Giugno. Sarchiare ogni settimana le parcelle; rincalzare i pomodori, i peperoni, le melanzane, le patate; trapiantare le insalate estive; cimare le piantine che devono accestire. Occuparsi dell’essiccazione delle erbe aromatiche, dei trapianti, delle talee e della raccolta di aglio, cipolle e scalogno in luna calante; raccogliere gli ortaggi da conservare congelati e seminare fagioli, zucchini e cardi in luna crescente.
Luglio. Seminare fagiolino nano, prezzemolo, zucchino, cetriolo, cardo (in luna crescente), barbabietola, bietole, carote, cicorie e radicchi, cavolfiore, cavolo cinese, cavolo cappuccio, finocchio, lattuga a cappuccio, cicoria scarola, porro invernale, rapa (in luna calante); fare talee e propaggini di lamponi; eseguire la potatura verde degli albicocchi; fare l’innesto a gemma dormiente di peschi e susini.
Agosto. In luna calante trapiantare gli ortaggi per l’autunno-inverno (endivie, scarole, cicorie, finocchi, sedani, cavoli), seminare rucola, cime di rapa e lattuga, fare l’innesto a gemma dormiente di susino, pesco, ciliegio e albicocco; in luna crescente seminare gli ultimi fagiolini e gli zucchini per il primo autunno, trapiantare le fragole nella nuova fragolaia, potare salvia e rosmarino.
Il proverbio sul quale meditare. Dissi ‘u vermi a nuci: dammi tempu cca’ ti spirtusu. Ovvero: «Disse il verme alla noce: dammi tempo che ti buco». In questo fulminante proverbio siciliano c’è il destino dell’ortolano che non sa tenere il ritmo. Con la bella stagione succede di tutto, e molto rapidamente. Le piante ortive crescono, lattuga e rucola seminate in luna crescente vanno a seme in un attimo; le parcelle non annaffiate con regolarità entrano in sofferenza; quelle bagnate troppo si ammalano. E, se il verme è lento a demolire la noce, i parassiti delle colture d’estate sono velocissimi a rovinare i raccolti. Qualche sconfitta ci potrà essere ugualmente perché, dicono ancora i siciliani, Cu non fa nenti non sbagghia nenti, cioè «Chi non fa niente non sbaglia niente»: giustificazione nella quale rifugiarsi in casi estremi…
Cari anziani di casa, forse avete già lavorato abbastanza, ma l’orticoltura può farvi sentire ancora molto utili, offrirvi occasioni di incontro e scambio con altri ortisti e, non ultimo, regalarvi un’invidiabile elasticità fisica e mentale. Guardate il vostro maestro giardiniere: la pensione e l’orto sono stati stimoli di rinnovamento e di nuove avventure professionali.
Lo sapete bene anche voi perché ci siete passati: durante la vita da adulti si lavora con l’obbligo di tenere il ritmo, accontentandosi di sporadiche soddisfazioni e con l’obiettivo principale di far rendere economicamente ciò che si fa. Nell’orto no: anche se rende da quel punto di vista, l’orto soprattutto rende liberi. Liberi di seguire i propri ritmi e di ascoltare quelli della natura, di non dare un valore venale alle ore, di parlare alle piantine di lattuga che stanno crescendo e di sorridere al pomodoro gigante che ha voluto farci un regalo con le sue dimensioni extra. Nell’orto si rimane giovani di spirito e si accettano le regole dell’avvicendamento, che interessano indistintamente tutti, uomini come ortaggi.
Fate tesoro dei regali estivi dell’orto: si lavora di mattina e di sera, quando la temperatura è gradevole e non troppo calda, si torna a casa con ceste di ortaggi sani e gustosi, si governano le nuove semine come se fossero figli, pensando a ciò che offriranno nelle stagioni future. Forse che fare programmi per il futuro non è il metodo più facile per garantirselo?
Non date retta a chi vi consiglia con spregio di parlare come mangiate: non sa che cosa sia il linguaggio puntuale che crea comunicazione con gli altri. «Sono stato tutto il pomeriggio a sarchiare» butta lì un vecchietto arzillo, fermandosi a scambiare due parole con il vicino per prendere fiato, aggrappato alla recinzione di confine. E aggiunge: «Sarchiare è una noia e spacca la schiena, ma adesso sono più tranquillo». E se l’altro non se ne intende, rimane lì a chiedersi che cosa volesse dire e chissà perché dopo un pomeriggio di sarchiatura ci si senta più tranquilli.
Ecco qua. Sarchiare è quel gesto semplice che si fa nell’orto sulla terra delle parcelle con la zappetta, il sarculus degli antichi romani diventato sarchio nella lingua toscana del Quattrocento. Lo scopo è duplice: 1) rompere la crosta superficiale che si forma, soprattutto d’estate a seguito delle annaffiature quotidiane. Nei terreni argillosi e compatti, ma se trascurati anche in quelli di medio impasto, significa impedire lo scambio di ossigeno tra aria e terreno, a danno delle radici; 2) i gesti leggeri e superficiali scalzano le plantule di erbe infestanti e, se l’operazione viene fatta, almeno sommariamente, una volta alla settimana, si evita la competizione con gli ortaggi in crescita. Le erbacce da dannose diventano utili: seccano subito e alla successiva sarchiatura vengono interrate come ammendante che migliora la struttura della terra.
Nel glossario orticolo d’estate metteteci anche «rincalzare», ossia il gesto di ammucchiare terra intorno alla base delle piante con l’intento di aiutarle a sostenersi, mantenere fresco l’apparato radicale e stimolare la formazione di nuove radici al disopra del colletto, chiamate «radici avventizie», che aumentano l’assorbimento di sostanze nutrienti dal terreno. La rincalzatura è fondamentale per pomodori, peperoni e melanzane, giova ai fagioli e ai fagiolini, è il segreto per tenere al buio i porri e le scarole, con lo scopo di renderli bianchi e teneri.
Per lavorare nell’orto d’estate (se è il caso, usando lo sgabellino-inginocchiatoio che evita di spezzarsi la schiena), preparate una cesta in plastica o qualsiasi altro contenitore e lasciateci dentro, sempre pronti a seguirvi, i seguenti attrezzi:
• zappetta a manico corto con lama a punta e tridente dalla parte opposta. Serve per zappettare, arieggiare la terra, rincalzare e tracciare i solchi;
• estirpatore, lama dritta che termina biforcata e manico come un coltello. Per togliere da terra le piantine di radicchi, cicorie, cardi ecc. e le erbacce con radice grossa e lunga;
• ragno a cinque denti, una sorta di rastrellino a manico corto con denti curvi e flessibili per livellare la terra dopo la zappettatura e la sarchiatura;
• trapiantatore, paletta per adulti che amano giocare nella terra come i bambini nella sabbia. Per fare le buche di piantagione, asportare una pianta con il suo pane di radici ecc.;
• forbici a lame lunghe e sottili per cimare, raccogliere lattughe, cicorie e bietole da taglio, recidere gli steli dei fiori per i mazzi ecc.;
• coltello da orto a lama curva per raccogliere le verdure da foglia. Se vi gratifica lavorare tenendo a portata di mano tutto ciò che serve, come piace al vostro maestro giardiniere, aggiungeteci accessori quali corda ecologica per legare, uno spruzzino, etichette di plastica a puntale (per segnare nome e data delle nuove semine), la confezione del concime minerale, un sacchetto di stallatico disidratato e pellettato, bustine di carta per raccogliere i semi, una matita morbida, fazzolettini umidi in dispenser per pulirsi rapidamente e quant’altro vi sembri utile o di comfort per una seduta di lavoro nell’orto.
• «A San Giovanni, cogli cipolla e agli.» Se l’andamento stagionale è normalmente caldo e asciutto, se voi intorno alla seconda settimana del mese avete osservato che le cipolle erano ben ingrossate e ne avete battuto le foglie sul terreno con la vanga, a partire da San Giovanni (24 giugno) potete cominciare a raccoglierle. Scalzatele con la forca e lasciatele sul terreno un paio di giorni ad appassire. Farete altrettanto con l’aglio. Proseguirete l’asciugatura all’ombra, eventualmente provvedendo prima alla ripulitura dei vecchi catafilli (non spaventatevi: è solo il termine corretto per definire l’involucro cartaceo protettivo della cipolla e di altri bulbi) e intrecciando le foglie non ancora del tutto rigide per conservare il raccolto all’aria, in ordine e bello da vedere.
• «In giugno, in bene o in male c’è sempre un temporale.» Una bella consolazione, sapere che ogni tanto arriva un temporale che solleva dall’impegno di annaffiare. A partire da questo mese (anche prima, se comincia a fare caldo estivo in maggio, come spesso ormai succede) è infatti necessario dissetare l’orto tutti i giorni. A volte però i temporali non sono nostri complici. Per esempio quando si limitano a semplici acquazzoni in grado di bagnare appena la superficie della terra senza scendere abbastanza in profondità per dissetare le radici oppure quando inducono malattie crittogamiche sulle foglie di ortaggi e sui fruttiferi che rimangono bagnati troppo a lungo. All’erta dunque se il temporale si scatena al calare della sera e non è seguito da un venticello riparatore.
• «Giugno, la falce in pugno.» Se siete golosi come i merli preferite di certo il detto: «Giugno, ciliegie a pugno». Entrambi i proverbi servono in ogni caso a raccontare bene questo mese nell’orto e nel frutteto: fa lavorare parecchio, ma gratifica altrettanto. In quanto ai lavori, c’è da seminare cavoli d’ogni tipo, sedani, finocchi, lattughe, basilico; c’è da rincalzare pomodori, melanzane, peperoni, patate; c’è da legare a tutori (di bambù, plastica o metallo) la vegetazione di fagioli, pomodori, cetrioli che crescono a vista d’occhio. E poi i raccolti: aglio, cipolla, scalogno, bietole, cavoli broccoli, fagiolini, patate precoci, taccole o piselli mangiatutto, sedani, zucchini e nel frutteto ciliegie, amarene, lamponi, mirtilli, albicocche, fichi (fioroni), pesche precoci.
Non dovete essere orticoltori con una memoria di ferro per ricordare questa regola: se fa caldo, sulle parcelle ci vuole una coperta. Per quanto buffa, la regola nasce dal ragionamento che d’estate, coprendo la terra, si evitano l’evaporazione dell’umidità, la nascita di erbacce e il ricorso frequente alla sarchiatura. Così gli ortaggi soffriranno molto meno la sete e i batteri «buoni» del terreno avranno qualcosa da digerire.
La ricetta della pacciamatura suggerisce di: 1) preparare del compost ben maturo e dell’erba secca (o paglia o foglie di ortica tritate, purché non siano ancora andate a seme); 2) zappettare la superficie del terreno; 3) annaffiare generosamente; 4) distribuire compost per lo spessore di un paio di centimetri su tutta la superficie, tra gli ortaggi; 5) stendere uno strato di 2-3 cm di paglia o erba secca; 6) annaffiare di nuovo. Pacciamate pure tutte le colture, ma abbondate intorno a insalate, pomodori, zucche e zucchini.
Se ti svegli una mattina e scopri che ormai è proprio estate, tu non hai piantato un bel niente e non c’è più un solo garden center, un’agraria o un vivaio che abbia una piantina di ortaggio, prova a supplire alla tua pigrizia giocando d’astuzia.
Per esempio, visita l’orto di chi è stato sollecito e ha parcelle rigogliose e produttive. Per ottenere tante piante di pomodoro già piuttosto grandi, chiedi il permesso di asportare le femminelle, cioè quei rami che si formano all’ascella delle foglie e che comunque, per tutta l’estate, bisogna togliere perché sottraggono energia all’asse centrale della pianta. Preleva solo le femminelle più in basso, che sono più vigorose, pinzando con le unghie quanto più possibile vicino all’attaccatura sul fusto. Saranno fantastiche talee. Pianta i primi 5 cm dopo aver tolto le foglie che rimarrebbero interrate, lega a un tutore affiancato, bagna e copri per qualche giorno con un velo di tessuto non tessuto perché le piante rimangano sempre un po’ ombreggiate. Conta dieci giorni e senza troppo lavorare, cosa che a un pigro farebbe male, avrai ottenuto la tua piantagione di pomodori.
Intanto avrai puntato l’attenzione sulla parcella in cui il solito ortolano superefficiente ha seminato lattughe con le piantine, ormai alte 5-6 cm, che chiedono di essere diradate per potersi sviluppare. Potresti essere fortunato e trovare pronte per il dirado anche parcelle di cavoli cappucci e bietole da coste. Per quanto geloso del proprio orto, nessuno ti negherà le 20 o 30 piantine che verrebbero buttate o usate per farci l’insalata quel giorno. Sicché trasportale avvolte in un foglio di carta da giornale inumidita (è estate, senza questo espediente arrivano al tuo orto secche o cotte) e trapiantale di sera, lasciando tra una e l’altra 20 cm sulla fila e tra le file. Coraggio, dopo tutta questa fatica ti basterà aspettare una ventina di giorni per avere belle teste di lattuga, sempre che non ti sia di troppo peso annaffiare ogni sera.
Ora prova a controllare in cantina e nel cassetto della verdura del frigorifero. Non è che hai tre cipolle e sette patate raggrinzite che hai dimenticato da chissà quando? Perché se per caso te la sentissi ancora di scendere nell’orto e interrare le une e le altre, potresti sorprenderti della rapidità con cui tre cipolle inservibili diventano almeno una dozzina di cipollotti dolci per il pinzimonio, e sette patate con la pelle da volto della Befana impiegano un mese o poco più a trasformarsi in un chilo di patatine novelle squisite, senza che tu debba muovere un dito. Da vero pigro, ti rallegrerai che, in virtù della buccia sottilissima, non siano neppure da pelare…
Forse i risultati ti daranno alla testa e penserai di avere la stoffa del grande ortolano. Dimostralo con nonchalance, seminando un po’ qui e un po’ là senza tanto fervore, tanto non serve: con il caldo tutto nasce e cresce rapidamente per i fatti suoi. Interra 3 semi di zucchino a 80 cm di distanza tra loro, annaffia e dimenticateli. In una parcella solitaria, sulla quale spuntano ciuffi tristi di erbacce, senza nulla togliere interra a 3 cm di profondità e di distanza sulla fila semi di fagiolino. Avrai i tuoi raccolti, e se per caso non avrai voglia di raccogliere al momento opportuno, gli zucchini si riempiranno di semi e i baccelli dei fagiolini conterranno fagioli. Con un piccolo sforzo forse riuscirai a svuotare gli zucchini e a sgusciare i fagioli e a riporne i semi perché non si sa mai, con la cura giusta e la speranza di farcela forse il prossimo anno ti potrebbero servire.
Imparate a tendere l’orecchio e ad ascoltare ciò che si raccontano tra loro gli ultimi vecchi frutticoltori che non riescono a rinunciare alla loro passione, nonostante il peso degli anni e degli acciacchi. Scoprirete un’enormità di piccoli trucchi e grandi verità e vi verrà voglia di sollecitare il racconto con interviste che trasmettano la memoria della sapienza contadina.
Per esempio, scoprirete che nella stagione di formazione delle ciliegie è utile depositare tra i rami tralci di edera riuniti a mazzetti: la mosca della ciliegia non deporrà le uova all’interno dei frutti e sfaterete il detto sul 24 giugno, secondo cui «a San Giovannino ogni ciliegia ha il suo inquilino». Vi verrà voglia di piantare, tra i filari di albero da frutto, la lavanda, che pare scoraggi gli uccelli ad avvicinarsi. Oppure di coprire il terreno alla base delle fragole con aghi di pino: acidificano la terra e la conservano fresca come piace a questo frutto e, in più, impediscono le incursioni delle lumache e rendono più aromatiche le fragole. Ancora, verrete a sapere che il ribes chiama le forbici: più lo tagliate e più fa frutti. Ogni anno, finita la raccolta di giugno, dovete perciò tagliare a terra i rami più vecchi di tre anni e accorciare di un terzo tutti gli altri. E via di questo passo.
In ogni luogo d’Italia ce ne sarebbe da raccogliere abbastanza per fare un museo delle saggezze alle quali i cittadini contemporanei sembrano aver rinunciato e che noi, orticoltori appassionati, abbiamo il dovere morale di conservare. Contiamo sulla vostra comprensione. Sicché, tanto per fissare ancora un trucchetto, a inizio estate piantate giovani cardi in mezzo al frutteto: fanno tesoro delle concimazioni somministrate agli alberi da frutto, con le loro radici vigorose e profonde arieggiano la terra, d’estate non portano via spazio nell’orto con le loro grandi foglie e in autunno regalano un ottimo raccolto prima dei lavori di stagione.
• Bieta a coste ‘Candida’. Grosse foglie consistenti e saporite a getto continuo; raccogliere solo quelle esterne, da congelare previa sbollentatura.
• Carota ‘Rubrovitamina’. Radice di grossa dimensione ricca di carotene, da sbollentare prima della congelazione perché mantenga il suo sapore eccellente.
• Cetriolo ‘Marketer’. Generoso e consistente, può essere conservato in freezer a fettine, dopo averne spurgato il succo con la salatura.
• Fagiolino ‘Nerina’. Varietà medio-precoce, fruttifica nella parte alta della pianta. I fagiolini sono verde vivo, molto carnosi, e si conservano bene in freezer.
• Fagiolo nano ‘Borlotto Lingua di fuoco’. Seme beige rosato con striature brune, si raccoglie dopo 65 giorni dalla semina. Per il freezer, da raccogliere prima che i baccelli secchino e da conservare sgranato.
• Mais dolce ‘Challenger’. Molto dolce e produttivo. Da sbollentare prima della congelazione, meglio sottovuoto.
• Melanzana ‘Black Beauty’. Varietà precoce, tonda, grossa e con pochi semi, va cucinata prima della congelazione.
• Peperone ‘Corno di toro giallo’. Arrostito in forno, ridotto a filetti, spellato e ben sgocciolato, in freezer conserva un ottimo sapore. Si presta anche per sottaceti e salamoie.
• Pomodoro ‘Rio Grande’. Vigoroso, di enorme produttività. Polpa soda e buccia resistente, frutti a forma di uovo di piccione. Ottimo anche per l’essiccazione.
• Zucchino ‘Tondo di Nizza’. Varietà a frutti tondi carnosi e consistenti, da raccogliere quando sono grossi come una pallina da tennis. Svuotati, sbollentati e congelati, d’inverno sono pronti per essere cotti al forno ripieni.
• Tutorare. È il gesto di dotare di un palo tutore ogni ortaggio di taglia alta o non in grado di sostenersi da solo. Esistono tutori specifici, ma serve allo scopo qualsiasi bastone di legno o bambù, robusto ma non troppo massiccio, che andrà interrato verticalmente almeno di 50 cm. Indispensabili in estate per pomodori, fagioli e fagiolini rampicanti, cetrioli, peperoni, melanzane ecc. Le piante che ne abbisognano vengono legate al tutore via via che crescono, sino a quando non hanno raggiunto l’altezza definitiva. I legacci in corda di plastica sono i più robusti ed elastici, però non sono biodegradabili. Meglio quelli in rafia, in corda di carta ecologica o striscette sottili di tessuto di cotone: a fine coltura possono essere compostati. I tutori in genere vanno interrati singolarmente e reggono una sola pianta, ma quelli per i fagioli funzionano bene disposti a formare una sorta di teepee, la tenda a cono degli indiani.
• Cimare. È il gesto di recidere l’apice di una piantina appena al di sopra di una coppia di foglie. Il gesto è indispensabile per indurre l’accestimento, ovvero rendere cespugliosa, folta e più compatta una pianta, che altrimenti tende a crescere, ad allungarsi e a produrre pochi rami laterali. La cimatura è utile nell’orto per rendere più contenuta la vegetazione delle zucche (da cimare pinzando il fusto con le unghie del pollice e dell’indice sopra alla terza foglia e, quando si saranno formati due rami laterali, ripetendo su quelli l’operazione), per limitare la crescita dei pomodori di taglia indefinita (ovvero quasi tutti quelli tradizionali) quando hanno raggiunto l’altezza di 2 m al massimo, per impedire che il basilico vada subito a fiore e poi muoia (basta raccogliere le cime per la tavola almeno una volta alla settimana, a partire da quando le piantine hanno 4-6 foglie). La cimatura è una forma di potatura che i giardinieri praticano anche per ottenere cespi fitti di fiori annuali, per infoltire le siepi, ridurre l’energia verso l’alto di arbusti e rampicanti, costretti in questo modo a «sfogare» con rami laterali la loro forza.
Non fate in tempo a felicitarvi con voi stessi per la crescita dei vostri cavoli cappucci per l’estate, che già si manifesta il primo foro sulle giovani foglie. Osservate bene: la pagina inferiore delle foglie ospita orde di bruchi verdi punteggiati di nero e bianco. Insomma, una bianca farfalla cavolaia è passata di lì e ha trovato abbastanza accogliente quel cavolo per la deposizione delle sue uova. Siete fortunati se vi accorgete del problemino allo stadio di uova; sono bianchicce o giallo-verdi addossate strette tra loro. Infatti vi basterà asportare la foglia colpita e distruggere i potenziali guastafeste. Quando invece le larve sono già sviluppate, il loro appetito insaziabile può azzerare il vostro lavoro. Sicché fate cadere i bruchi in un foglio di giornale ripiegato a imbuto e disfatevi del malloppo (ma in un pollaio le galline faranno festa).
Per quanto facilmente risolvibile, l’attacco delle cavolaie è però ricorrente da marzo a fine autunno, il che vuol dire che le generazioni si susseguono nell’orto, diventando un problema grave in estate, quando sono in coltivazione cavoli di ogni tipo per l’autunno-inverno. Un buon modo, a partire da maggio-giugno e poi durante tutta l’estate, è quello di scacchiare (brutto suono, il termine vuol dire «togliere i rametti che si formano all’ascella delle foglie») i pomodori, usando poi la vegetazione asportata come pacciamatura sotto i cavoli: l’odore consiglierà alle farfalle cavolaie di cercare una nursery altrove.
In luglio andate dal vostro fornitore di sementi da orto. Chiedetegli i semi di cime di rapa, visto che intorno alla fine del mese (possibilmente in luna calante) potete seminare questo rustico e gustoso ortaggio che viene bene in tutti i climi e in tutti i terreni.
La capostipite, ovvero la rapa da radice, è scientificamente classificata come Brassica rapa, mentre la cima di rapa è la sottospecie sylvestris. Non solo: per la coltivazione negli orti si preferisce la varietà spontanea esculenta, con foglie e boccioli fiorali più voluminosi, teneri e dolci. Sicché, ricapitolando, se invece che dal fornitore sotto casa dovete farvi capire dai botanici di tutto il mondo o dai negozianti di sementi da orto di Singapore, come di Parigi e Buenos Aires, dovrete chiedere i semi di Brassica rapa subsp. sylvestris var. esculenta. Dover ricordare tutti questi nomi vi demotiva? Non agitatevi per così poco, ma sappiate che i nomi latini delle piante sono quasi sempre due soltanto, quello del genere, corrispondente al nostro cognome, e quello della specie, come per noi il nome. Il caso delle cime di rapa è in effetti un esempio singolare che mette di fila ben quattro categorie di importanza decrescente: genere, specie, sottospecie e varietà.
Adesso che avete capito tutto, non lasciatevi prendere dal panico quando il vostro negoziante vi chiederà: «Vuole le cime di rapa ‘Quarantina’, ‘Sessantina’ o ‘Novantina’?» Già, perché queste sono le cultivar più note delle cime di rapa, dove cultivar, o CV, sta per cultivated variety. Rispetto alle varietà spontanee, le cultivar sono state selezionate dall’uomo per rispondere a esigenze di coltivazione, estetiche, organolettiche ecc. ritenute interessanti. Le tre varietà di cime di rapa citate, lo si deduce dal nome, sono pronte per la raccolta rispettivamente 40, 60 o 90 giorni dopo la semina. Potete provare a seminarle tutte lo stesso giorno di fine luglio in parcelle contigue (anche dove avete appena terminato una coltura) e tenere il conto dei giorni che ci vorranno per il primo raccolto. Taglierete i fusti a 10-15 cm da terra, così si riformeranno altri getti da raccogliere prima del gelo.
L’orticoltura biodinamica vi riguarda, se credete che stare nell’orto sia un modo per stare nell’universo in armonia con tutte le forze che lo compongono. Creata dall’austriaco Rudolf Steiner intorno al 1920 e perfezionata trent’anni dopo da Maria Thun, insegna a usare le forze cosmiche per coltivare con l’intento di rispettare la terra, aumentandone la fertilità e raccogliendo ortaggi sani e di qualità.
Se siete pronti a diventare una parte che dialoga con il tutto, dovete munirvi di un manuale e del calendario che ogni anno viene pubblicato con i trigoni (dell’acqua o della foglia, del calore o del frutto e del seme, della terra o della radice e della luce o del fiore) e i nodi lunari (particolari giorni in cui non lavorare) legati alle dodici costellazioni. Il calendario è insomma una guida per sapere quando svolgere le operazioni, compresa l’annaffiatura, e ottenere il meglio da ogni tipo di ortaggio. Con il metodo biodinamico sono banditi i prodotti chimici, a favore di quelli naturali, chiamati preparati, anche in dosi omeopatiche, da unire al compostaggio o da spruzzare dopo essere stati «dinamizzati».
Insomma, un modo di essere orticoltori-filosofi che fa scoprire nell’orto, più della bontà del metodo (da verificare), una dimensione interiore, il bisogno di rituali che creino contatto con qualcosa che non conosciamo e di cui ci sentiamo parte. Quanto meno, l’orticoltura biodinamica è un modo sostenibile per coltivare lattughe e anima.
• Assenzio. Allontana formiche e vermi. Si fanno macerare 300 g di pianta fresca in 10 litri d’acqua. Si utilizza non diluito direttamente sulla pianta.
• Camomilla. Disinfetta i semi, attiva il compostaggio. Ci vogliono 50 g di fiori secchi in 10 litri d’acqua. Impiego: macerato da irrorare puro.
• Cipolla, aglio ed erba cipollina. Contro batteri e funghi, afidi e acari. Dose: 5 g di pianta fresca in 10 litri d’acqua. Impiego: si utilizza direttamente sulla pianta non diluito. Eccellente rimedio contro la mosca delle carote.
• Equiseto. Fungicida e per scoraggiare attacchi di fitofagi. Dose: 1 kg di pianta fresca in 10 litri d’acqua. Diluire 5 volte e irrorare la vegetazione e sul terreno. L’aggiunta di sapone di Marsiglia e ortica ne aumenta le proprietà.
• Ortica. È la pianta più impiegata nei macerati biologici; stimola la crescita, difende da afidi e acari, attiva il compostaggio. Dose: 1 kg di pianta fresca in 10 litri d’acqua. Il macerato si spruzza sulle foglie concentrato, possibilmente all’insorgere della malattia e si ripete a distanza di 7-10 giorni.
• Pomodoro. Specifico contro la cavolaia e afidi per contatto. Dose: 3 kg di foglie fresche in 10 litri d’acqua. Si distribuisce puro direttamente sulle piante.
• Rabarbaro. Specifico contro l’afide nero e la tignola dei porri. Dose: 1,5 kg di foglie in 10 litri d’acqua. Da irrorare sulle piante non diluito.
• Tanaceto. Ottimo contro farfalle, nottue, afidi, ragnetti rossi, cavolaia. Dose: 300 g di pianta intera fresca in 10 litri d’acqua. Si vaporizza non diluito contro afidi, formiche e nematodi. Miscelato all’assenzio e distribuito nelle parcelle, allontana i topi che attaccano le cicorie invernali.
Tutto sperimentato di persona, parola di maestro giardiniere: erbacee perenni da fiore e alberi da frutto si fanno buona compagnia e insieme sottolineano il significato del frutteto-giardino come meglio non si potrebbe. Se gli alberi sono disposti a filari e sotto la loro chioma si mantiene il terreno vangato, ecco un’aiuola larga almeno 1,5 m e lunga quanto l’intero filare. Questa striscia di terreno ripulita può dare origine a un autentico giardino di erbacee perenni, in fiore da aprile a novembre. Certo bisogna fare scelte oculate, con specie e varietà di altezza media e a fioritura scalare: finisce l’esibizione di una e già sono pronti i boccioli di quella vicina. Saranno piante da pieno sole tra un albero da frutto e l’altro, e piante da ombra sotto ogni chioma. D’inverno saranno pressoché inesistenti, in modo da lasciare la possibilità, con qualche cautela, di fare le potature del frutteto e i trattamenti di rito.
Un maestro giardiniere o un aspirante tale non può non considerare per esempio queste specie e varietà per il sole, tutte rustiche e generosissime: Aster dumosus ‘Valfredda Blue’, fiore blu da settembre, alta cm 50; Aster ericoides ‘Montecassino’, fiore bianco da settembre, alta cm 60; Aster novi-belgii ‘Patricia Ballard’, fiore rosa a settembre, alta cm 80; Centranthus ruber ‘Coccineus’, fiori rosso carminio tra maggio e settembre, alta cm 50; Coreopsis lanceolata ‘Sterntaler’, fiore giallo da maggio a settembre, alta cm 40; Coreopsis verticillata ‘Zagreb’, fiore giallo a giugno-luglio, alta cm 30; Echinacea purpurea ‘Alba’, fiore bianco da giugno ad agosto, alta cm 50; Echinacea purpurea ‘Magnus’, fiore rosa porpora da giugno a settembre, alta cm 50; Gaura lindheimeri, fiori bianchi o rosei da giugno a ottobre, alta cm 60; Helianthus scabra, fiori gialli tra maggio e ottobre, alta cm 60; Kniphofia uvaria, fiori rossi e gialli sfumati in giugno-luglio, alta cm 60; Lavatera ‘Burgundi Wine’, fiori rosa a giugno-luglio, alta cm 100; Leucanthemum ‘Alaska’, fiori bianchi tra giugno e luglio, alta cm 50; Nepeta mussini ‘Six Hill Giant’, fiori azzurri da giugno a tutto ottobre, alta cm 25-30; Perowskia atriplicifolia , fiori azzurri da giugno a ottobre, alta cm 50; Rudbeckia fulgida ‘Goldsturm’, fiori gialli tra luglio e settembre, alta cm 50; Solidago ‘Stralenkrone’, fiori gialli tra luglio e agosto, alta cm 60; e infine Verbena bonariensis, fiori blu-viola da luglio a ottobre, alta cm 80.
Prendete un bel respiro e segnatevi qualche nome di belle signore per le esposizioni meno soleggiate. Due magnifiche erbacee perenni da mezz’ombra capaci di nobilitare il frutteto più modesto, entrambe a fiori blu, sono per giugno-luglio Delphinium elatum ‘Delphys Opaal’, una luminosa speronella alta cm 70 e oltre, e Ceratostigma plumbaginoides , per formare in primo piano allegri tappeti alti 20 cm, da fine luglio a inizio ottobre. Inseguendo il filo blu che regala eleganza al frutteto e si sposa con tutti gli altri colori, per l’ombra metteteci ancora queste, entrambe alte 20-30 cm: Brunnera macrophylla, che fiorisce in azzurro in marzo-aprile, e Liriope muscari, che fiorisce in agosto-settembre. Tutti questi nomi di erbacee perenni vi mettono in imbarazzo? Se non avete la curiosità che serve per cercare di fare la loro conoscenza, ma l’idea di far fiorire il frutteto vi piace, potete avvicinarvi per gradi all’argomento, con una collezione di echinacee o settembrini.
In tempi di austerità economica e di maggior coscienza dei consumi, finalmente torna di moda la pratica di sempre della raccolta dei semi ortivi. Certo, è più comodo acquistare bustine di semi confezionate, tuttavia è molto significativo tramandare gli ortaggi tipici di una determinata zona o una selezione «di famiglia» e non spendere nulla un anno dopo l’altro. Conservati per questo scopo, tutti gli ortaggi vanno a seme, anche quelli da foglia (bietole, spinaci, basilico ecc.) e quelli da radice e da bulbo (carota, rapa, cipolle ecc.): basta avere pazienza al massimo due anni per le specie che se la prendono comoda.
Quando il seme matura e secca, bisogna attendere ancora una decina di giorni prima di passare alla raccolta, nelle ore più calde della giornata. Per non far cadere a terra la semente si possono usare come contenitori le bottiglie di plastica dell’acqua minerale tagliate a metà, dove i semi potranno rimanere in attesa di essere vagliati attraverso un setaccio e riposti in bustine di carta con l’indicazione dettagliata del contenuto e la data del raccolto. Questo è un dato importante: la capacità di germinazione dei semi è limitata nel tempo (in media tre anni) e diminuisce progressivamente, dal 90% del primo anno fino al 20-30% del terzo anno.
I semi delle leguminose (piselli, fagioli, fagiolini mangiatutto, fave) si lasciano seccare sulla pianta, si sgusciano e si conservano in vasetti di vetro con coperchio ermetico per scongiurare attacchi del tonchio, che li rende inservibili.
In quanto alle cocurbitacee (cetrioli, meloni, caroselli, tortarelli, zucche, zucchini) si estraggono a frutto completamente maturo (in qualche caso, come per il cetriolo e lo zucchino, l’ortaggio sarà inservibile in cucina). Dopo averli sciacquati con cura, si lasciano asciugare al sole una decina di giorni e si imbustano. Il seme dell’aglio invece sarà costituito dai suoi «spicchi», i bulbilli, utilizzando quelli esterni e più grossi. Per le patate non si ricorre al seme ma alla moltiplicazione vegetativa, piantando i tuberi germogliati.
• Pennette «checca sul rogo» alla romana. Vanto della buona forchetta che fu Ugo Tognazzi, prevede l’uso di tutte le erbe aromatiche che offre l’orto d’estate: basilico, prezzemolo, salvia, rosmarino, origano, mentuccia, timo, alloro, peperoncino, aglio ecc. Mentre le penne cuociono, preparate sul fuoco una padella con olio d’oliva, tritate tutte le erbe e tagliate a filetti alcuni pomodori ben maturi, pelati e privati dei semi. Poco prima di scolare la pasta buttate nell’olio bollente pomodori e aromi, aggiungete la pasta, girate e servite subito. Qualcuno l’apprezza anche avanzata e fredda.
• Zucchini in carpione alla piemontese. Tagliate per il lungo gli zucchini, 8-10 cm di lunghezza e 0,5 cm di spessore. Infarinateli e friggeteli pochi alla volta e, prima che siano dorati, trasferiteli in un contenitore di vetro da frigorifero e salateli. Fate bollire 1/3 di acqua e 2/3 di aceto bianco di ottima qualità, in misura sufficiente a coprire gli zucchini fritti. Per insaporire il liquido in ebollizione servono una cipolla affettata a rondelle, un rametto di salvia, un cucchiaino di pepe in grani e uno di sale grosso. Dopo 5 minuti di ebollizione versate sugli zucchini, coperchiate e, una volta raffreddato, conservate in frigo. Si possono cucinare allo stesso modo foglie di salvia e fiori di zucca in pastella, bistecchine di pollo impanate e uova in camicia, ma anche pesci d’acqua dolce. In frigo si conservano parecchi giorni.
• Peperoni ammollicati alla calabrese. Tagliate a pezzetti i peperoni (un po’ più di mezzo peperone per porzione) e fateli stufare incoperchiati sino a metà cottura con un po’ d’olio e un pomodoro molto maturo. Intanto fate abbrustolire un cucchiaio di pane grattugiato per persona e, mentre raffredda, tritate per ogni porzione un’acciuga dissalata e un cucchiaio di capperi. Mescolate con il pangrattato, aggiungete una spolverata di pecorino o parmigiano grattugiato e una di origano. Versate i peperoni in una teglia e, dopo averli cosparsi con il miscuglio e irrorati d’olio, terminate la cottura in forno per 20 minuti a 180 °C. Servite tiepido o freddo.
• Pomodori alla nizzarda. Per ogni porzione svuotate due pomodori tondi da insalata ben sodi e lasciateli scolare 10 minuti con l’interno spolverato di sale. Intanto preparate il ripieno. Prevedete un uovo sodo, 75 g di tonno all’olio d’oliva e una piccola manciata di olive nere per porzione. Schiacciate le uova con la forchetta tenendo a parte una rondella di uovo per ogni pomodoro, unite il tonno non troppo sgocciolato e le olive denocciolate e tritate. Spruzzate di limone aggiungendo, per amalgamare, qualche cucchiaiata di maionese. Riempite i pomodori, chiudetene l’imboccatura con una fetta di uovo e guarnite con un’oliva. Conservate in frigorifero sino al momento di servire.
• Minestrone sardo. Raccogliete nell’orto ciò che serve (carote, sedani, cipolle, pomodori, bietole, cavoli, cavoli rapa, patate, zucchini, fagioli freschi, fagiolini ecc.), tagliate a dadini e a striscioline, coprite con acqua e mettete al fuoco con un cucchiaio di olio d’oliva, un pizzico di pepe e un ciuffo di foglie di finocchio tritate. Dopo un’ora e mezzo aggiungete qualche pugno di malloreddus (pasta sarda), fate cuocere ancora una mezz’oretta e lasciate intiepidire prima di servire spolverato di formaggio grattugiato e un filo di olio d’oliva.