Capitolo 2

Emily

«Non sembrare così emozionata», mi dice con un sorrisetto.

«Jim…» balbetto. Oh, diavolo, come glielo dico? «In realtà non sono il tipo di ragazza che…» Mi interrompo.

«Che scopa al primo appuntamento?» finisce lui, concludendo la mia frase.

«Sì.» Sussulto per la volgarità delle sue parole. «È solo che non voglio che pensi…»

«Lo so. Non lo farei», risponde con tono brusco. «Non lo faccio.»

«Bene.» Mi sento sollevata. «Stavo flirtando con te quando credevo che stessimo per atterrare e non ci saremmo mai più rivisti.»

«Certo», commenta divertito.

«Non che non ti ritenga fantastico», aggiungo. «Perché, se fossi quel tipo di ragazza, mi piaceresti un sacco. Scoperemmo come…» Mi interrompo, cercando di pensare a una similitudine.

«Conigli?» propone lui.

«Sì.»

Jim alza le mani. «Lo capisco. Invece siamo solo umani uniti da una relazione platonica.»

Gli faccio un ampio sorriso. «Sono così felice che tu capisca.»

Sette ore dopo

Mi spinge contro il muro, cercando di sollevarmi il maglione sui fianchi, mentre si avventa sul mio collo a bocca aperta. «Porta», ansimo. «Apri quella maledetta porta.»

Oh Dio… Non ho mai provato un’intesa simile con nessuno. Abbiamo riso, ballato e ci siamo baciati per tutta Boston, e chissà come mi ha fatta sentire a mio agio. È come se mi comportassi così abitualmente, come se per me fosse normale. La cosa più strana è che mi sembra giusto. La spontaneità di questa situazione mi rende coraggiosa. Quest’uomo è arguto, divertente e volgare da morire, e, secondo me, anche se in realtà al momento potrei essere completamente scombussolata dal consumo di alcol, vale il rischio… perché so che non avrò mai più l’occasione di stare con uno come lui.

È come se fossi morta e finita nello scalo per il paradiso delle ragazze cattive.

Jim armeggia con la chiave ed entriamo in modo goffo nella mia camera, poi lui mi spinge sul letto. Il mio petto si alza e si abbassa mentre ci fissiamo a vicenda; l’aria in mezzo a noi crepita di elettricità.

«Non sono quel tipo di ragazza», gli ricordo.

«Lo so», sospira lui. «Non vorrei mai corromperti.»

«Ma è un periodo di magra», sussurro. «È tanto che non lo faccio… così tanto…»

Solleva le sopracciglia, ansimando insieme a me. «Questo è vero.»

Lo fisso per un momento mentre cerco di dissipare la nebbia causata dall’eccitazione. Il mio sesso pulsa e invoca il suo corpo. «Sarebbe un peccato…» Mi interrompo.

«Lo so.» Si lecca le labbra in segno di apprezzamento, spostando gli occhi su di me. «Un vero peccato, cazzo.»

Si sfila la camicia, e a me si mozza il respiro. Il suo petto è ampio e muscoloso, dalla carnagione olivastra e con una spolverata di peluria che ha origine dall’ombelico per sparire oltre il bordo dei pantaloni. Ha i capelli scuri e gli occhi di un blu acceso, ma è il potere che essi contengono a farmi desiderare che mi prenda. Nel suo tocco c’è un’intensità che non ho mai sentito prima.

È tutto maschio e puro dominio. Non c’è dubbio su chi comandi qui.

Qualcosa in lui ha rivelato una parte di me di cui non conoscevo l’esistenza. So che potrebbe avere qualsiasi donna desideri al mondo.

E, in questo momento, desidera me.

Abbiamo un’intesa innegabile, cruda, sincera e divorante. Non mi ha quasi toccata, e già so che questa notte sarà speciale. Forse il destino mi ha fatto un dono, tanto per cambiare.

Lentamente, con gli occhi fissi nei miei, si abbassa la zip dei pantaloni e tira fuori il cazzo. È grosso e duro, e il mio petto si alza e si abbassa mentre lo guardo. Il mio cuore batte all’impazzata. Sta succedendo davvero?

Oh. Mio. Dio.

Inizia lentamente a toccarsi, e io resto a fissarlo a bocca aperta, rapita. Nessun uomo si è mai masturbato davanti a me prima d’ora.

Porca puttana. È pazzesco.

Appoggia un piede sul letto e comincia ad accarezzarsi con foga. I muscoli delle spalle e delle braccia si flettono mentre si masturba con forza, e il mio sesso si tende per il piacere improvviso quando immagino di essere io a toccarlo.

È come un porno… solo dieci volte meglio.

Che diavolo ci faccio qui? Sono una brava ragazza, e le brave ragazze non finiscono a letto con uomini come lui. Non abbiamo amici in comune, non viviamo nella stessa città e forse non lo vedrò mai più. Tutto ciò mi concede una libertà inaspettata. Posso essere una persona diversa.

Chiunque lui voglia che io sia.

Ha gli occhi fissi nei miei, la mascella serrata. «Vieni qui e succhiami il cazzo, Emily», mormora.

Dio, sì.

Credevo che non me lo avrebbe mai chiesto. Mi inginocchio subito, desiderosa di dargli piacere. Non so niente di lui, tranne che in questo momento voglio essere la scopata migliore della sua vita. Lo prendo in bocca, spacciandomi per la campionessa mondiale di ingoio profondo. Lo stringo nel pugno con vigore, inseguendo le labbra con la mano. È passato così tanto tempo che sento il mio punto più sensibile contrarsi, l’orgasmo vicino al solo assaggio del suo seme.

«Cazzo… che bello», mormoro attorno a lui. «Il tuo sapore mi farà venire.»

Jim piega indietro la testa e chiude gli occhi. «Nuda. Ti voglio nuda, cazzo», ringhia con urgenza. Mi trascina su dal letto e, in un istante, la mia gonna e le mie mutandine finiscono sul pavimento. Mi sfila la maglia e getta di lato il reggiseno.

Poi si ferma… e, come al rallentatore, stringendo le mani attorno ai miei fianchi, abbassa gli occhi lungo il mio corpo. Si gusta lo spettacolo, e io mi sento accaldata, mentre il suo sguardo mi accarezza la pelle.

Il mio mondo smette di girare, e mi ritrovo davanti a lui nuda e vulnerabile, in attesa della sua approvazione. Questa per me è una novità. Non sono mai stata con un uomo tanto dominante e autoritario. I suoi occhi, la sua voce e ogni suo tocco mi ricordano con chi sono e quanto sia importante per me il suo piacere. Sento di voler accettare la sua sfida, e sono colta dall’impulso primordiale di soddisfarlo.

Quando alza di nuovo lo sguardo sul mio viso, i suoi occhi ardono di desiderio. Una corrente sotterranea di oscurità e dolcezza scorre tra di noi. Forse mi sono dimenticata di come un uomo guarda una donna che desidera con tutto sé stesso, perché, lo giuro su Dio, non credo di aver mai visto questa espressione in tutta la mia vita.

«Sulla schiena», mormora.

Il mio volto si deforma per la paura.

Jim mi prende tra le braccia e mi bacia, tenendomi il viso tra le mani. «Cosa c’è?» sussurra.

«È… è passato molto tempo», rispondo con il fiato corto.

«Mi prenderò cura di te, piccola», bisbiglia, scacciando i miei timori. Cattura la mia bocca e insinua la lingua tra le mie labbra socchiuse, leccandomi piacevolmente.

Mi tremano le ginocchia.

Mi fa sdraiare e spalancare le cosce, baciandomi lungo tutto il corpo con un sorriso cupo.

Io fisso il soffitto, cercando di controllare il mio respiro irregolare, nessuna quantità di alcol avrebbe potuto prepararmi a questo.

Mi solleva le gambe per mettersi i miei piedi sulle sue forti spalle e mi fa spalancare le ginocchia.

Sono completamente aperta per Jim, che mi assale senza alcuna riserva, succhiandomi con intensità.

Inarco la schiena. «Ah!» grido.

Ma lui non mi concede pietà e infila tre grosse dita dentro di me, iniziando a spingere con forza.

Merda… non potremmo almeno iniziare piano?

Ha la lingua sul mio clitoride e le dita sul mio punto G.

Che diavolo sta succedendo qui?

Il mio corpo inizia a tremare come se fossi una bambola… la sua bambola.

Quest’uomo è un dio.

Le mie gambe si alzano da sole dalle sue spalle, e io mi contorco, attraversata da un orgasmo potente come un treno merci.

Ci sono voluti circa cinque secondi.

Oh, cacchio. Quanto è imbarazzante. Chissà cosa penserà di me…

Lui ridacchia come se fosse fiero di sé, e io mi copro gli occhi con l’avambraccio, nascondendo il volto per la vergogna.

Jim allontana il braccio e mi stringe la mascella con una mano per costringermi a guardarlo. «Non nasconderti da me, Emily. Mai», ordina.

Lo fisso negli occhi. Tutto questo è troppo per me… troppo. Quest’uomo è troppo intenso.

«Rispondimi.»

«Che cosa vuoi che ti dica?» sussurro.

«Di’ di sì, così so che hai capito.»

L’aria tra di noi si carica di elettricità. «Sì», ansimo. «Ho capito.»

«Brava ragazza», bisbiglia lui, chinandosi per baciarmi di nuovo. La sua lingua è pura e carezzevole perfezione, e ancora una volta le mie gambe si aprono da sole. Jim si alza e tira fuori quattro preservativi dal portafoglio, ne apre uno e me lo tende. «Mettimelo.»

Lo prendo e mi abbasso per premergli dolcemente le labbra sul membro prima di infilargli il profilattico. «Sei davvero prepotente», dico divertita.

Lui mi rivolge un enorme sorriso e si lascia ricadere sulla schiena, attirandomi a sé e trascinando il mio volto vicino al suo. «Prima mi scoperai tu», mormora sulle mie labbra, «poi ti scoperò io non appena sarai pronta e calda.»

Sorrido contro la sua bocca. «Io scopo una volta sola, ragazzone, e poi mi addormento.»

Jim mi risponde incurvando lentamente le labbra in un’espressione sexy.

Salgo a cavalcioni su di lui e il nostro bacio si fa disperato. Il suo grosso membro è ritto contro la mia pancia. Lui lo tiene sollevato per guidare i miei fianchi su di sé.

Oh, brucia… è grosso.

«Ahi», mi lamento.

«Va tutto bene», sussurra lui. «Ondeggia da una parte all’altra.»

Mi stringe i seni tra le mani e mi fissa con quella che pare ammirazione.

Gli sorrido. «Che c’è?»

«Non appena oggi ti ho vista sull’aereo, ho desiderato che mi cavalcassi.»

Faccio una risatina. «Ottieni sempre quello che vuoi?»

«Sempre.» Mi afferra i fianchi per tirarmi giù di colpo, e rimaniamo entrambi a bocca aperta per il piacere.

Oh… è…

«Sei fottutamente stretta», sibila a denti stretti.

Senza mai distogliere lo sguardo dal mio, mi muove lentamente in su e in giù, e io riesco a sentire ogni vena sulla sua grossa asta.

Mi guarda attraverso le palpebre socchiuse, e io mi chino in avanti per baciarlo. «Lo sai quanto sei perfetto dentro di me?» sussurro, e poi lecco le sue labbra aperte.

Rovescia gli occhi all’indietro. «Quanto sei sexy.» Mi afferra per le anche e mi spinge di nuovo sul suo cazzo. Scoppio a ridere alla sensazione travolgente di essere riempita fino all’orlo.

«Dio, riempimi», gemo. «Dammelo tutto», lo supplico. Adoro vederlo scatenato. Mi fa impazzire. E poi, come se fossimo in un universo alternativo, gli poso le labbra sul collo e succhio forte mentre lo cavalco.

Lui sibila e sembra perdere del tutto il suo autocontrollo. Mi disarciona, tirandosi fuori da me, e mi fa sdraiare sotto di lui, sulla schiena. Si solleva le mie gambe sulle spalle e affonda dentro al mio corpo, con tanta forza da lasciarmi senza fiato.

Sorrido. Quindi gli piace quando dico cose sconce, eh? Beh, guarda caso è proprio la mia specialità.

Fatti sotto.

Gli prendo il viso tra le mani. «Dio, hai un cazzo bellissimo», sussurro. «È tutto bagnato per me, piccolo?» bisbiglio, contraendomi attorno a lui. «Riesco a sentirlo pulsare.»

Jim mi rivolge un sorrisetto sexy, continuando a spingersi dentro di me. «Tra un minuto mi tirerò via il profilattico e verrò in quella tua boccaccia sporca.»

«Fai pure.» Rido mentre lui continua a spingere con vigore, e, in un momento di perfetta chiarezza, si gira e mi bacia con dolcezza l’interno della caviglia. Ci fissiamo a vicenda e tra di noi scorre qualcosa di intimo. Un legame che questa situazione non dovrebbe consentire.

«Non guardarmi così», mormoro per spezzare la serietà del momento, «o ti farò un altro succhiotto.»

Jim spalanca gli occhi. «Sarà meglio che io non abbia nessun segno addosso, Emily.»

Scoppio a ridere, guardando l’enorme livido violaceo che gli si sta formando sul collo.

Dio, ma cosa mi succede?

Sto leggendo troppi romanzi rosa con i vampiri.

«Finirai nei guai con tua madre?» lo provoco.

Lui ride e si muove dentro di me. Mi colpisce proprio nel punto giusto, facendomi gemere. Oh… quest’uomo conosce davvero il corpo di una donna…

Ogni suo tocco è perfetto e va dove deve. Jim sa esattamente come ridurmi in mille pezzi. Con una mano mi solleva i fianchi e si muove in un profondo movimento circolare. Il mio corpo assume una propria volontà perché mi rendo conto che ho bisogno di venire. Tanto.

«Scopami», lo supplico. «Dammi il tuo bellissimo cazzo. Più forte. Dio, lo voglio più forte.»

Chiude gli occhi per il piacere e affonda dentro di me con il ritmo di un pistone. Mi stringo a lui più forte che posso e sussulto con violenza. Poi Jim si ferma e grida contro il mio collo. Sento il suo sesso sobbalzare quando viene.

Ci stringiamo l’uno all’altra ansimando, madidi di sudore, i nostri cuori che battono insieme all’impazzata, e Jim sorride contro la mia guancia come se gli fosse tornato in mente qualcosa.

«Che c’è?»

«Benvenuta nel Miles High Club, Emily.»

Io ridacchio e lo bacio. «Si viaggia solo in prima classe.»

* * *

Sono sdraiata nuda a letto, e Jim mi rivolge un sorriso sexy. È vestito, la sua valigia è pronta e poggiata a terra vicino alla porta. «Devo andare.»

Faccio una smorfia e tendo le braccia verso di lui. «No, non lasciarmi», lo stuzzico con tono lamentoso.

Lui ridacchia, chinandosi per abbracciarmi un’ultima volta. Questa mattina non prenderemo lo stesso volo per New York: il suo aereo parte presto, e il mio più tardi. Mi bacia dolcemente.

«Che notte», sussurra.

Sorrido mentre Jim affonda la testa nell’incavo del mio collo, mordicchiandomi lungo la clavicola. «Non camminerò per un mese, anzi, un anno», borbotto sardonica.

Lui si abbassa e mi stringe forte un capezzolo tra i denti, facendomi sobbalzare. Poi si raddrizza per guardarmi negli occhi.

Appoggio una mano sul suo viso. «Ho passato una serata incredibile.»

Mi sorride con tenerezza. «Anche io.»

Mi sporgo verso di lui per toccare il grosso succhiotto che ha sul collo, e Jim fa lo stesso. «Che cavolo ti è venuto in mente?»

«Non ho idea di cosa mi sia preso.» Mi sfugge una risatina. «Il tuo cazzo era troppo piacevole, mi ha trasformata in un animale.»

Mi mordicchia di nuovo. «Come faccio a salire in aereo con un gigantesco succhiotto sul collo?» brontola. «Se sapessi quante riunioni importanti ho questa settimana…»

Ridiamo entrambi, e poi il suo volto si fa serio mentre mi osserva. Non sto scherzando, non voglio che mi lasci. Quest’uomo è tutto ciò che non stavo cercando, ma chissà perché è perfetto per me.

E se non lo vedessi mai più?

Come posso dimenticare una notte come questa, cancellarla dalla mia memoria e fingere che non sia mai avvenuta? Chiudo gli occhi, disgustata da me stessa. È per questo che non ho rapporti occasionali. Non sono tagliata per il sesso senza legami… non è da me. Non sarò mai quel tipo di persona.

Detesto che lui lo sia.

«In effetti, ho una sciarpa in valigia. La vuoi?» gli offro.

«Sì», mi risponde con tono secco.

Mi alzo dal letto per raggiungere il mio bagaglio e inizio a rovistare al suo interno. Jim ne approfitta per piazzarsi dietro di me, afferrarmi i fianchi nudi e attirarmi contro il suo bacino. Mi raddrizzo e mi giro verso di lui.

«Non sto scherzando, vorrei che rimanessi un’altra notte.»

Jim mi passa un dito lungo il volto e mi appoggia una mano sulla guancia, incontrando il mio sguardo.

«Non posso», bisbiglia guardandomi in viso. Nei suoi occhi c’è qualcosa che non vuole dire.

C’è qualcuno che lo aspetta a casa? È per questo che non mi ha chiesto il numero di telefono? L’inquietudine mi assale. Non sono proprio fatta per questi stupidi incontri da una notte e via.

Gli do le spalle, tiro fuori la sciarpa e gliela porgo. È in cashmere color crema, e sopra ha le mie iniziali: E.F. Il gruppo di tennis di mia madre me l’ha regalata quando ho finito l’università. Mi piace… ma fa lo stesso.

Lui si acciglia, abbassando lo sguardo sulle lettere ricamate, e io la riprendo per avvolgergliela attorno al collo e coprire il grande livido viola. Lo osservo con un sorrisetto. Non sapevo nemmeno come si facessero i succhiotti. Dovevo essere davvero concentrata.

«Per cosa sta la F?» mi chiede.

«Sta per Fuck Bunny, la coniglietta del sesso.» Sorrido per nascondere la mia delusione. Non voglio fargli capire quanto il suo ultimo commento mi abbia turbata.

Lui ridacchia e mi afferra bruscamente tra le braccia, spingendomi all’indietro verso il letto. «Che descrizione appropriata.» Mi solleva una gamba per avvolgersela attorno alla vita, e ci scambiamo un ultimo lento bacio.

«Ciao, mia bellissima Fuck Bunny», bisbiglia.

Gli passo le dita tra i capelli, guardando il suo magnifico viso. «Ciao, Occhi Blu.»

Lui solleva la sciarpa e inala a fondo. «Ha il tuo profumo.»

«Mettitela ogni volta che ti masturberai», gli dico dolcemente. «Immagina che sia io a fare tutto il lavoro.»

Gli brillano gli occhi per l’eccitazione. «Lo sai, per essere una che non faceva sesso da diciotto mesi, sei una vera sporcacciona.»

Faccio una risatina. «Adesso tornerò al mio periodo di magra. Lì sono al sicuro… e riesco a camminare senza bisogno di aiuto.»

Jim mi rivolge uno sguardo triste, e io ho l’impressione che voglia dirmi qualcosa ma che se lo stia impedendo.

«Perderai il tuo aereo.» Fingo un sorriso.

Ci baciamo ancora una volta e io lo tengo stretto. Dio, è davvero incredibile.

Si alza e, dopo aver lanciato un’ultima occhiata al mio corpo nudo sul letto, si gira ed esce.

Sorrido tristemente guardando la porta che ha appena varcato. «Sì, certo, puoi avere il mio numero», sussurro nella stanza silenziosa.

Ma non lo voleva. E ormai se ne è andato.

Un anno dopo

Sospiro e mi appoggio una mano sul cuore, fermandomi sul marciapiede e alzando lo sguardo sul grattacielo di vetro davanti a me. Il mio cellulare squilla, e il nome Mamma illumina lo schermo.

«Ciao», rispondo con tono allegro. Ho una visione della mia bellissima madre. Ha un impeccabile caschetto biondo e una carnagione perfetta, ed è sempre vestita in maniera impeccabile. Se alla sua età sarò in forma la metà di lei, avrò vinto nella vita. Sento già la sua mancanza.

«Oh, cara, ti ho chiamata solo per augurarti buona fortuna.»

«Grazie.» Tamburello con il piede al suolo, non riuscendo a restare ferma. «Sono così nervosa che stamattina ho vomitato.»

«Tesoro, ti adoreranno.»

«Oh Dio.» Espiro pesantemente. «Lo spero. Mi sono serviti sei dannati colloqui per ottenere questo lavoro, e ho dovuto trasferirmi dall’altra parte del paese.» Faccio una smorfia per la paura. «Ho preso la decisione giusta, mamma?»

«Sì, amore, questa è la carriera dei tuoi sogni, e oltretutto dovevi allontanarti da Robbie. Stargli lontana ti farà bene.»

Roteo gli occhi. «Mamma, non coinvolgere Robbie.»

«Tesoro, frequenti un uomo che è disoccupato e vive nel garage dei suoi genitori. Non capisco cosa tu veda in lui.»

«È solo in un momento di transizione», replico con un sospiro.

«Ma se qui non ha niente in ballo, perché non è venuto a New York con te?»

«Non gli piace questa città, è troppo frenetica per lui.»

«Oh, Emily, senti come lo giustifichi? Se ti amasse, sosterrebbe il tuo sogno, dato che non ne ha di suoi.»

Lascio andare un respiro pesante. Sono tutte cose che penso anche io, ma non lo ammetterei mai con nessuno.

«Mi hai chiamata per stressarmi su Robbie o per augurarmi buona fortuna?» sbotto.

«Per augurarti buona fortuna. In bocca al lupo, cara. Vai e fagli vedere di che pasta sei fatta.»

Mi agito nervosamente sul posto, guardando l’edificio imponente davanti a me. «Grazie.»

«Ti richiamo questa sera per un rapporto dettagliato.»

«Okay.» Sorrido. «Entro.»

«Coraggio, tigre.» Chiude la chiamata.

Fisso il palazzo e le eleganti lettere dorate sul grande portone d’ingresso: Miles Media.

Sospiro e raddrizzo le spalle. «Certo. Puoi farcela.»

Questa è un’occasione imperdibile. La Miles Media è il più grande impero mediatico negli Stati Uniti, e uno dei maggiori al mondo, con uno staff di più di duemila persone solo nella sede di New York. La mia passione per il giornalismo è iniziata in terza media, quando avevo assistito a un incidente d’auto mentre tornavo a casa da scuola. Essendo tra i testimoni, avevo dovuto rilasciare una dichiarazione alla polizia e, non appena si era scoperto che l’auto era stata rubata, ero stata intervistata dal giornale locale. Quel giorno, mi ero sentita come una rock star, e quell’entusiasmo non è mai svanito. Ho studiato giornalismo all’università e ho fatto diversi tirocini con le migliori aziende degli Stati Uniti. Ma era la Miles Media il mio obiettivo. Le loro storie sono una spanna sopra a tutte le altre, e non mi voglio accontentare di nessun’altra compagnia. Mi sono candidata per ogni posizione che si sia aperta negli ultimi tre anni, ma solo di recente sono stata richiamata. E anche così, ho dovuto fare sei colloqui prima di ricevere un’offerta di lavoro.

Dio, ti prego, fa che non rovini tutto.

Tiro fuori il mio tesserino e lo appendo al collo, lanciando uno sguardo al telefono. Nessuna chiamata persa. Robbie non mi ha nemmeno telefonato per augurarmi buona fortuna.

Uffa, gli uomini.

Mi avvio verso la reception. L’addetto alla sicurezza dietro al bancone accetta la mia identificazione e mi dà un codice per usare l’ascensore. Il mio cuore prende a battere più in fretta mentre entro nella cabina insieme a tutta quella gente splendida ed elegante e premo il pulsante per il quarantesimo piano. Osservo il mio riflesso nelle porte lucide. Indosso una longuette nera che mi arriva a metà polpaccio, calze scure e semitrasparenti con scarpe di vernice dai tacchi alti e una camicetta di seta color crema con le maniche lunghe. Volevo apparire professionale ed elegante. Non sono certa di esserci riuscita, ma è quello che spero. Mi passo una mano tra i folti capelli scuri raccolti in una coda mentre l’ascensore sale sempre più in alto. Guardo di sottecchi le altre persone insieme a me. Tutti gli uomini indossano completi costosi, e le donne sono ultra-professionali e molto truccate.

Accidenti, avrei dovuto mettere un rossetto più vivace. Ne comprerò uno durante la pausa pranzo. Le porte si aprono sul quarantesimo piano, e io marcio fuori come se non avessi nessun timore al mondo.

Fingermi sicura di me stessa è il mio superpotere, e oggi ho intenzione di fingere finché non mi verrà naturale.

O almeno morirò nel tentativo.

«Salve.» Sorrido alla donna dall’aspetto gentile in piedi alla reception. «Sono Emily Foster. Comincio oggi.»

Mi fa un ampio sorriso. «Salve, Emily, io sono Frances, una dei responsabili di piano.» Mi si avvicina per stringermi la mano. «Piacere di conoscerti.»

Beh, sembra simpatica.

«Vieni, ti mostro la tua scrivania.» Si avvia, e io lancio un’occhiata all’enorme spazio. Le scrivanie sono riunite in gruppi di quattro o sei, separate dalle altre con delle partizioni. «Come sai, a ogni piano di questo edificio si trova un ramo diverso della compagnia», spiega mentre cammina. «Dal piano venti in giù ci si occupa delle notizie internazionali e ci sono le sedi delle riviste. Dal piano trenta al quaranta ci occupiamo delle novità e dell’attualità, e sopra il quarantesimo ci sono la televisione e il via cavo.»

Annuisco con fare nervoso.

«I due piani più alti del palazzo sono solo per i senior manager, e non potrai accedervi con il tuo tesserino. È consuetudine che i nuovi assunti vengano accompagnati in un tour guidato dell’edificio, quindi Lindsay delle risorse umane verrà a prenderti alle due di questo pomeriggio.»

«Okay, fantastico.» Le sorrido, pur sentendo tutta la mia sicurezza uscire dal mio corpo per rovesciarsi sulla moquette. Dio, lei è così professionale.

«La maggior parte delle persone inizia al quarto piano e si fa strada su per il palazzo, quindi congratulazioni per aver iniziato dal quarantesimo. Questo di per sé è già incredibile.» Mi rivolge un sorriso radioso.

«Grazie», rispondo con tono nervoso.

Mi guida verso un gruppo di quattro scrivanie vicino a una finestra e tira fuori una sedia. «Questo è il tuo tavolo.»

«Oh.» Mi sento sbiancare in viso. Ho fatto decisamente il passo più lungo della gamba. Mi lascio cadere al mio posto e il panico inizia a montarmi dentro.

«Ciao», mi saluta un uomo, accomodandosi accanto a me. «Io sono Aaron.» Si tende per stringermi la mano con un ampio sorriso. «Tu devi essere Emily.»

«Ciao, Aaron», bisbiglio, sentendomi del tutto inadeguata.

«Ti lascio nelle ottime mani del tuo collega», mi annuncia allegra Frances.

«Grazie.»

«Passa una splendida giornata.» La donna torna alla reception.

Fisso il computer sulla mia scrivania con il cuore che batte all’impazzata.

«Sei emozionata?» domanda Aaron.

«Oh mio Dio, sono terrorizzata», sussurro, voltandomi verso di lui. «Non ho mai fatto questo lavoro prima. Di solito davo la caccia alle storie insieme al mio gruppo.»

Lui mi rivolge un’espressione affabile. «Non preoccuparti, ci siamo sentiti tutti così all’inizio, ma non ti avrebbero dato questo lavoro se non avessero pensato che potessi farcela.»

Gli faccio un sorriso poco convinto. «È solo che non voglio deludere nessuno.»

Aaron allunga una mano e la appoggia sulla mia. «Non succederà. Questo team è fantastico, e ci aiutiamo sempre l’un l’altro.»

Abbasso lo sguardo sulla sua mano, che è ancora sopra alla mia.

«Oh.» Lui la tira indietro, notando il mio disagio. «Sono totalmente gay e a quanto pare troppo affettuoso. Dimmelo se invado i tuoi spazi. Non ho alcuna sfera di riferimento.»

Sorrido, grata per la sua sincerità. «Okay.» Mi guardo intorno nell’ufficio man mano che entrano gli altri impiegati. «Da quanto lavori qui?»

«Da quattro anni. Lo adoro.» Finge di rabbrividire per sottolineare il concetto. «Il miglior lavoro che abbia mai avuto. Mi sono trasferito da San Francisco pur di accettarlo.»

«Io sono venuta dalla California», annuncio con un sorriso orgoglioso.

«Sei qui da sola?» mi domanda.

«Sì.» Faccio spallucce. «Ho preso un piccolo monolocale. Sono arrivata venerdì.»

«E che cosa hai fatto per tutto il weekend?»

«Sono stata in ansia per oggi.»

Aaron scoppia a ridere. «Non preoccuparti, ci siamo passati tutti.»

Guardo verso le due sedie vuote. «Con chi altro lavoriamo?»

«Molly.» Indica il posto dietro di me. «Non inizia prima delle nove e mezza. È una mamma single e prima deve portare a scuola i figli.»

Sorrido. Mi piace.

«E Ava. Lei è in ritardo solo perché probabilmente è uscita a fare festa ieri notte.»

Mi scappa un sorrisetto.

Il mio nuovo collega alza gli occhi al cielo. «È una festaiola senza ritegno e non è mai alla sua scrivania; trova sempre qualche altro posto dove andare.»

«Ciao», ci saluta una ragazza mentre corre lungo il corridoio per raggiungere la sua sedia. Ansimando mi tende una mano. «Io sono Ava.»

Gliela stringo e sorrido. «Sono Emily.»

Ava è più giovane di me e molto attraente, con i capelli color miele tagliati a caschetto e un trucco piuttosto pesante. È alla moda e molto newyorkese.

«Emily, accendi il tuo computer così ti mostro i nostri programmi», dice Aaron.

«Okay», rispondo, concentrandomi sul mio compito.

«Oh Dio, Aaron», esclama Ava. «Ieri notte ho incontrato un uomo fichissimo.»

«Rieccoci», sospira lui. «Incontri uomini fichissimi tutte le notti.»

Mentre li ascolto mi ritrovo a ridere.

«No, davvero, questa volta dico sul serio.»

Lancio un’occhiata ad Aaron, che mi fa un sorrisetto, alzando gli occhi al cielo, come se quelle fossero cose già sentite. La nuova arrivata si mette al lavoro, e il mio collega mi spiega uno per uno i nostri programmi mentre io prendo appunti.

«Alle dieci iniziano ad arrivare le storie.» Lo ascolto con attenzione. «Noi, come reporter, le controlliamo e decidiamo tutti insieme se sono interessanti e se possiamo dedicargli un articolo.»

Aggrotto la fronte. «Ma come farò a capirlo?»

«Il più delle volte scegliamo le cose che ci interessano», commenta Ava. «Ovviamente le notizie dell’ultima ora sono cruciali, ma sono le altre informazioni quelle per cui ci pagano.» Legge una e-mail. «Per esempio, in una settimana hanno chiuso tre caffè a due isolati l’uno dall’altro.» Rotea gli occhi. «Sinceramente, chi se ne frega? Questa non è una notizia.»

Ridacchio.

«Eccone una.» Aaron legge ad alta voce: «Hanno beccato un automobilista che faceva i duecentocinquanta all’ora, e, quando la polizia gli ha ordinato di fermarsi, è scappato. È stato coinvolto in un inseguimento e ha finito per schiantarsi contro alcune auto parcheggiate a Brooklyn».

Ava annuisce. «Sì, questa è buona.»

«Andremo con questa.» Aaron batte qualcosa sulla tastiera e sposta il file in una cartella condivisa.

«Quindi, come funziona?» domando.

«Raccogliamo le storie, poi ne discutiamo tutti insieme e stiliamo una lista. Bisogna sbrigare tutte le ricerche del caso e fare in modo che ogni pomeriggio alle quattro gli articoli siano pronti per i giornali del giorno seguente. Poi mandiamo tutto a Hayden, che invia gli articoli agli editor. Ovviamente, se dovesse arrivare una grossa storia, avrebbe la priorità su tutto il resto e finirebbe subito alle notizie in diretta.»

Lo ascolto con la fronte aggrottata. «Quindi ognuno di noi riceve storie e indizi?»

«Sì, per e-mail, da altri impiegati su questo piano.»

Getto uno sguardo per osservare i colleghi attorno a noi.

«Seguiamo con attenzione i trend e le vere news», aggiunge Ava. «È il lavoro migliore del mondo.»

Sorrido. Forse posso davvero farcela.

«Apri le tue e-mail.» Aaron si allunga nella mia direzione e avvia qualcosa per me sul mio computer, e io rimango a guardare mentre il programma continua a emettere dei bip.

«Questi sono tutti possibili articoli?» Mi acciglio.

«Già.» Lui mi fa un occhiolino divertito. «Inizia a leggere, piccola. Arrivano a fiotti.»

Mi illumino, colta dall’entusiasmo.

«Accertati solo che i dettagli delle tue storie siano corretti. Non c’è niente che faccia incazzare di più la direzione dei nomi sbagliati. Finiresti in grossi guai.»

«Chiaro.»

* * *

Sono appena tornata dal pranzo quando il mio telefono squilla. «Ciao, Emily, sono Lindsay delle risorse umane. Tra cinque minuti sarò lì per venire a prenderti», mi dice una voce gentile dall’altro capo della linea.

Sussulto. Oh, è vero… ho quel dannato tour dell’edificio.

«Okay, grazie.» Riattacco. «Oh no, devo andare a fare il mio giro degli uffici», bisbiglio ai miei colleghi.

«Nessun problema», replica Aaron, continuando a leggere le sue e-mail.

«Ho così tante storie da controllare…» balbetto. «Non riesco a stargli dietro.»

«Non preoccuparti. Va tutto bene», mi consola lui.

«E se perdo una storia molto importante?»

«Non succederà… stai tranquilla. Darò un’occhiata io alle tue e-mail mentre sei via.»

«Davvero?»

«Certo che sì. Non è previsto che tu sappia fare tutto il primo giorno.»

«Oh, no, ti tocca salire ai piani alti.» Ava fa una smorfia.

«Cosa c’è lassù?» le chiedo.

«Gli uffici dei senior manager.»

«E non sono gentili?»

«No, cazzo, sono orribili, e ci sono buone possibilità che tu venga licenziata sul posto.»

«Cosa?»

«Oh, stronzate.» Aaron alza gli occhi al soffitto. «È solo che non…» Arriccia il naso, scegliendo bene le sue parole. «Non usano mezzi termini. Se c’è bisogno di dire qualcosa, lo comunicano chiaramente. Non si fanno prendere per il culo da nessuno.»

«Chi sono?» sussurro.

«Beh, il signor Miles non ci sarà. Non c’è mai. Credo che sia a Londra.»

«Il signor Miles?» domando, sentendo i nervi scossi.

«L’amministratore delegato.»

«Sì, so chi è. Credo che lo sappiano tutti. Ma non ho mai visto una sua foto. La compagnia è sua e dei suoi fratelli, vero?»

«Sì, è la famiglia Miles a possedere tutto. Lui e i suoi tre fratelli.»

«E stanno tutti al piano di sopra?» bisbiglio, tirando rapidamente fuori il rossetto vivace che ho comprato durante la pausa pranzo per passarmelo sulle labbra. Ho bisogno di un po’ di coraggio.

«L’importante è che tu non dica niente di stupido ai piani alti», mi consiglia Ava.

Sgrano gli occhi. «Per esempio cosa? Cosa considerano stupido?» Sto iniziando davvero a farmi prendere dal panico.

«Basta che tu tenga la bocca chiusa, faccia il tour e non dica niente alle risorse umane.»

«Perché no?»

«Perché sono in contatto diretto con i senior manager. Tutto questo giro che stai per fare è solo un modo per valutare la tua personalità nelle due ore che gli serviranno per mostrarti il palazzo.»

«Oh mio Dio.» Espiro in modo brusco.

«Ciao. Emily, vero? Io sono Lindsay.»

Mi giro per vedere una bella bionda, e mi alzo immediatamente, porgendole una mano. «Salve.»

Lei sorride ai miei colleghi. «Iniziamo. Partiremo dal primo piano e risaliremo fino in cima.»

Faccio un saluto nervoso ai miei nuovi amici del lavoro e la seguo fuori dall’ufficio e dentro l’ascensore.

Ci siamo.

Un’ora e mezza dopo

«E questa è la palestra, a uso esclusivo del nostro staff.»

Mi guardo intorno nell’ampia e lussuosa area al sessantesimo piano. «Wow.»

«È aperta dalle sei del mattino fino alle sei e mezza di sera. Ovviamente prima del lavoro è più affollata, ma puoi venire qui anche durante la pausa pranzo. Molti mangiano più tardi o in anticipo, così quando vengono non è troppo pieno.»

Questo posto è assurdo. Una mensa al secondo piano che occupa l’intero livello, un cinema, una palestra, un ufficio postale, tutto un piano per i nostri geni del computer. Ogni cosa è progettata con moltissima attenzione.

«Okay, andiamo.» Lindsay mi sorride. «Ora andiamo ai piani della dirigenza.»

Mi si stringe lo stomaco per il nervoso mentre torniamo verso l’ascensore.

La mia compagna entra e getta uno sguardo ai pulsanti. «Oh, guarda, sei fortunata.» Mi acciglio, perplessa. «Il signor Miles è qui.» Fingo un sorriso. «Ti accompagno a incontrare lui per primo.»

Oh Dio.

Non parlare. Non dire niente di stupido, ricordo a me stessa.

Mi torco nervosamente le dita mentre saliamo fino all’ultimo piano. Le porte si aprono, io esco dalla cabina e mi paralizzo.

Ma che diavolo…

Marmo candido a perdita d’occhio, finestre alte fino al soffitto e un lussuoso arredamento tutto in pelle bianca.

«Salve, Sammia.» Lindsey sorride mentre io mi guardo intorno meravigliata. Questo posto è pazzesco.

Una donna splendida alza lo sguardo dal suo computer alla reception e ci rivolge un’espressione piena di calore. «Salve.»

«Lei è Emily. È nuova e ha iniziato oggi al quarantesimo piano.»

Sammia esce da dietro alla scrivania per venire a stringermi la mano. «È un piacere conoscerti, Emily.»

«Il signor Miles può ricevere visite?» chiede Lindsey.

«Sì.» Ci sorride. «Vi annuncio subito.»

Sta per annunciare me… oh, santo cielo.

Lindsey si stringe nelle spalle come se anche lei fosse nervosa.

Sammia prende il telefono. «Signor Miles, ho alla reception un nuovo membro dello staff che vorrebbe incontrarla.» Ascolta per un momento e poi sorride. «Sì, signore.» Riappoggia la cornetta. «Potete entrare.»

«Per di qua.» Lindsey mi guida dall’altra parte di un’enorme sala riunioni, e i miei tacchi risuonano sul marmo. Perché le sue scarpe non fanno nessun rumore?

Okay, domani compro un paio di scarpe con la suola di gomma.

Raggiungiamo la fine del salone e ci dirigiamo lungo un altro corridoio, mentre i miei tacchi continuano a fare un gran baccano. Stanno irritando persino me. Sembro un cavallo. Avrei voglia di togliermi le scarpe e gettarle nella spazzatura.

Fate silenzio. Io qui sto cercando di sembrare professionale.

Arriviamo di fronte a una enorme porta nera. Lindsey bussa mentre il cuore mi esplode nel petto.

Solo… non dire niente di stupido.

«Avanti», ci invita una voce profonda.

La mia compagna apre la porta per entrare nell’ufficio.

Un paio di familiari occhi blu si solleva per incontrare i miei da dietro una grande scrivania in mogano, e io rimango immobile.

Cosa?

«Emily Foster, vorrei presentarti il signor Miles», dice Lindsey.

Lo fisso, incapace di parlare perché non ho più aria nei polmoni.

Lui solleva le sopracciglia e si accomoda sulla sua sedia con un sorrisetto.

«Ciao, Emily.»

Il suo sguardo si fissa nel mio, quelli sono gli stessi grandi e splendidi occhi blu che mi hanno ipnotizzata un anno fa.

È lui.