soprattutto) e l’impegno di una potatura a inizio primavera. Che fare se il vostro terreno non è affatto acido, anzi calcareo? Scavate una buca di almeno 1 x 1 m e sostituite la terra aggiungendo terriccio di castagno, torba acida e compost. Prima di mettervi al lavoro, però, valutate se è il caso. Uva spina e yosta, per esempio, probabilmente vivono bene anche senza stravolgimenti. E l’amelanchier (Amelanchier canadensis) e il ciliegio cuccarino (Prunus tomentosa) altrettanto. In ogni caso, intorno alla loro base crescono a meraviglia le fragole.
Nessun orto che si rispetti dovrebbe fare a meno del rozzo, vile oggetto che dà il nome alle peggiori periferie del mondo, le bidonville. Non arricciate il naso, per favore. Sennò trovate l’alternativa funzionale e di design per un oggetto che svolga la stessa funzione. Il bidone contiene l’acqua perché sia a temperatura ambiente quando è da somministrare alle parcelle appena seminate. In primavera questo è importante e salva da shock termici più di un giovane ortaggio. Il bidone contiene, come usavano i vecchi contadini, qualche pezzo di stallatico gettato dentro maturo e secco (meglio di tutti quello di cavallo), così le nuove colture beneficiano di una piccola quantità di azoto supplementare a ogni annaffiatura. Contiene anche per tutta la stagione, e non ridete perché questo hanno fatto i nostri nonni contadini, un paio di vecchi scarponi di cuoio che, a fine carriera come calzature, si sono gloriosamente riciclati come blando concime minerale, pare molto gradito agli ortaggi da frutto a inizio ciclo (pomodori, peperoni, melanzane ecc.). Senza un bidone non si può fare un macerato e siccome i macerati utili nell’orto sono più d’uno e a un certo punto vanno filtrati, anche i bidoni dovrebbero essere più d’uno. E allora, chiamate pure bidonville con disprezzo l’angolo dell’orto che allestirete con questi contenitori, ma allestitelo. Se ci tenete alla forma, un’ambizione per altro auspicabile, relegateli in un angolo fuorimano e schermato da una siepe di piccoli frutti o da un treillage sul quale far arrampicare fagioli o zucchette ornamentali. Che i bidoni siano in moderna plastica, almeno per il fatto che garantiscono maggiore igiene e durata di quelli metallici modello barile di petrolio, che ormai, come il petrolio, hanno fatto il loro tempo. In quanto alle dimensioni: 100 litri per quello che deve contenere l’acqua da annaffiatura, anche la metà per quelli destinati ad altri usi. Se l’orto è dislocato vicino alla casa e contro un muro lì nei pressi si trova il tubo di discesa della grondaia, si può considerare l’acquisto di uno specifico bidone, rivestito in legno, di raccolta dell’acqua piovana. Non è una cattiva idea, soprattutto considerando il valore dell’acqua di questi tempi e la qualità della stessa in non poche località italiane (molto calcarea e piena di cloro, elemento chimico che le piante aborriscono).
• Bresaola ai ravanelli. Disponete sul piatto di portata le fettine di bresaola, tagliateci sopra abbondanti ravanelli e parmigiano reggiano, entrambi affettati finissimi. Condite con una vinaigrette di olio, limone, sale e un pizzico di pepe. La stessa ricetta appetitosa e a basso tenore calorico può prevedere, al posto dei ravanelli, la rucola o i cipollotti appena colti nell’orto.
• Pasta vegetariana con la cicoria. Fate bollire per 10 minuti quattro grosse manciate di cicoria (vanno bene anche i ricacci della catalogna coltivata l’anno prima e non ancora tolta dall’orto). Rimettetela a bollire nell’acqua salata che servirà per cuocere la pasta (meglio corta), a cottura scolate e condite con salsa di pomodoro e abbondante parmigiano.
• Asparagi in salsa. Mentre gli asparagi raschiati, pareggiati e lavati cuociono per 15-20 minuti (al vapore, in piedi in una pentola alta con due dita soltanto di acqua sul fondo), preparate la salsa. Cuocete sode due uova per persona, fatele raffreddare, sgusciatele e versatele a pezzetti nel bicchiere del mixer con il succo di un limone, un piccolo bicchiere di olio d’oliva, un pizzico di sale e due cucchiai di senape dolce o, se non piace, maionese. Frullate a lungo per rendere spumosa la salsa, assaggiate e aggiustate. Lasciate intiepidire gli asparagi e versateci sopra la salsa, abbondando.
• Crema di piselli risparmiosa. Sgusciate i piselli e cucinateli per contorno a piacere. Invece di buttare i baccelli nel compostaggio, fateli bollire per un’ora in brodo leggero insieme a una patata, una cipolla piccola e due foglie di sedano. Passate nel passaverdura, aggiungete a piacere qualche cucchiaiata di panna da cucina, aggiustate di sale e pepe e servite su una fetta di pane tostato spolverata di parmigiano. Se a cottura ultimata risulta un po’ liquida, versateci dentro un pugno di fiocchi d’avena.
• Insalata di lattuga per una settimana. Un pasto veloce, completo e dietetico. Lunedì: mescolata a ceci caldi, olio e limone, se piace un po’ di erba cipollina tritata fine. Martedì: con arance a tocchetti, carciofi affettati fini e tonno. Mercoledì: con cipollotti e petto di pollo a striscioline. Giovedì: con dadini di emmenthal e prosciutto cotto e salsa allo yogurt. Venerdì: con foglioline di spinaci, noci e gamberetti. Sabato: con tocchetti di frittata e patate bollite. Domenica: come contorno con quel che vi pare!